Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma
Che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò
Noi fummo da secoli
Calpesti e derisi,
Perchè non siam popolo,
Perchè siam divisi.
Raccolgaci un' unica
bandiera, Una speme,
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò
Uniamoci, uniamoci
L'unione e l'amore
Rivelano ai popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far libero
Il suolo natio
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò
Dall'Alpe a Sicilia
Dovunque è Legnano ,
Ogn'uomo di Ferruccio
Ha il cuore e la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla
Il suon d'ogni squilla
I vespri suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò
Son giunchi, che piegano,
Le spade vendute.
Già l'aquila d'Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d'Italia
Bevé col cosacco
Il sangue polacco
Ma il cor lo bruciò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte
Italia chiamò
Fratelli d'Italia - Note
Scipio: si intende Scipione l'Africano, il vincitore di Zama. La cultura di Mameli è classica ed è forte in lui il richiamo alla romanità (ha riesumato l'antico valore
dei Romani). L'Italia, ormai pronta alla guerra contro l'Austria, si cinge la testa, in senso figurato, (s'è cinta la testa) con l'elmo dell'eroico generale romano Publio Cornelio Scipione,
detto poi l'Africano, (Scipio) che nel 202 a.C. sconfisse il generale cartaginese Annibale nella famosa battaglia di Zama (nella attuale Algeria), riscattando così la precedente sconfitta di
Canne e concludendo la seconda guerra punica. Dopo la disfatta, Cartagine sottoscrisse il trattato di pace con Roma per evitare la totale distruzione.
Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma: Il poeta si riferisce all'uso antico di tagliare le chiome alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano invece i capelli
lunghi. Dunque la Vittoria deve porgere la chiome perché le venga tagliata quale schiava di Roma sempre vittoriosa.
coorte: La coorte, cohors, era un'unità da combattimento dell'esercito romano, decima parte di una legione; nulla a che vedere con la corte.
un'unica/Bandiera, una speme: una bandiera e una speranza: Mameli sottolinea il fatto che l'Italia si presentava ancora divisa in sette piccoli Stati, la speranza era di essere unita e
accomunata da una stessa bandiera
Per Dio: Il verso "Uniti per Dio" in alcune versioni appare come "Uniti con Dio", per non essere confusa con l'espressione popolare e quasi blasfema "per Dio" ancora oggi in uso nel
linguaggio popolare italiano. Nel poema però il verso è derivato da un francesismo che significava "da Dio" o "attraverso Dio".
Da l'Alpi a Sicilia...Vespri chiamò: Riferimento al periodo di lotte che si avvicendarono sul campo italiano: Battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse
Barbarossa; la Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci; la figura di Balilla rappresenta il simbolo della
rivolta popolare di Genova contro la coalizione austro-piemontese
Ferruccio In questa strofa, Mameli ripercorre sei secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa
(ovunque è Legnano). Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il commissario generale di guerra della
Repubblica fiorentina, Francesco Ferrucci (ogn'uom di Ferruccio ha il cor e la mano). Dieci giorni prima della capitolazione di Firenze (2 agosto) egli aveva sconfitto le truppe nemiche a Gavinana.
In Firenze fu ferito, catturato ed ucciso da Fabrizio Maramaldo (capitano dell'esercito imperiale), un italiano al soldo dello straniero, al quale rivolge le parole d'infamia divenute celebri "Tu
uccidi un uomo morto".
Balilla I "Fascisti" non rientrano nell'affermazione, in quanto "Balilla" è il soprannome di Giambattista Perasso, il ragazzo genovese che con il lancio di una pietra diede inizio alla
rivolta popolare di Genova contro gli austro piemontesi il 5 dicembre 1746 .
Ogni squilla: "ogni campana". la sera del 30 marzo 1282 (Vespri Siciliani ), tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo ad insorgere contro i Francesi di Carlo d'Angiò, i Vespri
Siciliani
Le spade vendute: le truppe mercenarie. L'Austria, composta di truppe mercenarie, era in declino.questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese.
L'aquila L'aquila bicipite, simbolo degli Asburgo.
Il sangue Polacco/Bevé, col cosacco/Ma il cor le bruciò:. L'Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea
fortemente: questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese. Insieme con la Russia (il cosacco), l'Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei due popoli
oppressi si fa veleno, che dilania il cuore della nera aquila d'Asburgo.
Goffredo Mameli partecipò ai moti rivoluzionari del 1848-49 diventando al contempo un seguace di Giuseppe Mazzini, suo eroe particolare e di Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei due mondi. Nel
1848 combatté in Lombardia, nella prima guerra di Indipendenza.
Nel 1849 si unì alle truppe di Garibaldi, entrando a Roma. Partecipò, con valore, alla difesa della Repubblica Romana contro i Francesi. Il tre giugno dello stesso anno fu gravemente
ferito, morì un mese dopo. Le autorità francesi si rifiutarono di restituire il corpo al padre. Oggi, Goffredo Mameli, come altri valorosi patrioti, riposa al Gianicolo, nel punto dove
la citta' di Roma fu più coraggiosamente difesa.
Mameli scrisse le parole del "Canto degli Italiani" nel settembre 1847, poi, il 23 novembre 1847, portò l'inno all'amico musicista Michele Novaro (1822-1885) che viveva a Torino. In una notte,
Novaro compose la musica e il giorno seguente, a Genova, consegnò il testo musicato a Mameli. Qualche giorno piu' tardi, il primo dicembre, "Fratelli d'Italia" fu suonato per la prima volta ad
una assemblea popolare. La melodia invase brevemente tutta la penisola, cantata da tutti per sfidare gli Austriaci, i Borboni e la polizia Papale.
l'Inno di Mameli (questa la denominazione assunta dall'Inno nella cultura corrente) fu associato alla Bandiera Tricolore come segno della volontà di indipendenza nazionale fin dai primi moti
popolari che precedettero l'esplosione rivoluzionaria del 1848. E attorno alla Bandiera Tricolore e all'Inno Nazionale si strinsero i milanesi nelle Cinque Giornate del marzo '48. Giuseppe Massari,
il primo biografo di Cavour e di Vittorio Emanuele II, lo ha definito come il vero e proprio Inno Nazionale italiano. E come tale dovette considerarlo anche Giuseppe Verdi, che lo inserì,
accanto alla Marsigliese e all'Inno Nazionale inglese (God Save the King), nell'Inno delle Nazioni, da lui composto in occasione dell'Esposizione Universale di Londra del 1864.
Dopo il Referendum del 1946 che portò il sistema repubblicano a prevalere su quello monarchico, l' "Inno di Mameli" divenne ufficialmente l'Inno Nazionale Italiano.
E' a fianco di Garibaldi, ma vuole prima di tutto trovarsi dove più rischiosamente si combatte.
Ferito a una gamba il 3 giugno in un combattimento nel quale s'era voluto gettare a ogni costo, fu male assistito nell'ospedale dai medici che avrebbero dovuto sollecitamente amputargli la parte
offesa e invece tanto tardarono che poi l'operazione non valse più a salvarlo, ed egli spirò il 6 luglio, un mese prima di compiere i ventidue anni, recitando versi in delirio.
La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli. Siamo a Torino: "Colà, in
una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte
parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del
piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano.
Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si
commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi
diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non
saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo,
assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a
quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa.
Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne
alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."
Negli ultimi anni parole e musica di questo Inno sono state oggetto di numerose critiche e non sono mancate le proposte di sostituirlo con altre composizioni risorgimentali o addirittura
contemporanee. Bisogna, però, dire che "Fratelli d'Italia", altamente apprezzato da Carducci e dal grande storico francese Jules Michelet, per la sua capacità di coinvolgere
emotivamente gli ascoltatori, più di ogni altra composizione risorgimentale riesce ad esprimere un forte sentimento di vera unità nazionale, derivante da una lunga storia comune, che
spinge, secondo i princìpi del mazzinianesimo, verso l'unione e l'amore in vista del conseguimento di un fine comune. E anche il ritornello, la parte più conosciuta, perché
eseguita nelle manifestazioni ufficiali, sulla quale si appuntano le critiche più malevole, non è manifestazione di pura retorica ma esprime le convinzioni della migliore cultura
italiana ed europea dei secoli XVIII e XIX. In questi versi si avverte, infatti, l'eco delle parole scritte da Condorcet nel Quadro storico dei progressi dello spirito umano, ove si legge: "Roma ha
portato le leggi in tutti quei paesi in cui i Greci avevano portato la loro lingua, le loro scienze e la loro filosofia. Tutti questi popoli, sospesi ad una catena, che la vittoria aveva
agganciato ai piedi del Campidoglio..." (CONDORCET, Quadro storico dei progressi dello spirito umano, Introduzione R. GUIDUCCI, Milano, 1989, p. 188). Ma unità e fusione non devono
significare piatta conformità o, peggio ancora, soppressione del grande patrimonio ideale che si racchiude nelle diversità regionali: questo è il significato della quarta strofa,
nella quale Mameli, con straordinaria concisione (che non era sfuggita a Garibaldi), rievoca i momenti più significativi della storia delle diverse aree dell'Italia. Ed è proprio per
questo motivo che nell'Inno "Fratelli d'Italia" si possono trovare i segni distintivi dell'identità nazionale del nostro paese.
il Primo Tricolore | La bandiera italiana oggi |
Dal verbale della Sessione XIV del Congresso Cispadano
"Reggio Emilia,7 gennaro 1797, ore 11.Sala Patriottica.
Gli intervenuti sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.
Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana,
la quale debba portarsi da tutti.Viene decretato."
Il Tricolore Italiano, dai colori bianco, rosso e verde, fu consacrato quale simbolo della patria il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, dal Congresso dei rappresentanti di Bologna, Ferrara,
Reggio Emilia e Modena, lo stesso Congresso che pochi mesi prima aveva proclamato la nascita della Repubblica Cispadana. Autore della proposta fu il patriota e letterato Giuseppe Compagnoni (Lugo
1754 - Milano 1833), rappresentante della città di Lugo.
Il Tricolore aveva però già fatto la sua apparizione sul suolo italiano nel settembre 1796. Sarà lo stesso Napoleone Bonaparte a darne l'annuncio al Direttorio in una
lettera nella quale è scritto che la Legione Lombarda, appena costituita, aveva scelto come propria bandiera "nazionale" il Tricolore bianco, rosso e verde. Adottato come simbolo nazionale
anche dalla Repubblica Italica e successivamente dal Regno d'Italia, il Tricolore seguì le fortune napoleoniche e con la Restaurazione scomparve dall'Italia. I vecchi regimi ripresero le loro
tradizionali bandiere, mentre la Carboneria adottò come proprio simbolo un drappo dai colori rosso, blu e nero: gli stessi della Repubblica Partenopea.
La bandiera bianca, rossa e verde apparirà di nuovo in Italia nel 1831, con la costituzione della Giovine Italia. Il suo fondatore, Giuseppe Mazzini, farà di essa il simbolo
della libertà e della volontà di rinnovamento e di unità nazionale del popolo italiano. Il Tricolore della Giovine Italia recava, da una parte, la scritta: "Libertà,
Uguaglianza, Umanità"; e dall'altra: "Unità, Indipendenza".
Da questo momento l'idea dell'unità e dell'indipendenza nazionale e il Tricolore vengono strettamente associati nella mente degli italiani. Dalla spedizione di Savoia del 1834, non
c'è moto o sollevazione popolare che non avvenga all'insegna del Tricolore. Nel marzo 1848 i milanesi insorgono contro gli austriaci agitando il Tricolore e cantando l'Inno di Mameli.
Ciò, probabilmente, spinse Carlo Alberto ad assicurare al Governo provvisorio lombardo che le sue truppe avrebbero varcato il Ticino sotto le insegne del Tricolore (con lo scudo sabaudo al
centro), nonostante lo Statuto concesso pochi giorni prima avesse solennemente proclamato, all'art. 77, che "Lo Stato conserva la sua Bandiera [croce bianca in campo rosso, n.d.r.]: e la coccarda
azzurra è la sola nazionale".
Pur mancando un'esplicita sanzione normativa, il Tricolore è ormai diventata la bandiera nazionale italiana: la materia riguardante la bandiera verrà, infatti, organicamente
disciplinata dopo la Grande Guerra . E nel 1947 il Tricolore, ovviamente privo del simbolo della dinastia sabauda, viene introdotto nella Costituzione repubblicana, che all'art. 12 così
recita: "La Bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni".
L'emblema della Repubblica italiana è stato istituito il 5 maggio 1948.
Nel 1946 il Governo De Gasperi bandì un concorso aperto a tutti per l'ideazione del simbolo della nuova Repubblica italiana; poche le tracce: il simbolo non doveva riportare simboli di
partito o che alludessero a partiti; presenza della stella d'Italia; "ispirazione dal senso della terra e dei comuni".
Furono presentati 637 disegni per 341 candidati, tra questi furono nominati 5 vincitori (premio: 10.000 lire ciascuno) i quali furono invitati a elaborare nuovi bozzetti su indicazione: "una
cinta turrita che abbia forma di corona", circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso, la rappresentazione del mare, in alto, la stella d'Italia d'oro; infine, le parole
UNITÀ e LIBERTÀ.
Fu scelto il bozzetto del pittore Paolo Paschetto (Torino - Torre Pellice12 febbraio 1885 - 9 marzo 1963) che fu incaricato di preparare il disegno finale.
Il disegno consegnato da Paschetto, tuttavia, non superò la valutazione finale.
I progetti inviati dalla Presidenza del Consiglio a seguito del concorso indetto con decreto del Presidente del Consiglio del 27 ottobre 1946 ritenne, infatti, tali progetti non "idonei allo scopo".
Fu, quindi, indetto un nuovo concorso, al quale parteciparono 96 persone , con 197 disegni, (i cui originali sono attualmente custoditi presso l'Archivio Storico della Camera dei Deputati).
La Commissione, presieduta dall'on. Giovanni Conti, propose all'unanimità il nuovo bozzetto inviato da Paschetto e l'Assemblea Costituente approvò tale proposta, con votazione avvenuta
il 31 gennaio 1948.
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