Una proposta didattica
Lo
scarso interesse che troppo spesso gli alunni dimostrano nei confronti
delle materie scientifiche nasce spesso dal tipo di approccio a tali
materie proposto nella maggior parte delle nostre scuole. In quasi
tutti i manuali in uso nella secondaria superiore, infatti, è
perseguito un obiettivo di informazione scientifica su teorie
'vincenti', per cui la scienza sembra essere un metodo certo e
stabilizzato per descrivere i fenomeni.
La storia della fisica permette di conoscere le difficoltà connesse
all'elaborazione di un concetto, il contesto nel quale esso si è
sviluppato, la mediazione scaturita dal confronto tra ipotesi diverse.
In questo lavoro si vuole proporre un itinerario didattico per la piena
comprensione del fenomeno dell'induzione elettromagnetica, la cui
scoperta, fatta da Faraday nel 1831, fu così importante per lo sviluppo
dell'elettromagnetismo.
La proposta didattica prevede una fase sperimentale, che consiste
nell'esecuzione di alcune esperienze sulle correnti indotte,
accompagnata dalla lettura di brani di memorie storiche originali, una
fase teorica in cui esporre la storia delle scoperte relative agli
esperimenti eseguiti e, infine, una fase critica in cui, sulla base
degli spunti didattici offerti dal fenomeno, commentare e discutere con
gli alunni i problemi e le interpretazioni che ne scaturiscono.
Le scoperte di Coulomb, Oersted e Ampère
Coulomb alla fine del '700 identifica l'interazione tra
cariche elettriche come una interazione a distanza, analoga
all'interazione newtoniana tra masse. Per Coulomb inoltre elettricità e
magnetismo erano due stati fisici non collegati fra loro.
Le convinzioni di Coulomb, fatte proprie dai ricercatori che gli sono
succeduti, sono messe in crisi dall'esperimento di Oersted del 1820, in
cui un ago magnetico, posto vicino a un filo percorso da corrente, non
viene attratto o respinto, ma ruota. Dal punto di vista didattico la
realizzazione dell'esperimento di Oersted e la sua interpretazione e
discussione possono essere abbinati alla lettura della relativa memoria
(H. Oersted, Experimenta circa effectum conflictus electrici in acum magneticum).
È così possibile un confronto fra l'interazione circuito-ago magnetico
e l'interazione coulombiana e, nel contempo, una riflessione sulle
motivazioni di Oersted e sulla sua formazione filosofica.
L'esperimento di Oersted getta lo scompiglio nel mondo scientifico e si
cerca di darne una spiegazione nei modi più differenti:
Ampère, newtoniano convinto, suppone che nella materia ci siano delle
correnti elementari e spiega il fenomeno con forze di attrazione e
repulsione di tipo centrale. Anche in questo caso l'attività didattica
- che prevede la ripetizione dell'esperienza di Ampère con la bilancia
delle correnti e la lettura del relativo brano dai Rendiconti (A. M. Ampère, Rendiconti, brani relativi alle letture fatte all'Académie de France nelle sedute del 18 e del 25 settembre 1820 - Opere di A.M. Ampère,
a cura di M. Bertolini, collezione "Classici della Scienza", Torino,
UTET, 1969) - mette in rilievo non solo gli effetti dell'azione mutua
fra correnti, ma anche l'ottica in cui si pose Ampère, newtoniano alla
ricerca di forze centrali, nello sperimentare e nell'interpretare i fenomeni.
Faraday, invece, privo di precedenti schemi concettuali, spiega
l'esperimento di Oersted supponendo che attorno al filo percorso da
corrente compaiano delle forze circolari e chiarisce in che modo una spira circolare può comportarsi come un magnete, arrivando quindi al concetto di linee di forza.
L'esperimento di Arago
Ciò premesso per introdurre storicamente il fenomeno
dell'induzione elettromagnetica, prendiamo in esame gli studi e le
osservazioni fatti, a partire dal 1822, da Dominique François Arago
(1786-1853) e da lui resi noti nel 1824 in una comunicazione
all'Académie des Sciences di Parigi.
Nel 1822 Arago si trovava sulla collina di Greenwich per fare misure
d'intensità magnetica assieme all'amico Alexandre de Humboldt (D.P.
Arago, Oeuvres,
Tomo IV). Si accorse che l'ago di declinazione, posto a oscillare,
raggiungeva più facilmente la posizione di riposo se si trovava vicino
alla scatola che lo conteneva che non quando si trovava lontano da
qualsiasi altro corpo. Decise di approfondire la questione ed effettuò
degli esperimenti atti a mettere in rilievo l'influenza che i metalli e
altre sostanze esercitavano sull'ago magnetico. Il 22 novembre 1824
fece una comunicazione verbale dei risultati delle sue osservazioni
all'Académie des Sciences di Parigi e riferì che, se si sospendeva un
ago magnetico sopra un piatto di rame, di legno, o di altro materiale,
e lo si poneva in oscillazione, l'ampiezza delle oscillazioni fatte
dall'ago per passare da un angolo di 53° a un angolo di 43°, si trovava
che il numero delle oscillazioni necessarie alla diminuzione
dell'ampiezza dipendeva dal materiale di cui era fatto il disco e dalla
distanza a cui esso si trovava.
Arago decise di approfondire la questione ed eseguì esperimenti ad hoc.
In particolare realizzò una esperienza suggeritagli da questa
considerazione: se un piatto di rame posto vicino a un ago magnetico ha
il potere di alterarne l'ampiezza delle oscillazioni, allora, per il
principio di azione e reazione, un ago in quiete dovrà essere posto in
movimento da un disco in rotazione. Arago, appunto, fece ruotare un
disco di rame sotto un ago magnetico sospeso e osservò che l'ago
deviava dalla sua posizione di equilibrio lungo il meridiano terrestre,
tanto più quanto maggiore era la velocità di rotazione del disco e
quanto minore era la distanza dal disco. A partire poi da una certa
velocità di rotazione, l'ago, a qualsiasi distanza dal disco, ruotava
in maniera continua intorno al filo al quale era sospeso (Fig. 1,
tratta da Marazzini - Tucci, La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico, FrancoAngeli Editore, 1983).
Fig. 1
L'interpretazione dell'esperimento: il magnetismo di rotazione
Questa esperienza fu spiegata da molti fisici con l'ipotesi
che sotto ciascun polo dell'ago venisse a formarsi un polo di nome
contrario proveniente dalla decomposizione del fluido neutro del
piatto. Si era riscontrata, infatti, la presenza di tre forze: una
verticale (perpendicolare al disco), repulsiva; una orizzontale e
perpendicolare al piano verticale contenente il raggio passante per la
proiezione del polo dell'ago sul disco (è la forza tangenziale che dà
il movimento di rotazione all'ago); la terza parallela al raggio (della
sua esistenza ci si renderebbe conto se l'ago fosse disposto
verticalmente e potesse ruotare attorno a un asse perpendicolare a uno
dei raggi del disco).
Furono avviate molte ricerche in Inghilterra, Germania, Svizzera,
Italia e nella stessa Francia per dare una spiegazione del fenomeno.
Gli esperimenti di Babbage ed Herschel
Tutti i ricercatori, erano persuasi che se un magnete, in
questo caso in movimento, influenzava un disco, su di esso dovevano
manifestarsi delle polarità magnetiche. Per questo motivo il complesso
dei fenomeni di cui sopra fu indicato con la dizione 'magnetismo per
rotazione'.
Una delle più esaurienti ricerche sulla natura del fenomeno fu fatta da
Charles Babbage (1792-1871) e da John F.W. Herschel ( 1792-1871) che
avevano assistito alla descrizione dell'esperimento di Arago fatta da
Gay-Lussac a Londra nella primavera del 1825 (Samuel Devons,"The search
for electromagnetic induction ", in The Physics Teacher, vol. 16, dicembre 1978, pp. 628-631).
Essi decisero di ripetere gli esperimenti di Arago modificando l'apparecchiatura necessaria.
Un potente magnete era fatto ruotare sotto un disco di rame liberamente
sospeso: si osservava il disco ruotare nello stesso senso del magnete.
S'interponevano poi tra il disco sospeso e il magnete sottostante
dischi di differente materiale. La presenza di questi dischi non
produceva alcun cambiamento nel fenomeno, eccetto che per il ferro, il
quale riduceva sensibilmente l'azione esercitata dal magnete sul disco
di rame. Continuarono misurando la deflessione prodotta dal magnete
rotante su dischi di vario materiale e trovarono che l'effetto era
vistoso per dischi di metallo, ma era pressoché nullo per dischi di
materiale non metallico.
Babbage ed Herschel operarono poi dei tagli radiali nei dischi
metallici (Fig. 2, tratta da Samuel Devons,"The search for
electromagnetic induction", in The Physics Teacher, vol. 16, dicembre 1978, pp. 628-631). e osservarono che il magnetismo indotto era via via soppresso.
Fig. 2
Questo
risultato era previsto dai due fisici, in quanto, in accordo con la
teoria di Ampère, ritenevano che i tagli interrompessero il flusso
delle correnti molecolari e quindi ne impedissero la propagazione. Essi
interpretarono il fenomeno affermando che, in corrispondenza col polo
del magnete, sul piatto, era indotto un polo di segno opposto: quando
il magnete ruotava i punti del piatto che si trovavano sotto di esso
non acquistavano, e non perdevano, istantaneamente il loro magnetismo;
di conseguenza si aveva il trascinamento del disco o dell'ago
magnetico. Era la prima volta che si affermava che l'ago induce
lo stato magnetico nella sostanza in movimento. Sino ad allora, l'ago
era stato considerato solo un indice capace di rilevare il grado di
magnetizzazione del corpo in movimento.
L'interpretazione di Ampère
Nel
1826 anche Ampère s'interessò dell'esperimento di Arago riproducendolo
nel suo laboratorio e ne interpretò i risultati come un'ulteriore
conferma dell'equivalenza tra barra magnetica e solenoide percorso da
corrente. Ampère non si pose il problema di alcune contraddizioni
insite nell'interpretazione del fenomeno mediante la sua teoria. Ci si
dovrebbe, infatti, chiedere perché è proprio il movimento a generare
l'interazione tra magnete e disco, se, come supposto da Ampère, le
correnti sono preesistenti. È certamente singolare che il grande fisico
francese, pur avendo assistito ad uno spettacolare fenomeno d'induzione
elettromagnetica, non solo non lo abbia saputo interpretare, ma neppure
abbia avuto l'interesse di farlo. Ampère non fu solo. Dopo due anni
il grande interesse verso il fenomeno di Arago svanì. L'enigma,
indubitabilmente molto complesso, rimase irrisolto fino al 1832, dopo
che Faraday ebbe ripreso l'intero argomento dell'induzione
elettromagnetica.
Già i primi esperimenti di elettromagnetismo fatti nel 1821 avevano
portato Faraday alla scoperta della rotazione elettromagnetica e alle
prime congetture sulle cause delle interazioni tra correnti e magneti.
Come già si è accennato, egli aveva stabilito che l'attrazione e la
repulsione erano dovute a forze circolari
circondanti i fili rettilinei percorsi da corrente e aveva chiarito in
che modo una spira circolare poteva comportarsi come un magnete: se un
filo rettilineo viene curvato a cerchio (Fig. 3, tratta da Marazzini-
Tucci, La formazione del concetto di induzione elettromagnetica. Un itinerario didattico,
FrancoAngeli Editore, 1983), lungo l'asse ci saranno due o più forze
operanti nello stesso senso; un ago, posto sull'asse, simulerà perciò
un'attrazione e una repulsione in linea retta e la spira risulterà ora
avere due polarità. Queste considerazioni portarono Faraday al concetto
di linee di forza.
Fig. 3
La geniale intuizione di Faraday: produrre elettricità mediante il magnetismo
Dopo
il 1821 Faraday si dedicò quasi esclusivamente a problemi di chimica,
ottica ed acustica. Solo sporadicamente compaiono nei suoi diari
descrizioni di esperimenti di elettromagnetismo. Nel 1831, nel tentare
di mettere in relazione fra loro classi distinte di fenomeni, affrontò
il problema di come produrre elettricità mediante il magnetismo. Partì
dall'idea che come un corpo carico induce cariche elettriche su un
altro conduttore, così una corrente circolante in un circuito deve
indurre una corrente su un altro circuito. L'esser venuto a contatto
con teorie relative ad altri campi della fisica gli aveva dato
l'apertura mentale necessaria per risolvere il problema. Tra tutte
ebbe particolare incidenza la teoria ondulatoria della luce elaborata
da Young e Fresnel e avvalorata dai molti esperimenti di acustica
eseguiti da Faraday.
Quanto accadeva per l'elettricità di tensione (elettricità statica)
Faraday riteneva dovesse accadere, per analogia, all'elettricità in
moto (correnti elettriche). Quindi dopo numerosi tentativi falliti,
eseguì il famoso esperimento dell'anello nel quale rilevò che alla
chiusura e all'apertura del contatto A (Fig. 4 e 5), il galvanometro
segnalava un passaggio di corrente che cessava non appena il contatto
permaneva.
Fig. 4
Fig. 5
La
genialità di Faraday fu quella di aver collegato il galvanometro prima
della chiusura del contatto A: nel far questo, infatti, egli si
aspettava che un'onda di elettricità si propagasse attraverso l'anello
fino in B. A quest'esperimento ne seguirono molti altri (Per la
descrizione di questi esperimenti vedi i numerosi testi che trattano
dell'induzione elettromagnetica e Annales de Chimie et de Physique, - Tomo L, 1832 – Faraday, Recherches experimentales sur l'Electricité, 1 " e 3" serie, pp. 1-69; 116-121. Anche le figure 7 e 8 sono di Faraday e tratte dalle Recherches)
che lo portarono in poco tempo alla comprensione del fenomeno
dell'induzione elettromagnetica. Essi non solo gli permisero di capire
il principio essenziale della nuova, momentanea corrente indotta, ma
anche la grande varietà di circostanze in cui la si poteva ottenere.
Gli esperimenti di Faraday
Tra questi esperimenti due sono di particolare importanza (ibidem, pp. 1-69).
Il primo Faraday lo eseguì servendosi di due barre magnetiche disposte
come in figura 6 (o 7), in modo cioè che da una parte i poli opposti
fossero in contatto e dall'altra il contatto fosse stabilito fra gli
altri poli e gli estremi di un cilindro di ferro che si trovava
all'interno di un solenoide i cui terminali erano collegati ad un
galvanometro.
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Tale
esperimento evidenziò per Faraday il fatto che le correnti indotte
erano generate in un conduttore che tagliava le linee di forza
magnetiche o che era tagliato da esse. Scriveva Faraday: "Se un filo
conduttore si muove in modo tale da tagliare una curva magnetica, si
produce una forza [power] che tende a produrre una corrente elettrica
attraverso di esso".
Il fatto che il fenomeno dell'induzione elettromagnetica fu
interpretato da Faraday mediante il concetto di linee di forza tagliate
e non col concetto di flusso, come abitualmente viene spiegato nei
manuali scolastici, è un fatto didatticamente rilevante, che può essere
meglio evidenziato attraverso la lettura diretta di alcuni brani delle
memorie lette da Faraday alla Royal Society.
Il secondo esperimento Faraday (Fig. 6 o 8) lo eseguì servendosi di un
solenoide collegato ad un galvanometro, all'intorno del quale poteva
introdurre o estrarre una barra magnetica: con tale esperimento risultò
chiaro che le correnti indotte potevano ottenersi anche col moto
relativo di un conduttore o di un magnete in presenza l'uno dell'altro.
Faraday reinterpreta l'esperimento di Arago
Si convinse quindi che lo strano fenomeno osservato da Arago
doveva essere inquadrato nell'insieme dei fenomeni da lui interpretati.
Rifece perciò l'esperimento di Arago e ne studiò una variazione (ibidem,
pp. 44-50)., facendo ruotare un disco di rame tra le espansioni polari
di una calamita e osservando che nel disco si producevano correnti
indotte. Ciò gli permise di interpretare l'effetto Arago: quando un
disco ruota sotto un ago magnetico sospeso, taglia le linee di forza
associate all'ago e in tal modo si producono nel disco delle correnti
indotte. A queste correnti sono associate delle forze circolari che
agiscono sull'ago e lo fanno ruotare. Faraday dunque considerò questo
fenomeno come intimamente legato a quello della rotazione magnetica
realizzato dieci anni prima.
Con quest'interpretazione chiarì perché Babbage ed Herschel avevano
trovato che solo i conduttori davano luogo al magnetismo di rotazione e
perché, quando si operavano dei tagli nel disco l'effetto era
fortemente diminuito o distrutto (ibidem, p. 61).
Alcune riflessioni storiche ed epistemologiche
Lo studio degli esperimenti che portarono alla scoperta
dell'induzione elettromagnetica permette di rendersi conto che la
scienza, nel suo continuo divenire, non ha punti di arrivo, ma punti di
partenza; che in essa non ci sono certezze e stabilità ma
interpretazioni e teorie sempre suscettibili di modifiche; che studiare
fisica vuole dire anche conoscere il travaglio che precede le
conquiste, le difficoltà che ne accompagnano il cammino, i successi e i
fallimenti che segnano il suo progredire.
Inoltre, nello sviluppo della storia precedente, si può capire come la
formazione filosofica dello scienziato sia importante nell'impostazione
del lavoro di ricerca; per cui avvenne che Oersted, studioso di
Shelling e dei principi della Naturphilosophie,
di eredità kantiana, ebbe una fede quasi mistica nell'unità della
natura e ricercò la relazione tra fenomeni elettrici e fenomeni
magnetici; Ampère invece eseguì esperimenti e interpretò gli stessi
fenomeni con l'intento di cercare conferme dell'esistenza di forze di
tipo newtoniano e, da buon seguace di Newton, "matematizzò" i risultati
ottenuti. E ancora la storia chiarisce come lo sviluppo della
conoscenza non avviene in modo unico: è infatti possibile mettere a
confronto due grandi personaggi come Faraday e Ampère che hanno stili
di ricerca del tutto differenti. Ampère seguì un ragionamento puramente
speculativo, guidato dalla matematica e mostrò interesse per ipotetiche
entità elementari interagenti a distanza secondo leggi di forza di tipo
newtoniano. Faraday non fece alcun uso della matematica, non si
preoccupò di indagare sulla natura dell'elettricità e del magnetismo e
si occupa invece della distribuzione delle forze intorno ai corpi
elettrizzati o magnetizzati. Ampère vide l'esperimento come conferma
della teoria e progettò gli apparati sperimentali in stretto rapporto
con la struttura matematica della teoria. Faraday invece considerò
l'esperimento come una guida per esplorare la natura. Usò una
strumentazione flessibile, costruita senza pregiudizio teorico, per
indagare in dettaglio i fenomeni noti, scoprire eventuali
interconnessioni e ricercare nuovi effetti.
*Coordinatrice del Gruppo di Storia della Fisica della Associazione per
l'Insegnamento della Fisica (AIF), insegna Didattica della Fisica
presso la Scuola di Specializzazione per la formazione degli insegnanti
dell'Università di Cagliari. È stata membro di varie Commissioni
ministeriali per lo studio di nuovi programmi di fisica.
**Già docente di ruolo di matematica e fisica nella scuola superiore,
membro del Gruppo di Storia della Fisica della Associazione per
l'Insegnamento della Fisica (AIF), è autrice di pubblicazioni di storia
della fisica e collabora a corsi per la formazione in servizio dei
docenti della scuola secondaria superiore per un approccio storico
all'insegnamento della fisica.
Pubblicato il 4/12/2007
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Disco di Arago, dal sito www.lngs.infn.it
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