LA
RESISTENZA DEGLI SCOUT
Tutti sanno chi sono gli scout ma non tutti conoscono
il contributo degli scout alla Resistenza per la Liberazione dell’Italia. Una
Resistenza che cominciò presto, già nel 1928, quando il governo fascista
decretò lo scioglimento di tutte le associazioni giovanili che non facessero
capo alla neonata Opera Nazionale Balilla.
Quali fossero gli scopi educativi che si prefiggeva il regime fascista si
traduceva nel motto “Credere, obbedire, combattere”. I valori dello
scoutismo quali la responsabilità, la fraternità, l’amore per la natura, il
servizio al prossimo, la fede cattolica e soprattutto la libertà di coscienza
avevano poco a che spartire con la mistica fascista e pertanto andavano
soppressi. In effetti già prima che le Istituzioni ne decretassero lo
scioglimento le sedi delle associazioni cattoliche, come quelle dei sindacati,
delle cooperative, dei giornali e partiti di opposizione erano i bersagli delle
devastazioni delle camicie nere.
In quel periodo Don Minzoni, fondatore e assistente
ecclesiastico del gruppo scout di Argenta (FE), venne assassinato perché
colpevole di essersi opposto agli squadristi inviati in parrocchia a
“disturbare” un incontro pubblico sullo scoutismo. Quello seguente è
l’anno del delitto Matteotti e della soppressione della libertà di stampa:
con una nuova ondata di violenze il fascismo instaura la dittatura. Sono anche
gli anni delle trattative tra Stato e Chiesa che sfoceranno nei Patti
Lateranensi e in virtù di questo negoziato la soppressione dello scoutismo,
accettata a malincuore da Papa Pio XI, servì alla sopravvivenza dell’Azione
Cattolica, unica associazione non fascista ad essere tollerata dal regime non
senza forti limitazioni. Dopo i falliti tentativi di accorpare gli scout ai
Balilla o all’Azione Cattolica, nel 1928 i gruppi dell’A.S.C.I. cessarono le
attività. A Milano i rappresentanti dei riparti scout deposero simbolicamente
le bandiere (le “fiamme”) sull’altare dinanzi all’Arcivescovo, a
testimonianza che essi si scioglievano di fronte alla Chiesa e non allo Stato.
Ma nello stesso giorno, nella cripta della chiesa del S. Sepolcro, proprio di
fronte alla Casa del Fascio da dove era partita la marcia su Roma, il gruppo
scout Milano II° si ritrovava per la cerimonia di una nuova Promessa.
- Non è giusto – erano le parole del capogruppo
Cesare Uccellini – e noi non lo accettiamo, che ci venga impedito di vivere
insieme, secondo la nostra legge: legge di lealtà, di libertà, di fraternità.
Noi continueremo a fare del nostro meglio per crescere uomini onesti e cittadini
preparati e responsabili. Noi continueremo a cercare nella natura la voce del
Creatore e l’ambiente per rendere forte il nostro corpo e il nostro spirito.
–
Con questa dichiarazione d’intenti il gruppo decise
di proseguire l’attività entrando di fatto in clandestinità. Era una
decisione che coinvolgeva non solo i ragazzi ma anche le rispettive famiglie
consapevoli di rischiare le conseguenze della disobbedienza civile al regime.
Nel gruppo dei “ribelli” di Milano confluirono altri scout di riparti
disciolti, con affiliati anche in Brianza, a Desio e a Monza. Nascono le Aquile
Randagie. Guidati da validi capi-educatori il gruppo porta avanti l’attività
clandestina per quasi 17 anni. Senza una sede, cambiando di continuo luoghi di
ritrovo, comunicando attraverso messaggi in codice, con le divise nascoste negli
zaini, questi ragazzi dagli 11 ai 24 anni riuscivano incredibilmente a
raggiungere in bicicletta i boschi e le campagne del milanese e della Brianza
durante i fine settimana e ad organizzare i campi estivi nelle valli alpine (la
Val Codera una delle mete preferite). Alcuni di loro vennero riconosciuti e
denunciati, più spesso aggrediti e malmenati. Ma il rischio di giocarsi la vita
divenne reale solo dopo l’8 settembre del ’43 con l’armistizio e la
conseguente occupazione tedesca. Le Aquile Randagie, su ispirazione del loro
assistente ecclesiastico Don Andrea Ghetti (nome di battaglia “Baden”)
intuirono la necessità di un nuovo senso del servizio scout: nacque l’O.S.C.A.R.
(Opera Scoutistica Cattolica Aiuto Ricercati), sigla che si diffuse
clandestinamente per tutta la Lombardia come ancora di salvezza per chi cercava
di nascondersi e fuggire dalla persecuzione nazifascista. Soldati italiani,
prigionieri, perseguitati politici, renitenti alla leva della Repubblica
Sociale, ebrei, per un totale di 2166 espatri clandestini, vennero aiutati da
questa organizzazione alla quale avevano aderito le Aquile Randagie.
L’episodio più clamoroso fu il rapimento-salvataggio di un bambino ebreo
all’ospedale di Varese sotto il naso dei nazisti che ne avevano deciso la
deportazione in Germania. Le Aquile Randagie collaborarono anche alla diffusione
del foglio clandestino “Il ribelle” e si mantennero costantemente in
contatto con organizzazioni scout estere. Essere clandestini non legittimava
l’isolamento dalla grande fratellanza scout: la necessità di un continuo
aggiornamento del metodo educativo faceva superare le difficoltà, enormi a quei
tempi, per ottenere il permesso all’espatrio e partecipare ai Jamboree, i
raduni internazionali.
Nel
frattempo cominciava a riunirsi il rinato Comitato Centrale provvisorio e
clandestino dell’A.S.C.I. milanese ad opera di Mario Mazza. La Chiesa, anche
tramite il Cardinal Schuster, incoraggiava gli scout a perseverare nell’attesa
di tempi migliori. Uno degli ultimi tragici episodi della guerra di Liberazione
vide l’Aquila Randagia Nino Verri fucilato il 16 aprile del ’45 per aver
soccorso un partigiano ferito e braccato dai militari della Repubblica Sociale
Italiana.
Con la ricostruzione materiale e morale dell’Italia anche lo scoutismo rinasce. Le Aquile escono dalla clandestinità. Non ci furono trionfalismi da parte loro, rimasero invece i segni di un’esperienza ricca di contenuti umani e cristiani. L’avventura delle Aquile Randagie fu essenzialmente la difesa del diritto dei giovani ad essere educati e a vivere i loro ideali di pace, fraternità, fede, servizio, libertà. Fu quindi una Resistenza genuina, perché libera da ogni interesse che non fosse lo sviluppo della personalità umana e religiosa dei giovani. La Resistenza di una concezione di vita che pone al centro l’uomo, la sua dignità, la partecipazione alla vita pubblica, la libertà, la fede religiosa contro la statolatria del regime fascista costruita sulla violenza, la suggestione di massa, l’intorpidimento morale. A muovere questi giovani non furono l’ideologia, l’odio o la causa politica, ma la fedeltà alla Promessa Scout che recita “Con l’aiuto di Dio prometto di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese, per aiutare il prossimo in ogni circostanza, per osservare la Legge Scout”.
Liberamente tratto da “ Le Aquile Randagie”
di Carlo Verga e Vittorio Cagnoni
(Edizioni Scout –nuova fiordaliso, Roma 2002)