Siamo a Castelvecchio, dove Eisenman realizza il giardino dei passi perduti.
Egli qui fa un tracciato vivo sull’area, incide l’area stessa, generando un percorso in continuo movimento, è come se mano divina avesse deciso di fare “piazza pulita” “sgrullando” l’enorme tappeto e nel poggiarlo a terra avesse poi deciso di lasciarlo così com’era naturalmente, senza stenderlo alla perfezione. L’architetto inoltre su questo tappeto verde ricava un percorso. Osservando l’opera dall’alto si ha la sensazione che il verde abbracci il percorso e viceversa, insomma Eisenman entra in perfetta armonia con il sito. E il percorso stesso, fatto di onde, che si trasforma da verde a pavimentato e viceversa, è armonico, Sembra che delle onde sonore, delle note musicali abbiano dolcemente perturbato un sito che in origine era piano.
Al di là di tutte le interpretazioni a carattere emotivo che possano nascere osservando l’opera non bisogna travisare il processo logico che sta alla base del lavoro di Eisenman e di tutta la sua “poetica anni ‘80” se vogliamo.
Eisenman infatti compie un lavoro logico molto elaborato: studia tutte le stratificazioni che si sono generate sull’area nel corso dei secoli ottenendo diversi layers che diventano oggetti veri e propri. Così facendo riporta in vita tutta la memoria del luogo.
Apriamo una parentesi: Eisenman aveva messo in atto la stessa logica metodologica Nel lotto dove realizza l’edificio d’abitazione per l’Iba, al CheckPoint Charlie di Berlino. Qui egli aveva studiato le mappe dell’area appartenenti al passato. Da questo studio aveva generato delle griglie che si trasformavano in linee forza e dunque in oggetti: spazi aperti, percorsi, edifici esistenti, nuovi edifici…
In realtà questo approccio metodologico è una vera lampadina che si accende nella mente di eisenman e gli permette di salvarsi dallo tsunami PoMo che si abbatte su di lui nel 1978. Egli rielabora l’idea del palinsesto, ovvero stratificazioni cartacee, in una chiave concettuale e lo utilizza come metodo di lavoro. Questo suo passo è geniale e darà la spinta per il lavoro dei sui successivi quindici anni.
E qui entra in gioco il concorso di progettazione urbana del 1978, che è in realtà il punto di partenza di questo processo. Il sito è Cannaregio a Venezia. L’area e degradata e industriale. Egli fa un progetto urbano in cui applica il suo nuovo metodo di lavoro. Egli studia l’area tramite le mappe del passato e ne ricava un progetto fatto di stratificazioni; Il suo approccio parte dunque dal Contesto. Egli infatti attua una contestualizzazione pertinente,
Ma torniamo a Verona: dallo studio delle varie stratificazioni del luogo egli ottiene una serie di griglie che gli permettono di estrapolare delle linee-forza. Queste appunto si trasformano in oggetti.
Secondo Eisenman ogni opera architettonica dovrebbe nascere dallo studio del contesto. Da questa analisi si dovrebbe creare una griglia dalla quale generare le strutture. In tal modo l’edificio appunto riuscirebbe ad interpretare il contesto.
Così Eisenman a Castelvecchio crea una griglia che egli ritiene sia stata adottata da Scarpa e in tal modo gli rende omaggio. Questa griglia nasce dalla pavimentazione esterna tramite la quale Scarpa porta il museo all’esterno. Ad essa si interpongono nuove stratificazioni. Egli intendo come contesto non solo l'area di per sè, che ha vissuto passivamente anni di storia, ma anche i personaggi stessi che vi hanno messo mano. Per questo motivo è così importante per lui comunicare con il museo, non solo all'esterno ma anche all'interno. la sua griglia genera infatti un altro livello, che gli permette di entrare nel museo e di fare uscire questo fuori: il livello delle cinque piazze che entra in rapporto (traslato) con le cinque stanze interne passando letteralmente attraverso le pareti. Inoltre all’interno del museo pone degli elementi puntuali rossi che si mettono in rapporto con l’esistente e che servono a fissare i veri e propri punti della griglia di Scarpa. Il giardino dei passi perduti è insomma una esplosione. Il museo si tuffa all’esterno, è il desiderio delle statue di comunicare con le persone al di là delle mura. |