BELLE & SEBASTIAN: Storytelling
2002

 


La domanda più ansiogena che l’ascolto di questo – come considerarlo? Il quinto long playing effettivo di Belle & Sebastian o il quinto extended playing con contorno di divertissement? Colonna sonora tradizionale o cremoso yogurth con pezzettoni di canzone? – ingenera nel bellessebastianofilo che ora scrive è la seguente: e adesso?

Quanto tempo prima della prossima dose?

Perché - diciamolo subito – Storytelling è una dose insufficiente, non qualitativamente ma quantitativamente.

   Essa consta di trentacinque minuti ripartiti fra brevi dialoghi ritagliati dall’omonimo film di Todd Solondz, strumentali “sottofondali” e 6 nuove tracce di puro Belle & Sebastian style.
    Tralasciando i primi (e anzi rimandandovi alla visione del film che s’annuncia corrosivo e politically uncorrect come -se non più- di Happiness) non possiamo non confermare dentro di noi (scongiurando ancora per un po’ la naturale inquietudine che genera la Grazia quando c’è profusa con costanza) la certezza della perizia strumentale che il gruppo, che ormai dal vivo ha assunto le sembianze di una vera e propria big band, ha maturato.
    Tanto mestiere - unito a raffinatezza ed eleganza formale (nonostante possa capitare d’imbattersi in scabra scatologia in guisa di titolo quale Fuck this shit) ha permesso di trasfigurare l’originaria e minimale filastroccanza pop in un adamantino e iperuranico compendio di folk, orchestral, pop, e donovanismo adattato alla cibernetica; perché comunque la si voglia mettere Stuart Murdoch è un Donovan dei giorni nostri, passato attraverso la new wave e la rinascita pop-psichedelica degli ottanta.
    Di Donovan sanno qui le costruzioni melodiche anche quando non imperniate sul caldo e felpato timbro della voce – appunto – donovaniana. Se qualcosa di diversificante occorre trovare, allora si dirà che Murdoch possiede una maggiore inclinazione per l’introspezione umanista piuttosto che per il fiabesco letterario.
   I pezzi strumentali scorrono via dunque, solleticanti, trapuntati da piovasche stille di pianoforte, galleggianti su vapori di sogni sognati mille volte, trattenuti sul terreno bruno da archi ed echi sommessi. A contatto con la realtà divengono campagna, e malinconia. E badate bene: non suoni eteronomi di scarsa o nulla significatività privati come sono delle immagini per cui furon concepiti, ma solide melodie, bacharachismi descrittivi e ben fondati bucolicamente. Difficile sarebbe stato immaginare un adattamento massivo di questi brandelli di sogno alla poetica solondziana; di fatto solo 6 minuti effettivi del disco sono impiegati nella pellicola finale.
  E se il dulcis deve stare in fundo diremo subito che siffatto fundo è – neppure a dirlo – uno dei luoghi più dolci e rinfrancanti concessi allo spirito dell’ascoltatore indie: Black And White Unite, la prima “canzone” in cui ci s’imbatte è una melodia semplice, vagamente country, tutta giocata sul rincorrersi delle voci pigre di Murdoch e sui ricami preziosi della chitarra e del piano; I don’t want to play football è un tanto breve (57 sec) quanto intenso lieve arpeggio di piano e voce (più stonatura) la cui poesia vive tutta nel titolo e nel falsetto di Murdoch; il beachboysmo concentrato e quasi pubblicitario di Scooby Driver fugge rapidamente via preludendo al finale dilatato e melodioso di Big John Shaft,con le trombette e le felpatezze che sono oramai marchio di fabbrica; Wandering alone, con le sue ascendenze latine e la sua swingante, languida e danzante spensieratezza è forse, insieme al duetto Campbell/David di Storytelling, (che ascolterete leggendo i titoli di coda del film e che nel suo brioso pianismo strutturale ricorda da vicino quella gemma che fu Jonathan David) il momento più memorabile dell’opera.

   Un’opera che, se non eguaglia i vertici di composizione e arrangiamento dei due ultimi singoli (il già citato Jonathan David e lo statuario Waking up to us) nondimeno continuerà a produrre, per tutto il tempo del vostro e mio ascolto la domanda che in altri tempi fu di quegli altri timidoni che ci cambiarono la vita: How soon is now?



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