THE CLIENTELE: Suburban Light
[2000]


Riflessioni a caldo
Ci sono dischi e ci sono dischi.
L'ora legale mi ha appena regalato un double pas molto leggiadro, fuori l'alba è ormai vecchia.

Immagini ipnagogiche: questo disco è una piccola sferetta di ferro che scorre lungo cunicoli, cubicoli, tubature accompagnata da umili eco perse nel sottoterra.
Da molti strati sopra giunge ovattato il suono degli H.P. Lovecraft e si frammischia alle vibrazioni.
Vi aleggia un'aura misterica - sposata ad un languore segreto ed ineffabile.

C'è una strana morchia che ricopre le chitarre che accennano ora arpeggi straniati, ora tenui suadenze jazzy, muschio e muffa sui solchi che girano al tempo di una deboscia centellinata allo spasimo.
Rain potrebbe essere uscita da un Nuggets dalla zona del crepuscolo, an hour before the light dalla penna felice di Kim Fahy periodo Mabuses, i had to say this suonerebbe molto byrds se Clark invece di Dylan avesse preso a modello il dio Pan, joseph cornell è un paul weller sonnacchioso.
Disco sfibrato, criptico pur nella sua apparente esplicitezza, velato da una malinconia sublimemente di maniera, apoteosi dell'inessenza pop.
Consigliato a tutti quelli che non hanno fretta di togliere un cd dal lettore solo per metterne su un altro.

Postilla
Non è, come all'apparenza potrebbe suonare, un disco immediato; secerne con il tempo.
E' più segreto dei suoni che lo esprimono. Produce vibrazioni esoteriche, è subliminale.
E' un disco gestaltico: il suo intero è superiore alla somma delle parti.
Uno qualunque di questi pezzi finendo su una mixtape perderebbe qualcosa.
L'amai alla fine del 2000 e l'amerò all'inizio del 2002: un'amante conquistata dopo mille corteggiamenti e finalmente dispiegata in un segreto riconoscimento che elargisce con un pudore diverso ogni volta.
Ne ho preso il pallore, ne ho acquisito la soffice decandenza.

Non finisco mai di girare nelle sue suburre ombrose e vampiresche

 

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