GRANT LEE PHILLIPS: Mobilize
2001

 


Riconoscimento e riconoscenza.

Mobilize è il il segno di un'affinità, la legatura di una nota indecifrabile, un glissando anamnesico. Perché queste canzoni hanno una qualità superba e quando non l'hanno, la richiamano.

Quest'uomo ha le ali di un angelo, la voce di un fantasma, l'araldo di un lignaggio estinto, la mano leggera e vaporosa. E ora come allora in compagnia del Bufalo, mi sfiora tutta la giornata: quando lo ascolto perché lo ascolto, quando non lo ascolto perché non abbandona e spesso non si schioda.

E' un disco intriso di sensualità: intride la mia mente di paesaggi e rimandi senza realtà, trascina un desiderio mercuriale o fluido, è la terra infiammabile della chimica flogistica.

Io capisco i tuoi baci, e tu i miei… [Shakespeare]


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   Tempi di planetarizzazione, di distanze geografiche rese mere approssimazioni di movimenti di mercato, laddove la puntualità della distribuzione costituisce l’unica possibilità del nuovo di dirsi nuovo. Un anno solare per l’economia è come un anno luce per la merce.

   Prendiamo ad esempio questo "Mobilize": 365 giorni (circa) separano la sua uscita in Italia dalla pubblicazione americana. La maggior parte delle produzioni dell’industria musicale non avrebbe retto il pesante delay: decaduta la patina di novità sarebbe tornato negli scaffali sonnolenti a far numero. Fosse stato un disco della next big thing o dei nuovi White Stripes non ce ne saremmo neppure dispiaciuti o persino accorti.
   Ma "Mobilize" è un disco di Sua Maestà (o di Suo Ammiraglio, a giudicare dalla foto di copertina) Grant Lee Phillips. Non solo. E’ un disco di Sua Maestà Grant Lee Phillips tornato agli splendori compositivi di "Fuzzy" e "Mighty Joe Moon" (usciti a nome Grant Lee Buffalo, ma tutti pennati Phillips) e che mantiene lo stato di grazia di quel recente (e acustico) capolavoro -disponibile per la vendita solo su internet- che è stato Ladies’ Love Oracle.
   A ben guardare questo disco possiede una tendenza innata al ritardo: se tento di scriverne, fatalmente l’ho in loop sul lettore e ancora più fatalmente sono risucchiato dalla sua finissima melodia, totalmente inibito al pensiero. Queste parole sono frutto di pause coatte fra un pezzo e l’altro e son frettolose per natura.

   Allora diremo subito che a differenza dei Buffalo qui si fa un uso più disinibito di suoni elettronici e studio di registrazione; laddove lì sussisteva quasi un incantato purismo strumentale country/folk qui, pur non mancando tale innato calco, si respira piuttosto una maggiore libertà combinatoria, senz’altro favorita dal fatto che qui Grant suona tutti gli strumenti ed è egli stesso autore di tutti gli arrangiamenti. Ma non si terrorizzino coloro a cui penzola ancora un cordone ombelicale dai passati fasti: in Mobilize non ci s’imbatte in una sola nota d’eccesso, né mai un singolo suono risulta tracotante rispetto alla cristallina perfezione della Melodia. La modernità è perfettamente assimilata, ed in questo spinta fino alla sua perfezione, al grado di tensione ultimo in cui un arrangiamento può sottomettersi alla struttura senza spezzarsi: inserite dunque il cd nel lettore e pigiate play.
   Dei suoni sintetici a basso volume introducono il *vasto* giro d’accordi di See America, incalzati da archi di classica ampiezza. Nel giro di un minuto ci accorgiamo d’esser posti di fronte a un pezzo del rango più elevato cui una ballata rock possa aspirare: quello che condivide con Imagine di Lennon o Knocking on Heaven’s Door di Dylan. Neanche il tempo per emozionarsi e Humankind continua l’opera di eternamento del disco e del suo autore; melodia marmorea, arrangiamenti elettronici cattivanti, una voce che giunge al cuore senza passare dal “via!”; stessi elementi che troviamo nel pezzo successivo e in quello che lo segue e in quello che lo segue ancora.

   Alla fine del computo su 12 pezzi almeno otto mi suonano sublimi e i restanti quattro “solo” grandi; e certo, il giudizio sulla musica è solo soggettivo.

   Io da parte mia con Mobilize spero di trascorrere ben più di un altro anno*.

 

 

*Avessi ascoltato questo oggi per la prima volta, o fra un anno o fra dieci anni avrei espresso il medesimo giudizio. Gli archetipi non sono affetti dal tempo; si limitano semplicemente a mobilitarlo.


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