I CADUTI DI VERGEMOLI
Luogo ove morirono i due marò
Un mese dopo, il 4 dicembre 1944, un grosso pattuglione scese verso Vergemoli dal Grottorotondo per attaccare, pare, una batteria americana che infastidiva le posizioni tenute dall’esercito della R.S.I. Racconta un testimone dell’epoca che un civile incontrato prima di giungere al paese informò l’ufficiale che comandava il pattuglione che in paese si trovava un forte contingente di truppe americane oltre ai partigiani del gruppo “Valanga”. La notizia non era vera o almeno era esagerata, ma indusse l’ufficiale alla prudenza, cosicché decise di rimandare l’azione. Ma alcune avanguardie erano giunte ormai alle prime case del paese. Due di essi, risalendo un costone, giusero ad una casa e si introdussero nelle cantine. Poi, saliti al piano superiore, si affacciarono alla porta che si apre su una strada del paese. Ma, sull’altro lato della strada, quasi di fronte, era una casa entro la quale erano appostati alcuni russi disertori dell’esercito tedesco ed ora aggregati ai partigiani. Questi, con un fucile mitragliatore, spararono sui due italiani e li fulminarono sull’uscio. Si trattava di Giabbani Giovanni e di Zignago Emilio della 1^ Compagnia del Battaglione Aosta della Divisione Monterosa. Poco più in alto, nei pressi di una chiesina, fu fulminato dagli stessi russi un tedesco, pare un sottufficiale.
Casa sulla porta della quale furono freddati gli alpini La casa dalla quale i russi spararono
Giabbani Giovanni e Zignago Emilio
Il giorno dopo, all’interno di un “metato”, fu rinvenuto il corpo di un altro alpino: Previtali Marino della Compagnia Reggimentale. Egli, gravemente ferito, si era trascinato all’interno di quel riparo (o vi era stato condotto da qualche commilitone) ma non era riuscito a sopravvivere. A quel punto gli abitanti del luogo, per dare sepoltura alle quattro salme, riaprirono la fossa entro cui giacevano i due marò e vi inumarono gli altri quattro.
Passarono alcuni mesi e si giunse all’aprile 1945. Il 16 aprile si respirava ormai aria di ritirata (l’ordine di ritirata giunse il giorno dopo) e un bersagliere della Divisione Italia (pare ufficiale o sottufficiale) stava scendendo verso Vergemoli dalle quote sovrastanti (forse dalle Rocchette, forse da Le Tese) insieme al suo cane. Forse aveva deciso di arrendersi e di darsi prigioniero. Ma si trovò ad attraversaree un campo minato e pare che il suo cane provocasse l’esplosione di una mina che uccise entrambi. Ancora una volta la fossa comune fu riaperta e anche questa settima vittima vi fu sepolta. Fra gli atti di morte del Comune di Vergemoli vi è anche quello, redatto su sentenza del Pretore di Castelnuovo, relativo a Pellegrini Bruno di anni 30, morto a Vergemoli il 16 aprile 1945.
Solo nel dopoguerra la famiglia di Giabbani Giovanni, di Arpino (Frosinone) fece apporre la lastra tombale e la famiglia di Berdozzo Bruno, figlio di Riccardo e Metticich Lucrezia venuti più volte a Vergemoli, veneziani, fece apporre la piccola croce.
La tomba di Vergemoli. Ci sono sempre fiori freschi