Archivio dei film presenti nella mediateca Ledha
Indice
- Albert, perchè ?
- Amore impedito
- Bravo ragazzo
- Daniele e Maria
- Eclissi parziale
- Estate
- Fattore H
- Gaby.
Una storia vera
- I Debolts
- I falò
- Il paese del
silenzio e dell’oscurità
- Il quaderno di
Manuel
- Il
sapore dell’acqua
- Il silenzio e le parole
- Impedito
- Insieme
-
Kenny
- Joey
- Lamb
- Lo sguardo degli
altri
- Loving Walter
- L’uovo
- Mama
- Mater
amatissima
- Oltre
il dolore, oltre la pena
- Ombre
della mente
-
Piero
e gli altri
-
Pippo e Paola
-
Sei bella Jeanne
-
Soli
-
Stepping
out
-
Sulle
spalle del gigante
-
Sweetie
-
Test
d’amore
-
Un
angelo alla mia tavola
-
Voglio il sole in
faccia
Albert, perchè ?
(Germania) di Josef Rodl
con attori non professionisti
"Albert, warum ?", 1978, 16mm
bianco e nero, 116 min, vers. orig. con sott. ital.
Fiction. Il
film narra del calvario di Albert, un handicappato psichico che viene
trattato come lo "scemo del villaggio". Reduce da una casa di cura,
Albert cerca di inserirsi in una famiglia e in una comunità rurali ottuse e
ostili, che lo porteranno al suicidio.
Secondo il regista, il film è "la
storia di un capro espiatorio, ... la storia di qualcuno che è debole e non può
difendersi."
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Amore impedito (Svizzera)
di Marlies Graf
"Behinderte liebe", 1979, 16mm
colore, 120 min, vers. orig. con sott. ital.
Documentario.
In un paese della Svizzera tedesca, un gruppo di handicappati gravi ha vissuto
in una comunità mista, con persone senza handicap, amici e volontari. Evitando
facili pietismi, il film descrive la vita di questa comunità, anche nelle
situazioni più difficili, la storia, i problemi e le scelte dei singoli ospiti,
la loro ferma determinazione a stabilire un legame con la realtà esterna. I
giovani protagonisti si interrogano sulla "diversità" e rivendicano
il diritto all’amore e alla sessualità.
"Attraverso le confessioni dei
protagonisti, Marlies Graf ha creato un contatto assai violento con gli
spettatori (...) La parola supera le nozioni della morale tradizionale, rivela
quel che i benpensanti, che siamo noi, non vogliono sapere (...) La grande
audacia di questo film è di ripercuotere l’eco della natura umana in cerca
della felicità, dell’amore, della completezza."
(Jacques Siclier, da "Le Monde")
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Bravo ragazzo
(USA) di Ira Wohl
"Best boy", 1979, 16mm colore,
104 min, vers. orig. con sott. ital.
Documentario(premiato
nel 1979 con l’Oscar per il migliore film documentario e vincitore di molti
altri premi).
Philly è un insufficiente mentale
di 50 anni; ha vissuto sempre in casa ed è del tutto imprepa-rato ad affrontare
la realtà esterna. Perde il padre e l’anziana madre non è in grado di
accudirlo. Philly viene aiutato dal cugino (regista del film) e da alcuni
operatori sociali. Scopre per la prima volta il mondo a 50 anni. Il film
racconta le sue prime esperienze scolastiche e in comunità-alloggio, una visita
allo zoo, una gita in campagna, una passeggiata nel parco, una serata a teatro.
Frutto di tre anni di lavoro, questo
documentario tratta il tema angoscioso del "dopo i genitori",
l’incertezza del futuro degli handicappati adulti. Pone interrogativi sul
pericolo dell’eccesso di protezione nei confronti degli handicappati e sulla
necessità di poter disporre di servizi alternativi alla famiglia.
Ira Wohl
entrò giovanissimo nel cinema a fianco di Orson Welles, durante la lavorazione
del Don Chisciotte . Ha realizzato numerosi cortometraggi e serials
televisivi.
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Daniele e Maria
(Italia) di Ennio De Concini
1973, 35mm colore, 90 min
Fiction.
Daniele, diciottenne con handicap psichico, è figlio di un ricco uomo
politico che si preoccupa soltanto delle apparenze. Abita a Roma in una
splendida villa sull’Appia Antica. E’ un ragazzo malato di una dolce follia,
che vive un’esistenza appartata e senza amici, con l’unico conforto della
musica. Trova finalmen-te calore umano e comprensione nel rapporto d’amore con
Maria, figlia di una domestica di casa. I genitori di Daniele licenziano la
domestica e, interpretando i sentimenti del figlio come un semplice impulso
sessuale, lo fanno incontrare con una prostituta. Anche il patrigno di Maria
interviene, chiedendo un risarcimento in denaro per la perduta verginità della
ragazza. Mentre i rispettivi genitori cercano un accordo economico, i due
giovani continuano ad amarsi ... fino al tragico finale.
Ennio De Concini,
qui regista, è uno dei maggiori sceneggiatori italiani. Ha firmato più di 200
film, lavorando sia per il cinema (Divorzio all’italiana , Il
ferroviere , Il grido , Pane e cioccolata ) che per la TV (La
piovra 1 , 2 e 3 ). Ha avuto un figlio disabile psichico.
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Eclissi parziale (Cecoslovacchia)
di Jaromil Jires
1982, 35mm col, 90 minuti, versione
doppiata in italiano
Fiction. Il
film, raccontando il dramma di una ragazza quattordicenne (Marta) che diventa cieca,
descrive le possibili conseguenze psicologiche di un handicap.
L’eclissi parziale di cui parla
il titolo è la temporanea "eclisse d’identità" subita dalla
protagonista in seguito all’handicap. Perdendo la vista, tutto il mondo
circostante si oscura per Marta, le diventa estraneo e minaccioso. La
disabilità incrina la sua solidità psicologica e rischia di sgretolare la sua
identità.
Marta si sente smarrita, non è più
autosuf-ficiente, deve fare affidamento sugli altri e le sembra di non
avere attorno persone di cui potersi fidare realmente. La madre e la sorella non
capiscono il suo dramma. Le persone che lavorano nell’istituto hanno modi
bruschi, scor-tesi e autoritari. L’unica persona affidabile si rivela essere
il dottor Mos, uno psicologo che riesce a rischiarare l’orizzonte di Marta.
Mos è una persona libertaria ed eccentrica (può un po’ ricordare
l’insegnante interpretato da Robin Williams in L’attimo fuggente );
insegna a Marta a rafforzare il proprio io e a ritrovare fiducia in sè,
ridandole la forza e le motivazioni necessa-rie per imparare a distinguere le
ombre, le luci e i contorni anche in un mondo diversamente illuminato.
Nel film ha un certo peso il tema della
colpa. Marta custodisce un segreto per lei doloroso: la propria cecità dipende
da una colpa della sorellina. Questo crea in Marta sentimenti di forte ostilità
verso la sorellina e la madre. E si chiede: "Perchè proprio io ho un
handicap ?" Il proprio handicap può essere vissuto inconscia-mente come la
conseguenza di una colpa: una propria colpa (l’handicap come punizione), una
colpa altrui (ad esempio, l’incomprensione e l’indifferenza della gente, che
può aggravare il disagio di un dsabile) o una colpa "del destino".
Questo sentimento può diventare un pericoloso alibi per adagiarsi e rinunciare
a lottare. L’uscita dall’eclisse implica dunque, per Marta, anche un
superamento di questo sentimento di colpa.
Eclissi parziale
adotta il punto di vista soggettivo della giovane protagonista. Traduce
le sensazioni di Marta - l’ansia, la paura, lo smarrimento - in immagini
cinematografiche fortemente evocative, a volte con cadenze oniri-che.
L’incidente subito da Marta (caduta dall’alto di una giostra) diventa,
incubo, paura di precipitare senza sosta, ferendosi ripetuta-mente. Un sogno
angoscioso che ha tuttavia, in conclusione del film, un finale rasserenante:
Marta impara, in senso concreto e in senso metaforico, a gettarsi nel vuoto e a
cadere in piedi.
Jaromil Jires
(n. 1935) è uno dei più noti registi cecoslovacchi (Lo scherzo , Il
ragazzo e la balena bianca ).
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Estate (Germania) di
Philip Groning
"Sommer" , 1986, 16mm bianco e
nero, 105 min, vers. orig. con sott. ital.
Fiction. Il
film racconta del viaggio nell’isolamento di un luogo di soggiorno in montagna
di un padre che tenta con tenacia di entrare nel mondo misterioso di suo figlio
Sebastian, un bambino autistico che concentra tutta la sua attenzione
sull’universo infinito di una pallina di vetro e di un treno intravisto tra le
fessure della persiana.
Per il padre, il tentativo con Sebastian
è un impegno totale, che assorbe tutte le sue ener-gie. Il suo fallimento (solo
apparente ?) lo porta ad una dolce indifferenza verso la morte.
Il film si presenta apparentemente
immobile, privo di uno sviluppo narrativo, e invece ha un suo modo
originalissimo di procedere.
Estate ha
vinto il primo premio al Bergamo Film Meeting del 1988.
"E’ una meditazione in bianco e
nero (sovraesposto e bellissimo) sui rapporti fra un giovane padre e il suo
bambino autistico, una vacanza a due con la malattia in un albergo di montagna
dove personaggi e paesaggio trova-no quella comunicazione che spesso fra le
persone è negata. Un film ostico e caparbio, forse non "da sala" ma
certo da dibattito ..."
(Alberto Farassino, in "La
Repubblica")
"Un’impresa registica che rivela
talento, sostenuta da una fotografia di rara bellezza. Groning riesce a disporre
la macchina da presa ai tempi del dolore, agli attimi di un possibile
cambiamento ... Un film che, senza proporselo, va molto al di là della vicenda
che racconta, costringendo lo spettatore a misurarsi con un universo simbolico
che lo coinvolge e lo intriga."
(Gianluigi Bozza e Piergiorgio Rauzi in
"Cineforum")
"La sua struttura ricorda quella del
brano minimale, cambia con regolarità impercettibile maturando in ogni parte.
Ogni svolta o introdu-zione di novità scandisce il testo alternandosi coi
continui ritorni: il lago, il treno, la stanza, e lo alimenta con nette
sospensioni."
(Tullio Masoni in "Cineforum")
Philip Groning, tedesco
occidentale, è al suo primo lungometraggio con Estate.
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Fattore H (Italia) di
Manuela Cadringher
1981, 16mm colore, 75 min
Documentario.
Illustra un’iniziativa promos-sa dall’Amministrazione Provinciale di Genova:
grazie anche alla disponibilità di una comunità operaia, decine di giovani
handicappati sono stati assunti regolarmente in fabbrica dopo un periodo di
prova. Pur tra mille difficoltà e perplessità, i "diversi" sono
riusciti ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Le storie narrate nel film mettono in
evidenza come l’inserimento lavorativo può avere successo solo se è
preceduto da un’attività di formazione e di sostegno e se è accompagnato da
un processo di sensibilizzazione che coinvolge tutte le parti sociali.
Manuela Cadringher lavora
come giornalista a RAIDUE. E’ autrice di numerose e apprezzate inchieste su
importanti temi sociali.
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Gaby.
Una storia vera (USA) di Luis Mandoki
1987, 35mm col, 110 minuti, versione
doppiata in italiano
Interpreti: Rachel Levin, Liv Ullmann,
Norma Aleandro, Robert Loggia.
Fiction.
Siamo a Città del Messico. Il film racconta la storia vera di Gaby Brimmer.
Gaby nasce affetta da una paralisi cerebrale che le causa un grave handicap
fisico: non può parlare, né camminare, né muovere le mani. Comunica
muovendo soltanto il piede sinistro. Eppure, a dispetto di tutto, nel 1979 Gaby
diventa un caso letterario, scrivendo un libro su una macchina da scrivere
elettrica col solo aiuto del piede sinistro. Il film racconta la sua coraggiosa
lotta per comunicare e per sviluppare una propria vita professionale,
sentimentale e sessuale. La sua frase ricorrente è: "Non dobbiamo lasciare
che mettano anche il nostro cervello su una sedia a rotelle."
Nel finale, Gaby - che deve continuare ad
essere accudita - adotta una bambina perchè si sente ormai in grado di accudire
a sua volta un altro essere umano.
Il film si avvale di un gruppo di attori
di straordinaria bravura e di una regia molto curata. La storia vera di Gaby è
portata sullo schermo in modo commovente ma lucido.
Luis Mandoki,
messicano, è oggi un affermato regista hollywoodiano (Calda emozione, Nata
ieri ).
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I Debolts (USA)
di John Korty e Jon Else
1981,16mm , col, 52 min , versione orig. con sottotitoli
in italiano
Documentario.
E’ la storia di una famiglia eccezionale. Oltre ai propri figli senza
problemi, i coniugi DeBolts accolgono nella loro casa in California ben otto
ragazzi gravemente handicap-pati. In particolare, il film è incentrato
sull’incredibile recupero di J.R., un ragazzo cieco e paralizzato agli arti,
che grazie all’affetto dei genitori adottivi e dei fratelli, e grazie ad una
straordinaria forza di volontà, raggiunge un notevole grado di autonomia e
riesce a frequentare una scuola superiore.
John Korty
vinse l’Oscar 1977 per il miglior documentario col suo precedente Chi
sono i DeBolts ? E dove hanno preso diciannove bambini ?
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I falò (Svizzera)
di Fredi M. Murer
Hohenfeuer , 1985, 35mm col, 120 min, ediz.
orig. con sottotitoli in italiano
Fiction.
Siamo sulle Alpi svizzere, nell’Alto Uri. Qui Bub e Belli vivono con i
genitori contadini in una baita sperduta in alta montagna. Bub, quindicenne,
intelligente e astuto, è sordomuto dalla nascita. Belli, che ha pochi
anni più di lui, coltiva il sogno inappagato di fare la maestra e intanto si
impegna a far uscire dal suo mondo silenzioso il fratello, insegnan-dogli a
leggere e a scrivere. In realtà, il silenzio è una presenza incombente. I
genitori, soprattutto il padre, consunto dal duro lavoro, conducono la loro
esistenza tra il mutismo dei gesti e una ferrea rassegnazione di stampo
religioso. Ma Bubi sente i primi impulsi della maturazione sessuale e comincia a
guardare la sorella con occhi diversi. I due finiscono per consumare un rapporto
incestuoso. Ma i genitori li scoprono. Il padre imbraccia il fucile ma, nella
lotta che ne segue, è lui a rimanere ucciso. La madre resta fulminata da un
infarto. I due ragazzi seppelliscono i genitori sotto la neve e rimangono lì,
agghiacciati, paralizzati dal trauma, in attesa del grande inverno.
"... una magistrale regia e una rara
unità stilistica ... Un film limpido, visivamente essenziale, profondamente
coinvolgente. Un capolavoro " (Enrico
Livraghi)
Il film ha vinto il Pardo d’oro al
Festival di Locarno nel 1985.
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Il paese del
silenzio e dell’oscurità (Germania) di Werner Herzog
1971, 16mm col, 85 min, versione orig. con
sottotitoli in italiano
Docu-fiction.
Ogni scena di questo documen-tario d’autore è una stazione dell’epico
viaggio di Fini Straubinger, cieca e sordomuta, alla conquista di una
possibilità in più per comuni-care. La donna si é proposta di aiutare coloro
che condividono la sua infermità. Accompagna-ta da una traduttrice (i ciechi
sordi ricorrono ad un alfabeto digitale), fa loro visita, organizza una piccola
festa, una passeggiata, si china sui casi più dolorosi o disperati.
Musiche di J.S. Bach e Vivaldi.
"La prima tentazione è di cedere ad
un impulso classificatore separando, nella filmografia di Herzog, i documentari
dai film di finzione. Conviene resistervi. (...) i pretesi documentari
procedono, esplicitamente o meno, dalla falsificazione del dato reale,
introducendo elementi di finzione, come avviene ne
Il paese del silenzio e dell’oscurità, che ha l’apparenza di un
reportage di ispirazione sociale sull’emarginazione dei ciechi e sordomuti. La
protagonista, Fini Straubinger, racconta di aver visto, nella propria infanzia,
dei saltatori con gli sci. Descrive il volo nell’aria e l’estasi sul volto
del saltatore. Ma il racconto in presa diretta è inventato dal regista che
commenterà : "Non si tratta di una menzogna, ma di una sorta di verità
intensificata." (...) La realtà si confonde così con il sogno." (Alberto
Barbera)
Werner Herzog
è uno dei maggiori registi tedeschi ( Aguirre furore di Dio , L’enigma
di Kaspar Hauser , La ballata di Stroszek , Nosferatu , Fitzcarraldo
, Cobra verde , Grido di pietra ).
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Il quaderno di
Manuel (Italia) di Umberto Lucarelli e Fabrizio Trigari
1994, super 16mm (riversato in video) col,
45 min, produzione "Il bruz" e Orizzonti oltre l’handicap
Fiction. In
un istituto professionale, un giovane e polemico insegnante stringe un intenso
rapporto con uno studente handicappato psichico di nome Manuel. Quando il
ragazzo muore, l’insegnante prova una crescente insofferenza verso una routine
scolastica che non sa avvicinarsi ai veri problemi e sentimenti dei ragazzi con
handicap. L’insegnante vuole, invece, capire meglio Manuel e inizia perciò a
scrivere ...
Testo polemico contro le carenze
dell’istituzione scolastica, Il quaderno di Manuel è un film
indipendente "a basso costo", tratto dal libro omonimo (ed. Tranchida)
di Umberto Lucarelli .
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Il
sapore dell’acqua (Olanda) di Orlow Seunke
De Smaak van Water , 1982, 35mm colore,
100 minuti, versione doppiata in italiano
Interpreti: Gerard Thoolen, Dorijn Curvers.
Fiction.
L’assistente sociale Hes, dopo aver compiuto per anni il proprio lavoro con la
pigra indifferenza di tanti burocrati statali, improvvi-samente dedica tutto il
proprio tempo al tenta-tivo di "addomesticare" Anna, una tredicenne
che è rimasta sola al mondo, ha gravi turbe psicologiche e vive in
condizioni animalesche. Abbandonati l’ufficio e la famiglia, Hes a poco a poco
educa Anna, la difende dagli odiosi vicini, ne vince i terrori e le insegna a
parlare.
I colleghi d’ufficio sospettano che gli
abbia dato di volta il cervello e lo accusano di plagiarla per torbidi fini.
Hes cerca di adottare Anna, ma la pratica
non va in porto. Proprio quando lei è ormai quasi "normale", Hes è
costretto a consegnarla agli infermieri che la porteranno al manicomio.
Leone d’oro alla Biennale di Venezia
1982 come migliore opera prima, Il sapore dell’acqua può ricordare Il
ragazzo selvaggio di Truffaut.
"Interprete risoluto della
necessità dello scandalo, Orlow Seunche si rivela un autore di buona fibra
drammatica che ammanta di lirismo la sua vocazione realistica e sa esprimere con
efficacia la fisicità dell’immagine."
(Giovanni Grazzini in "Corriere della
Sera")
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Il silenzio e le parole (Italia)
di Davide Del Boca e Piero Motta
1994, video col, 25 min, produzione LEDHA e Studio
Equatore
Documentario.
Il silenzio e le parole è costituito da tre storie. Sono incontri
con persone che vivono handicap differenti (rispettivamente: l’autismo, la
tetraparesi spasti-ca e la Sindrome di Down) e che raccontano se stesse e le
proprie esperienze. Sono tre autoritratti da cui emergono il mondo
interiore e la profondità umana di queste persone, ma anche il loro grado
d’inserimento sociale e le rispettive, a volte notevoli, capacità
professionali. Il silenzio e le parole ci aiuta ad ascoltare, con
rispetto e attenzione, ciò che ci comunicano le loro voci e i loro silenzi.
1° episodio: Andrea, 27 anni,
autistico. Durante la settimana, Andrea vive in una comunità in campagna; nel
week-end, torna in famiglia. Il film lo coglie in uno di questi fine settimana
(Andrea pranza a casa, va a spasso per la città con la sorella ...) e si
concentra sui suoi sguardi intensi, i suoi gesti incerti e quasi smarriti, i
suoi silenzi pieni di sottintesi. Come ci dice il film: "Più si sta con
Andrea, più si capisce che, in qualche modo, ci comunica sempre qualcosa."
2° episodio: Claudio,
35 anni, spastico, costret-to su sedia a rotelle. Ci racconta la sua infanzia:
"Fin da piccolo non mi sono mai sentito diverso", "Ho sempre
avuto una vita normale". Claudio descrive il rapporto molto affettuoso ma
mai pietistico che lo lega ai genitori. Spiega il suo essere riuscito, grazie al
loro aiuto e alla sua ostinazione, a trovare un lavoro. Infatti, da quattro
anni, nella sua abitazione, Claudio lavora per una grande azienda, l’Italtel:
per mezzo di un computer, un modem e un fax, cura la redazione di un notiziario
scientifico.
3° episodio: Alessandro,
poco più che ventenne, Down. Anche Alessandro lavora: è operaio specializzato
in una nota azienda costruttrice di macchine per la proiezione cinematografica.
Sereno ed espansivo, Alessandro ci racconta le sue passioni: ascoltare musica,
ballare e frequentare una coetanea (anch’essa disabile psichica) con la quale
si è fidanzato. Alessandro vorrebbe sposarsi e metter su famiglia.
Piero Motta,
film-maker e pittore; tetraplegico. Davide Del Boca, regista televisivo;
ha curato la regia di diversi documentari per lo Studio Equatore e il DSE.
Insieme, per conto della LEDHA, Motta e
Del Boca hanno realizzato Piero e gli altri (1990) e Il silenzio e le
parole (1994).
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Impedito
(Gran Bretagna) di Steve Dwoskin
"Behindert", 1974, 16mm colore,
96 min, vers. orig. (il film non è sottotitolato perchè i dialoghi sono
pressoché assenti )
Documentario d’artista.
E’ il diario audiovisivo di un handicappato fisico. Mescola finzione e
realtà documentaria senza distin-guerle. Il film si divide in tre parti:
l’incontro tra Dwoskin e una donna; il tentativo di vivere insieme e la
progressiva crescita delle contrad-dizioni tra il "normale" e il
"disabile"; lo scoppio della crisi in cui la donna se ne va. Con un
finale pieno di humour nero.
Film dallo stile fortemente sperimentale,
è considerato un cult movie dai cinefili di tutta Europa, "Cahiers du
Cinema" in testa. Come scrive François Albera (in L’écran handicapé
): "L’invalidità si è fatta scrittura." Dwoskin lavora
sull’immobilità della cinepresa e dello sguardo, sulla ripetizione degli
stessi gesti, sulla durata.
Steve Dwoskin
(n. 1939) fu colpito da poliomelite all’età di 7 anni e privato dell’uso
delle gambe. Esordì come regista nei primi anni sessanta, all’interno
dell’avanguardia newyorkese. Dal 1964, vive a Londra.
E’ noto come pittore, fotografo e
cineasta d’avanguardia, apprezzato negli USA e in Europa. Ha girato 8 film
lungometraggi.
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Insieme (Gran
Bretagna) di Lorenza Mazzetti
"Together", 1956, 16mm bianco e
nero, 50 min, senza parlato
Fiction. Due
sordomuti, terminato il loro lavoro di scaricatori portuali, camminano
per le strade dell’East End di Londra. I due amici dividono una stanza in
affitto presso una famiglia proletaria. Il film ci descrive il loro rapporto
d’amicizia e di aiuto reciproco. Il finale è tragico: un ragazzino toglie per
scherzo il berretto a uno dei due sordomuti e questi, seduto sulla spalliera di
un ponte, cade in acqua e annega senza poter chiamare aiuto.
E’ una delle prime opere del free
cinema inglese. Lindsay Anderson ha supervisionato il montaggio del film.
E’ un’opera poetica e piena di tenerezza, attenta ai dettagli della vita
quotidiana. Lo stile privilegia piani-sequenza e campi lunghi.
Lorenza Mazzetti (n.
1928) è nata a Firenze, ha studiato a Londra e dal 1956 vive a Roma.
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Kenny (USA-Canada-Giappone)
di Claude Gagnon
The kid brother, 1987, 35mm col, 100 min, versione
doppiata in italiano
Fiction.
Siamo negli USA, vicino a Pittsburgh. Kenny è un tredicenne intelligente e
vivace, privo degli arti inferiori dalla nascita. Ama lo sport, la TV, le
ragazze e il suo inseparabile skate-board, con il quale va alla scoperta del
mondo. Il film scruta e analizza la vita del ragazzo, i suoi sentimenti, i suoi
rapporti non sempre facili con la famiglia e con la realtà che lo circonda.
I temi principali del film sono tre: la
protesi, l’handicap in TV e il rapporto fratello-sorella.
La protesi.
I genitori vorrebbero far mettere a Kenny "le gambe nuove", ovvero
degli arti inferiori artificiali, ma il ragazzo si rifiuta. Non gli importa che
il suo handicap sia molto visibile. L’importante, per lui, è non dover
rinunciare alla sua libertà di movimento.
L’handicap in TV.
Una troupe TV viene per girare l’ennesimo film documentario su Kenny e non
esita a falsificare la realtà per renderla più spettacolare e commovente.
Davanti alla telecamera, Kenny recita la sua parte con abilità d’attore.
Il rapporto fratello-sorella .
Kenny ha una sorella "normale", che nutre un sentimento ambivalente e
complesso (odio e gelosia, amore, desiderio di autopunizione) verso il fratello
disabile. Il film ci racconta gli svilup-pi di questo non facile rapporto
affettivo.
Il film racconta la vita e i problemi di
un ragazzo reale (Kenny interpreta Kenny), ma attraverso episodi inventati.
Insomma, è fiction . Nella prima parte, il film è una commedia
satirica, mentre nella seconda parte ha toni da melodramma. Il film ha ottenuto
numerosi premi, tra cui il Gran Premio d’America al Festival di Montreal nel
1987.
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Joey (Gran Bretagna)
di Bryan Gibson
1974, 16mm, col, 50 min, versione orig.
con sottotitoli in italiano
Fiction. Il
film ricostruisce una storia vera. Joey, spastico, non può camminare né
parlare. Trascorre l‘adolescenza in un istituto per handicappati senza poter
comunicare con nessuno. Nel 1941, a 21 anni, Joey incontra un altro spastico,
Ernie, con cui riesce a comunicare. La vita di Joey cambia. Nel 1949, detta le
sue memorie a Ernie, il quale le trasmette ad un altro paziente in grado di
scrive-re. Un quarto paziente le batte a macchina. Ogni giorno i quattro amici
riescono a scrivere tre righe. Dopo circa due anni di lavoro, il libro é
pronto. Viene pubblicato col titoloLingua legata.
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Lamb (Gran Bretagna) di
Colin Gregg
1986, 35mm col, 112 min, versione doppiata in italiano
Interpreti: Liam Neeson, Ian Bannen
Fiction. Un
giovane religioso cattolico, l’irlandese "fratello" Sebastiano (al
secolo Michael Lamb), si prende cura di un bambino disadattato ed epilettico,
Owen Kane, che la madre ha abbandonato in un collegio gestito da religiosi. Owen
è un ladruncolo "incorreggi-bile",sensibile e fragile. Mentre gli
altri religiosi lo trattano con modi autoritari, Owen trova soli-darietà e
comprensione in Lamb.
Una notte, Lamb e Owen fuggono insieme,
con i soldi di una piccola eredità. Fingendosi padre e figlio, raggiungono
Londra dove vanno a vivere in un albergo e spendono allegramente, consumando una
breve parentesi di libertà e di ebbra sintonia. Finiti i soldi, sono costretti
ad alloggiare in albergucci e poi in una topaia occupata da abusivi. Owen ha
crisi sempre più frequenti, le medicine sono finite e senza ricetta non se ne
ottengono altre, la polizia li cerca.
I due raggiungono il mare, dove Owen è
vittima di un altro attacco epilettico. In un disperato gesto di rabbia e
d’amore, Lamb lo annega per "liberarlo" dal suo destino, cercando
poi invano di morire anche lui annegato.
"Lamb è tratto da un romanzo di
Bernard Mac Laverty m è ispirato a un fatto vero e la sua suggestione sta
appunto nel rapporto che riesce a creare fra i suoi molti modelli letterari e
cinematografici (i film di collegio inglesi, certi personaggi di Truffaut o di
Wenders) e la semplice verità e immediatezza dei personaggi suoi. Certe volte
emergono gli stereotipi del vagabondaggio o della fuga, ma quasi sempre prevale
l’originalità delle azioni e delle soluzioni, e la maniera forte e classica
di filmarle." (Alberto Farassino in "La Repubblica")
" Lamb parte
da un caso insieme clinico e sociale, ed evolve poi verso problematiche
filosofiche e religiose, con echi a un tempo dostojevskiani e bressoniani,
mantenendo sempre un rigore che riesce a fare con profitto i conti con la
leggibilità, uno spessore non dimentico delle esigenze dello spettacolo."
(Paolo Vecchi in "Cineforum")
Il film pone due domande:
- L’istituzione (ad es. il collegio)
ripara, contiene o amplifica il disagio e l’handicap ?
- L’impegno di un singolo può
modificare una situazione di marginalità, disagio e handicap ?
Nel ruolo di Michael Lamb troviamo Liam
Neeson, un attore oggi famoso (è stato protagonista di Schindler List e
di Nell ).
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Lo sguardo degli
altri (Francia) di Fernando Ezequiel Solanas
"Le regard des autres", 1980,
16mm col, 100 min , ediz. orig. con sottotitoli in italiano
Documentario.
E’ un’inchiesta filmata (prodotta dalla CEE), incentrata su incontri e
interviste con diversi handicappati fisici. Tutti raccontano le difficoltà
dell’inserimento nella vita attiva e affettiva, i modi diversi di porsi
rispetto agli altri.
Fernando Ezequiel Solanas
(n. 1936) è uno dei maggiori registi argentini. Ha diretto L’ora dei forni
, Tangos - l’esilio di Gardel , Sur , Il viaggio .
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Loving Walter (Gran
Bretagna) di Stephen Frears
1983, 16mm, col, 107 min, versione orig. con sottotitoli
in italiano
Interpreti: Ian McKellen, Sarah Miles
Fiction.
Walter è un insufficiente mentale che nella sua vita attraversa
l’emarginazione in tutte le sue forme. Fallito il suo inserimento lavora-tivo,
rimane orfano di entrambi i genitori e viene ricoverato in un istituto per
handicappati gravi, vivendone per 19 anni la dura realtà. Ma un giorno si
innamora di June, una nuova paziente, soggetta a crisi depressive. La loro
felicità dura poco: June muore tragicamente e a Walter, solo e indifeso, non
resta che tornare nell’ istituto.
Loving Walter è
un film di grande finezza psicologica sulla situazione degli handicappati
gravi adulti. Ci rammenta che un handicap-pato psichico grave è una persona
che cambia, cresce, matura. Non resta un bambino per tutta la vita. Walter,
quando conosce June, prova desiderio d’amare e d’indipendenza, sente la
necessità di crearsi una propria famiglia.
Loving Walter è,
anche, uno splendido film d’autore, che rivela già pienamente il grande
talento di Stephen Frears.
Stephen Frears,
nato nel 1941, è uno dei maggiori registi inglesi contemporanei ( My
beautiful Laundrette , Sammy e Rosie vanno a letto , Rischiose
abitudini, Le relazioni pericolose , Eroe per caso ).
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L’uovo (Olanda) di
Danniel Danniel
Ei , 1987 , 16mm col, 58 min, ediz. orig. con sottotitoli
in italiano
Fiction. In
un quieto e solare villaggio olandese che pare fuori dal tempo e dalla Storia,
vive Johan de Bakker. Di professione fornaio
("Bakker", in olandese,
significa appunto "panettiere"), Johan è un "cuore
semplice". E’ un giovane ingenuo, carino, dolce, pacato, sempre di buon
umore, ma ... "Ha già 35 anni, ma è ancora un bambino", afferma
giustamente la madre. Johan è un insufficiente mentale.
Vive in perfetta armonia con gli altri
abitanti del villaggio, i quali riconoscono la sua abilità non comune negli
esercizi di equilibrismo: Johan sa costruire, ad esempio, alte pile di sassi di
varia forma nei prati e riesce a fermare in equilibrio un uovo ritto in
verticale su un tavolo.
Tre suoi amici, intuendo un vagamente
espresso desiderio d’amore, mettono per lui un annuncio sul giornale. Una
bella straniera, Eva (non a caso, porta il nome della prima donna dell’umanità),
risponde all’annuncio e avvia uno scambio di lettere. Johan le risponde
brillante-mente con l’aiuto degli amici. Così, un giorno, Eva giunge in paese
per conoscere Johan: in un primo momento, reagisce imbarazzata scoprendo il
ritardo mentale di Johan, ma poi finisce col restare affascinata dalla sua
armonia interiore e decide di restare.
L’uovo è
un bel film dai toni fiabeschi e sorridenti, con immagini luminose e dialoghi
ridotti al minimo. Rientra in quella "scuola olandese" che annovera
film eccentrici e interessanti come Il sapore dell’acqua , Pervola ,
Lo scambista , Il giardino delle illusioni , Abel .
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Mama
(Cina) di Zhang Yuan
1991, 35mm bn e col, 80 min, edizione orig.
con sottotitoli in italiano
Fiction. Il
film ci consente di gettare uno sguardo sulla drammatica realtà dei portatori
di handicap in Cina. Racconta di una giovane madre che si dedica completamente
ad allevare il figlio tredicenne, che è autistico ed epilettico,
cercando di farlo uscire dal suo guscio. La lotta di questa donna ha pesanti
ripercussioni sulla sua vita sentimentale e lavorativa.
Mama è
ispirato all’esperienza autobiografica di Qing Yan, sceneggiatrice e
interprete principale del film. Il film è stato censurato in Cina e accolto,
invece, con grande successo nel 1992 al festival di Rotterdam e a quello di
Berlino.
"un film aspro, ma di grande presa
emotiva " (da "Variety")
Zhang Yuan
è nato nel 1963. Autore di molti video musicali (alcuni dei quali vincitori di
premi importanti), questa è la sua prima opera di fiction. Ha poi
diretto altri film (mai distribuiti in patria) su personaggi emarginati: Pechino
bastarda (Beijing Bastard, 1993) e il primo film gay cinese, East palace,
West palace (presentato al festival di Cannes 1997).
"A Zhang Yuan, classe 1963, sarebbe
dovero-so guardare come al capostipite di una nuova, irriducibile "sesta
generazione" di cineasti cinesi, che lasciatisi alle spalle il linguaggio
della metafora sceglie il corpo a corpo diretto, non mediato con il
presente." (Marzia Milanesi)
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Mater
amatissima (Spagna) di Jaime A. Salgot
con Victoria Abril e Juanito de La Cruz
1980, 35mm col, 90 min, edizione orig. con sottotitoli in
italiano
Fiction.
Clara, donna giovane e emancipata, dà alla luce un bambino autistico che
chiama Juan. Nonostante i consigli in senso opposto, decide di non farlo
ricoverare in un centro psichiatrico.
Di anno in anno, Juan trasforma
radicalmente la vita di Clara. Il bambino manifesta una grande sensibilità e
una strana lucidità psicotica. Madre e figlio cominciano un processo involutivo
che li separa dal mondo esterno (famiglia, amici, ecc.). Mentre la dottoressa
l’invita a "razionargli le carezze", Clara fa l’opposto: trascura
il lavoro e il suo uomo e si confina in casa con il figlio, precipitando in una
psicosi. I due assumono abitudini sempre più simili: si abbrutiscono
nell’isolamento mentre la loro casa va in sfacelo. Il figlio vuole
costantemente accarez-zarla, abbracciarla, baciarla. Quando la situazione si fa
insostenibile, Clara prende e dà a Juan un sedativo in dose mortale.
E’ un film bellissimo e terribile, un
percorso verso il buio e il silenzio. Il soggetto è di Bigas Luna. Le musiche
sono di Vangelis. Juanito de La Cruz, che impersona il bambino, è realmente
autistico.
Jaime A. Salgot (n.
1953) è qui al suo primo lungometraggio.
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Oltre
il dolore, oltre la pena (Svezia) di Agneta Elers-Jarleman
"Smartgransen", 1983, 16mm col,
80 min, edizione orig. con sottotitoli in italiano
Fiction. A
Stoccolma, Agneta conosce Jean, pittore e fotografo francese, diventando sua
compagna nel lavoro e nella vita. In seguito ad un terribile incidente
automobilistico, Jean resta semiparalizzato, sfigurato, cieco e privo della
memoria. Durante il lungo periodo dell’incerta riabilitazione di Jean,
Agneta si sforza di ristabilire una sia pur minima forma di comunicazione con il
compagno che ama.
La regista, che interpreta anche il ruolo
della protagonista, racconta la propria vera storia.
Agneta Elers-Jarleman
(n. 1948) lavora per la TV svedese.
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Ombre
della mente (Olanda-Canada) di Heddy Honigmann
"Mind shadows", 1987, 35mm col,
112 min, edizione orig. con sottotitoli in italiano
Fiction.
Canada in inverno. Il mare grigio e quieto. Una coppia vive isolata sulla costa.
Da piccoli dettagli, lei capisce di avere la malattia di Alzheimer.
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Piero
e gli altri (Italia) di Davide Del Boca e Piero Motta
1990, video, col, 23 min, produzione LEDHA, Provincia di
Milano e Studio Equatore
Documentario.
Il film è incentrato su Piero Motta (che è anche co-regista del film), un
giovane tetraplegico (cioè paralizzato completa-mente ai quattro
arti) che, in un’intervista, racconta la sua vita e analizza le reazioni della
gente in situazioni da candid camera in cui di volta in volta
s’improvvisa intervistatore, autostoppista o deve chiedere aiuto per supera-re
le barriere architettoniche. Ne scaturisce un confronto serrato tra lo
"sguardo" di Piero e quello degli altri. La grande forza di Piero
Motta sta nel suo convinto desiderio di non autoescludersi dal mondo che gli sta
attorno.
Piero Motta,film-maker
e pittore.
Davide Del Boca,
regista televisivo; ha curato la regia di diversi documentari per lo Studio
Equatore e il DSE.
Insieme, per conto della LEDHA, Motta e
Del Boca hanno realizzato Piero e gli altri (1990) e Il silenzio e le
parole (1994).
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Pippo e Paola (Svezia) di Jan Gissberg
1984, video col, 24 min, versione doppiata in italiano
Film a disegni animati.
In una famiglia come tante, nasce Paola, che viene accolta con felicità dai
genitori e dal fratellino Pippo. Passano i mesi e si capisce che Paola è una
strana bambina. Resta sempre chiusa in un suo mondo e si diverte con un solo
passatempo (stracciare carta). I parenti, preoccupatissimi, consultano medici ed
esperti vari. Senza otte-nere apprezzabili risultati. Paola è autistica.
La sua famiglia finisce con l’accettarla e amarla così com’è, con le sue
stranezze e le sue risa immotivate.
Il film è adatto per un pubblico di bambini.
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Sei bella Jeanne (Canada)
di Robert Menard con Marie Tifo e Michel Coté
"T’es belle, Jeanne", 1987, 16mm, col, 83 min,
versione orig. con sottotitoli in italiano
Fiction. Il
film narra le vicende sentimentali di una giovane donna che, in seguito a un
incidente, perde l’uso delle gambe ed è costretta a vivere su una carrozzina
e per questo a cambiare radicalmente abitudini di vita e affetti. Jeanne,
costretta ad una lunga riabilitazione, rinuncia volontariamente al rapporto con
Paul a cui era legata prima dell’incidente e inizia una nuova vita con un Bert,
paraplegico come lei, aiutandolo a superare lo sconforto in cui vive a
causa della sua condizione di disabile.
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Soli (Belgio-Francia) di
Thierry Knauff e Olivier Smolders
"Seuls", 1989, 35mm bianco e nero, 12 min ,
senza dialoghi
Documentario.
I volti e i gesti di alcuni bambini autistici in uno sconvolgente
documento sulla condizione di isolamento in cui vivono, prigionieri nella loro
"fortezza vuota".
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Stepping
out (Australia) di Chris Noonan
1980, 16mm, col, 50 min, versione orig. con sottotitoli in
italiano
Documentario.
Un pubblico teso e commosso assiste alla recita di mimo messa in scena da un
gruppo di giovani insufficienti mentali alla Opera House di Sydney, e
alla fine prorompe in un lungo, scrosciante applauso. Così si conclude il film.
L’idea di trasformare in attori 40
insufficienti mentali è venuta ad un terapista cileno, che riesce anche a farli
uscire dall’istituto in cui vivono isolati. Il film racconta questa
ecce-zionale avventura, mostrando con quali tecniche e con quanta passione il
terapista è riuscito nell’intento.
Stepping out
significa "uscir fuori".
Le musiche sono di Keith Jarrett.
Stepping out
è un bellissimo film sull’handicap, ma soprattutto sulla gioia di possedere
un corpo e di farlo "parlare". Ed è una prova inconfutabile che ogni
corpo, bello e armonico, o goffo, difficile ... diverso, può esprimersi e
restituire un messaggio, delle sensazioni dirette che vanno a toccare il cuore.
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Sulle
spalle del gigante (Gran Bretagna) di Anthony Simmons
1979, 16mm, col, 120 min, versione orig. con sottotitoli
in italiano
Fiction. Il
film narra una storia vera. Terry (interpretato con efficacia dal vero Terry),
soprannominato Andy perchè handicappato, è un bambino nato con i segni
indelebili del Talidomide, un farmaco che veniva usato come tranquillante
e che, se somministrato a donne in gravidanza, poteva causare malformazioni nei
nascituri. Nato senza braccia e senza gambe, Andy viene abbandonato dai
genitori e vive in un istituto. Un camionista (parente della madre del bambino),
povero di mezzi e con l’hobby delle invenzioni, va a trovarlo. Colpito
dall’intelligenza e dalla simpatia del ragazzo, lo adotta superando le
resistenze della moglie e delle leggi inglesi. Il camionista passa quindi il suo
tempo libero a ideare e poi a costruire una macchina capace di assicurare
maggiore autonomia al figlio focomelico.
Il film sviluppa due temi: l’adozione di
bambini con handicap e il problema delle protesi, degli ausilii (che devono
essere "su misura" rispetto alle singole esigenze).
Lo stile è quello tipico di certo cinema
inglese (il primo Stephen Frears, Mike Leigh, Ken Loach): volutamente dimesso,
aderente al quotidiano, efficace, con una fotografia un po’
"sporca".
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Sweetie
(Australia) di Jane Campion
1989, 35mm col, 100 minuti, versione
doppiata in italiano
Interpreti: Genevieve Lemon, Karen Colston,
Tom Lycos.
Fiction. Kay
è una ragazza chiusa e frustrata, che ha paura del presente e del futuro, della
vita e della morte, di abbandonarsi ai sogni e ai ricordi. La sua vita verrà
sconvolta dall’arrivo della sorella maggiore, Sweetie, che ha un handicap
psichico: eterna adolescente, obesa ed esagerata in ogni suo comportamento,
piena di vita e di rabbia, con i suoi desideri capricciosi, la sua sensualità
vorace e i suoi appetiti "mostruosi". Per Kay, Sweetie sarà una vera
terapia d’urto.
"... Straordinariamente nuovo,
intelligente, furente e sgradevole, trasgressivo almeno quanto lo fu nel 1965 I
pugni in tasca di Bellocchio."
(Lietta Tornabuoni, in "La
Stampa")
Film bello e strano, di grande originalità
stilistica, è consigliabile ad un pubblico di adulti che apprezzano il cinema
d’arte e cultura.
Jane Campion,
neozelandese, qui alla sua geniale opera prima, ha quindi diretto Un angelo
alla mia tavola e Lezioni di piano . E’ oggi unanimemente
riconosciuta come una delle maggiori registe contemporanee. Della stessa
regista, la LEDHA distribuisce anche Un angelo alla mia tavola.
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Test
d’amore (Australia) di Gil Brealey
"A test of love", 1985, 16mm
col, 93 min, versione orig. con sottotitoli in italiano
Fiction.
Jessica è una coraggiosa e sensibile terapista che opera in un istituto per
bambini handicappati considerati irrecuperabili. Jessica riesce a strappare
all’istituto Annie, una bambina gravemente spastica ma d’intelligenza
normale, internata all’età di 3 anni. Per dimostrare le possibilità e le
capacità di recupero di Annie, la terapista ricorre al tribunale, vincendo la
sua battaglia. Dopo 11 anni, Annie acquista la libertà.
Il film racconta la vera storia di Anne
McDonald ed è un atto di accusa nei confronti delle istituzioni chiuse, ma è
anche un invito alla speranza nelle risorse umane, nell’amore e nella
solidarietà. Nel film non ci sono personaggi tutti negativi: anche l’ottuso
direttore e la solerte caporeparto sorda ad ogni rinnovamento sono più che
altro vittime passive di un sistema ospedaliero carente di mezzi e di personale.
Gil Brealey
è uno dei direttori di produzione più noti in Australia. Ha realizzato
numerosi film e documentari per la TV.
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Un
angelo alla mia tavola (Australia) di
Jane Campion
An Angel at My Table , 1990, 35mm col, 156
minuti, versione doppiata in italiano
Fiction. Il
film è su una donna erroneamente giudicata handicappata mentale.: la sua
ipersen-sibilità affettiva è scambiata per schizofrenia.
Basato sull’autobiografia della
scrittrice neozelandese Janet Frame, il film racconta la sua vita: un’infanzia
difficile, perseguitata da lutti e frustrazioni, dalla convinzione d’essere
brutta e inutile; un’adolescenza in cui si manifesta la vocazione letteraria;
una giovinezza tra diagnosi di schizofrenia, sedute di elettroshock, un amore
sfortunato, una gravi-danza indesiderata, la perdita del padre. Infine
l’affermazione internazionale come scrittrice.
Jane Campion "rivela un acuto
sentimento della diversità che diventa un dono poetico. Il film (...) tocca
corde profonde, induce a riconoscere nelle ardue esperienze della protagonista
qualcosa che riguarda tutti."
(Tullio Kezich in "Corriere della
Sera")
"Vero cinema ... gioiello di
semplicità e intensità psicologica ..."
(Irene Bignardi in "La
Repubblica")
Il film ha vinto il Premio Speciale della
Giuria alla XLVII Biennale di Venezia.
Jane Campion,
neozelandese, ha esordito con Sweetie . Ha quindi diretto Un angelo
alla mia tavola e Lezioni di piano . E’ oggi unanimemente
riconosciuta come una delle maggiori registe contemporanee. Della stessa
regista, la LEDHA distribuisce anche Sweetie.
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Voglio il sole in
faccia (Francia) di Pierre-Antoine Hiroz e Jean-Jacques Roudière
"Je veux le soleil debout",
1985, 16mm col, 50 min, versione orig. con sottotitoli in italiano
Documentario.
Stephan Hiroz ha 22 anni ed è handicappato (sindrome di Down). Vive
sulle Alpi svizzere e ama praticare vari sport (nuoto, alpinismo, ciclismo, sci,
equitazione). La sua famiglia lo aiuta nelle sue sorprendenti imprese sportive.
Il film è girato dal fratello del
protagonista.
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