Marino Mersenne

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LIBERTA’ E DESTINO

 

 

 

 

Nicola Magliulo

 

 

 

 

Nei passaggi importanti, nelle scelte significative e decisive della nostra vita, davvero abbiamo scelto liberamente? O non potevamo che scegliere quello che abbiamo deciso di fare perché le condizioni, circostanze e/o la nostra natura ci imponevano tali decisioni e comportamenti?

A volte prendiamo decisioni e ci comportiamo in modi che credevamo determinati da un destino, e che invece erano il frutto di un’abdicazione a scelte possibili e non fatte; altre volte, viceversa, ciò che credevamo frutto di una nostra libera scelta, ci era inconsapevolmente imposto da un prepotente movente che non potevamo non seguire.

Cosa possiamo, allora, sapere ed argomentare intorno al problema della libertà?

Esistono differenti concezioni e idee di libertà: certamente non è libero chi deve pensare o agire in un certo modo perché costrettovi dall’esterno, da qualcuno/qualcosa. Ma una forma di libertà è quella di chi segue ciò che la propria natura, le proprie inclinazioni lo spingono a fare, secondo la concezione di Spinoza: “Diciamo libera quella cosa che esiste per sola necessità della sua natura, e si determina ad agire da sé sola”(Etica).

La nostra conoscenza può arrivare a sapere se siamo determinati da cause che ci condizionano e muovono, o se siamo capaci di autodeterminarci liberamente da noi stessi?

Ma se, luteranamente, non potremo mai dimostrare di essere liberi, tuttavia non possiamo vivere senza questa idea. La filosofia deve smontare le pretese di chi crede di dimostrarla (e Kant lo ha fatto meglio di tutti); ma quell’errore originario che è la libertà, è l’inevitabile presupposto di ogni nostro agire. La libertà è necessaria congettura, come congetture sono le nostre verità ultime che, lungi dall’essere per questo deboli ed evanescenti, sono le cose più necessarie alla nostra vita e a ciò che ci è più proprio. Il destino, la necessità di pensare che siamo liberi inquieta il nostro esserci: non è anche questo il pungolo che ci rende scontenti del nostro agire?

Noi siamo stati ‘fatti’ liberi, ed allora ci domandiamo: come posso fare buon uso e corrispondere al dono che ho ricevuto? Attraverso un uso arbitrario e illimitato di esso finalizzato all’esclusivo perseguimento di ciò che accresce i miei beni? Oppure accettando liberamente di limitare e consegnare la mia libertà nell’incontro con ciò che è altro da me: libertà non di asservire l’altro ma di farmi servo dell’altro; atto attraverso cui ci doniamo a qualcuno che ci trascende.

Ma possiamo anche restare o farci servi in un altro senso: proprio perché siamo necessariamente liberi, destinati alla libertà, possiamo disfarcene, ed è quello che facciamo prevalentemente, in favore di altri beni. Vera libertà è quella che può anche abdicare a se stessa. Ma anche quando vi rinunciamo, come nel racconto del Grande Inquisitore nei Fratelli Karamazov, non possiamo mai cancellare del tutto l’essere potenzialmente stati ‘fatti’ liberi, la Libertà impossibile orizzonte di tutte le nostre possibilità.

Ma potremmo ancora chiederci: hanno colpa gli uomini se credono di conoscere e scegliere il bene, di metterlo in pratica e si accorgono, invece, di aver sbagliato a causa di quella possibilità di errore che non dipende dalla consapevolezza e volontà, ma dall’imperfezione della nostra natura che sempre conosce anche sensibilmente, confusamente, oscuramente, illusoriamente?

Davvero gli uomini sono colpevoli o il mondo, le relazioni tra gli uomini non sono costruite in modo da inclinare al male, dal ripetersi di un eterno ritorno sempre eguale da cui possiamo strapparci solo facendo violenza alla nostra natura e per grazia? E non pone Dio stesso un’originaria debolezza umana, non costruisce l’anima umana in generale, e/o quella di questo e o quell’altro individuo, in modo tale che essa inclini prevalentemente al male, che abbia più energie, forze, desideri, volontà per fare il male piuttosto che il bene?

E’ il tema spesso banalizzato e poco compreso della predestinazione.

 

 

 

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