Marino Mersenne |
Descartes / studio |
METODO - Etimologicamente la parola deriva dal greco “methodos”, composta da metà (attraverso) e hodòs (via), indicando metaforicamente il criterio razionale atto a costruire un sapere sistematico e costituito da una serie di regole tali che il procedimento di indagine sia ordinato, quindi schematizzabile secondo criteri fissi, ripetibile, in quanto è valido ed utilizzabile per chiunque ed in qualunque situazione ed autocorregibile, poiché tali regole devono consentire di individuare e correggere eventuali errori e di raggiungere risultati validi.
Il termine si può intendere anche in un’altra accezione, più generica: come indagine o dottrina quindi ricerca o tecnica di ricerca.
In ogni caso il significato fondamentale è il primo accennato, che è anche quello cui fa riferimento Cartesio che nel celebre Discorso sul metodo delineò il metodo analitico-deduttivo articolato secondo le regole dell’evidenza, dell’analisi, della sintesi e dell’enumerazione.
Il bisogno di fissare un metodo nasce nel filosofo quando egli si rende conto di non possedere nulla per distinguere il vero dal falso, di non possedere nulla di manifesta utilità all’uomo. Tale metodo deve essere contemporaneamente teoretico e pratico volto ad ottenere, come scopo, conoscenze vere e il vantaggio dell’uomo nel mondo. Le regole che costituiscono il metodo sono il frutto dell’interesse del filosofo per le scienze matematiche, e da queste derivano, poiché presentano ragionamenti che danno modo di pensare che tutte le cose conoscibili si dispiegano identicamente. ñ
EVIDENZA - E’ il principio metodico fondamentale ed è la prima regola del metodo cartesiano. L’evidenza si fonda sulla chiarezza e sulla distinzione, le quali sono i contrassegni della conoscenza certa delle cose e deriva dal lumen naturale che è in ogni uomo; più precisamente, l’evidenza viene raggiunta attraverso un atto intuitivo che è “un concetto non dubbio della mente pura e attenta che nasce dalla sola luce della ragione ed è più certo della stessa deduzione.” In tal senso, la certezza derivante dall’evidenza si autofonda e si autogiustifica, perché la sua garanzia è riposta non in una qualsiasi base argomentativa, bensì unicamente nella mutua trasparenza tra ragione e contenuto dell’atto intuitivo.
L’evidenza è quindi caratteristica peculiare della certezza. Con Cartesio, quindi, l’evidenza diventa un criterio gnoseologico soggettivo in opposizione all’orientamento classico-antico secondo il quale essa caratterizzava la presentazione della cosa stessa alla conoscenza; essa, dunque, nel contesto del pensiero cartesiano, non si garantisce da sé, ma ha bisogno di un ulteriore garanzia offerta dalla metafisica. ñ
ANALISI - Termine molto complesso, interpretabile in varie accezioni. In generale, si tratta di un procedimento che mira alla comprensione di un oggetto o di una situazione nei termini degli elementi costitutivi dello stesso oggetto. Un procedimento analitico si dice riuscito quando l’oggetto o la situazione hanno trovato risoluzione nei loro elementi.
In Cartesio, è insieme alla sintesi una delle regole del metodo atte a dimostrare qualcosa. Attraverso l’analisi si rende manifesto il rapporto causa-effetto e si può scoprire il motivo fondamentale dell’esistenza di un qualsiasi oggetto. L’analisi prevede quindi di passare dal complesso al semplice, andando a risolvere il problema suddividendo le difficoltà nel maggior numero di elementi possibili, da analizzare poi singolarmente. ñ
SINTESI - Anche questo è un termine polisemantico, che oltre al comune significato di unificazione presenta anche quello fondamentale, in rapporto alla filosofia cartesiana, di metodo conoscitivo opposto all’analisi. Questa contrapposizione è stata espressa per la prima volta dallo stesso Cartesio. Si può considerare come metodo che va dal semplice al complesso, gradualmente, presupponendo un ordine tra gli oggetti, anche quelli non naturalmente correlati e presupponendo che questo sia sempre possibile. ñ
ENUMERAZIONE - E’ la quarta regola del metodo. Descartes la enuncia nei seguenti termini: “fare dappertutto enumerazioni così complete e revisioni così generali da essere sicuro di non omettere nulla.” L’enumerazione controlla che durante il procedimento di risoluzione analitica non sia stato omesso alcun elemento, mentre la revisione controlla che, nel processo di ricostruzione sintetica, non manchi alcun passaggio né sia stato commesso errore.
Questa regola prescrive, dunque, di curare l’ordine e la continuità del procedimento deduttivo e tende a ricondurre questo procedimento all’evidenza intuitiva. Infatti il controllo completo che l’enumerazione stabilisce lungo tutta la catena delle deduzioni fa di questa catena un tutto compiuto e totalmente evidente. ñ
DUBBIO - Generalmente per dubbio si può intendere: A) uno stato soggettivo nel quale gli elementi conoscitivi disponibili non bastano a decidere tra l’affermazione e la negazione; B) una situazione oggettiva caratterizzata da problemi ed incertezze riguardanti l’esito o la soluzione finale.
Inizialmente, si può credere che in Cartesio prevalga il significato soggettivo; in realtà, per il filosofo, il dubbio è un procedimento critico che coinvolge totalmente oltre che il sapere accettato fino a quel momento anche l’essere stesso ed esprime un modo di sentire diffuso nella cultura dell’epoca. Nel Discorso sul metodo Cartesio sottopone a critica il sapere del proprio tempo e introduce il dubbio metodico da un punto di vista autobiografico, prima ancora che gnoseologico. Nelle Meditazioni analizza le fasi del dubbio metodico, che riguarda dapprima le conoscenze sensibili, in se stesse incerte, poi matematiche, fino a trasformarsi nel dubbio iperbolico o universale in base al quale ipotizza che esista un “genio maligno” che inganna sistematicamente gli uomini. A questo punto, la mente che dubita attinge la prima certezza: la sua stessa esistenza, evidentemente mostrata dal dubbio stesso che tutto investe tranne che il soggetto per il quale esso ha valore. ñ
COGITO - Cartesio dice: “sul fatto di dubitare delle altre cose segue nel modo più evidente e certo che io esisto”, perché “si vede chiaramente che per pensare bisogna essere”. Il “cogito, ergo sum” è la certezza indubitabile e intuitiva che il soggetto ha della propria esistenza in quanto soggetto pensante. La certezza intorno all’identità del proprio essere con il pensiero conduce all’affermazione che l’ego cogito non è semplicemente un atto ma la manifestazione di una sostanza spirituale il cui attributo fondamentale è il pensiero (res cogitans). ñ
RES EXTENSA (SOSTANZA ESTESA) - Costituisce insieme alla sostanza pensante una delle due zone ontologiche -eterogenee e distinte- in cui è divisa la realtà.
La sostanza estesa, che Descartes intende in analogia allo spazio geometrico, va concepita come corporea, inconsapevole, dotata di determinazioni quantitative (come forma, grandezza, movimento ecc.). Tale sostanza non possiede perciò tutte le proprietà che di essa possiamo percepire, ma solo quelle riconducibili al linguaggio matematico: le altre -le qualità soggettive come odori sapori, colori- si originano nell’incontro dei corpi con i nostri organi di conoscenza sensibile e, dunque, non sono reali. La frattura del reale in due zone ontologiche eterogenee e il loro impervio rapporto costituiscono il problema del dualismo cartesiano. ñ
IDEA - Cartesio definisce come idee le immagini delle cose nel pensiero, distinguendole dalle affezioni e dai giudizi i quali mettono a confronto due o più idee intese, dunque come rappresentazione delle cose. Egli divide le idee in tre categorie:
1) le idee avventizie, cioè quelle “del tutto diverse da me e venute dal di fuori”. Per esempio l’idea del sole.
2) le idee fattizie, cioè costruite e inventate dall’uomo stesso, per esempio l’idea della chimera.
3) le
idee innate che nascono con l’uomo e sono proprie ed intime al pensiero e, dunque,
non ricavate dall’esperienza. Per esempio, l’idea del triangolo, della mente,
del corpo fino ad arrivare all’idea di Dio, idea immutabile ed eterna.
Fin quando Cartesio non avrà dimostrato l’esistenza di Dio, il rinvio delle idee alle cose di cui sarebbero rappresentazione rimane problematico. Soltanto l’idea di Dio consente il transito dal pensiero all’essere e, dunque, risolve la certezza insorgente dall’evidenza dell’idea nella verità della cosa. ñ
[a cura del gruppo-classe 2ª A liceo classico “San
Tommaso d’Aquino” - a. s. 2002/2003]