L'AMBIENTE NATURALE
Ci sono più cose in cielo ed in terra
di quante se ne possono
immaginare…
Shakespeare
Molti scenari altotiberini, nella loro selvaggia bellezza, ci inducono facilmente ad affermarne una incontaminata
naturalità, ma se per "ambiente naturale" si intende un
ecosistema scaturito dalla interazione di forze che l'uomo non ha mai
condizionato, allora il termine risulta veramente privo di significato
poiché simili contesti non esistono più, né qui né altrove. Non nella
flora, essendo ogni tipo di vegetazione o impiantata artificialmente o comunque composta in larga parte da specie esotiche
introdotte dall'uomo. Non nella fauna, essendo oggi ogni equilibrio
stravolto dall'allevamento, dall'agricoltura, dalla caccia, dalle
scriteriate immissioni di specie esotiche e dai mutamenti vegetazionali stessi. Non nella geologia
superficiale, essendo i suoli stati asportati dall'erosione conseguente al
disboscamento o modificati dagli stessi mutamenti floristici e
faunistici e le morfologie profondamente modificate da laghi artificiali,
bonifiche, canalizzazioni, scassi, cave, case, strade ed altro. Non nel clima,
se è vero che esso sta cambiando in tutto il globo per effetto dei troppi
inquinanti immessi nell'atmosfera.
Per quanto mi riguarda considero l'uomo facente parte a pieno
titolo della natura, assieme agli altri animali e, con essi,
condizionante il suo divenire. Nelle mie descrizioni non comprendo tuttavia
nell'ambiente naturale campi coltivati, strade, fabbricati, dighe e ogni
altra entità direttamente controllata, sfruttata e profondamente modificata
dall'uomo. Questa è una precisazione puramente convenzionale che si rende
opportuna a questo punto per non generare equivoci nell'interpretazione di
questo testo. I boschi, i calanchi, i pascoli montani, in questo caso,
fanno parte di ciò che continuerò a chiamare "ambiente naturale"
dell'Alto Tevere, ma quanto esposto in questa premessa e quanto sviluppato
nel seguito di questo capitolo attribuisce le reali connotazioni a tale
denominazione e deve essere sempre tenuto a mente per non cadere vittime,
da una parte, della facile trappola emotiva tesa dai protezionisti estremi,
e, dall'altra, dall'incosciente miraggio di un consumismo foriero di un
progresso che non sempre tende ad identificarsi con la civiltà.
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