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Ultimo aggiornamento: 31-12-06.

 

 

 

 

 

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TESTIMONIANZE FOSSILI

 

Gli affioramenti rocciosi di più antica formazione compresi nell'Alto Tevere Umbro, come è già stato ricordato, occupano una limitata superficie dell'estremo sud del comprensorio, in coincidenza del rilievo di Monte Acuto. Nei calcari mesozoici di questa montagna è infatti possibile, anche se poco probabile, rinvenire ammoniti o altri fossili di organismi marini ad esse coevi.

I terreni che costituiscono le colline e i rilievi montuosi più estesi del territorio altotiberino sono invece geologicamente piuttosto giovani essendosi formati solamente nel Miocene medio-superiore da sedimenti marini deposti in un intervallo di tempo di circa 10 milioni di anni. Le due unità morfologiche tipiche di questo periodo nella nostra zona sono il Macigno e il Marnoso-arenaceo, che accompagnano in maniera simmetrica le più recenti sedimentazioni della valle. In particolare il Macigno occupa la parte occidentale mentre il Marnoso-arenaceo si sviluppa in quella orientale, comprendendo però anche una parte del territorio di Monte S. Maria Tiberina.

Il bacino del Tevere, che si trova tra queste due formazioni, e costituito da depositi sedimentari fluvio-lacustri plio-pleistocenici. I terreni miocenici, e in particolare quelli della serie marnoso arenacea, sono caratterizzati da un orizzonte a pecten formato da calcari arenacei che affiorano in diverse località dei comuni di Monte S. Maria Tiberina, Pietralunga e Montone. I resti fossili che si raccolgono in queste formazioni sono costituiti da briozoi, lamellibranchi (Pecten), echinidi, spugne, coralli e crostacei, oltre alla presenza di una mammalofauna e di una ittiofauna alquanto ricche messe in evidenza dai ritrovamenti di costole e vertebre di grandi cetacei, nonché di denti di squali, tra cui il Carcharodon, e di placche di altri pesci

In seguito a notevoli movimenti oro-tettonici, alla fine del Miocene si registrò in tutta l'Italia centrale, e quindi anche nel nostro territorio, una regressione marina con il conseguente approfondimento di una vasta depressione che nella successiva fase di ingressione pliocenica fu invasa dalle acque dando origine all'antico Lago Tiberino. Il bacino lacustre ebbe la forma di una Y rovesciata, di grandi dimensioni, iniziando all'altezza di Sansepolcro arrivò, con i due bracci divisi dalla catena dei Monti Martani, fino a Spoleto e fino a Terni. Nel Pleistocene medio, a causa di un emissario che si era aperto una via tra le gole del Forello, nelle vicinanze di rodi, e di un contemporaneo innalzamento dei terreni, si realizzò il lento svuotamento del bacino.

Il Tevere iniziò così a formare un nuovo corso determinando il ringiovanimento dei terrazzi e una rete idrografica che incideva i sedimenti argillosi e sabbiosi depositatisi durante la fase lacustre. Questi terrazzi a più riprese hanno anche restituito testimonianze dei primi insediamenti dell'uomo nel nostro territorio.

Alla fine del Pliocene (Villafranchiano), e poi nel Pleistocene medio, le sponde del Lago Tiberino e i terreni circostanti furono densamente popolati da una ricca fauna di mammiferi i cui resti sono stati trovati nei sedimenti sabbiosi. Importanti variazioni climatiche succedutesi a livello globale, note come glaciazioni, influirono profondamente sull'assetto faunistico e floristico locale, determinando l'avvicendamento di specie animali tipiche di un clima caldo con altre che invece si erano adattate a regimi di steppa. Elefanti, iene, ippopotami e rinoceronti si alternarono a cervi, bovini, suini, daini, cavalli, castori e bisonti. Il ritrovamente nell'area di Città di Castello del Bison schoetensacki è stato effettuato per la prima volta al di fuori delle tipiche aree centroeuropee.

Esempi significativi delle faune fossili summenzionate sono conservati e catalogati presso la Raccolta Civica di Città di Castello.

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