La Nascita di Gesù

Cosa ti offriremo, o Cristo nostro Dio, * per essere apparso sulla terra * assumendo la nostra stessa umanità? * Ogni creatura plasmata da te * ti offre qualcosa per renderti grazie. * Gli angeli ti offrono il loro canto, * i cieli ti offrono la stella, * i Magi presentano doni, * i pastori il loro ingenuo stupore, * la terra prepara una grotta * il deserto, invece, una greppia, * e noi ti offriamo una Madre vergine. * Signore, che esisti prima che il tempo esistesse, * abbi pietà di noi!

 

 

La grotta, la Vergine e il Bambino

Al centro dell'icona si spalanca un antro che penetra nelle viscere della montagna.

Gli Evangeli Apocrifi raccontano che come arrivarono a metà cammino, Maria disse: «Giuseppe, fammi scendere dall'asino perché colui che è in me si affretta a venire alla luce». Giuseppe la fece scendere e sconsolato prese a guardarsi intorno: «Dove posso portarti e riparare il tuo pudore perché il luogo è deserto?».

Non avevano trovato, infatti, posto nell'albergo, e alla Regina veniva, allora, additata una grotta come «piacevole» dimora.

La grotta è rappresentata come una voragine nera, perché raffigura simbolicamente gli Inferi. È, infatti, la stessa voragine nera che viene rappresentata nell'icona della Resurrezione.

Dentro la grotta la Vergine diede alla luce il suo figlio primogenito: lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia.

«Il Signore si spogliò e in modo portentoso prese da noi la nostra forma; allora noi ricevemmo la pienezza e fummo arricchiti con la divinizzazione, donataci in cambio della massa d'argilla da Lui assunta».

Fuori della grotta, rivestita della porpora regale è rappresentata, distesa, la Madre di Dio.

Il profeta Davide, che per lei è divenuto antenato del Signore, ha predetto in un canto rivolto a Colui che ha operato meraviglie in Lei: «la regina sta ritta alla tua destra». Ella, infatti, è la madre del Re, colei che gode della divina confidenza.

La Vergine nell'icona non volge lo sguardo al Bambino, ma verso l'infinito per custodire in cuor suo quanto di straordinario era avvenuto in lei" . Sul suo volto si legge anche l'umana mestizia di una madre che avrebbe voluto dare qualcosa di più al suo Signore e sembra dire: «Quando Sara mise al mondo un bambino ricevette delle vaste terre in omaggio, io invece non ho un nido: mi è stata prestata questa caverna dove tu hai voluto abitare, mio piccolino, Dio prima dei secoli».

La Vergine, posta sul dorso di una montagna, rivestita di porpora, richiama il roveto del Sinai: in esso, infatti, scorgiamo la prefigura del mistero della Vergine dal cui parto è scaturita la luce del mondo. Il roveto rimase intatto, così il parto non

ha inaridito il fiore della sua verginità.

I Melodi bizantini videro descritta l'immagine della Vergine anche nel Mar Rosso: là, infatti, Mosé, il divisore delle acque, fece attraversare il mare a Israele senza bagnarsi; qui la Vergine ha generato Cristo senza contaminarsi. Dopo il passaggio di Israele il mare rimase inattraversabile; l'Immacolata, dopo la nascita dell'Emmanuele, rimase incorrotta.

La Vergine nell'icona porta tre stelle: sulla testa e su ciascuna delle spalle. Sono il segno della santificazione della Trinità quale Madre di Dio: Vergine prima del parto, Vergine nel parto, Vergine dopo il parto, sola sempre Vergine nello spirito, nell'anima e nel corpo.

Dio era, infatti, Colui che da Lei nacque, perciò la natura mutò il suo corso".

Tra la Madre di Dio e la grotta, posto nella mangiatoia, vi è il Bambino. La mangiatoia ha, tuttavia, l'aspetto di un sepolcro e il Bambino è fasciato a guisa di un morto.

È avvolto in fasce a causa di coloro che una volta si sono rivestiti di tuniche di pelle e una caverna fa le sue delizie a causa di coloro che hanno detestato i piaceri del Paradiso e hanno amato la corruzione .

Le fasce sono il segno di riconoscimento che l'Angelo diede ai pastori (cfr. Lc 2,13), ma qui stanno a simboleggiare le bende che le donne mirofore, Pietro e Giovanni trovarono nel sepolcro vuoto. Dalla Vergine è nato il Re della gloria rivestito della porpora della sua carne, il Re che visitò i prigionieri e proclamò la liberazione di coloro che giacevano nelle ombre di morte. Assunse la nostra carne per darci sovrabbondanti le sue grazie. Il suo corpo fu gettato come esca in braccio alla morte affinché il drago infernale che sperava di ingoiarlo dovesse vomitare anche coloro che aveva già divorato.

Egli, infatti, precipitò la morte per sempre e asciugò da tutti gli occhi le lacrime33.

A questo punto è possibile capire il ruolo simbolico assunto dalla grotta in questa icona: essa rappresenta gli Inferi che si aprono come le fauci di un mostro. Il Bambino è stato posto su di esse come esca, e fu inghiottito come Giona dalla balena. Scese nel ventre degli Inferi, soggiornò tra i morti, non perché vinto, ma per recuperare la pecorella smarrita, la dramma perduta: il genere umano.

Dalla dimora di Dio, che sta sopra il firmamento, un fascio di luce scende sul Bambino: i cieli così si inchinarono fin nel profondo degli abissi, nelle profonde tenebre del peccato. La carne di Dio, come fiaccola portatrice di luce, dissipò le tenebre degli Inferi: «la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno vista». E il profeta attonito grida: «la destra dell'Altissimo non è più la stessa! ».

Egli, pur continuando a considerare immutabile la natura divina, dice che essa si è estremamente trasformata per accondiscendere alla nostra debolezza e ha assunto la somiglianza della nostra natura.

Si narra nell'Esodo che il Signore disse a Mosè: «Mettiti la mano in seno. Egli la mise, ma tiratala fuori, ecco che la sua mano era lebbrosa e tutta bianca come la neve. Gli disse ancora: rimettiti la mano in seno. Egli si rimise la mano in seno, poi tiratala fuori ecco che era ritornata sana come tutto il resto del corpo»".

L'Unigenito, che è nel seno del Padre, è la destra dell'Altissimo: uscendo dal seno di Dio per apparire in mezzo a noi, assunse la nostra somiglianza. Dopo averci purificato dalle nostre debolezze, portò in cielo, nel seno del Padre, quella mano che la natura gli aveva dato simile alla nostra e allora non fu la natura divina, immune da alterazioni, che mutò, ma fu la nostra natura umana, mutevole e passibile, che divenne inalterabile al contatto con l'Essere Immutabile.

Nell'interno della grotta vi sono il bue e l'asino. Gli apocrifi ci dicono che quando la vergine pose il Bambino nella mangiatoia il bue e l'asino lo adorarono". In realtà questi due animali esprimono anch'essi una simbologia: ambedue rappresentano i Gentili. Il bue, infatti, figura il culto idolatrico e l'asino la lussuria. Essi, inoltre, stanno ad esprimere un tremendo monito per Israele; dice infatti Isaia: «il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone; Israele, invece, non comprende; il mio popolo non ha senno» .

Questi animali si tenevano ai lati del Bambino e lo adoravano incessantemente, quasi rappresentassero figurativamente le parole che il Signore rivolse al centurione romano: «in verità vi assicuro che neppure in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e si assideranno alla mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridore di denti»

 inizio

 (estratto da Gaetano Passarelli, l'icona del Natale, la casa di Matriona, Milano 1989 )