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LA REPUBBLICA UNIVERSALE DI FILADELFIA
« Fatta la pubblica
deliberazione, che fosse in questo luogo da porre la nuova fede, alla maniera e
coi solenni riti Romani le fu dato cominciamento. Il Sindaco, e l'Eletto del
Popolo, ed il resto dei cittadini collo aratro disegnarono tutta la città. »
(Elia Serrao, da De tremuoti e della nuova Filadelfia in Calabria)
Questa storia che voglio raccontare è un pezzo del risorgimento che è noto a pochi per vari motivi, il primo sempre lo stesso che i fatti che accadevano nel nostro sud dovevano essere nascosti in quanto eravamo (e siamo) terra di conquista e secondariamente in questa "strana" storia erano coinvolti personaggi importanti per l'epoca capaci di creare un notevole scalpore e di riaccendere la scintilla sulle povere popolazioni meridionali ad atti di rivolta sociale definiti "brigantaggio" dalle truppe di occupazione!
Nel 1861 si trovavano
a Londra Mazzini e Garibaldi per decidere un'azione immediata visto i guai in
cui vessava la penisola Italica, assieme a Bakunist e Kossuth decisero di agire
nuovamente partendo da Sud, si scelse la Calabria. Le idee propagandate dalla
“luce calabra” un famoso giornale chiedevano di fondare una repubblica ai
contadini vessati dal mal governo.
Dopo l'Unità, diversamente da molti suoi compagni di lotta, Raffaele Piccoli ,
non si integrò nel nuovo regno, rimanendo coerentemente repubblicano, così nel
maggio del 1870 partecipò all'insurrezione repubblicana nella cittadina
calabrese di Filadelfia provincia di Vibo Valentia attualmente assieme a
Ricciotti Garibaldi figlio dell'impavido Garibaldi . L'insurrezione non ebbe
successo e Piccoli riparò a Malta. Processato in contumacia, gli venne revocata
la pensione attribuitagli come veterano dei Mille, unica fonte di sopravvivenza.
Tornato in patria nel 1880, in miseria si tolse la vita a Catanzaro.
Era il 7 di maggio del 1870, gli insorti di Filadelfia ispirandosi agli ideali
mazziniani issarono la bandiera repubblicana, ma la popolazione già troppo
scossa dalla recente conquista unitaria causa di tanti lutti e sofferenze subite
dai fratelli italiani, non partecipò all'insurrezione che doveva portare più
giustizia proprio tra i poveri ed ignoranti contadini che chiedevano come ultima
spiaggia solo la terra, una sorta di Terra Promessa che non vi fu mai concessa,
lasciandoli nella più totale indigenza.
Siamo all’indomani dell’Unità d’Italia, l’insorgenza del brigantaggio è stata da
poco debellata. Mazzini, sempre esule, avanti negli anni e provato nello
spirito, non ha completamente deposto le speranze di riannodare il filo della
cospirazione tanto per intenderci. Spera di accendere il fuoco della rivolta
soprattutto nel Sud, dove, a tanti anni di distanza dagli sfortunati tentativi
del Pisacane e dei fratelli Bandiera, il malcontento creato dalla tassa sul
macinato, dalla coscrizione obbligatoria e dal prepotere dei ceti proprietari
avevano fatto rifluire le speranze che l’unificazione aveva suscitato nelle
popolazioni. I suoi seguaci passeranno all’azione nella primavera del 1870
nell’Italia centrale, in Sicilia e nella provincia di Catanzaro (i cosiddetti
“fatti di Filadelfia”, a cui partecipò anche il figlio di Garibaldi, Ricciotti,
assieme a molti Girifalcesi e Cortalesi). Del primo episodio abbiamo una intensa
rievocazione filmica in “San Michele aveva un gallo” dei fratelli Taviani, del
secondo è possibile rinvenirne traccia nella letteratura contemporanea, “Il
birraio di Preston” di Camilleri: entrambe queste fonti potranno essere
utilizzate per introdurre alla lettura dei documenti che riguardano gli
avvenimenti. L’argomento è poco noto anche all’interno della ristretta cerchia
degli specialisti, ulteriore segno dell’indebolimento della memoria collettiva e
della debolezza degli studi storici calabresi: se ne occuparono in passato due
studiosi di valore, Pavone negli anni ’50, Alatri nel 1970 ed è stato più
recentemente ripreso in un pregevole lavoro di Michele Rosanò. Il saggio di P.
Alatri, “Il moto repubblicano del 1870” potrà essere usato per una ricostruzione
generale degli avvenimenti, mentre dallo studio di C. Pavone sulle “Bande
insurrezionali della primavera del 1870” si potranno estrarre i documenti sulle
bande calabresi, soprattutto le relazioni inviate al governo dei militari
incaricati di sedare il moto da cui emerge una acuta descrizione della realtà
sociale delle nostre contrade paragonabile a quella contenuta nella relazione
Massari sul brigantaggio. Dalla lettura di alcune pagine del libro di Michele
Rosanò, “I moti repubblicani del 1870 nella provincia di Catanzaro”, si potranno
ricavare preziose informazioni sulla Girifalco e sulla Cortale del tempo mentre
lo scritto di Antonio Cefaly del 1880, “Sulle condizioni dell’agricoltura e
delle classi agricole nel mandamento di Cortale”, fornirà una vivida descrizione
delle condizioni materiali di vita dei nostri antenati. Queste sequenze
dimostrano che la storia locale non è una disciplina minore, ma è
necessariamente legata alla storia generale: l’una e l’altra si integrano e si
completano a vicenda. La "Repubblica di Filadelfia (4 maggio 1870), durata tre
giorni. La sollevazione popolare fu guidata da Ricciotti Garibaldi che si pose
alla testa di un moto antigovernativo in cui confluirono filoborbonici, briganti
e cattolici. La rivolta partì da Curinga, Cortale ,Maida e Filadelfia, dove fu
proclamato il governo provvisorio repubblicano. A Filadelfia nel contempo veniva
proclamata la Repubblica Universale. Il sogno utopico svanì presto e i rivoltosi
furono sconfitti a Cortale dalle truppe regie e il figlio di Garibaldi, dopo
essersi battuto strenuamente, riuscì a sfuggire alla cattura. Per molti il
termine "tamarro" è un'ingiuria, ma in questa parola, come in altre, si
denominano le classi rurali calabresi che seppero con orgoglio, lavoro e
sacrifici combattere la malaria e le incursioni saracene. II popolo contadino,
legato alla propria terra e alla propria cultura, diede la caccia ai giacobini e
fece la fortuna dei baroni, proprietari terrieri, i cosiddetti "gnuri". Un
popolo che rifiutò la piemontesizzazione dei propri costumi per ribadire la
propria identità e specificità contro la forzata colonizzazione dei nuovi
conquistatori, pagando con la vita la sua ribellione.
LA STORIA
Nel giorni 6 e 7 maggio 1870 in un’ampia zona che abbracciava i comuni di Maida, Cortale, Curinga e Filadelfia e altri centri vicini dei distretti di Nicastro e di Monteleone, scoppiò un moto rivoluzionario con evidenti risvolti bakuninisti. Fu un ultimo sussulto di protesta contadina e di opposizione al governo piemontese, allo scopo di instaurare la repubblica secondo l’ideale dell’Alleanza repubblicana universale, creata da Giuseppe Mazzini, che aveva trovato una rapida diffusione nell’Italia meridionale e in Calabria. Approfittando del trasferimento, a seguito di promozione, del duca di Vastogirardi, prefetto di Catanzaro, alla sede di Trapani in data 28 febbraio 1868, il Giampà, richiesta ed ottenuta l’adesione di Ricciotti Garibaldi, preparò l’insurrezione armata, scegliendo come zona di reclutamento Curinga, Cortale, Filadelfia e Maida. Ai primi di maggio i congiurati raggiunsero Maida e Curinga, dove, secondo un cronista dell’epoca, trovarono gli appoggi necessari ed i rinforzi sperati. Il sei maggio la truppa mosse per Filadelfia, scelta quale sede del quartiere generale , sia per i precedenti del 1948 e del 1860, sia per gli appoggi di un certo potentato economico locale, di matrice garibaldina e borbonica. Il quartiere generale venne posto nel palazzo Serrao, i cui proprietari militavano nel fronte politico progressista e governavano il Comune con Bernardo Serrao, reduce dal Volturno, sindaco.Nel Palazzo Serrao fu posto il quartier generale: i proprietari del palazzo militavano nel fronte politico progressista e governavano la città con Bernardo Serrao. In seguito venne coniata la nuova moneta repubblicana e emesso uno statuto. Arrivò, però, improvvisamente una truppa regia dal Timpone, una ripida salita della città: erano le ore sette dell'8 maggio 1868. L'arrivo celere causò la sconfitta dei congiurati: mancava il tempo a Ricciotti Garibaldi e a Giuseppe Giampà per organizzare una forma di resistenza. Vennero catturati ventiquattro soldati, tra cui lo stesso Giuseppe Giampà. Ricciotti Garibaldi trovò invece rifugio inizialmente in località Curti ma poi fu catturato a Pizzo e rinchiuso nel castello di Gioacchino Murat. Venne emesso uno statuto e battuta la moneta repubblicana. La truppa regia, però, arrivò improvvisamente dal Timpone alle ore sette dell’otto maggio, guidata da un brigadiere dei Carabinieri, alla testa del 63° fanteria regia. Mancò il tempo a Ricciotti Garibaldi ed a Giampà di organizzare la resistenza. I seguaci del movimento, tutti giovani contadini poco abili nel maneggio delle armi da fuoco, furono irrimediabilmente sconfitti, ventiquattro elementi vennero catturati compreso il Giampà, mentre Ricciotti Garibaldi nascosto in un primo tempo nella palazzina dei Serrao in località “Curti”, veniva catturato a Pizzo e rinchiuso nel castello Murat. (Questa fonte cita l'arresto di Ricciotti, ma quando conosceremo la vera storia?) L’effetto positivo del moto di Filadelfia si fece sentire negli anni seguenti, quando sul territorio di Filadelfia e dei centri vicini furono fondate diverse Società operaie di mutuo soccorso e alcune testate giornalistiche che dimostrarono l’esigenza, da parte di settori delle classi colte, di inserire la Calabria nell’ampio flusso della nazione italiana moderna che stava nascendo. (tratto da “Scheria” di Vincenzo Villella).
Maria Lombardo
Consigliere Commissione Cultura Comitati Due Sicilie.
Centro Studi e Ricerche
Comitati Due Sicilie.