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Francesco Guccini
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Francesco Guccini ritorna dal vivo nei palazzetti italiani.
Il suo nuovo tour partito a Torino il 29 gennaio, ha toccato
Roma il 4 Febbraio e proseguirà a Bologna
il 12, a Milano il 19, e a Pordenone il 26.
Il cantautore che aveva pubblicato il suo ultimo disco nel
1996, "D'amore di morte e di altre sciocchezze" torna a
proporci i suoi vecchi successi ed anche qualcosa di nuovo:
"cosa vuoi mai, torno a fare qualche concerto in giro,
non è poi un evento così straordinario" si schermisce
in un'intervista.
Rimasto negli ultimi anni lontano dalla scena musicale, si
era recato recentemente in Francia, Germania, Austria, ed
Olanda per i discutere i suoi romanzi (il suo ultimo giallo
"Macaroni" scritto con Loriano Machiavelli è stato tradotto
in francese e in tedesco) nelle aule delle università e per
cantare poi le sue storie. "Sognavo di fare lo scrittore
sin da bambino; i casi della vita hanno voluto che iniziassi
a farlo a 50 anni" dice a proposito dei suoi romanzi.
Per quanto egli riveli di riuscire oggi più facilmente a
scrivere un capitolo di un romanzo "bello o brutto che
sia" piuttosto che un nuovo brano, la sua vena
compositiva non si è certo esaurita e lo dimostrano i due
nuovi brani "Autunno" ed "Inverno 1960" che propone in
questo tour.
Ed a chi un pò rimpiange i vecchi pezzi, Francesco risponde
che non avrebbe alcun senso oggi "La Locomotiva2, la
vendetta", dimostrandosi oggi più cauto nelle sue
canzoni, ma non certo sul palco, dove propone salaci battute
ed un continuo dialogo con il pubblico. Ma la locomotiva
ancora oggi trascina il pubblico, costiutito da due
generazioni che si riconoscono nelle sue canzoni, spesso
innalzando il cantautore a maestro o a mito, a cui Guccini
stesso dice di non aspirare pur non nascondendo il piacere e
lo stimolo continuo che questo largo consenso costituisce.
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Roma 4 Febbraio 1999 - PALAEUR
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Il tutto esaurito ai botteghini mette in luce i limiti del
palazzetto romano come struttura adatta ad ospitare concerti,
ma non scoraggia il numerosissimo pubblico di giovani e meno
giovani armati di chitarre, vino, e voglia di cantare.
Il cantautore sale sul palco
pochi minuti dopo le 21, e non impiega poco per far sedere
chi in piedi tenta di avvicinarsi al palco, perché i
concerti di Francesco Guccini vanno seguiti rigorosamente
seduti. Durante i laboriosi spostamenti Francesco intrattiene
il pubblico dichiarandosi vittima del "complesso di
Fazio" sindrome che colpisce gli uomini di spettacolo,
per la quale aveva invitato al suo spettacolo Rita Levi
Montalcini che impeganata già con "Taratata" aveva
dovuto dire di no, e persino il presidente americano Bill
Clinton che gli aveva invece assicurato che sarebbe
"venuto", giocando sul reale significato del verbo.
Finalmente Guccini
accompagnato dai soliti Vince Tempera (tastiere), Ares
Tavolazzi (basso e contrabasso), Juan Carlos Biondini
(chitarre), Antonio Marangolo (sax), privi solo alle
percussioni di Ellade Bandini, inizia con la famossissima
"Canzone per un'amica", portata al successo dalla
vecchia formazione dei Nomadi. Si alternano poi le melodiche
ballate del suo ultimo disco, "Vorrei",
"Quattro stracci", "Stelle", la
richiestissima "Cirano", e i suoi vecchi e più
famosi pezzi quali "Canzone per Silvia", dedicata a
Silvia Baraldini, "Venezia", "Piccola
città", "Canzone quasi d'amore". Tra i cori e
le continue richieste del pubblico propone le sue nuove
canzoni, "Autunno" una malinconica ballata nella
quale i ritmi ed i suoni dell'autunno prendono forma, ed
"Inverno 1960" un blues che descrive situazioni
giovanili di quegli anni molto simili a quelle attuali. Con
la sua solita ironia poi promette di completare le quattro
stagioni, e di citare chi aveva sentito dire gli "aveva
rubato l'idea". Ma i momenti di maggiore intensità si
hanno con "Lettera" dedicata a i suoi amici Augusto
(Daolio), Bonvi, e Fabrizio (De Andrè), quest'ultimo
salutato più volte dal pubblico anche con uno striscione, e
poi con "L'avvelenata", in cui Guccini
improvvisando una falsa rilettura rap, fa alzare in piedi
tutto il pubblico, e poi rivela di non essere capace,
continuando accompaganto dal palazzetto intero, ed infine con
"Dio è morto" (anche questa canatata dai Nomadi),
"Auschwitz", e "La locomotiva", con cui
conclude la serata tra i canti, le bandiere e l'entusiasmo
della gente.
Le più di due ore di
concerto sono state coinvolgenti e trascinanti nei suoi
momenti più intensi, nonostante siano stati tralasciati
pezzi quali "Il vecchio e il bambino",
"Eskimo", "Primavera di Praga",
"Bologna", la cui omissione ha scatenato qualche
isolata protesta, ma Francesco Guccini è riuscito ancora a
dare emozioni al suo pubblico, malgrado l'acustica mai
eccellente.
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DS
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