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Il terzo uomo
(1949) di Carol Reed
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Con Joseph Cotten, Orson Welles, Alida Valli,
Trevor Howard, Bernard Lee, Wilfried Hyde-White.
Holly Martins (Joseph Cotten), uno scrittore di romanzetti western,
arriva a Vienna per ritrovare Harry Lime (Orson Welles), ma, invece
di riabbracciarlo, assiste al funerale dell'amico, vittima di un
incidente avvenuto in circostanze poco chiare. Martins decide di
indagare sulla vicenda e scopre che Lime, contrabbandiere di
penicillina adulterata, ha simulato la propria morte per sfuggire
alla polizia militare.
Lo scorso anno gli amanti dei classici cinematografici hanno potuto
godersi "L'Infernale Quinlan", capolavoro di Orson Welles, riportato
all'originale splendore ripristinando il montaggio voluto dal regista
e restaurando la pellicola.
Ha beneficiato di questo processo di ringiovanimento anche "Il Terzo Uomo",
in omaggio al 50° anniversario dalla sua realizzazione; il risultato
ottenuto è di una bellezza mozzafiato ed esalta la fotografia (bianco e
nero) di Robert Krasker, premiata con l'Oscar, che affascina per la sua
forza espressionista.
Tanti sono gli aspetti che rendono immortale quest'opera.
La fulminante entrata in scena di Orson Welles, che nascosto nell'oscurità
della notte viennese viene improvvisamente illuminato per alcuni istanti
mostrando la sua smorfia sardonica che ripiomba subito dopo nell'ombra.
Il malinconico motivo musicale suonato alla cetra tirolese da Anton Karas.
La sceneggiatura, scritta dal geniale Graham Greene (dall'idea di base
del produttore Alex Korda) che ambientò l'intreccio nella Vienna diroccata
e militarizzata del secondo dopoguerra.
La rassegnata sofferenza di Anna interpretata magistralmente da Alida Valli.
La regia di Carol Reed, che si supera girando delle sequenze magnifiche
come l'inseguimento nelle fogne della città, l'ultima scena del funerale
ed il confronto fra i due protagonisti sulla ruota panoramica del Prater.
In quest'ultima si concretizza il momento più atteso del film ovvero
l'incontro dei due amici in cui Martins con amarezza critica la
condotta criminale di Lime e dal faccia a faccia scaturisce il famoso
discorso redatto dallo stesso Welles:
Lime a Martins: "… e non fare quella faccia … Dopo tutto, non è poi
tanto tremendo … Sai come diceva quello: in Italia per trent'anni hanno
avuto la guerra, terrore, omicidio, strage, e hanno prodotto Michelangelo,
Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di
amore fraterno, democrazia e pace cos'hanno prodotto? … gli orologi a cucù."
La presenza di Orson Welles ebbe un'influenza decisiva sul film,
infatti, lui stesso scrisse la propria parte e collaborò alla stesura dei
dialoghi; gli appartiene anche la scena in cui la mano di un disperato
Lime, ormai in trappola in un canale sotterraneo, cerca drammaticamente
la libertà infilandosi nelle fessure di un tombino.
Comunque il regista Carol Reed è il vero protagonista del film e riesce
a caratterizzare il proprio lavoro deformando e distorcendo personaggi ed
ombre, trasformando Vienna, massacrata dalla guerra e spartita dalle potenze,
in un inestricabile labirinto nel quale nessuno dei protagonisti riesce
veramente ad orientarsi.
"Il Terzo Uomo" vinse anche la palma d'oro al festival di Cannes nel '49:
può bastare?
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FT
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