Rapporto Commissione d'inchiesta regionale sulla sanità

Sommario

Introduzione

  1. Costi, dipendenti e posti letto nelle ASR
  2. L’attività contrattuale
  3. I contratti per il servizio di ristorazione
  4. I controlli dei collegi sindacali e della Regione sulle ASR
  5. Gli incarichi di direzione di strutture sanitarie complesse (primariati)

  1. Il sistema di finanziamento delle ASR
  2. Due vendite patrimoniali bloccate
  3. Le alienazioni immobiliari
  4. Le consulenze della Giunta regionale
  5. L’attività delle commissioni di vigilanza presso i presidi

socio-assistenziali residenziali

Conclusioni

Introduzione

 

La Commissione d’inchiesta sulla sanità è stata istituita dal Consiglio regionale con deliberazione del 21 dicembre 2001. L’elezione dell’ufficio di presidenza è avvenuta il 29 gennaio 2002. Da quel momento decorrono i sei mesi di tempo che il Consiglio Regionale ha assegnato alla Commissione per chiudere i propri lavori. La scadenza è stata rispettata perché la riunione conclusiva si è tenuta il 23 luglio. Ancora una seduta avrebbe consentito di organizzare le conclusioni alle quali la Commissione è giunta volta per volta durante i suoi lavori. Poiché la richiesta di proroga, tra l’altro formulata all’unanimità della Commissione, non è stata accolta dal Consiglio regionale, con questa relazione riferirò del lavoro della Commissione così come risulta dai verbali.

Il Consiglio regionale ha affidato alla Commissione il compito di indagare "sull’attività delle ASL e delle ASO, con particolare riferimento al sistema degli appalti di beni e servizi, alle consulenze e bilanci". Considerato il poco tempo a disposizione e la complessità del settore, la Commissione ha deciso di dedicarsi all’approfondimento soltanto di alcune questioni ritenute importanti per definire le "criticità" rilevanti del sistema sanitario piemontese e per fornire nel contempo al Consiglio elementi utili per porvi rimedio.

La Commissione ha approfondito otto questioni:

  1. costi, dipendenti e posti letto
  2. attività contrattuale
  3. affidamento del servizio di ristorazione
  4. controlli dei collegi sindacali sulle ASR e le conseguenti iniziative della Regione
  5. incarichi di direzione di strutture sanitarie complesse (primariati)
  6. sistema di finanziamento delle ASR
  7. consulenze della Regione
  8. attività delle commissioni di vigilanza presso i presidi socio-assistenziali residenziali.

Gli approfondimenti sono avvenuti sulla base della documentazione richiesta alle singole ASR, alla Giunta regionale, all’Azienda regionale sulla Sanità (ARES) e ai presidenti dei collegi sindacali. Utili sono state anche le audizioni.

La Commissione ha dedicato le prime sedute ad una migliore conoscenza sul piano normativo dell’ordinamento e dell’organizzazione delle Aziende sanitarie, delle modalità di finanziamento e gestione economica, delle procedure per l’affidamento dei lavori pubblici e dei servizi, dei compiti della Regione in materia di edilizia sanitaria. Questi approfondimenti si sono rilevati proficui per il lavoro successivo della Commissione.

Era stato deciso di analizzare anche il sistema delle liste di attesa ospedaliere, non però attraverso la lettura delle sintetiche informazioni fornite periodicamente dalle singole aziende all’amministrazione regionale, ma attraverso l’esame dei registri delle liste di attesa che più fedelmente rappresentano il problema. L’approfondimento non è avvenuto perché i direttori hanno sollevato prima problemi di "privacy" e poi, solo dopo la conclusione dei lavori della Commissione, qualcuno di loro ha fatto pervenire la documentazione richiesta. E’ da rilevare che questa posizione non collaborativa dei direttori è stata da loro concordata con la Giunta regionale.

La Commissione ha deciso di non indagare sulle questioni oggetto d’indagine da parte della magistratura nello scandalo Molinette. Questa decisione non ha tuttavia impedito l’approfondimento delle questioni sopra richiamate anche per l’ASO San Giovanni Battista e neppure della modalità di vendita della colonia marina di Finale Ligure.

 

1. COSTI, DIPENDENTI, POSTI LETTO

 

Costi - Dall’aggregazione dei bilanci consuntivi delle aziende sanitarie regionali si può constatare che la spesa sanitaria vera e propria, considerando cioè soltanto le voci del titolo I, era 8.071.887 milioni di lire nel 1997 e lo scorso anno ha raggiunto l’importo di 10.976.077 milioni (incremento del 36%). Nello stesso periodo gli oneri finanziari, determinati prevalentemente da anticipazioni bancarie, sono passati da 1.513 milioni di lire a 32.890 milioni e la spesa per la "specialistica accreditata" è aumentata del 107%.

Totali costi A.S.R. - Titolo I1

(in miliardi di lire)

1997

1998

1999

2000

2001

INCREMENTO

AA.SS.LL.

6.371

6.807

7.267

8.207

8.552

34%

AA.SS.OO

1.700

1.899

2.026

2.303

2.423

43%

TOTALE

8.071

8.696

9.293

10.510

11.3792

41%

Nel 2001 la spesa per il personale ha inciso sui costi per il 41,4%.

Dipendenti - Per gli anni '96 e '97 la Regione non è a conoscenza del numero dei dipendenti delle aziende sanitarie regionali. Per misurare la variazione si sono pertanto esaminate le note integrative ai bilanci consuntivi 1997 e 2000. Al 1 gennaio 1997 i dipendenti risultano 50.299; al 31 dicembre 2000 il numero è di 55.536 unità (+5.307). L’incremento percentualmente più elevato si è avuto nel personale di ruolo amministrativo.

 

 

DIPENDENTI AZIENDE SANITARIE REGIONALI ANNI 1997 - 2001

RUOLO

sanitario

professionale

Tecnico

Amministrativo

totale

ANNO

1997

2000

1997

2000

1997

2000

1997

2000

1997

2000

DIPENDENTI

32.674

36.148

70

103

11.052

11.702

6.504

7.583

50.229

55.536

INCREMENTO

10,60 %

47,10 %

5,80 %

16,50 %

10,40 %

 

 

Posti letto - Nel 1997 i posti letto negli ospedali a gestione diretta e nelle aziende ospedaliere erano complessivamente: 16.975 in degenza ordinaria e 1636 in day hospital. Attualmente sono: 13.378 e 1725.

In quattro anni i posti letto in day hospital sono aumentati solamente di 89 unità e quelli in degenza ordinaria sono diminuiti di 3627 ( ciò equivale alla chiusura di dieci ospedali di medie dimensioni).

POSTI LETTO TOTALI

Presidi ospedalieri a gestione diretta

Aziende ospedaliere

Totale

D.O.

D.H.

D.O.

D.H.

D.O.

D.H.

1997

11.125

932

5.850

704

16.975

1.636

2001

8.265

1.004

5.113

721

13.378

1.725

 

La semplice relazione tra aumento della spesa sanitaria e riduzione dei posti letto è tale da non richiedere commenti.

 

2. L’ATTIVITA’ CONTRATTUALE

Per disporre di un completo quadro delle caratteristiche dell’attività contrattuale, la Commissione ha costruito, in un tempo record, una banca dati dei contratti delle aziende sanitarie regionali. Le informazioni sui singoli contratti sono state fornite, su richiesta, dalle singole aziende. Questa era l’unico modo per disporre di un completo quadro informativo perché l’Assessorato alla Sanità non possiede informazioni sull’attività contrattuale. Soltanto il 21 dicembre 2001, lo stesso giorno dell’insediamento della Commissione d’inchiesta, la Giunta Regionale ha deciso (DGR 12 – 4879) di insediare un gruppo di lavoro per "organizzare un sistema di controlli sulle attività di contrattazione delle aziende sanitarie regionali".

La banca dati è suddivisa in 18 sezioni e contiene informazioni sui 21.700 contratti in corso. La Commissione si è soffermata su 5 sezioni: consulenze, edilizia sanitaria, locazione di attrezzature sanitarie, alienazione e acquisti di immobili e fornitura di beni sanitari di consumo.

Consulenze

  1. l’assegnazione della quasi totalità delle 3.700 consulenze in corso nel 2001 è avvenuta con affidamento diretto
  2. nel secondo semestre dell’anno scorso, contrariamente a quando è stato annunciato dalla Giunta regionale, non si è affatto verificata una riduzione delle consulenze
  3. "la carenza di organico" e la "mancanza di idonea professionalità" utilizzate come motivazioni costanti da tutte le Asl e le Aso per le consulenze esterne suscita più di un interrogativo: il ricorso a consulenze esterne per sopperire a carenze di organico è davvero economicamente vantaggioso? Perché le aziende non si sono mai preoccupate negli anni di dotarsi di "idonee professionalità", anche attraverso la formazione del personale, che sarebbe di certo costata molto meno di esose consulenze?

Secondo i dati forniti dalle aziende sanitarie, le consulenze non sanitarie affidate e in corso nel 2001 ammontano ad oltre 72 miliardi di lire. Nel 2000 le consulenze sono aumentate del 69% rispetto all’anno precedente.

CONSULENZE AFFIDATE DELLE ASR

SANITARIE

NON SANITARIE

(tecniche-informatiche-amministrative-legali)

TOTALE

1999

23.891.201

19.012.687

42.903.888

2000

41.501.796

31.206.721

72.708.517

Edilizia sanitaria

  1. Sottostima dell’importo dei lavori nei progetti. A fronte di lavori in corso aggiudicati per complessive lire 761 miliardi e 203 milioni, le perizie suppletive ammontano a lire 237 miliardi e 564 milioni, le varianti in corso d’opera a 100 miliardi e 243 milioni, le proroghe contrattuali a 182 miliardi e 380 milioni, le opere extracontratto a 4 miliardi 559 milioni di lire.
  2. Mancanza di programmazione. Sono in corso lavori di potenziamento e ristrutturazione in ospedali che la Giunta regionale pensa di riconvertire o ridimensionare. Il caso classico è l’ospedale di Gattinara dove è pronta la nuovissima sala travaglio anche se da qualche mese il reparto di ostetricia ed il suo primario sono stati trasferiti a Borgosesia (importo lavori € 549.182).

Per l’edilizia sanitaria gli uffici dell’assessorato regionale e il Comitato Regionale alle opere pubbliche esaminano progetti, capitolati, quadri economici, finanziamenti, etc. L’amministrazione regionale era perfettamente a conoscenza delle irregolarità al S. Anna, ma non è intervenuta.

A nulla sono valsi anche i puntuali rilievi del collegio sindacale formulati al direttore e inviati anche alla Regione. Esaminando le delibere 587, 588, 490, 491 e 444 del 1998, il collegio osserva: "preso atto della deliberata articolazione dei finanziamenti e tenuto conto della situazione finanziaria attuale e delle previsioni per il 1999, nutre perplessità circa l’effettivo reperimento, in corso di gestione, di sufficienti risorse. Le perplessità sono acuite dalla circostanza che trattasi di lavori già aggiudicati e quindi già originari di impegni di spesa" (verbale 49 del 29 gennaio ’99).

Così l’ASO ha appaltato 17 lavori senza copertura totale di spesa sostenendo che le quote di stanziamenti regionali assegnate sarebbero state integrate con un imprecisato autofinanziamento di lire 17.124.763.904 su un importo lavori di 32.923.743.782. Anche in questo caso la Regione non ha vigilato sull’ASO, creando disparità di trattamento tra aziende.

Locazioni di attrezzature sanitarie

Uso improprio della trattativa privata e dell’estensione contrattuale: le locazioni affidate attraverso gara pubblica sono state solamente 8 su 128 contratti. Ecco due casi-tipo: la locazione del sistema informatico per un’azienda sanitaria del valore di circa € 317.216 è avvenuta a trattativa privata (è stata poi estesa a € 501.437); per estensione, un contratto di € 449.967 è stato raddoppiato.

Alienazione/Acquisti di immobili dal 1995

Le aziende sanitarie hanno alienato 62 immobili per un valore di € 37.250.000 circa. La vendita è spesso avvenuta senza gara pubblica e qualche volta i direttori non hanno richiesto l’autorizzazione regionale prevista dalla legislazione vigente.

Fornitura beni sanitari di consumo

I contratti in corso sono 9.000. Tanti sono d’importo modesto e spesso si ripetono con lo stesso oggetto. La trattativa privata per questi contratti prevale rispetto alle gare. Le ditte fornitrici complessivamente non sono molte.

Un giudizio riguardante la capacità di contrattazione per questa sezione si può ricavare analizzando i prezzi unitari di alcuni prodotti rilevati dall’Osservatorio prezzi regionale che censisce, anche se in modo incompleto, 1.365 prodotti sia di uso strettamente medico che di uso comune, acquistati dalle varie aziende sanitarie del Piemonte. L’Osservatorio mette a confronto, per ognuno dei 1.365 prodotti, i prezzi pagati da ogni singola azienda e fornisce informazioni sulle quantità acquistate e sui fornitori. Una sorta di banca dati, purtroppo incompleta, con caratteristiche solo statistiche.

Analizzando questi dati emerge che frequentemente il prezzo di prodotti identici, spesso forniti dalla stessa ditta, varia considerevolmente da ASL ad ASL. Si può anche osservare che a quantità maggiore di prodotti forniti corrispondono prezzi più alti!

Le Asl del Piemonte "non sanno comperare", ma soprattutto la Regione Piemonte "non le ha mai aiutate": sarebbe stato sufficiente esaminare i dati dell’Osservatorio dei prezzi e richiedere alle Asl più capaci nella negoziazione di acquistare anche per altre Asl. Un metodo semplice che avrebbe potuto essere applicato da anni senza impegnare risorse per progettare "portali" ancora non funzionanti e che in parte si sovrappongono a quello della CONSIP del Ministero del Tesoro.

 

Il contratto di assicurazione alle Molinette

La lettura della banca dati relativamente ai contratti di assicurazione evidenzia la particolarità di quello delle Molinette.

Il 19 luglio 1999, l’ASO San Giovanni Battista indice una gara per l’aggiudicazione dei servizi assicurativi per 4 anni. La base d’asta è definita in lire 4.300.000.000. Alla gara partecipano tre compagnie assicurative, due però sono escluse per errori nella presentazione dell’offerta. Il 14 ottobre l’assicurazione è aggiudicata alla compagnia Assitalia, per un importo di lire 8.148.414.920! Ecco la motivazione dell’accettazione di un premio così elevato: "il premio richiesto per la fornitura del servizio assicurativo è complessivamente definibile quale congruo, tenuto conto del consolidato della spesa storica, dell’andamento del mercato assicurativo in ambito della sanità pubblica e delle estensioni di garanzia richieste nei capitolati in questione". A nessuno può sfuggire che questa è una spiegazione "debole" per motivare l’aggiudicazione ad un prezzo superiore dell' 89,4 % a quello a base d’asta definito dal consulente delle Molinette; ed anche fuori tema rispetto alle osservazioni della commissione tecnica di valutazione delle offerte che il 28 settembre, esaminando l’unica proposta, osserva: "sono state evidenziate difformità rispetto alle condizioni di capitolato predisposte per la licitazione……".

L’esame attento "dell’andamento del mercato assicurativo" avrebbe dovuto suggerire la non aggiudicazione della gara. Sarebbe facilmente emerso, ad esempio, che il tasso del 26,9 % applicato dall’Assitalia sul monte retribuzione dei dipendenti, che è uno dei più importanti parametri per determinare il premio assicurativo, è di molti punti superiore a quello applicato in strutture ospedaliere simili alle Molinette. Non c’era fretta perchè l’ASO era assicurativamente coperta (con un premio di circa 4 miliardi) fino al 31/12/99 ed era anche possibile ottenere qualche mese di proroga fino all’espletamento di una nuova gara.

La vigilanza regionale sull’attività contrattuale e la predisposizione di elementi informativi per fornire conoscenze almeno sul mercato assicurativo sanitario piemontese avrebbe forse consentito al direttore di assumere decisioni meglio motivate.

3. I CONTRATTI PER IL SERVIZIO DI RISTORAZIONE

 

Per approfondire ulteriormente l’attività contrattuale delle ASR, la Commissione ha deciso di focalizzare l’attenzione sui contratti di questo specifico settore richiedendo i contratti ed il costo per pasto.

In sette casi la gestione del servizio di ristorazione è diretta. In tutti gli altri è affidata all’esterno: hanno quattro contratti a testa la Gemeaz, la Pedus Service e la Alessio; tre l’Onama e tre la Sodexo; due la Gama, uno la Serist, uno Ristochef uno Turello e uno una Casa di Riposo locale.

 

La gestione diretta

L’esame della documentazione relativa alla gestione diretta non consente un confronto tra costi unitari per pasto, non solo per la disomogeneità della documentazione fornita, ma soprattutto perché sono diverse le modalità con cui sono state contabilizzate dalle ASL le voci di spesa (personale, ammortamenti, costi generali, etc.) e l’IVA. Un’ASL indica il costo per il pasto degente riferendosi soltanto "alla fornitura di derrate alimentari crude" aggiungendo che "per la definizione corretta del costo occorrerebbe quindi valutare i costi del personale, delle utenze, degli ammortamenti, delle attrezzature e di tutti i fattori che comunque incidono sulla preparazione dei pasti". Un’altra ASL afferma che il prezzo per pasto è di € 5,46 calcolando in modo forfettario i costi generali che ammonterebbero al 10%.

Tutti elementi che evidenziano sia la mancanza di contabilità per centri di costo, sia come il processo di aziendalizzazione in alcune ASL debba ancora essere avviato.

 

Gli appalti

Le modalità adottate dalle aziende sanitarie per l’affidamento del servizio mensa sono diverse (appalto concorso, licitazione privata, ricerca di mercato, asta pubblica) e la durata contrattuale varia da uno (CTO) a nove anni (Molinette). E’ certamente difficile esprimere un giudizio su questa variabilità. Certamente suscita qualche interrogativo una durata troppo breve perché non consente all’ente appaltante di spuntare prezzi convenienti (normalmente è ridotta la concorrenza e la ditta fornitrice precedente è di fatto favorita se decide di partecipare alla gara). Suscita anche perplessità l’affidamento attraverso la ricerca di mercato quando si limita ad un paio di ditte (ASL 1) o ad una consultazione dell’Osservatorio Prezzi della Regione (ASO "SS. Antonio e Biagio" di Alessandria).

La maggior parte dei contratti sono scaduti e sono stati rinnovati in cambio di un piccolo sconto sui prezzi o dell’assunzione di nuovi oneri da parte delle ditte fornitrici, vantaggi che tra l’altro in alcuni casi sono parzialmente annullati con le forniture extra pasto. La proroga contrattuale così diffusa rappresenta una vera e propria barriera all’ingresso di nuovi concorrenti e pertanto contribuisce a rendere il mercato sempre meno concorrenziale e quindi con prezzi più alti, cioè meno vantaggiosi per la pubblica amministrazione.

Un altro ostacolo alla concorrenza è stato creato con la diffusione dei contratti "global service". Questa modalità ha ristretto il mercato a pochissime ditte, quelle capaci di mettere insieme competenze imprenditoriali diverse, ed ha innalzato il costo per il pasto in modo consistente. Nei quattro casi in cui il servizio mensa è stato affidato con appalti "global service" il prezzo del solo pasto, cioè depurato della quota investimenti, è: 5 euro alle Molinette, 5,42 al S. Anna, 5,26 all’ASO di Novara e 5,76 all’ASL 4. Invece nei recenti affidamenti a seguito di gare per il solo servizio mensa i prezzi sono stati: ASL 5, euro 4; ASL 3, euro 4,16; ASL 7, euro 4,04.

In sostanza con la modalità "global service" il prezzo per giornata alimentare dei degenti è aumentato di almeno 2 euro e quello per il pasto dei dipendenti di 1 euro: le Molinette spendono così 3 miliardi di lire in più all’anno, il S. Anna 1 miliardo di lire in più.

Con i contratti "global service" si finanziano investimenti e ristrutturazioni con la spesa corrente nel periodo di durata degli affidamenti. C’è da chiedersi se questa modalità di finanziamento (che impegna spesa sanitaria) sia la più conveniente economicamente rispetto al ricorso al mercato creditizio. La dimostrazione della convenienza in termini comparati non è mai dimostrata nelle delibere di indizione delle gare.

Per il grande appalto della mensa delle Molinette, ad esempio, con il quale è stata affidata per nove anni la fornitura dei pasti e la costruzione di uno strabiliante fabbricato mensa (del valore di circa 40 miliardi), non è dimostrato il vantaggio rispetto alla messa a norma del locale mensa esistente e neppure il vantaggio di esternalizzare il servizio mantenendo i 161 dipendenti cuochi. Così come non è dimostrato il vantaggio pubblico per l'amministrazione di introdurre nel contratto condizioni a vantaggio dell’impresa aggiudicataria non previste nel capitolato.

L’Amministrazione regionale è la grande assente nell’attività contrattuale sulla gestione delle mense, nonostante sia a conoscenza dei costi che le ASL forniscono in occasione dei report dei sistemi indicatori (indicatore F 213).

 

 

Due aggiudicazioni particolari

Per un esame dettagliato dei singoli contratti si rinvia alla relazione del 18 luglio. Qui si richiamano soltanto le procedure fortemente "atipiche" con le quale l’ASL 1 ha affidato il servizio di ristorazione e l’ASO di Alessandria ha rinnovato per un anno il contratto.

L’Asl 1 di Torino sceglie la Gemeaz "per recepimento contrattuale di altra azienda sanitaria" (le Molinette) individuata attraverso una indagine di mercato presso tutte le altre Asl e Aso di Torino (perché solo quelle di Torino?). Dopo aver interpellato "le uniche due ditte contattabili ai fini di accertare i presupposti di eventuale estensione contrattuale" (Onama e Gemeaz), l’Asl 1 chiede ad entrambe un’offerta economica, infine sceglie la ditta Gemeaz per un costo di euro 0,66 per la colazione, euro 5,85 per il pranzo e la cena, cui va aggiunta una "quota presunta e del tutto imprevedibile da destinarsi all’acquisto di derrate alimentari" pari a 100 milioni di lire. L’affidamento del servizio è quadriennale; il contratto deve ancora essere formalizzato, anche se le determine di affidamento sono datate novembre 2001.

Perché non si è fatta una gara considerato che era già prevista da tempo una risoluzione del contratto?

Perché non si è provveduto ad una gestione transitoria per il tempo necessario allo svolgimento di una nuova gara?

Che senso ha affermare nella deliberazione di affidamento del servizio che "viene recepito il contratto delle Molinette" ma con un prezzo per pasto più elevato: Molinette euro 5, Asl 1 euro 5,85?

Perché ad esempio non è stato invece deciso "il recepimento contrattuale" dell’Asl 5 (sempre Gemeaz) di dimensioni più simili all’Asl 1 e dove il prezzo è più basso (euro 4) ?

Come si fa a definire nella delibera "indagine di mercato" un semplice elenco di ditte fornitrici, che è poi stato ridotto solamente a due senza alcun confronto economico?

L’ASO di Alessandria ha aggiudicato, con gara pubblica, il servizio di ristorazione per un anno alla ditta Alessio in data 21/4/2000. Da allora procede con proroghe annuali. Il direttore dell’ASO ha precisato che l’ultimo rinnovo è avvenuto "a fronte dello sconto del 3% sul prezzo della giornata alimentare e della conferma dei prezzi dei prodotti extra-catering" e che la convenienza economica è desumibile "in forza della competitività dell’offerta risultante altresì dalla consultazione dell’Osservatorio Prezzi regionale da cui emerge che i prezzi praticati ad altre aziende sanitarie piemontesi risultano essere superiori a quelli pagati dall’Aso di Alessandria". Questa consultazione non può certo essere considerata una indagine di mercato a causa della scarsità ed incompletezza dei dati presenti nell’Osservatorio regionale prezzi: infatti sono contenuti solo 4 casi di giornate alimentari degenti e altri 5 casi di pasto singolo dipendenti. Di quelli elencati nessuno è della ditta Alessio, dai dati presenti non c’è assolutamente modo di comprendere se si tratti di proroghe o meno, di forniture di pasto crudo o di servizio di ristorazione. Rilievi, questi, fatti propri anche dal direttore dell’ASO di Cuneo che nella delibera di rinnovo del contratto con la ditta Pedus afferma che "il raffronto dei prezzi rilevati dall’Osservatorio regionale ha dato esito negativo in quanto non risultano attendibili i dati in esso riportati per tali servizi".

 

4. I CONTROLLI DEI COLLEGI SINDACALI E DELLA REGIONE SULLE ASR

 

La Commissione ha acquisito dall’Assessorato alla Sanità i verbali dei Revisori dei Conti/Collegi Sindacali relativi agli anni 1999-2000-2001. Si tratta di una notevole quantità di documenti contenenti sia riflessioni, sia richiami, sia solleciti, ma anche segnalazioni e certe volte vere e proprie denunce. Questi verbali assumono una forte rilevanza perché rappresentano le risultanze dell’attività dell’organo interno di controllo che opera a stretto contatto con la realtà aziendale.

I Collegi sindacali sono obbligati per legge a vigilare rigorosamente sull’attività delle aziende, sotto i diversi profili: contabile, amministrativo, legittimità e buona amministrazione. I Collegi sindacali devono anche riferire alla Regione le risultanze dei controlli effettuati (art. 14 L.R. 10/95) in modo che quest’ultima possa svolgere le proprie funzioni istituzionali ed esercitare il controllo strategico dell’attività amministrativa anche sotto il profilo della buona amministrazione.

L’azione di controllo dei sindaci si è sviluppata con modalità alquanto diverse da azienda ad azienda. Ad esempio, per la ASO San Giovanni Battista di Torino (Molinette) le segnalazioni del Collegio sono le più numerose per quantità e rilevanti per contenuto, mentre per la ASO CTO di Torino e per l’ASL di Alba i rilievi sono più "scoloriti" e fanno pensare o ad una maggiore correttezza amministrativa oppure ad una diversa modalità di intendere il controllo.

Nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti che regolano l’attività dei Collegi Sindacali, in sanità sarebbe auspicabile l’introduzione di linee guida che assicurino livelli di controlli interni minimi in tutte le ASL e le ASO. Sarebbe inoltre necessario creare certezze con precise linee guida, anche perché alcune Aziende non inviano i verbali del Collegio Sindacale in Regione adducendo l’inesistenza di un preciso obbligo normativo in tal senso (ASL 16 di Mondovì, ASO 902 CTO - Maria Adelaide).

Dai verbali dei Collegi sindacali degli anni 1999-2000-2001 sono state stralciate 600 segnalazioni: le più ricorrenti. La semplice lettura di queste segnalazioni rappresenta, pur con i dovuti limiti derivanti dal particolare punto di osservazione dei collegi sindacali, uno spaccato di quella che è stata la gestione delle ASL/ASO piemontesi negli ultimi tre anni. I rilievi più frequenti e diffusi si riferiscono a sei aree problematiche:

 

 

carenza di motivazione, inopportunità, corrispettivi esosi e ingiustificati, assenza di verifica sull’esistenza di analoghe professionalità interne all’Azienda come prescritto dalla legge

elusione gara europea, sanatorie ingiustificate per carenza di programmazione, estensioni, rinnovi e proroghe senza gara di appalto, trattative private ingiustificate, affidamenti diretti senza gara, affidamenti a ditte già affidatarie del servizio e già oggetto di contestazioni

lavori non collaudati nei termini, irregolarità affidamento opere extracontratto e varianti in corso d’opera

eccessiva e inopportuna esternalizzazione di funzioni gestionali per le tecnologie biomedicali

assenza gara pubblica, carenza di autorizzazione regionale e di perizia asseverata

problemi di funzionamento e consulenze reiterate

mancanza di verifica preventiva che accerti se tali apparecchiature funzionano soltanto con il materiale fornito dalle ditte donatrici

I verbali dei collegi sindacali giungono puntualmente all’Assessorato regionale alla Sanità. In tre anni l’amministrazione regionale è intervenuta soltanto in tre casi, due dei quali marginali. Sostanzialmente è intervenuta una sola volta, ma soltanto dopo che il Collegio dei revisori dei conti delle Molinette, costatando l’inutilità delle proprie osservazioni sull’irregolarità della procedura adottata dal direttore nella vendita di immobili, si era rivolto alla Procura della Corte dei Conti. E’ quindi mancata totalmente un’azione di controllo da parte dell’amministrazione regionale, confermata anche dal fatto che i presidenti dei collegi sindacali delle ASR, interpellati dalla Commissione per conoscere i provvedimenti assunti dalla Regione in seguito ai rilievi contenuti nei verbali, hanno dichiarato che la Regione non è mai intervenuta.

La Regione non ha quindi riconosciuto al collegio sindacale, che è l’unico organo di controllo interno vigente, l’importante e centrale ruolo delineato dal Decreto Legislativo 502/92 e dalla L.R. 10/95.

 

 

 

 

5. GLI INCARICHI DI DIREZIONE DI STRUTTURE SANITARIE COMPLESSE (PRIMARIATI)

 

La Commissione ha deciso di approfondire l’evoluzione negli anni dei "primariati". A tal fine sono state richieste ai direttori generali delle ASO e delle ASL, per gli anni 1996 e 2001, le seguenti informazioni:

• le articolazioni dipartimentali con i nominativi dei relativi direttori;

• gli incarichi di direzione di strutture complesse sanitarie (ex primariati) con la relativa indicazione dei posti letto, dell’utenza e del personale addetto;

• per ogni incarico di struttura complessa sanitaria (definita anche Unità Operativa Autonoma, U.o.a) conferito dal 1996, la deliberazione di avviso pubblico, di nomina della commissione di selezione dei candidati e di affidamento dell’incarico.

Queste informazioni sono state richieste direttamente alle A.S.R perché l’amministrazione regionale non dispone né dei dati sui posti letto del 1996 per disciplina, né della documentazione, o semplice informazione, sugli incarichi di direzione di U.o.a. conferiti. Quest’ultima carenza è particolarmente sorprendente perché fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 229 del 19/6/99 la Regione designava un componente della commissione di selezione dei candidati all’incarico di direttore di struttura complessa.

Le procedure per gli affidamenti

L’attribuzione dell’incarico di direzione di struttura complessa, in base alla normativa vigente, è effettuata dal direttore generale sulla base di una rosa di candidati idonei selezionata da un’apposita commissione. La commissione nominata dal direttore generale, è composta dal direttore sanitario, che la presiede, e da due dirigenti dei ruoli del personale del Servizio sanitario preposti ad una struttura complessa della disciplina oggetto dell’incarico, di cui uno individuato dal direttore generale ed uno dal Consiglio dei sanitari.

Gli incarichi dal 1996 al 2001.

Sono stati conferiti 607 incarichi così ripartiti: 400 per la sostituzione di direttori, 207 per l’istituzione di nuove strutture complesse. Di queste, 106 riguardano U.o.a. propriamente ospedaliere e le restanti 101 sono relative ai servizi territoriali e di prevenzione. La scelta tra i candidati idonei non sempre è adeguatamente motivata. In diversi casi la motivazione è generica e standardizzata. In qualche conferimento di incarico le motivazioni addotte nelle deliberazioni dai direttori generali per la scelta tra gli idonei sono palesemente contraddittorie.

Per la stessa disciplina si osserva che mentre in una selezione i partecipanti sono numerosi, in un’altra il partecipante è unico. Più precisamente nel periodo 1996-2001 le selezioni con un solo candidato presente (anche se le domande di ammissione erano numerose) sono state 135 e si sono concluse tutte con la nomina dell’unico partecipante che spesso era medico dirigente di primo livello nella stessa struttura ospedaliera.

Dalla lettura della documentazione si rileva inoltre che spesso l’avvio della procedura per la selezione avviene molto tempo dopo che il posto è divenuto vacante; che in non pochi casi il tempo che intercorre tra l’avviso di selezione e la nomina è particolarmente lungo. Alcuni casi: alle Molinette, per la diabetologia, l’avviso di selezione è del 21/12/98 e la selezione non è stata ancora espletata; all’ospedale di Borgomanero, Asl 13, per ostetricia e ginecologia il direttore generale non ha ancora proceduto alla nomina nonostante la commissione abbia completato la selezione il 21/2/2000.

Ciononostante il contenzioso è stato pressoché nullo. Perché? La risposta più ovvia è che i direttori hanno generalmente esercitato correttamente il potere che la normativa assegna loro in materia di nomine. Le constatazioni sopra esposte sono però l’indice di un improprio esercizio del potere aziendalistico dei direttori che dovrebbe essere finalizzato al superamento dei limiti degli automatismi tipici della pubblica amministrazione e alla riduzione dei tempi per le procedure. Forse questa considerazione e altre derivanti dalla constatazione, condivisibile, che sempre più i direttori generali sono subalterni anche nelle scelte gestionali alla Giunta regionale (che li ha nominati e quindi può non riconfermarli o revocarli in qualsiasi momento), hanno indotto autorevoli rappresentanze del mondo sanitario, come ad esempio l’Ordine dei medici della provincia di Torino, a rilevare l’esistenza di un’influenza politica nella nomina dei primari a svantaggio della professionalità e a proporre una riduzione del potere discrezionale dei direttori generali.

E’ ingiustificabile la crescita delle strutture complesse.

L’aumento del numero delle strutture complesse accompagnata dalla riduzione di 3.637 posti letto è un evidente paradosso sul piano organizzativo e su quello economico.

Sono state perse tre grandi occasioni.

• In 5 anni è avvenuto un turnover del 40% dei primari. La Regione poteva cogliere questa grande opportunità per razionalizzare il sistema sanitario secondo le prescrizioni contenute nel piano sanitario vigente. Si è limitata invece ad autorizzare, approvando i piani aziendali, semplici sostituzioni e addirittura l’istituzione di 106 nuove strutture complesse ospedaliere. Così alcune serie, anche se timide, operazioni di riconversione di strutture complesse e di accorpamenti compiute in alcune ASL (esempi: ASL 18, ASL 4, ASL 5, ASL 12) si sono rilevate ininfluenti sul sistema complessivo.

• Anche la massiccia istituzione dei dipartimenti (federazione di strutture complesse), con la conseguente nomina dei relativi direttori è stata un’altra occasione perduta. I dipartimenti avrebbero dovuto garantire, secondo il piano sanitario, l’utilizzazione ottimale dei posti letto, del personale e delle apparecchiature. In concreto questi obbiettivi sono rimasti prevalentemente dichiarazioni di principio che hanno provocato la crescita della burocrazia interna alla strutture ospedaliere e della spesa per il personale dirigenziale.

• Nel piano sanitario sono previsti 15 Presidi Ospedalieri Riuniti per le ASL con più ospedali. Questa forma organizzativa era finalizzata ad un’organizzazione integrata delle attività dei presidi ospedalieri per eliminare sovrapposizioni e duplicazione nelle funzioni sanitarie di supporto e nelle strutture complesse, utilizzando lo strumento dell’articolazione delle strutture complesse in strutture semplici. Nessuno di questi obbiettivi è stato raggiunto. La conferma si ha dalla lettura della delibera della giunta regionale dell’8/7/2002 sulle "azioni per il recupero dell’efficienza gestionale delle ASR". Inoltre alcuni incarichi di strutture complesse affidati recentemente in piena crisi finanziaria del sistema sanitario, sono palesemente contrarie all’obbiettivo del contenimento della spesa e rispondono pertanto a logiche non economiche o funzionali, Esempio: nell’ASL 11 dove è stato riconvertito l’ospedale di Santhià in lungodegenza è stata mantenuta la struttura complessa di chirurgia, trasferendola a Vercelli, ed è stato nominato un nuovo primario.

Primo giudizio sulle nuove strutture complesse e su quelle preesistenti

Correlando semplicemente gli indicatori di attività per disciplina con i dati sulle strutture complesse e semplici esistenti in tutte le ASL e con le prescrizioni del piano sanitario, emerge chiaramente che in ospedali con caratteristiche dimensionali equivalenti, la stessa disciplina è organizzata in strutture complesse o strutture semplici e ciò indipendentemente dalla complessità delle strutture in termini di personale assegnato, di posti letto e di prestazioni effettuate.

Il caso della diabetologia è emblematico di una incoerenza nelle scelte rispetto al piano sanitario che prevede di norma un’unica struttura complessa per quadrante: nel quadrante Asti-Alessandria le strutture complesse sono quattro perché tre strutture semplici sono state recentemente trasformate in complesse. Inoltre lo sdoppiamento di strutture complesse che hanno meno posti letto rispetto al 1997, come è avvenuto alle Molinette e al S. Anna, sono incomprensibili in una logica aziendale.

 

6. IL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE ASR

 

La Commissione ha iniziato ad affrontare questo tema dopo l’audizione del dr. Giorgio Grando, alla quale è seguita immediatamente l’audizione dell’assessore regionale alla Sanità Antonio D’Ambrosio.

Più specificatamente gli approfondimenti della Commissione hanno riguardato:

  1. i bilanci delle ASR del 2001 con particolare riferimento al rapporto tra la rilevazione del primo trimestre (consuntivo) con gli andamenti delle previsioni nei tre trimestri successivi e il confronto tra questi e il consuntivo annuale;
  2. i criteri di ripartizione dei finanziamenti alle singole ASR;
  3. le modalità per la definizione delle risorse alle case di cura private accreditate.

Previsioni volutamente errate nel 2001.

Le previsioni trimestrali per il II, III, IV trimestre del 2001 formulate dai direttori generali delle ASR al momento del rilevamento del primo trimestre (consuntivo) si sono tutte rilevate successivamente errate per un evidente forte e immotivato ridimensionamento di alcune voci di uscite (esempi: beni e servizi, assistenza farmaceutica, ecc.). Pertanto il costosissimo sistema di monitoraggio trimestrale, che avrebbe dovuto essere strumento tecnico contabile di puntuale controllo degli andamenti gestionali in relazione alle risorse assegnate, è stato utilizzato dall’amministrazione regionale come strumento per una rappresentazione artificiosa della realtà economica. E’ sufficiente il semplice confronto dei bilanci consuntivi 2001 con le previsioni trimestrali dello stesso anno per averne un’immediata conferma. Conferma ulteriore viene dalla determinazione della Direzione Programmazione sanitaria D028 n. 231 del 17/7/2001 per l’affidamento di una consulenza esterna per la verifica della correttezza delle stime relative alle principali voci economiche dei rendiconti trimestrali 2001.

Assegnazioni di risorse alle ASR senza criteri predeterminati

L’esame delle risorse effettivamente assegnate ogni anno alle singole ASR non è stato basato esclusivamente su criteri predeterminati. L’assegnazione di risorse aggiuntive a quelle definite all’inizio dell’anno è spesso avvenuta sulla base di parametri costruiti in corso d’opera che hanno contribuito a rendere il sistema distributivo in gran parte iniquo e con evidenti distorsioni. Forse per questo motivo il presidente Ghigo nell’autunno del 2000 aveva sollecitato l’Assessorato regionale alla Sanità a correggere il sistema basandolo sulle quote capitarie. Per le stesse ragioni, timidi correttivi sono stati introdotti con la deliberazione DGR n. 65 – 4215 del 22 ottobre 2001 della Giunta regionale "Finanziamento delle ASR per l’anno 2002, primi indirizzi di programmazione. Assegnazione definitiva del finanziamento per l’anno 2001".

Maggiori risorse ai privati per la cardiochirurgia riducendo l’attività pubblica.

La definizione dei budget ai soggetti erogatori privati avvenuta con l’esclusione delle ASR ha impedito una valutazione oggettiva e trasparente sulla produzione da assegnare ai privati per la verificata impossibilità o incapacità delle strutture pubbliche di rispondere alla domanda sanitaria. Per la cardiochirurgia, ad esempio, si constata che negli ultimi anni l’amministrazione regionale ha ridotto la produzione nelle strutture pubbliche (si vedano i dati relativi all’andamento dei posti letto per ospedale e per disciplina forniti nella seduta di Commissione del 29 maggio 2002) per assegnarla alle strutture private. La gravità della scelta compiuta sta anche nel fatto che non si è avuta una contemporanea riduzione dei costi conseguenti alla ridotta produzione sanitaria nelle ASR.

Il protocollo d’intesa per la cardiochirurgia e la deliberazione della Giunta regionale DGR 47 – 866 del 18 settembre 2000 "Recepimento protocollo d’intesa Regione-Aziende sanitarie ospedaliere e Case di cura private provvisoriamente accreditate per l’attività cardiochirurgica in Piemonte e modifica DGR 2-448 del 13.7.2000", non motivano l’assegnazione di una maggiore produzione ai privati.

A proposito del rapporto con gli istituti di cura privati anche la deliberazione della Giunta regionale DGR n. 33 – 3676 del 3 agosto 2001 "Aggiornamento tariffe giornaliere e per DRG per le prestazioni di ricovero rese dagli istituti di cura privati provvisoriamente accreditati per l’anno 2001. Determinazione tariffe per i ricoveri in day surgery e per le attività di riabilitazione di 2° livello" contiene la seguente indicazione non motivata dall’interesse pubblico: "per le case di cura private provvisoriamente accreditate che autocertifichino di non possedere i requisiti strutturali ed impiantistici previsti nell’istituto dell’accreditamento di cui al DCR n. 616-3149 del 22/2/2000, viene individuata una tariffa giornaliera abbattuta del 5% rispetto a quelle previste per le Case di cura che autocertifichino il possesso di tali requisiti". Non sarebbe stato logico graduare la penalità in relazione alla tipologia e consistenza dei requisiti? Perché non è stato stabilito un termine per la transitorietà? E’ evidente che la richiesta di presentazione di autocertificazione è l’ammissione dell’Assessorato regionale della mancanza di controlli.

 

 

 

 

 

 

 

 

7. DUE VENDITE BLOCCATE

 

La vendita della colonia marina di proprietà delle Molinette, oltre ad essere grave di per sé, getta un’ombra sulle procedure di alienazione del patrimonio immobiliare delle Aziende Sanitarie e sul ruolo della Regione che per legge ha importanti funzioni.

L’ASO Molinette è proprietaria dal 1974 di un edificio in Liguria, destinato a colonia marina per i figli dei dipendenti dell’azienda, situato in una posizione incantevole a mezza costa sul primo contrafforte fronteggiante il mare, a destra della via Aurelia entrando a Finale. L’edificio ha una superficie di 638 mq. distribuito in cinque piani fuori terra, di cui tre sopra il piano stradale; ha un cortile di 200 mq e un parcheggio di 360 mq. L’ASO è anche titolare di una concessione demaniale per l'utilizzo di 700 mq. di spiaggia che si sviluppa per 35 metri sul fronte mare.

Per finanziare l’acquisto di attrezzature sanitarie, il direttore delle Molinette il 7 luglio del 2000 decide di vendere l’intera proprietà stimata dal professionista incaricato in lire 1.717.000.000, un valore bassissimo (il fabbricato a lire 2.600.000 al mq.!) per l’esistenza, è scritto nella stima, del vincolo di destinazione a colonia. Immediatamente dopo, la perizia di stima è stata inviata alla Regione, la quale il 1° agosto autorizza l’alienazione. Il 5 dicembre 2001 il direttore delle Molinette delibera la vendita dell’immobile all’unico partecipante all’asta che offre lire 1.545.500.000. Nell’attesa della stipula dell’atto notarile la ditta versa la cauzione all’A.S.O

Dopo la richiesta della GGIL Molinette di verificare le procedure per la vendita della colonia, la Commissione ha compiuto alcuni approfondimenti anche attraverso un esame del piano regolatore del Comune di Finale scoprendo che l'edificio può essere destinato a residenza e che non esiste nessun vincolo di destinazione a colonia. La Commissione ha quindi informato il Commissario delle Molinette il quale ha deciso di non procedere più alla stipula del contratto di compravendita. L’intervento della Commissione ha evitato che un bene pubblico venisse venduto ad un terzo del valore reale.

C’è da chiedersi: quali iniziative ha assunto la Regione dopo che la Commissione è riuscita a bloccare la vendita?

Il 30 novembre 1999 il Collegio dei revisori dei conti delle Molinette esamina la deliberazione n. 2935 del 7/9/99 concernente l’alienazione di due immobili ubicati nel comune di Torino, uno in corso Vittorio e l’altro in Via Bellezia, per un valore di lire 5.800.000.000. Rileva la mancanza dell’autorizzazione regionale alla vendita, l’improprio ricorso alla trattativa privata, la grande differenza tra il prezzo indicato nel bando e quello ottenuto e decide di rivolgersi alla Procura Regionale della Corte dei Conti. Tre giorni dopo, il direttore dell’azienda delibera di revocare la vendita e nello stesso momento restituisce la somma promissoria di lire 1.160.000.000 all’acquirente il quale, con grande magnanimità, si impegna a "nulla pretendere delle sue ragioni". L’azione di vigilanza della Regione è stata "fulminea": a partire dal 10 dicembre 1999 gli uffici dell’assessorato alla sanità, l’Aress e l’Assessore si scrivono preoccupate lettere formali, si scambiano cordiali saluti ignorando che la delibera di vendita era già stata revocata. Perché non sono state mai assunte iniziative di contestazione nei confronti del direttore generale dell’ASO? Contestazioni sicuramente dovute anche perché uno degli immobili, quello di corso Vittorio, stava per essere venduto a lire 4.850.000.000, e successivamente, dopo la revoca della gara e l’indizione di una nuova, è stato venduto a lire 6.618.000.000.

Queste vicende delle vendite bloccate, così come quella dell’alienazione di una proprietà a Torino dell’ASL 21 di Casale Monferrato e altre sempre sollevate dai revisori dei conti in questi anni destano preoccupanti interrogativi sulle stime e sulla mancanza totale di controlli da parte della Regione.

 

 

8. LE ALIENAZIONI IMMOBILIARI

 

Si tratta di un capitolo molto consistente dell’attività delle Asl e delle Aso piemontesi che nel corso degli ultimi anni hanno intensificato la vendita del loro patrimonio.

In quale contesto di programmazione generale è difficile dirlo, dal momento che le decisioni di alienazione non risultano inserite in una strategia di valorizzazione e gestione dell'ingente patrimonio di cui la Regione Piemonte non conosce neppure il valore reale.

Risale infatti al 10 dicembre dello scorso anno una deliberazione della Giunta regionale che affida all’Aress l’incarico, che non è stato ancora svolto, per la valutazione del patrimonio immobiliare disponibile delle aziende sanitarie regionali. Un incarico che si aggiunge a tanti altri simili assegnati negli anni da ASR e Regione che a quanto pare sono serviti a nulla.

Accanto alla mancanza di strategia complessiva sulla gestione del patrimonio immobiliare, l’altro dato che emerge immediatamente si riferisce alla destinazione degli introiti: con una semplificazione, si potrebbe dire che la sanità del Piemonte è come una nobildonna decaduta che si è venduta i gioielli di famiglia per pagare i debiti. Al di là delle semplificazioni, si evince dal quadro delle alienazioni che moltissime Asl ed Aso hanno chiesto e sempre ottenuto dalla Regione Piemonte di vendere cascine, terreni, case, palazzi, garage, perfino un cinema ed una stazione della funivia, ma anche quadri, mobili e beni artistici (per i quali è stato anche richiesto il permesso alla Soprintendenza) per finanziare la spesa corrente. Hanno venduto patrimonio per l’acquisto di computer, di automobili, di arredi per alcuni reparti, per attrezzature mediche, infine dichiaratamente (le Molinette soprattutto!) per colmare il deficit di bilancio.

Da notare che la formula di rito che ogni determinazione dirigenziale di autorizzazione all’azienda ad alienare contiene è la seguente: l’alienazione di cui trattasi è conforme alla programmazione a livello aziendale e regionale. Una frase impegnativa a fronte di certe scelte delle Asl, quasi che sia la programmazione regionale a prevedere la vendita dei beni immobili per l’acquisto di beni destinati in breve tempo alla sostituzione, quali computer o le Fiat Panda.

Quasi mai – a parte alcuni casi eclatanti – si registra la richiesta della Regione Piemonte di approfondimenti e mai si assiste al diniego a fronte della conclamata intenzione delle aziende sanitarie di finanziare spesa corrente o coprire il deficit di bilancio.

Vediamo nel dettaglio la situazione delle alienazioni come emerge dall’avvio di questa legislatura regionale ad oggi: dal giugno 2000 al settembre 2002 le operazioni collegate alla smobilizzo e alla vendita di patrimonio delle Asl e Aso in Piemonte sono state circa 105 per un introito complessivo derivante alle casse delle aziende dai beni alienati pari a circa 150 miliardi di vecchie lire.

Nel dettaglio, nel secondo semestre del 2000 gli uffici della Regione hanno autorizzato 28 operazione relative al patrimonio delle varie Asl, 45 nel corso dell’anno 2001, 27 operazioni a fine agosto dell’anno in corso. Si tratta in molti casi di operazioni di trasformazione del patrimonio da indisponibile a disponibile e di contestuale alienazione. E’ preoccupante che la Regione autorizzi le vendite senza conoscere la redditività degli immobili, le destinazioni urbanistiche e i motivi per cui un’azienda decide di vendere un immobile rispetto ad un altro. E’ grave che le autorizzazioni siano identici atti formali che si limitano a richiamare burocratiche lettere tra uffici regionali, leggi, circolari, decreti senza mai entrare nel merito delle stime.

Sostanzialmente, la Regione ha rinunciato alla vigilanza nel settore patrimoniale. Le vendite bloccate della colonia di Finale e dell’edificio di corso Vittorio indicano che questa rinuncia ha determinato un danno economico e non è per nulla escluso che si sia determinato anche per altre alienazioni autorizzate con preoccupanti irresponsabilità. E’ grave inoltre che la Regione non abbia mai fornito indirizzi vincolanti alle ASR per la valorizzazione del patrimonio, che è requisito essenziale per una eventuale futura alienazione. Ciò ha favorito, e favorisce, la svendita del patrimonio, che è stata anche incentivata dall’obbligo imposto dalla Regione alle ASR di raggiungere impossibili e solo virtuali pareggi di bilancio e dal mancato finanziamento di investimenti nel settore sanitario e tra questi quelli per la messa a norma degli ospedali.

Alcuni casi

Particolarmente interessanti i casi delle Asl che vendono immobili perché devono completare la costruzione di nuovi ospedali, molto pubblicizzati dalla Giunta Regionale. L’Asl 19 di Asti lo scorso anno si rende conto che il budget necessario per il costruendo nuovo Ospedale era stato sottostimato perché non ci sono i soldi per gli arredi e le attrezzature: con tre determinazioni (la prima dell’ottobre 2001 e le ultime due recentissime, del 6 settembre 2002) la Regione Piemonte autorizza l’Asl a vendere una casa con capannone e due immobili in città per complessivi 4 miliardi di lire e dichiara che rientra nella programmazione regionale la destinazione della somma per "acquisto delle attrezzature occorrenti al completo allestimento del nuovo ospedale di Asti". Di immobili l’ASL ne dovrà vendere ancora tanti considerato che nel progetto approvato dalla Regione il valore delle attrezzature era stato quantificato in 25 miliardi e ora si "scopre" che ne occorrono ancora 65. Quali iniziative sono state assunte nei confronti dei progettisti che hanno sottostimato i lavori, del direttore dell’ASL che ha approvato il progetto, degli uffici regionali e del Crop che hanno verificato il progetto ed espresso congruità sull’importo dei lavori?

Qualcosa di simile succede anche a Biella, perché nel giugno scorso la Regione ha autorizzato l’Asl 12 a disfarsi di un immobile a Vigliano Biellese (cento milioni di lire circa) per completare l’adeguamento normativo dell’impianto gas-medicali del nuovo ospedale.

E così anche a Mondovì, dove l’Asl 16 all’inizio del 2001 è stata autorizzata ad alienare patrimonio per la somma di 15 miliardi e mezzo per costruire il nuovo ospedale; oppure all’Asl 11 di Vercelli che alienerà beni per quasi 7 miliardi per finanziare una quota del nuovo presìdio di Borgosesia.

Nella classifica delle Asl e delle Aso che svendono per pagare i debiti di bilancio, al primo posto figura sicuramente l’Aso Molinette che comincia ad alienare nell’estate 2001 con la dichiarata intenzione di coprire il suo disavanzo. Sono tre in particolare le richieste alla Regione Piemonte in questo senso nei mesi di giugno, ottobre e novembre dello scorso anno per circa 4 miliardi di lire. Nel dicembre 2001 anche il CTO chiede di vendere un immobile a Gassino Torinese per oltre mezzo miliardo di lire a causa di perdite d’esercizio. L’ultimo esempio in ordine di tempo è invece quello dell’Asl 14 di Omegna che proprio il 6 settembre scorso ha ottenuto dalla Regione Piemonte il permesso di vendere "l’ex Preventorio di Cannobio" per un valore di 6 miliardi e 200 milioni di lire ed un terreno limitrofo per altri 40 milioni di lire per "finanziare la spesa corrente degli ospedali di Verbania e Domodossola e per pagare la quota di mutuo che verrà posta a carico dell’azienda per il pagamento delle perdite degli esercizi pregressi in conformità con quanto concordato con la Regione Piemonte nel contratto per il piano di attività dell’anno 2002". In particolare – data l’estrema attualità del caso nazionale collegato al reparto Ostetricia di Domodossola - vale la pena di segnalare che nella motivazione per la destinazione della somma si precisa anche che il finanziamento del mantenimento della situazione attuale nei presìdi di Verbania e Domodossola sarà valido "fino a quando non sarà possibile procedere agli accorpamenti dei reparti doppi di concerto con l’assessorato regionale alla sanità, che consentiranno di portare in equilibrio la gestione". Come se la colpa del deficit dell’Asl 14 fosse tutta da attribuire al reparto di ostetricia di Domodossola, definito "doppio". Le mamme di Domodossola sono avvisate!

Molte anche le curiosità degne di nota: il S. Anna richiede nel maggio 2001 l’autorizzazione regionale all’alienazione di beni mobili il cui valore è stimato in 0 (zero) lire. La determina dirigenziale è complessa esattamente come quelle per alienazioni miliardarie e si spinge fino a precisare non solo che "l’importo è congruo" ma anche che "secondo la programmazione regionale è conforme investire il ricavato nell’acquisto di arredi per i primariati del S. Anna."

Il quadro delle alienazioni riserva comunque molte sorprese: c’è chi vende per ristrutturare, e questo è il caso della maggior parte delle Asl, ma anche chi, come l’Asl 17 di Savigliano, ha chiesto il permesso alla Soprintendenza ai beni artistici e storici di Torino per vendere non meglio precisati beni mobili (sicuramente pezzi artistici) e con il ricavato si è comprata computer ed attrezzature informatiche.

C’è poi il caso dell’Aso di Novara che compra di tutto un po’: ha venduto parte del podere di Nibbiola per acquistare un’autovettura destinata – guarda caso - all’Ufficio gestione immobili da reddito, ha venduto terreni a Garbagna (8 milioni il valore) per comperare un computer per disegno CAD e poi ha alienato i terreni del Fondo Boscaccio per un valore di ben 12 miliardi di lire: di questa somma, 1 miliardo e 200 milioni sarà spesa per pagare l’Invim e le spese di alienazione, altri 7 miliardi sono stati destinati al completamento del progetto sull’Aids (finanziato però da una legge statale!), il rimanente miliardo e mezzo è servito per ristrutturare la clinica odontoiatrica. E c’è infine qualche Asl che ha dovuto vendere per comperarsi un ecografo oppure un’ambulanza.

 

 

9. LE CONSULENZE DELLA GIUNTA REGIONALE

La Commissione ha censito le consulenze in materia sanitaria affidate dalla Giunta sia direttamente, sia indirettamente attraverso l’Aress. Dal loro esame si evince una ingiustificata crescita dei costi e modalità di assegnazione degli incarichi non dissimili da quelli adottati dai direttori delle ASR che, come si è visto precedentemente, sono state ripetutamente contestate dai collegi sindacali e, paradossalmente, anche dalla stessa amministrazione regionale con la circolare del 16 luglio 2001.

Le consulenze per l’esame dei bilanci delle Asl

Tra le numerose consulenze, una parte rilevante è destinata alle spese per l’esame e la verifica dei bilanci delle aziende sanitarie. Gli incarichi - dall’estate 1999 al dicembre 2001 – ammontano a lire 926.559.200. I consulenti sono sostanzialmente due: Roberto Seymandi e Pitagora s.r.l.

Le consulenze informatiche

L’Assessorato alla Sanità non ha fornito l’elenco delle consulenze relative all’informatica. Essendo queste consulenze rilevanti, sono state ricostruite esaminando le deliberazioni dall’inizio della VII legislatura regionale ad oggi.

Ad una prima lettura emerge il consistente aumento della spesa per le consulenze e gli incarichi di natura informatica, affidati pressoché interamente al CSI. Le voci di spesa più importanti riguardano:

  1. gestione ed implementazione del sistema informativo sanitario regionale:
  2. nel 2000 la spesa totale è stata di circa 10 miliardi di lire; nel 2001 di 11 miliardi e 185 milioni; nel 2002, se non ci saranno successive sanatorie, la spesa sarà di 11 miliardi e 800 milioni;

  3. monitoraggio dei costi di produzione delle prestazioni sanitarie:
  4. la spesa è passata da 411 milioni di lire del 2000 a 1 miliardo e 865 milioni del 2001;

  5. informatizzazione dei medici di medicina generale e di teleprenotazione:
  6. nel 2000 il CSI ha avuto incarico sia per l’implementazione di questo servizio (108 milioni) sia per il "centro servizi di supporto all’informatizzazione dei medici di medicina generale" (oltre 478 milioni di lire); nel 2001 la spesa per il "progetto informatizzazione dei medici di medicina generale e teleprenotazione" è stata di lire 1.865.000.000 ed è pressoché quintuplicata (2.171.000.000) la spesa per il "centro servizi di supporto all’informatizzazione dei medici di medicina generale".

     

  7. progetto degli indicatori sanitari:

si è passati da una spesa di 90 milioni di lire nel maggio 2000, ad una spesa di oltre 236 milioni di lire nel maggio 2002

E’ noto che i costosi progetti di informatizzazione dei medici e di teleprenotazione non sono ancora decollati (si segnalano a questo proposito i recenti appunti del sindacato dei medici di medicina generale all’Assessorato). Inoltre, su questi progetti va richiamata la vicenda ormai annosa collegata alla RTP, una società partecipata della Regione Piemonte che già nella precedente legislatura venne ripetutamente ricapitalizzata per la realizzazione del progetto di informatizzazione dei medici di base ora affidato al CSI.

Perplessità emergono anche per gli altri costosi progetti di informatizzazione. Forse hanno consentito di creare sofisticati sistemi informativi e complessi indicatori sanitari che o non sono utili, o non sono stati utilizzati per il controllo della gestione e della spesa sanitaria.

Incarichi curiosi

Il ruolo dell’ARESS, l’Agenzia regionale per i servizi sanitari

Per considerare nella sua complessità il quadro delle consulenze assegnate dalla Giunta regionale, occorre anche tenere conto della presenza dell’Aress, l’Agenzia per i servizi sanitari, e dei suoi costi di funzionamento. La prima considerazione che emerge è il fallimento dell’obbiettivo fissato nel 1998 con l’istituzione dell’Aress: ridurre le consulenze. In data 11 febbraio 1998 durante il dibattito in Aula per l’esame del disegno di legge che dava vita all’Aress, l’Agenzia regionale per i servizi sanitari, l’assessore D’Ambrosio dichiarava testualmente: "…ritengo pertanto di estrema importanza strategica per il servizio sanitario regionale l’istituzione dell’Agenzia, proprio perché oggi ci troviamo di fronte ad un sistema ancora monco. Del resto la necessità di un supporto tecnico è dimostrata dal numero di consulenti esterni cui tutti gli assessori alla sanità, di qualsiasi appartenenza politica, hanno fatto ricorso negli anni passati ed ancora oggi…… Con l’istituzione dell’Agenzia le professionalità di supporto verranno strutturate in un ente unico e razionalizzate sia tra loro che con gli uffici dell’Assessorato. Lo stesso meccanismo dovrà scattare sul versante delle Aziende sanitarie che, avvalendosi dell’Agenzia, potranno razionalizzare le numerose consulenze che periodicamente vengono attivate…".

Accanto all’evidente constatazione che la nascita e l’avvio dell’attività dell’Aress non ha assolutamente portato né ad una riduzione né ad una razionalizzazione delle consulenze esterne degli uffici dell’Assessorato o delle varie Aziende sanitarie, si rileva in modo altrettanto chiaro il persistere della sovrapposizione di competenze fra l’Aress e le direzioni dell’assessorato regionale alla sanità.

Tra le consulenze assegnate dall’Aress per conto della Giunta regionale si notano tra le altre quelle per gli studi di fattibilità per la realizzazione dei nuovi ospedali di Novara, del Vco e di Santena. La legge istitutiva dell’Aress non prevede che l’Agenzia possa svolgere studi di fattibilità per nuovi presìdi ospedalieri. Può invece redigere, ai fini della relazione del Piano sanitario, studi su una nuova organizzazione dell’offerta ospedaliera. In ogni caso, non appare corretto fare assumere all’Aress la funzione di "propagandista" di studi prima che la Giunta e il Consiglio li abbiano valutati e fatti propri attraverso una verifica della compatibilità con le risorse regionali, cioè con i bilanci pluriennali.

 

10. L’ATTIVITA’ DELLE COMMISSIONI DI VIGILANZA PRESSO I PRESIDI SOCIO-ASSISTENZIALI RESIDENZIALI

 

A campione, la Commissione ha esaminato il materiale relativo alle Commissioni di vigilanza sulle istituzioni e i presidi socio assistenziali delle Asl 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 12 e 21. L’esame è avvenuto sulla base della normativa di settore (legge regionale 13 aprile 1995, n. 62; DGR n.124/18354 del 14 aprile 1997; DGR n.124/18354 del 14 aprile 1997).

L’approfondimento è stato orientato non tanto ai singoli casi per individuare strutture particolarmente "a rischio", quanto a rilevare: il numero di controlli rispetto al totale dei presìdi in capo alle singole Aziende Sanitarie, la loro frequenza, le motivazioni dei sopralluoghi, gli effetti provocati dai rilievi mossi e l’oggetto dell’attività di vigilanza

Il numero dei sopralluoghi. Asl 8: 10 sopralluoghi nel 2001 a fronte di oltre 100 presìdi; Asl 5: 40 sopralluoghi a fronte di oltre 90 presìdi; Asl 10: 19 sopralluoghi per un centinaio di presìdi; Asl 21: 8 sopralluoghi su poco meno di ottanta presìdi. Una frequenza così diversificata per ASL determina un interrogativo: l’attività delle Commissioni di vigilanza è un’attività di routine o sistematica?

La ragione dei sopralluoghi. La maggiore quantità è stata svolta a seguito delle domande per nuove autorizzazioni (o di modifica delle stesse). Spesso le motivazioni dei sopralluoghi non sono esplicitate. Alcuni sopralluoghi sono avvenuti dopo iniziative di controllo dei Nas, o dei Carabinieri o su segnalazione di parenti degli ospiti.

Gli effetti dei sopralluoghi. Il materiale esaminato per la sua "opacità" non consente di comprenderli. Infatti, ad eccezione della Commissione di Vigilanza dell’Asl 12, che dà conto anche dell’intero iter di controllo e delle richieste di documentazione mosse ai gestori dei presìdi (tanto che è possibile nel corso degli anni verificare il progress di adempimento alle prescrizioni), nelle altre Asl tutto questo non è ricavabile. Si segnala inoltre che nei casi in cui la Commissione di Vigilanza ha prescritto la sospensione dell’autorizzazione al funzionamento del presidio, non è chiaro se essa sia stata poi attivata, anche perché si nota che a distanza di tempo la Commissione si reca nuovamente nella stessa struttura.

Oggetto dei controlli. Prevalentemente sono stati indirizzati all’applicazione della normativa regionale, alle verifica cioè dei requisiti strutturali, economico-amministrativi, organizzativi, igienico-sanitari. Soltanto nell’ASL 5 sono state anche fatte valutazioni sulla qualità della vita degli ospiti, sull’esistenza di attività ricreative e di rianimazione. Le inadempienze riscontrate fanno riferimento a requisiti strutturali, al personale (possesso dei requisiti, qualificazione professionale, quantità) e in maniera diffusa ad inadempienze tipicamente sanitarie, come la conservazione e la somministrazione dei farmaci o la non adozione di protocolli sanitari adeguati (ad esempio a fronte di casi di scabbia o di decubito) o l’utilizzo di pratiche non consentite (come lo schizzetto per l’alimentazione) e, ancora, alla non adeguata assistenza ai casi psichiatrici.

Tutte queste informazioni, anche se riguardano solo un campione di aziende, sono sufficienti per esprimere forti dubbi sull’utilità ed efficacia dell’attuale sistema di controllo e di vigilanza:

  1. è utile, oltre che accettabile, un’attività di vigilanza che raggiunge, raramente, il 20% dei presìdi?
  2. è utile ed efficiente un’attività volta prevalentemente alla verifica dei requisiti per il rilascio di nuove autorizzazioni e che trascura il controllo e la vigilanza?
  3. ha senso che nelle commissioni di vigilanza, le quali vengono istituite dalle aziende sanitarie, non siano previsti rappresentanti degli enti locali e dei famigliari degli ospiti delle strutture?

CONCLUSIONI

Per il periodo preso in esame, è mancata un’attività di controllo dell’amministrazione regionale sulla gestione delle ASR.

La Regione possedeva informazioni, elementi e dati per poterla esercitare, ma ha volontariamente rinunciato. Ha così incentivato, anziché reprimere, diffusi comportamenti amministrativi non sempre coerenti con l’ordinamento della pubblica amministrazione e conseguentemente sprechi di risorse - fatti emergere dall’indagine della magistratura sulle Molinette - che hanno contribuito alla crescita della spesa sanitaria. I verbali dei revisori dei conti, l’esame delle procedure per la fornitura di beni e servizi, le motivazioni con cui sono stati decisi l’istituzione di nuovi primariati e la gestione del patrimonio, indicano che nella gestione non esiste una particolarità dell’ASO san Giovanni Battista.

Esiste invece una gerarchia di direttori dimostrata, ad esempio, dalla distribuzione delle risorse regionali tra le ASR e dall’avvio di appalti di opere pubbliche senza la totale copertura finanziaria.

Il processo di aziendalizzazione nelle ASR piemontesi che avrebbe dovuto introdurre elementi privatistici nella gestione è molto in ritardo. In numerose ASR il maggior potere gestionale di cui dispongono i direttori è stato utilizzato non per superare i noti limiti burocratici della pubblica amministrazione, ma spesso per rendere meno trasparenti i processi decisionali. La Regione ha contribuito a rallentare l’aziendalizzazione perché centralizzando alcune decisioni, ad esempio in materia di predisposizione di bilanci e di puntuali scelte organizzative e richiedendo l’osservanza di obbiettivi irrealizzabili, tra l’altro mai verificati nella sostanza, ha di fatto contribuito a deresponsabilizzare i direttori.

Non so quali decisioni saranno assunte dal Consiglio Regionale per porre rimedio alle evidenti e documentate distorsioni che la Commissione ha evidenziato. Constatato con soddisfazione che il lavoro compiuto non è mai stato contestato nel merito: né dai singoli Commissari (si vedano i verbali), né dalla Giunta regionale, né dai numerosi soggetti chiamati in causa, con l’unica eccezione di un funzionario regionale, di un provveditore di un’azienda sanitaria e di due primari.

Le critiche sono state tutte d’ordine politico nei miei confronti per non aver garantito la riservatezza delle indagini che, ricordo, non è stata mai decisa in Commissione. In ogni caso sarebbe stato difficile garantirla non solo perché la Commissione ha lavorato sempre su atti pubblici, che qualunque cittadino può consultare ed avere in copia, ma soprattutto perché l’attività della Commissione si è svolta in un periodo di forte tensione dei rapporti politici, anche all’interno della maggioranza, e sarebbe stato comunque impossibile imporre riservatezza a tutti e 31 i commissari.

L’istituzione della Commissione e la sostanziale pubblicità dei suoi lavori si è rilevata un buona sollecitazione alla Giunta regionale e alle Aziende sanitarie per tentare risposte alle questioni sollevate. Esempi: la Giunta ha istituito un nucleo di controllo sull’attività contrattuale; non pochi direttori hanno fermato le selezioni per la nomina di primari; i verbali dei revisori dei conti sono letti con un po’ di attenzione in più; qualche timida decisione inizia ad essere assunta per rimediare al sottoutilizzo delle emodinamiche causato da una loro irrazionale diffusione, etc.

Un’ulteriore conferma che il lavoro della Commissione è stato utile si trova nella delibera della Giunta regionale dell’8 luglio 2002 "definizione dei budget e azioni per il recupero di efficienza gestionale delle aziende sanitarie regionali nell’anno 2002" laddove si riportano anche letteralmente alcuni dei problemi da noi sollevati: diseconomie negli acquisti di beni e servizi, eccesso di consulenze che non valorizzano le potenzialità interne alle aziende, sovrapposizioni di funzioni sanitarie, inefficienza nell’offerta sanitaria.

La speranza è che il lavoro che viene oggi consegnato al Consiglio regionale consenta di trarre elementi per avviare nuova fase della politica sanitaria piemontese che sia caratterizzata – come auspico – da una grande attenzione ai problemi della gestione e da comportamenti rigorosi e coerenti.

Così si può contribuire, anche se parzialmente, alla soluzione del grande problema della sostenibilità finanziaria del sistema sanitario che deve continuare a garantire a tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito, cure appropriate e di qualità.

 

 

Antonio Saitta