Nulla è comparabile alla bellezza e alla difficoltà di una buona registrazione dei Capricci di Niccolò Paganini per violino solo. E tantomeno un sintetizzatore può eguagliare l’espressività di un violino vero. L’intento di questo album è un altro: esplorare le infinite possibili variazioni delle composizioni regalateci dal genio del violinista genovese grazie alle caratteristiche uniche dei sintetizzatori. Nessuna nota in questo album è stata cambiata dagli spartiti originali per violino, naturalmente invece sono stati variati i suoni a seconda dei brani e dei vari passaggi a volte tenendo conto delle indicazioni della partitura originale (come per esempio nel Capriccio n. 9 in cui il Maestro indica sulla spartito “imitando il flauto” e “imitando il corno”), altre volte moltiplicando le voci e variando i timbri.
Il tempo è stato rispettato, spesso all’ascolto al synth le composizioni sembrano più veloci ma in realtà i violinisti che ho usato come riferimento a volte sono più veloci delle macchine. Naturalmente i leggeri cambi di tempo interpretativi qui non sono quasi mai presenti per la struttura stessa delle trascrizioni al synth ed una scelta esecutiva. Parimenti l’eccezionale difficoltà che un violinista incontra quando affronta I Capricci non sono qui un tema di confronto ma nell’esecuzione si è privilegiata la parte melodico-armonica e le possibilità che offre ampliarne le voci e variarne i colori.
Per questa registrazione sono state usate diverse decine di sintetizzatori privilegiando soprattutto il Minimoog, l’Arp 2600 e il Moog Modular. Il riferimento per questo album sono infatti gli innovativi (per l’epoca) dischi pubblicati nel 1968 e 1969 da Wendy Carlos “Switched-on Bach” e “The Well-Tempered Synthesizer” in cui venivano usati questi strumenti. Quegli album, agli albori della musica elettronica, dimostrarono come fosse suggestivo e per certi versi anche educativo e stimolante rileggere le composizioni classiche adattandole a macchine allora all’avanguardia ed oggi ormai datate. Adesso è infatti possibile eseguire composizioni classiche avvicinandosi molto ai suoni degli strumenti originali grazie alla campionatura sempre più fedele, anche se la differenza è ancora grande. Ma se per un clarino o un oboe i risultati sono quantomeno lusinghieri, imitare il violino è forse la sfida più difficile. In questi brani non è mai stato usato un suono di violino proprio per non invadere un campo che va rispettato.
Questa non è una esecuzione classica ma la ricostruzione di un’idea armonica e melodica che porta in luoghi sonori dove non andremmo mai senza questo modus operandi.
Naturalmente tutto quanto suona un po’ démodé ma il mio intento era tornare in una dimensione sonora per me affascinante, quando i sintetizzatori costavano come una fuoriserie e tutta la musica elettronica doveva essere inventata o stava per esserlo. E ogni disco di questo tipo sembrava fantascienza.
La scelta di Paganini è stata dettato dal caso. Mentre stavo registrando il Concerto di Capodanno provai a trascrivere il Capriccio n.7 e subito mi accorsi che tradurre il violino col synth e moltiplicarne le voci funzionava, almeno a me piaceva, perchè da una linea melodica unica, anche se complessa e virtuosistica, si andava in un territorio dove nascevano ad ogni pagina diverse idee, segno questo del talento compositivo di Paganini… ma questo lo si sa...
Un conto però è saperlo, un altro conto è invece entrare dentro questo mondo e aprirne le porte con un synth.
Molto divertente.