Marco Guido Corsini
Manuale di Studi Veterotestamentari
(come interpretare il più antico corpus di testi
prodotto da una civiltà araba)
26 Maggio 2013 – Tutti i diritti riservati
Il recupero della storia del
Vicino Oriente antico fu stimolato dagli studi biblici e da autori come
Erodoto, Diodoro, Ctesia, Strabone, e divenne scienza soprattutto dopo la traduzione delle
tavolette d’argilla cuneiformi trovate nei palazzi, particolarmente
dapprima nella biblioteca del palazzo di Assurbanipal a Ninive, costituita da
ben cinquantamila tavolette. Grazie alla decifrazione dapprima della cuneiforme
persiana da parte di H. C. Rawlinson (1846), e poi della enormemente più
complessa cuneiforme assiro-babilonese
(soprattutto da parte di Rawlinson e J. Oppert, entro il 1857), e del contributo di numerosi altri studiosi
europei, G. Smith, assistente della sezione egizio-assira del British Museum di
Londra, era già in grado di identificare, fra le tavolette provenienti dal
palazzo di Assurbanipal (669-
Secondo una scuola di pensiero
più pericolosa che semplicistica, la
tradizione contiene sempre un nucleo di verità (quando ero ragazzo andavano di
moda libri del tipo:
J. Wellhausen tirò le somme degli
studi dei suoi predecessori in modo scientificamente organico, e perciò è
giustamente considerato il fondatore della scienza veterotestamentaria.
Nel 1882, a causa delle contestazioni di carattere religioso che la sua
teoria causava, lasciò la cattedra di Greifswald. Il lavoro in cui pubblica la
cosiddetta ipotesi documentaria, Storia israelitica e giudaica, è
del 1894. La carriera della Bibbia come documento storico, appena
iniziata, era già finita!
Vi sono quattro codici: E
Elohista (dal nome impiegato per indicare Dio, ebr. El, Eloah, Elohim, aramaico
Elah, siriaco Alah, da cui io suppongo al-Alah > Allah, “il (vero)
Dio” dell’Islam), D Deuteronomio (questo codice è a se
stante e infatti costituisce un libro distinto del Pentateuco, senza elementi
in comune con le altre tre fonti, come osservò W. M. L. De Wette nella
sua tesi di dottorato; al tempo della redazione finale fu posto alla fine del
Pentateuco come raccordo con la successiva storia deuteronomistica fino a 2
Re), J Jahveista (dal nome Jahveh, tradotto Signore, per
distinguerlo dal Dio elohista) e P dal tedesco Priesterlich, o
Priestercodex, cioè codice Sacerdotale, formalmente elohista ma intimamente
jahveista, che costituisce da solo circa la metà del Pentateuco e oltre a
replicare alcune storie di E e J contiene soprattutto un enorme corpus di leggi
nell’intero Levitico e circa trenta capitoli dell’Esodo e dei
Numeri. A ciò dobbiamo aggiungere R,
il Redattore finale, che ha dato la sistemazione finale facendo iniziare tutti
i libri con passi del Sacerdotale (il Levitico è tutto sacerdotale), e
utilizzando liste genealogiche e altri espedienti come
raccordo. L’ordine
in cui ho messo questi documenti esprime quel che penso circa la loro
cronologia e sacerdozio di appartenenza. Secondo me è chiaro come il Sole che
solo un documento è veramente anteriore
alla fine del regno nordista di Israele (
E’ certamente utile
all’interprete, in prima
approssimazione, la spia dell’appartenenza dei documenti all’uno o
all’altro sacerdozio in base alla comparsa dei nomi divini Elohim e Jahveh
e rispettivamente Oreb/Sinai e Ietro/Reuel come nomi del monte su cui
Mosè salì per ricevere
E’ paradigmatico il sacrificio di Isacco.
I musiti/leviti ebbero il potere per primi non solo al tempo del cosiddetto primo tempio (che per me resta ancora non identificato, soprattutto ora che ritengo di identificare Salomone, un falso assoluto, col faraone libico Sheshonq), ma anche subito dopo il rientro dall’Egitto a Gerusalemme (ciò che alcuni ignorano o fanno finta di ignorare). Viceversa gli aronniti esuli a Babilonia rientrarono solo verso la fine del V secolo, portandosi dietro una tradizione scritta a tavolino nelle biblioteche babilonesi, ispirata, ma in contrapposizione, a quella israelita.
Dopo le guerre
reciproche (perché secondo me i musiti/leviti tornarono al potere coi Maccabei
nel II secolo a. C.) a colpi di penna e perfino di forbici realizzati
degli aronniti nella tradizione opposta, non è facile ricostruire la
storia originale dei musiti/leviti, ma una buona guida è fornita alla fine del
libro di R. E. Friedman, Chi ha
scritto
Il sacrificio di Isacco
compare in un testo originariamente elohista (il quale menzionava Elohim). Questo
testo è stato palesemente rimaneggiato
inserendovi il nome Jahveh, che ferma la mano di Abramo, che sacrificherà al
posto di Isacco un ariete: « così arrivarono al luogo che Elohim gli aveva
indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio
Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello
per immolare suo figlio. (Ma l’angelo di Jahveh lo chiamò dal
cielo e gli disse: “Abramo, Abramo! “ Rispose: “Eccomi!” L’angelo
disse: “ Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male!)
Ora so che temi Elohim e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico
figlio. ” Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete… (Gen 22, 9-13)… Poi Abramo tornò [da
solo!] dai suoi servi… Gli anni della vita di Sara furono
centoventisette; questi furono gli anni della vita di Sara… » Gen. 22, 19 e 23, 1ss). E’ evidente
che nella prima stesura elohista Abramo tornava a casa da solo dopo aver
sacrificato Isacco e, poco tempo dopo, come conseguenza immediata, Sara moriva
di crepacuore. Nonostante il ritocco nella prima parte, lo scriba aronnita non
operò ugualmente un ritocco nella seconda parte, quando scrisse intorno al
Avevo annotato che Friedman
registra il patto di Jahvè con Abramo in Genesi 15 (Transeufratene, dal Nilo
all’Eufrate = Arabia) e quello di Elohim con Abramo in Genesi
Abbiamo dunque fissato anche un altro concetto, quello della contrapposizione degli aronniti ultimi arrivati, razzisti e xenofobi, soprattutto antiarabi (pur essendo essi stessi arabi per cultura originaria), e gli arabi israeliti con cui nasce la civiltà ebraica elohista degli Hyksos che erano già stabiliti in Canaan, e da qui penetrarono nel delta orientale (Goshen) egizio, e una volta cacciati dall’Egitto tornarono in Canaan, i cui discendenti Cananei, Aramei, Fenici, Israeliti, chiamarono il loro dio genericamente Baal, “Signore”, (anche Seth/Tifone, il tornado, il fallo del Toro celeste che fende e feconda la steppa) e successivamente genericamente “dio”, El, Eloah, Elohim, siriaco Alah, al-Alah > Allah (in genere a capo di un pantheon se non venerato come dio unico). Per essere precisi El è a capo del pantheon ugaritico come “creatore delle creature”, “padre dell’uomo”, “toro El”, il che giustifica la stessa immagine di El come vero e proprio dio Toro o Vitello (si focalizzi sul crescente della Luna richiamato dalle corna del toro).
C’era un passo della storia
di Noè che non riuscivo a comprendere bene, quello in cui questo rappresentante
degli illiro-traco-armeni intorno al Mar Nero che ritengo responsabili della
seconda stratificazione ebraica (l’unica che possa aver introdotto in
Palestina l’ario Jahveh) al tempo dell’esondazione fra XIV e XIII
secolo, fu trovato ubriaco e nudo dal figlio Cam/Khemet (l’egiziano) che
invece di coprirlo andò a riferire la cosa a Sem e Giapeto. Noè, maledisse
Canaan. Non tanto perché evidentemente lo stato di ubriachezza gli era normale,
ma soprattutto perché questa figura poco raccomandabile era frutto delle
farneticazioni aronnite (solo gli aronniti scrissero una storia completamente
inventata dalla crazione dell’universo e da Adamo a Noè prediluviani e da
Sem (Cam e Giapeto) a Abramo postdiluviani, nei codici J e P di cui abbiamo
detto). Insomma la morale era che Cam/Khemet/Egitto era colpevole per aver
ospitato Canaan/Hyksos che automaticamente era considerato suo figlio, mentre
Canaan/Hyksos/Israele era entrato in
Egitto da semitico e oppressore e da semitico ne era uscito, cacciato via.
Ancora qui, sottilmente e perfidamente, gli aronniti liquidano i loro avversari
religiosi arabi come popolo straniero da tenere alla larga. Gli Arabi occupano
tutta
Anche se il codice E non inizia oggi fin da Abramo, ciò non
significa che in origine non lo facesse.
Certamente l’Abramo israelita era fin dall’inizio un
autentico sceicco della steppa in sintonia con quanto ho sopra esposto. Gli
‘Amu, gli Asiatici (“Abramo”), alla fine del III millennio
penetrano in Egitto in cerca di cibo per sé e per il loro bestiame, occupando
il delta. Al tempo della XIII dinastia, intorno al 1700, troviamo un faraone Horneigheritef
“l’Asiatico” collegato con Ebla, preceduto da un Amenhemet VI
“Ameny l’Asiatico”.
Asiatici che entrano in Egitto alla fine del III
millennio a. C.
Ho da tempo
dimostrato, sulla base della comparazione con la tradizione romana in lingua
“greca” di Atlantide (divenuta greca solo perché nel Lazio, a causa
di penetrazioni sabine la lingua si trasformo nel latino e dunque i barbari
illirico-traci-armeni penetrati in Grecia
ereditarono la lingua e la tradizione romana in Oriente; vedi il mio
lavoro Roma su questo sito) che Isacco/Frisso scompare di scena nel
Caucaso/Armenia/Colchide. E’ poi evidente che la figura di Isacco è
una scialba invenzione degli aronniti, in quanto non ha una sua storia
originale, bensì è un duplicato della storia di Giacobbe che cerca moglie da
Labano in Harran e di quella di Abramo che in seguito alla carestia
si reca dal filisteo Abimelech di Gerar. Dunque, per la corporazione dei
musiti/elohisti di Israele, Isacco è stato sacrificato ed è logico, perché
l’unica tradizione originaria era quella israelita e quella aronnita
un’impostura.
In qualche
modo abbiamo anticipato la questione dell’esodo dall’Egitto.
L’Antico Testamento è prima
di tutto la pubblicità del dio volta per volta portato avanti da questa o
quella corporazione di sacerdoti e della corporazione stessa, ma non
disinteressatamente (almeno per ciò che riguarda gli aronniti), come opererebbe
lo storico autentico, bensì al fine di acquisire e mantenere il potere sulla
banca/tempio di Gerusalemme, per cui ogni menzogna è autorizzata purché sia
credibile e creduta (in fondo noi occidentali conosciamo l’arabo come
furbo che proprio in quanto furbo viene apprezzato dai suoi connazionali), ed è
per ciò, per la verisimiglianza, che la a mio avviso tutto fuorché
“pia” frode dei furbi sacerdoti ha potuto campare a lungo, fino ai
nostri tempi moderni razionalisti, in cui numerose scienze sono disponibili per
smascherarla. Per quanto possa sembrare strano, la pubblicità preferita da
tutte e due le corporazioni dei musiti/leviti e degli aronniti, fu quella
del popolo proto-ebreo perseguitato dai popoli circostanti fino a che un
dio, il suo dio, lo libera dalla schiavitù facendolo uscire dall’Egitto.
Gli Israeliti del nord, discendenti di Giacobbe re-pastore (pastore non era
inteso originariamente come pastore di pecore, bensì come pastore di uomini,
re), narravano di essere stati cacciati dall’Egitto al tempo del faraone
(romano Ahmose), guidati da Mosè, nel
La tradizione
aronnita dell’esodo al tempo di Ramses II è completamente falsa, ma ha la
furbizia di riallacciarsi a quella degli
Hyksos/Israeliti, degli elohisti. Sostiene
che gli Israeliti/Hyksos venuti in Egitto con Giacobbe/Jahqub nel 1650
ca. siano rimasti in Egitto per 400 anni,
da ultimo schiavizzati da Ramses II per costruire le città di Atum e
Ramses. A questo punto, verso il
Che
l’esodo sia avvenuto intorno al
La stele dei 400 anni da Tanis eretta da Ramses II per
celebrare la fondazione del tempio di Seth ad Awaris, capitale degli Hyksos,
400 anni prima.
Per colmo di
arroganza gli aronniti tacevano il fatto che Ramses II venerava primo fra tutti
proprio il dio Seth, che era il suo dio di famiglia da generazioni e generazioni,
anche di sacerdoti, per cui non avrebbe mai cacciato i suoi correligionari
Hyksos (discendenti di Jahqub/Israele), adoratori di Seth. Come conseguenza di
quasta “pia” frode, gli aronniti spostarono l’esodo al
Facciamo il punto. La tradizione israelita abbia o meno avuto
una tradizione di padre in figlio, di sacerdote in sacerdote, coglieva nel
giusto, vedendosi come erede sul suolo di Canaan degli Hyksos e delle sue
divinità elohiste, tanto più che Geroboamo, primo re di Israele (successo al
poligamo Salomone che aveva mille fra mogli e concubine ed era perciò
politeista al massimo), diede al suo stato
un’impronta pacifista e internazionalista integrandolo
culturalmente e cultualmente in mezzo ai suoi vicini ex-Hyksos, Cananei,
Aramei, Fenici, adottando El (genericamente “dio”) come nome della divinità
nei santuari di Dan e Bet-el (casa del dio), da un capo all’altro di Israele, e ponendoli sotto
il controllo di un clero che nulla aveva a che fare coi forsennati sciamani del
Mar Nero di cui parlo solo io e nessun altro (men che meno
Però adesso comincio a credere
che gli Israeliti/Hyksos avessero davvero una tradizione antica per cui
ricordavano l’Esodo dal Mar Rosso. Ho dalla mia parte sia Erodoto che
Giustino, che scrisse sotto gli Antonini, fra II e III sec. d. C. Entrambi si
rifacevano ad una tradizione di Tiro (città fenicia, è vero, ma che sorgeva
sulle fondamenta dell’antica civiltà hyksos) secondo cui sarebbero giunti
in Canaan dopo terremoti e maremoti che li avrebbero costretti a passare il Mar
Rosso e giungere in Fenicia in tempi
assai remoti. Tutto ciò non può che coincidere con la cacciata degli Hyksos al
tempo di Ahmose, quando questi sconvolgimenti sono documentati dalla Stele
della Tempesta e dal verso del papiro matematico Rhind.
Ho detto che i musiti/leviti solo
grazie a Geroboamo si erano trasformati dai cattivi delle origini nei buoni
vicini amanti della pace, delle relazioni e dei matrimoni misti, della
concordia, del vivi e lascia vivere. Nonostante discendesse degli sciamani del
santuario di Silo, dell’arca e di Jahveh o come si sia chiamato (alla
fine sempre connesso col “Cielo” era) Geremia di tutto ciò e
soprattutto dell’arca non ne voleva sapere, forse ricordando per
tradizione ricevuta la tramenda sconfitta del 1050 ad Afèq quando tutto fu
distrutto dai Romani compresa l’arca. Se poi non crede nelle tavolette
d’argilla cotta della legge o nei cherubini era perché tutto ciò faceva
parte della falsa tradizione aronnita (da Babilonia). Quando ripresero il
potere nel II secolo, i musiti Maccabei fecero sparire tutto. Geremia credeva
solo nella tenda beduina o tabernacolo.
Viceversa gli aronniti, che in
origine erano pagani e della religione non glie ne poteva fregare di meno, solo
di mettere le mani sulla cassaforte, si inventarono una religione razzista e
xenofoba, soprattutto contro gli arabi che abitano tutta la regione
dell’Arabia fra il fiume d’Egitto, il Nilo, e l’Eufrate,
Gli aronniti venivano da Giuda
roccaforte romana di cui sia Egizi che Mitanni erano sudditi e longa manus.
Roma non vi avrebbe mai fatto entrare
eversori come gli atoniani come del resto vi tenne lontani gli sciamani “israeliti”
di seconda stratificazione. A parte il fatto che i Romani all’epoca
veneravano Posidone/Dagon, molte regine provenienti da Roma portano, come anche il faraone Ahmose,
un nome teoforico lunare (Ah) che richiama curiosamente la lunare divinità
araba.
Ciò detto non rimane che
teorizzare che l’esodo sotto Ramses II celi in realtà l’esodo dal
Mar Nero con toccata e fuga dal delta verso Aram/Siria messa a ferro e fuoco da
questi barbari al tempo di Ramses III (
Gli aronniti riallacciano
sempre e comunque la loro tradizione a quella musita/levita degli Hyksos usciti
dall’Egitto, per servirsi della
autorevolezza di questa. Ma fanno leva sulla peste che colpì (gli Hyksos o gli stranieri di età
atoniana) in Egitto rendendoli odiosi come stranieri praticanti usi e costumi
alieni e sospetti, ritenuti all’origene della vendetta degli dèi. Che la
tradizione aronnita si innesti perfettamente in quella elohista lo prova il
fatto che prima di andarsene, gli
Hyksos/Israelitii spogliarono gli Egizi delle loro ricchezze (Esodo 12, 35-36)
procedendo in formazione di battaglia (13, 18), ciò che andava d’accordo
con un popolo guerriero che aveva
oppresso il delta, non con la fuga di
un popolo di pastorelli o di muratori schiavizzato da Ramses II, né con quella
di poveri eretici perseguitati da Horemhab per la loro religione pacifista di
Aton, cui del resto non fanno direttamente cenno se non per la peste e
l’odio xenofobo degli Egizi, appunto.
Solo l’elemento della
lebbra/peste/impurità fisica è
pertinente, perché si riallaccia alle piaghe d’Egitto e ad uno degli
elementi fondanti della religione ebraica, quello delle norme di purità fisiche
(agli ebrei non interessa la purezza morale come la intendiamo noi, bensì
quella fisica, come il mangiare certi cibi e evitarne altri, come la carne di
porco, analogamente agli arabi; lavarsi le mani prima di mangiare; evitare il
contatto di persone malate o che praticano determinati lavori considerati
“sporchi”, come i pubblicani, gli esattori delle tasse per conto
dei Romani, e così via, prescrizioni
tutte che poi ritroviamo praticate dai
farisei dei quattro Vangeli canonici). Io ritengo che al tempo di Ahmose e di
Ekhnaton abbiamo due successive eruzioni del Thera con esondazione del Nilo,
ciò che può anche aver fatto pensare ad una stessa catastrofe conclusasi con
l’esodo. Le norme di purità cui gli Ebrei sono maniacalmente attaccati
hanno proprio qui la loro causa, ma non come esperienza fatta sulla loro pelle.
Gli aronniti si servirono semplicemente della tradizione storica della peste e
dell’emarginazione degli stranieri.
Gli elohisti, ripeto, non sono
razzisti e xenofobi e pertanto nessun interesse avevrebbero avuto ad una
tradizione in cui presentarsi come odiati dagli stranieri a causa del loro dio,
anche perché di dèi ne avevano tanti e oltretutto li chiamavano in modo
sincretistico Baal o El/Eloah/Elohim che avevano il significato generico di
Signore e Dio. Nemmeno Aton aveva a che fare con questa repressione (e del
resto non è un dio ebraico). Colpevole di questa reazione xenofoba nella storia
d’Egitto può essere stata in prima persona la bieca figura di Giuseppe
(ma non in quanto seguace di Aton), che mise in ginocchio l’Egitto con la
sua libidine sessuale e di potere, corrompendo le istituzioni politiche. Giuseppe/Ey non era assolutamente
un veneratore di Jahveh e francamente non è da nessun punto di vista definibile
come ebreo e nemmeno semitico. Era semplicemente uno straniero
(dell’élite ariana dei mitanni) e come tale lui e quelli che lo
circondavano come raccomandati nel governo furono ritenuti responsabili della
catastrofe. Gli aronniti si ispirarono a questa storia per fini xenofobi
acquisendo Giuda/Minosse e suo figlio Ey come jahveisti e dunque
“ebrei” nonostante fossero ariani e venerassero Aton/Sole.
Gli
Egizi erano un popolo civile, il più civile dell’antichità, per cui non
è credibile una persecuzione degli
eretici adoratori di Aton (oltretutto
concentrati nell’isolata città medioegizia di Amarna). Il faraone Amenophis IV/Ekhnaton (forse su
influenza delle grandi spose reali indoarie della sua famiglia, che provenivano
da Mitanni), impose il culto monoteista
di Aton/Sole in senso fisico, il Sole che possiamo osservare ogni giorno,
trascurando gli dèi millenari d’Egitto.
Il culto di Aton si affaccia già sotto il profeta, titolo egizio,
Giuda/Minosse (
Quando
salì al potere, Horemhab, il faraone che
non… riconosceva Giuseppe, condannò alla damnatio memoriae i
faraoni precedenti di cui scalpellò via i nomi riallacciandosi ad Amenophis
III, come se ne fosse davvero il successore diretto. Ciò fa comprendere quanto sia stata grande la capacità di
detective di H. Carter che, sulla base di pochi frammenti, riuscì a teorizzare
e poi a scoprire la tomba di Tutankhamon.
Come dirò più volte il culto di Aton/Sole non ha a che fare con la
religione ebraica del sud, più di quanto l’abbia Seth per il nord. Se
Aton fosse stato il dio di Mosé questo se lo sarebbe portato dietro da Amarna,
dall’Egitto, senza andarselo a cercare in Madian, una regione araba. Ciò
non toglie che lo stesso Ey/Giuseppe
potrebbe essere la guida che portò in Israele (?) gli atoniani reietti. Che io
sappia, di lui non è stato trovato il sarcofago né tanto meno la mummia. Aveva
chiesto agli Ebrei di portare la sua mummia con loro al momento della fuga
dall’Egitto. Potrebbe essere che la sua richiesta sia stata esaudita e
tradizionalmente si dice fosse sepolto in Sichem, nella regioe tribale di
Manasse. Efraim, l’altro figlio di Giuseppe (con Manasse) adottato da
Giacobbe, era un altro nome di Israele.
Ora si può capire perché Flavio
Giuseppe era arrabbiato con Manetone.
Manetone vedeva la parte essenziale
della cacciata dei reietti appestati (atoniani ma più in generale stranieri)
acquisita nella tradizione aronnita vincente e più vicina al tempo in cui
scriveva, mentre Giuseppe, più illuso, sosteneva che l’esodo era quello
degli Hyksos della tradizione musita.
Dunque i jahveisti giudei, che
prima dell’arrivo a Gerusalemme degli israeliti elohisti non avevano
alcuna religione ebraica ed erano solo dei politeisti e pagani, che non ebbero
mai a che fare con gli invasori barbarici, decisero in esilio a Babilonia di
ispirarsi agli israeliti e di costruirsi una tradizione “israelita”
in funzione di rivalità coi musiti/leviti israeliti. Decisero di essere più
israeliti degli israeliti, più jahveisti dei jahveisti che, si può dire, da
molto tempo, erano elohisti. Si dissero
poi anche che se avessero costruito una loro tradizione ebraica come emarginati
a causa della xenofobia e delle loro tipiche paratiche sessuali, culinarie,
religiose e quant’altro, viste con sospetto dagli Egiziani, allora
avrebbero creato una fobia nella loro razza, tendente sempre di più a isolarsi
dagli altri per non incorrere nel loro odio ma nello stesso tempo ad escludere
tutti gli stranieri dalla loro stretta comunità mirante a creare un mercato
unico attorno ad una unica banca degli Ebrei nel mondo con sede a Gerusalemme.
Il grammatico latino Pompeo
Trogo (Historiae Philippicae) coglie perfettamente la nascita di una religione
aronnita « dal momento che Mosè si ricordava che erano stati cacciati
dall’Egitto per la paura del contagio, essi si preoccuparono di non
vivere con gli altri, per non divenire odiosi ai loro occhi per lo stesso
motivo. Questa regola derivante da una
causa specifica, egli la trasformò gradualmente in un uso fisso e in una religione. » Per me più
esattamente gli aronniti utilizzano la tradizione di una cacciata xenofoba (più
che contro dèi particolari, come Aton, perché gli egizi sono comunque il popolo
più civile dell’antichità) di cui non ebbero mai esperienza diretta per immaginare che se si fossero segregati in
base a questa falsa tradizione
(escludendo di riflesso gli
stranieri dalla propria comunità), si
sarebbe creata una razza pura tutta concentrata intorno a Geriusalemme, il suo
clero, la sua banca, che sarebbe diventata la banca centrale degli ebrei nel
mondo.
Gli aronniti pongono l’accento sul divieto dei matrimoni con
donne straniere nella paura che queste inducano mariti e figli a venerare dèi
stranieri e dunque ad allontanarsi da Jahveh (e vanificare la banca mondiale
ebrea). Questa motivazione non è più credibile come modo di evitare altre
epidemie, altre cacciate, altre persecuzioni, ma serve solo a stringere una nazione
razzista ed endogamica intorno ad una città (Gerusalemme) e ad un tempio, cioè
ad una banca, quella del secondo tempio, che è la banca di tutti gli Ebrei nel
mondo e dunque potentissima. Ma le
norme di purità fisica rimangono come cavallo di Troia per far accettare tutto
il resto. Ancora una volta gli aronniti
affermano una tradizione falsa, che mira solo a tirare i cordoni della
borsa.
E’ inquietante che per gli
aronniti la peste sarebbe stata causata da Jahveh dio della guerra delle morte e della
pestilenza (come Apollo e Reshef), il quale sarebbe stato piuttosto un dèmone
malvagio che nella originaria religione lunare araba uccideva il bestiame e gli
esseri umani se non si esorcizzava il suo passaggio con unzioni di sangue sugli
stipiti delle tende.
Ho già scritto
che Saul e David furono generali romani che raggiunto un eccessivo potere nel
reclutamento delle truppe e carisma cominciarono a lavorare per crearsi dei
propri regni di piccole dimensioni.
Sono sempre stato scettico sulla fondatezza storica del
fantasioso re Salomone, costruito artificialmente a posteriori come re di un
impero che corrispondeva alla V satrapia (Transeufratene) che Jahveh avrebbe
promesso ai discendenti di Abramo. Continuo ad essere scettico ma credo di aver
identificato il personaggio storico intorno al quale spuntò nella tradizione
ebraica il re Salomone. Era evidente che mai e poi mai un faraone egiziano
avrebbe concesso sua figlia in moglie ad un reuccio straniero che onorava tardi
(dopo venti anni) e male (con venti villaggi che Hiram sedicente re di Tiro
— per me si doveva trattare di un re di Biblo, perché è da qui che
Sotto il re di Gerusalemme
Ezechia (716-687) i profughi israeliti da Samaria (conquistata dal re assiro
Sargon II nel
Durante
l’esilio questi sacerdoti pagani cui non la religione interessava bensì
la politica/potere economico con essa identificantesi, si prepararono a dare la scalata al potere
sacerdotale dapprima in senso lato (codice J, elaborato sulla base delle
tradizioni giudaiche, ma a imitazione
della tradizione sumerica e assiro-babilonese in lingua aramaica e in analogia/contrapposizione
alla tradizione israelita) e poi, dopo che Ciro II persiano si sostituì come
dominatore al re di Babilonia, anche in
senso stretto (codice P e redazione finale del Pentateuco), come accentramento
del culto intorno al solo tempio di Gerusalemme dalla fine del V sec. Ma il
primo rientro a Gerusalemme dopo il
L’ottica da cui osserviamo la cultura araba degli ebrei è dunque tarda, la redazione finale dell’Antico Testamento partendo dalla fine del V secolo accompagnata e seguita da documenti che ci interessano in questo lavoro fino al II secolo a. C. quando i musiti/leviti replicarono agli aronniti:
“ Come
potete dire: « Noi siamo saggi, la torah di Jahveh è con noi », quando a
menzogna l’ha ridotta la penna bugiarda degli scribi? “ (8, 8).
Fu con questo sigillo elohista che si arrivò alla maggiore affinità fra Eloah ebraico e Allah islamico di Daniele (nei testi siriaci corrispondenti a quelli aramaici).
Da questa ricostruzione che pone
i documenti leviti e aronniti gli uni contro gli altri successivamente alla
presa di potere dei primi o dei secondi deriva che esistono due corporazioni
religiose dei musiti/leviti israeliti del nord e degli aronniti giudei del sud.
Si potrà dunque definire il corpus dei testi dell’Antico Testamento
come il risultato della lotta di queste due corporazioni religiose per
l’affermazione delle proprie scritture, canoniche o meno canoniche, in
vista del controllo della banca del II tempio di Gerusalemme. E’ un
punto di osservazione tardo ed incentrato su Gerusalemme capitale dello stato
di Giuda quando vi dominavano soprattutto gli aronniti, che realizzarono la
centralizzazione del culto.
Leviti e aronniti si scontrarono intorno alla questione del centralismo religioso. Per la verità a mio parere furono gli aronniti, quando salirono al potere alla fine del V secolo, che imposero per la prima volta il centralismo religioso nel tempio di Gerusalemme. Vale a dire che il tempio di Gerusalemme era l’unico tempio, l’unica banca autorizzata, cui gli ebrei potessero rivolgersi. I leviti invece non avevano mai posto la questione della centralizzazione. In quanto di origine israelita (Israele, lo stato del nord) conoscevano in passato i santuari designati dal re Geroboamo (931-910), successo a Salomone, e cioè Dan e Bet-el. Secondo il Deuteronomio rimaneggiato dagli aronniti Mosè incaricava Giosuè, una volta passato il Giordano, di erigere un altare a “Jahveh” sul monte Garizim (27, 1-8: nel testo si legge Ebal, ma l’Ebal, che in un altro passo di Deut., 11, 29, è maledetto, e perciò non può essere stato preso in considerazione, si trova di fronte al Garizim), che poi diventò in età aronnita, ellenistica, il rivale del tempio di Gerusalemme. Inoltre né sotto Giosia né tanto meno sotto Ezechia (716-687) c’era stata una centralizzazione del culto in Gerusalemme sotto influenza dei leviti, esistendo sempre i luoghi di culto considerati pagani dagli aronniti.
Prendiamo le mosse dalla
centralizzazione realizzata dal
Dunque se hai un tempio mangi, altrimenti devi trovartene uno, se non vuoi vivere come i comuni mortali, col sudore della tua fronte. Secondo la filosofia degli aronniti (codice J e P) Adamo ed Eva, prima del loro peccato contro il sacerdozio jahveista, unico legittimato a ricevere gli oracoli di Jahveh tramite la quercia oracolare — essi mangiarono del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, cioè della quercia oracolare al centro del giardino dell’Eden, attentando così all’esclusività del sacerdozio aronnita — vivevano in un paese di Cuccagna come appunto i sacerdoti, che vivono alle spalle della società, mentre, dopo essere stati cacciati da Jahveh, dovettero guadagnarsi il pane lavorando. Nei miei studi ho trovato connessi alla quercia oracolare anche gli Shardana, però ritengo si debbano distinguere gli Shardana/Sardi originari che compongono la flotta di Atlantide impero di Roma, dai barbari Shardana di area tracia e di Labraunda in Caria (veneratori di Zeus/Jahveh Stratios/Zebaoth).
I sacerdoti/banchieri si
comportavano non diversamente dagli attuali finanzieri disposti a tutto pur di
riuscire a dare la scalata ad una banca (il Tempio di Gerusalemme), magari
anche ad uccidersi (fra aronniti stessi). Certo che diversi omicidi
vennero perpetrati dentro e intorno al tempio di Gerusalemme da parte degli
aspiranti sommi sacerdoti e dei loro seguaci in età aronnita. Per possedere una banca oggi basta controllarne il
pacchetto azionario di maggioranza relativa. Analogamente, sotto gli
aronniti il sommo sacerdozio si comprava, dai Tolomei o dai
Seleucidi, discendenti dei generali di Alessandro Magno che avevano
conquistato l’Oriente e che controllavano, ora l’uno ora
l’altro, Gerusalemme. Ma ovviamente la corporazione sacerdotale
(aronnita) che dava la scalata al potere si premurava anche di dare di sé
una determinata immagine pubblicitaria attraverso la costruzione di una
tradizione scritta costituita dai propri libri (ma dato che era falsa e partiva
da Babilonia non parlava di rotoli come sarebbe stato logico, bensì di tavole
d’argilla cotta scritte in aramaico) sacerdotali. Dunque questa
immagine funzionale alla scalata al potere su una banca e al suo mantenimento
è quanto di più lontano ci possa essere dall’autenticità storica
della stessa casta sacedotale, figuriamoci dall’autenticità
dell’origine e della storia del popolo ebraico (giudaico). Quel che
di storico possiamo trovare nell’Antico Testamento è principalmente quale
immagine di sé e del proprio culto vollero dare le corporazioni sacerdotali dei
leviti e, soprattutto, degli aronniti. In realtà è facile constatare che di
popolo ebraico (inteso come popolo razzista, aronnita, chiuso in sé e intorno ad
un dio unico Jahveh che è il suo esclusivo e di nessun altro) si può
lecitamente parlare solo a partire dal
Una qualche precedenza nella
riforma di centralizzazione del culto fu
riconosciuta ad Ezechia apparentemente,
e abusivamente, da Geremia in 2 Re¹ (in realtà dall’interpolatore
aronnita), perché è evidente dallo
stesso contesto e dai due successori ritornati al politeismo (si trattò più
verisimilmente di accettazione delle leggi assire che miravano a integrare i
giudei nell’impero con una sola legge valida per tutti) sotto dominazione
assira, che non vi fu alcuna riforma
centralista. L’unico merito di Ezechia sarebbe consistito invece (per
questo interpolatore aronnita) nella distruzione del serpente di bronzo,
Necustan (2 Re 18. 4), fatto fondere da Mosè (Numeri 21, 4-9) e che al tempo di
Ezechia era ancora oggetto di culto. Fra l’altro necustan in ebraico
significa “di bronzo” il che vuol dire che è verisimilmente Apopis
il nome soggiacente. Dunque un’azione spregevole nei confronti del
profeta (da cui discendevano idealmente anche gli aronniti). Vedendo la cosa
con più distacco si potrebbe ritenere tutto ciò ammissibile. A distanza di
tanto tempo questo culto avrebbe potuto
essere visto come pagano dagli stessi musiti/leviti per ipotesi evolutisi
secondo un culto jahveista (esempi
analoghi sono l’avversione degli aronniti per il dio Luno/Sin
sotto il nome di Yahw dei Nabatei/Edomiti/Shasu, che gli aronniti hanno
venerato strumentalmente prima di passare all’”omofono” e
ariano Jahweh; e l’avversione sempre dei jahveisti nei confronti del
Jahveh “eretico” di Elefantina/Assuan). Ma poiché in questo unico atto della
politica religiosa di Ezechia
(oltretutto di troppo prematura fede in Jahveh) vedo un attacco gratuito degli aronniti contro
Mosè, per me non c’è dubbio che a “distruggere” (con la
penna, a posteriori, con una come al solito più prepotente che maldestra
interpolazione) il serpente Necustan siano stati proprio i parvenu
aronniti, una volta raggiunto il potere
sul sommo sacerdozio di Gerusalemme verso il
Il codice sacerdotale (P) è stato
scritto per ultimo e non ha nulla a che vedere con la da Friedman supposta
riforma centralizzatrice di Ezechia. Non è affatto vero che Ezechia procedette
ad una centralizzazione del culto. La verità è che Ezechia, reo di aver
trattenuto come prigioniero il legitimo re di Ekron fedele all’Assiria,
dovette ringraziare il fatto che Sennacherib fu verisimilmente richiamato da
problemi di casa sua, se riuscì a salvare Gerusalemme dalla conquista assira,
pagando comunque un fortissimo tributo, lasciando in piedi i culti delle alture
(2 Re 23, 13-20; e come avrebbe potuto avventurarsi fuori Gerusalemme, questo uccello
in gabbia, quando Sennacherib devastò Giuda, ne asportò parte del
territorio a favore di re filistei fedeli all’Assiria, e ne deportò buona parte di uomini e bestie?,
Storia Universale Feltrinelli, vol. 4, pp. 195-196) e distruggendo… solo
quello musita del serpente Necustan, ciò
che vuol dire che la figura di Ezechia interessò molto, a posteriori, le
manipolazioni aronnite. P sarebbe per Friedman la risposta aronnita ai primi
due codici E e J già da un pezzo fusi insieme, che tratterebbero male Aronne.
Ma come si fa a considerare J, aronnita, un codice che tratta male Aronne? Al
contrario la figura di Aronne vi appare per la prima volta, e all’apice,
proprio perché solo ora, intorno al
La distruzione
di Apopis/Necustan, ammesso e non concesso che sia avvenuta, non distrusse la
fede dei leviti nel serpente. Sotto il re Giosia (640-
Il profeta Geremia, suocero di
Giosia (2 Re 23, 31; anche se i commentatori negano che si tratti del nostro
Geremia io non vedo attraverso quale via Geremia avrebbe potuto influenzare la
corte se non attraverso sua figlia Amutal data in sposa a
Giosia; un figlio di Giosia, Ioyaqim,
sposa una tale Necusta, teoforico del dio di Mosè Necustan , 2 Re 24, 8, il che
prova il perdurare del culto di Necustan nell’ambito della corte
influenzata dai geremiadi musiti/leviti di origine israelita), riuscì ad
influenzarne la politica religiosa introducendo a corte la sua tradizione
costituita dal codice Elohista, dal Deuteronomio e dai libri della cosiddetta storia
deuteronomistica (come la definì Martin Noth nel 1943) dal Deuteronomio
(per l’esattezza Dtr¹ che va fino al regno di Giosia, opera
di Geremia o comunque della sua scuola; fu F. M. Cross a notare la differenza
fra Dtr¹ e Dtr²) fino a 2 Re (fino a 2 Re¹ che va fino al regno di
Giosia). I primi 11 libri dell’Antico testamento sono anche detti, sulla
scia di D. N. Freedman, “prima
Bibbia”. Fu il sommo sacerdote Chelkia, padre di Geremia, a
“ritrovare” (questa ed altre simili vengono chiamate pie frodi; per
me si tratta sempre e comunque di frodi) il rotolo della legge (il
Deuteronomio) nel
La solita jella
che perseguita gli Ebrei come la nuvoletta di Fantozzi, vuole che abbiano
faticato tanto per la centralizzazione del culto, e soprattutto del culto di
Jahveh, e ci siano riusciti al tempo di Giosia solo per perdere tutto a causa
della conquista e distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor II, e
andare in esilio a Babilonia o in Egitto nel
Giosia morì, nella sua
anacronistica guerra antiassira, nel 609 combattendo contro il faraone Neco II,
che pose sul trono come vassallo dell’Egitto Ioyaqim. Nel 605 gli
egiziani furono sconfitti a Karkemish da Nabucodonosor (II) e lo stato di
Giuda divenne vassallo di Babilonia. Il re-vassallo Ioyaqim si ribellò
prendendo le parti dell’egizio Neco II. Arrivato a Gerusalemme nel 598
Nabucodonosor II, presa Gerusalemme, saccheggiato il tempio e provveduto ad una
prima deportazione di giudei a Babilonia, nominò come re-vassallo Sedecia, un
fratello di Ioyaqim, che a sua volta si ribellò dietro all’egizio Apries.
Nel 587, Nabucodonosor, saccheggiata nuovamente Gerusalemme e
provveduto ad una nuova deportazione di giudei, nominò come loro governatore
l’ebreo Godolia, della cerchia politica del profeta Geremia, filo
babilonese e antiegiziano. Un membro della famiglia reale assassinò
(587/586) Godolia e, per timore di essere accusati del fatto, una quantità di
mercenari ripararono in… Egitto portandosi dietro Geremia e il suo scriba
Baruc (alcuni di questi mercenari costituirono la colonia di Elefantina/Assuan
presso la 1ª cateratta — che divideva idealmente l’Egitto dalla
Nubia/Kush/Etiopia/Sudan — con un tempio
“eretico” di Jahveh). La destinazione dei deportati-rifugiati è
importante per comprendere gli sviluppi (direi perfino la nascita) del pensiero
religioso levita e aronnita e il suo contorno scenografico culturale. La
corporazione dei leviti poté sottolineare due volte l’”esodo”
dall’Egitto, al tempo degli Hyksos figli di Giacobbe/Israele cacciati dal
faraone romano Ahmose I, e al tempo della conquista dell’Egitto da parte
di Cambise II figlio di Ciro II, nel 525, con conseguente facoltà dei rifugiati
di tornare a Gerusalemme. Ci risulta che tornarono nel 521 all’inizio del
regno di Dario I, il che vuol dire che se la data non è falsa, nel senso di
troppo tarda, il rientro dovette comunque essere stato promosso da Cambise II.
Secondo Giuseppe Flavio avviene sotto Cambise II il tentativo della
ricostruzione delle mura di Gerusalemme (Ant Iud 11, 26ss). La
corporazione degli aronniti poté
consultare testi accadici e aramaici (in breve torno di tempo si passò
dall’accadico all’aramaico come lingua internazionale) nelle
biblioteche di Babilonia sia sotto i babilonesi che sotto i persiani, e
costruire in modo tanto furbesco che
maldestro, in quanto prepotentemente appoggiati dai re persiani, una tradizione
del clero giudeo (codice J e poi P) che partiva niente di meno che dalla creazione
del mondo da parte di Jahveh, il cui Eden era protetto dai kerubim (i
cherubini), da bab-karibu, i tori alati con testa umana che custodivano le
porte dei templi e dei palazzi assiro-babilonesi (si noti che mentre nella
tradizione elohista le leggi vendono date da dio su rotoli di papiro, in quella
jahveista sono scritte su tavolette d’argilla cotta).
Dopo la morte di Geremia, lapidato dagli esuli in Egitto stanchi delle sue prediche da disco rotto, geremiadi appunto, contro gli dèi pagani sotto i quali invece costoro si erano sempre trovati bene, il suo scriba Baruc riparò in Babilonia, per cui avrebbe potuto non solo riportare ai “babilonesi” le esperienze “egizie” ma, soprattutto, la tradizione levita aggiornata fino ad allora. Ma tutto ciò sarebbe servito ai “babilonesi” più tardi. Furono infatti secondo me gli “egizi” leviti a governare per primi a Gerusalemme al primo rientro dall’asilo in Egitto.
Il sacerdotale (P) ha come
personaggio chiave il sacerdote e il sacrificio, mezzo di sussistenza del
clero, che ora (
Essendosi rifugiati in Egitto dopo l’assassinio del governatore Godolia, ebreo filo-babilonese della stessa parte politica di Geremia, i leviti, che a mio avviso nascono soprattutto ora, in asilo, coi loro nomi egizi, hanno una formazione religiosa fortemente influenzata dall’Egitto e di ciò dobbiamo tenere conto, perché è la loro tradizione quella basilare, a cavallo fra cosiddetto primo (che io ancora non sono riuscito a riscontrare, tanto più ora che Salomone ha preso le sembianze del faraone libico Sheshonq) e secondo Tempio, che batte di continuo sul fatto che ogni volta che Israele abbandona Jahveh viene condannata all’esilio in Egitto.
Io non avverto nessun parallelismo fra E e J (per ipotesi fusi insieme sotto Ezechia, quando sacerdoti elohisti scampati alla conquista assira di Israele ripararono in Giuda), anche se sono i più antichi e pertanto citati (ma non come fusi insieme, almeno così mi appare) dai documenti posteriori P e R. Nel caso che Deuteronomio citi J si deve automaticamente ritenere che si tratta di interpolazione aronnita in D, mentre se cita P si deve pensare a interpolazione maccabaica (elohista) posteriore a P. Analogamente, se Geremia cita P, e lo cita, come sostiene giustamente Friedman, dobbiamo pensare ad una tarda manipolazione di età maccabaica in Geremia: mentre P usa l’espressione “siate fecondi e moltiplicatevi” e sottolinea l’importanza dell’Arca alloggiata nel Tabernacolo, Geremia profetizza: “E avverrà che quando vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni — dice Jahveh — non si parlerà più dell’arca del patto di Jahveh; nessuno ci penserà né se ne ricorderà; non sarà rimpianta né ricostruita… In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa di Israele e tutte e due torneranno insieme dalla regione settentrionale nel paese che io avevo dato in eredità ai loro padri. ” (Ger 3, 16-18; qui c’è anche il riconoscimento agli aronniti di aver armonizzato il testo biblico — il sacerdotale è apparentemente elohista e sostanzialmente aronnita — per essere accolto anche dai leviti/musiti.
Fra tutti gli esempi citati da R. E. Friedman (erede di una scuola che meglio ha penetrato la materia, pur non traendone sempre le corrette implicazioni) per dimostrare la fusione di E e J cui gli aronniti avrebbero opposto P in quanto Aronne era maltrattato, nemmeno uno, a mio avviso, coglie nel segno. A p. 169 (episodio dell’acqua scaturita a Massa e Meriba, Esodo 17, 2-7 elohista e Numeri 20, 2-13 sacerdotale) mette a confronto P e E (solo E non anche J, che evidentemente non ha questo episodio), ciò che è corretto in teoria, perché P è aronnita e E musita/levita, anche se in apparenza elohisti entrambi, perché usano il nome divino Elohim. Ma qui non c’è nessun interesse da parte di P di contrapporsi a E per negarne le asserzioni. E viene integrato nel testo sacerdotale. Un gesto di integrazione culturale. Gli aronniti hanno qui per la prima volta preso il potere e non intendono certo fare muro contro muro con i leviti elohisti declassati a ausiliari dopo avere da molto tempo esercitato, per primi, il sacerdozio. Ma in ogni caso il sacerdotale ha come fine di innalzare Aronne e abbassare Mosè fino al limite, nel caso sotto osservazione, di far ricadere sull’innocente Aronne la colpa (non si capisce quale) di Mosè, coll’esito finale che entrambi non entreranno in Israele. Per la verità secondo me non c’è nemmeno da escludere che questo sia un J celato sotto l’aspetto di E (in realtà viene considerato elohista solo perché il monte è chiamato Oreb elohista invece di Sinai jahveista; e inoltre la constatazione che morirono entrambi fuori della Terra Promessa fu il fatto che si “doveva” spiegare con una colpa). La classificazione dei documenti in J ed E a seconda del nome di dio o del monte della rivelazione (Sinai/Oreb) deve valere solo come un primo approccio per l’interpretazione, in quanto le interpolazioni non mancarono, come abbiamo già visto all’inizio di questo lavoro.
Anche nel caso
del vitello d’oro (in E, ma ampiamente manipolato dagli aronniti, Esodo
32), appena viene a sapere da Jahveh infuriato che Aronne ha fatto il vitello
d’oro, un idolo, Mosè prega Jahveh di non sterminare Israele, ma appena
arriva sul luogo del misfatto spezza le tavole della legge mostrando
quell’ira da cui Jahveh in persona aveva desistito, brucia il vitello
d’oro, i leviti compiono una strage di tremila seguaci di Aronne. Dopo di
che il giorno dopo Mosè va di nuovo a chiedere il perdono a Jahveh
sottolineando (influenzando Jahveh) che gli Israeliti hanno commesso un grande
peccato, e così Jahveh afferma: « Io cancellerò dal mio libro colui che ha
peccato contro di me. » (32, 33) Questo
Mosè manipolato infine dagli elohisti maccabei (II sec. a. C.) ormai abituati
ad agire come i jahveisti è alquanto vendicativo e sembra piuttosto il dio
“misericordioso” degli ordini sacerdotali cattolici di triste
memoria.
In età aronnita (quando secondo me per la prima volta esiste la centralizzazione del culto) Jahveh dice a Mosè: “Parla ad Aronne, ai suoi figli e a tutti gli Israeliti… Qualunque Israelita che abbia intenzione di scannare un bue o un agnello o una capra e non lo conduce all’ingresso della tenda del convegno per presentarlo come afferta a Jahveh davanti alla Dimora/Tabernacolo di Jahveh, sarà considerato colpevole di delitto di sangue: ha sparso il sangue e questo uomo sarà eliminato dal suo popolo.”, Levitico 17, 3-4). Jahveh intima senza giri di parole ai fedeli: “Nessuno venga da me a mani vuote.” (Esodo 34, 20; jahveista), cui fa riscontro Deuteronomio 16, 16: “Nessuno si presenterà davanti a Jahveh a mani vuote.”
Non c’è dubbio che Deuteronomio è stato contaminato, in tutto il suo corpo, da interpolazioni aronnite e perciò jahveiste e razziste (in particolare lo “sterminio” dei popoli indigeni palestinesi, mirante prima di tutto a teorizzare il dominio ebraico su tutto il territorio della Transeufratene (Arabia) e secondariamente a proibire i matrimoni misti sotto pretesto che la donna straniera induce il marito e i figli ad abbracciare il culto dei suoi idoli; per cui lo sterminio accompagnante le distruzioni e gli incendi — di cui non v’è traccia archeologica congrua per quanto riguarda l’esodo degli Hyksos o dei profughi atoniani; mentre si dovrebbe soprattutto focalizzare sugli olocausti del tempo dei popoli del mare da Merenptah a Ramses III — sarebbe stato soprattutto immaginato al fine di distruggere preventivamente gli idoli e i popoli che li veneravano, come spiegazione ulteriore del fatto che gli Ebrei occupavano la regione pienamente ma con piccole enclaves di stranieri, Esodo 23, 27-33; Deut 7, 16: “il tuo occhio non li compianga”). Ciò è illuminato da diversi passi di cui darò ragione in questo lavoro, specie laddove Mosè afferma (illogicamente, criticando quel che egli e i suoi fanno al loro tempo avendo davanti agli occhi la futura centralizzazione aronnita del 400 ca.): “Non farete come facciamo oggi qui, dove ognuno fa ciò che gli pare bene.” (Deut. 12, 8), o in Deut 30, 3, dove si dice esplicitamente che se Israele si rivolgerà a Jahveh con tutto il cuore e con tutta l’anima, allora questo “farà tornare i tuoi deportati.” (da Babilonia)
Che Deuteronomio sia stato
rimaneggiato pesantemente proprio dagli aronniti è evidente dal ritratto del re
Ezechia (la cui unica azione biblicamente
accertabile fu di eliminare il serpente di bronzo Necustan fatto erigere
da Mosè, dunque un atto filo-aronnita e anti-musita) che diventa il solo grande
re che abbia camminato sulla via di Jahveh e addirittura sulla via della
centralizzazione. Il secondo Deuteronomista (Dtr², aronnita) continua il
racconto di 2 Re (2 Re²) dovendo dare ragione del fatto che il regno di Giosia,
contrariamente ad essere quello splendido
culmine del regno di Giuda che appariva al tempo di Geremia, fu seguito
dalla presa di Gerusalemme e dall’esilio sotto Nabucodonosor II o in
Egitto. Della catastrofe da la colpa a Manasse (figlio e successore di Ezechia;
se secondo la storia deuteronomistica i figli di Ezechia andarono in esilio per
scontare le colpe del padre 2 Re 20, 12-19; secondo 2 Cronache 32, 31,
aronnita, questa fu solo una prova mandata da dio per saggiare la fede di
Ezechia), che sarebbe tornato al politeismo e ai culti delle alture, per cui da
Manasse fino alla fine del regno indipendente di Giuda tutti i re sarebbero
stati colpevoli, ivi compreso Giosia, modello ideale dei musiti, che se non
altro alla centralizzazione si era avvicinato davvero. Dunque, esaltazione di
Ezechia, preso a modello dagli aronniti, e censura velata (comprendendolo nei
re da Manasse alla fine del regno indipendente di Gerusalemme) di Giosia,
modello dei leviti. In realtà è dal tempo degli assiri che si ha in mente un
impero universale e globalizzato, ciò che prevede una religione sincretistica,
ciò che questi regoli di Gerusalemme si prestano ad attuare di buon grado,
salvo essere criticati dagli stolti profeti di sciagure. E’ evidente che
i culti delle alture in bocca ai profeti intransigenti non indicano né possono riferirsi (anche se
l’intento è quello) ai sacrifici umani che avvenivano nei tempi antichi,
anche e soprattutto fra i proto-ebrei, i Cananei discendenti degli Hyksos, che
adesso vorrebbero tirarsene fuori. Attenzione, che quando Noè maledice Canaan figlio di Cam (in realtà
sarebbe figlio di Sem perché Hyksos e Cananei sono indubbiamente semiti) perché
Cam lo vide ubriaco e nudo senza
coprirlo, ma anzi andando a riferire la cosa agli altri fratelli, c’è il
veleno aronnita contro appunto i musiti/leviti israeliti, assimilati agli
arabi, ciò che si ripete quando si mette in bocca ai patriarchi che non
vogliono che i loro figli prendano moglie in Canaan.
Dunque è sicuro che Deuteronomio
fu in origine un documento di Geremia profeta musita da porre dalla stessa
parte di E ma, allo stato attuale, è diventato un documento aronnita (secondo
Deuteronomista) per cui ricostruire il testo originario elohista è un lavoro di alta critica interpretativa.
Dunque così si esprime 2 Re, 21, 10 rimaneggiato dallo scriba aronnita: «
Allora Jahveh disse per mezzo dei suoi servi i profeti: “ Poiché Manasse
re di Giuda ha compiuto tali abomini… Rigetterò il resto della mia
eredità; li metterò nelle mani dei loro nemici; diventeranno preda e bottino di
tutti i loro nemici… “ » Qui
c’è già il pensiero di Ezechiele, ispiratore degli aronniti, secondo cui
il resto (che dovrebbe logicamente corrispondere ai pochi ebrei onesti rimasti
in Gerusalemme, mentre i colpevoli in tre ondate erano stati deportati a
Babilonia) viene fatto coincidere proprio con gli esiliati a Babilonia mentre i
rimasti a Gerusalemme vengono rigettati da Ezechiele e dai furbacchioni suoi
pari, nonché dal dio che si sono creati a loro immagine e somiglianza. Alle
Cronache non possiamo certo dare credito, essendo il prodotto ancor più
ideologico di chi ha scritto il sacerdotale e ha completato 2 Re e manipolato
il Deuteronomio. Ovvio che Ezechia assuma contorni tanto più eroici quanto
falsi in 2 Cronache 31, 20-21, e anche che Salomone (contro la storia deuteronomistica di 1 Re 11) sia
esaltato in quanto attraverso Sadòq si sarebbe
fatto interprete degli interessi del clero aronnita, che chiude tutti e
due gli occhi sui peccati di Salomone, primo dei quali la divisione e lo
sfascio del regno. Friedman rileva che
negli ultimi due capitoli di 2 Re sparisce ogni riferimento al re David,
uno dei grandi protagonisti della storia deuteronomistica, e sparisce ogni
accenno alla centralizzazione religiosa, nonostante sappiamo che sotto gli
ultimi re tornarono in auge le alture. Io ritengo che la prima omissione può
dipendere dal fatto che David non è soggetto di questo periodo storico.
Altrimenti si tratta di silenzio voluto. Il patto davidico è stato fatto fuori
da Ezechiele che non vuole il re e/o dai suoi seguaci, che hanno accoppato
Zorobabele. Il patto davidico non è più praticabile. E gli aronniti stanno
affilando le loro armi per rubare il patto mosaico ai leviti, facendo perno su
Aronne suo “fratello maggiore”. Secondo la tradizione elohista originaria c’era stato un patto fra Dio
e il popolo, “patto mosaico”. Fu su questo presupposto che dopo l’assassinio di
Zorobabele gli aronniti fecero leva per sostenere il dominio del clero, la
teocrazia supportata da un patto con tutto il popolo di Gerusalemme estromettendo
il re. Quanto al silenzio sul centralismo religioso è invece un’omissione che rafforza
quanto affermato (e “costruito” in Ezechia) fino a Giosia e nel
sacerdotale. Il centralismo rimane al centro della politica aronnita.
Però, che rimangano in
Deuteronomio passi di origine elohista (ispirate da Geremia buon diavolo), mi
pare evidente ad es. laddove si dice che Dio, oltre a rendere giustizia
all’orfano e alla vedova “ ama il forestiero e gli dà pane e
vestito. Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto. ” (Deut. 10, 18-19; Deut. 26, 12-13 si
riferisce alle decime distribuite anche ai forestieri; un ricordo assai simile
c’è in Menelao rivolto ai suoi servi, in Odissea, presso cui va in visita
Telemaco, secondo quarto del VII sec.).
Continua dopo la…
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GESTORE INFEDELE, XOOMER.IT:
Poi arrivarono i prepotenti
aronniti, servi dei re persiani.
Gli aronniti cercano di gettare fumo negli occhi per far credere di essere stati loro per primi a tornare a Gerusalemme da Babilonia. Nessun accenno (damnatio memoriae) al ritorno da parte di coloro che erano riparati in Egitto e dall’Egitto erano tornati, e per primi, i leviti/musiti. Alcuni studiosi e religiosi ci sono o ci fanno perché degli esuli in Egitto non fanno alcun cenno. Lo storico non è tenuto a fare congetture sulla conoscenza o meno da parte degli ebrei in esilio della cronologia dei re persiani. Non c’è dubbio per me che la conoscessero, e comunque vale la regola che questa lista sia stata scritta con cognizione di causa, fino a prova contraria. I sacerdoti aronniti conoscono bene i fatti, come gli avvocati, come gli storici di parte, che poi, a parte, se c’è bisogno, si arrangiano a manipolarli per far tornare i conti a vantaggio dei loro clienti. Dunque lo storico deve semplicemente mettere un numero ordinale (sulla base dei dati storici arcinoti) dietro a ciascun nome che succede nella lista dei re persiani in Ezra 4 e 5. E’ così che, del tutto pianamente, si arriva alla seconda missione di Neemia con Ezra al seguito l’anno settimo di Artaserse II.
La cronologia parte
dall’Editto di Ciro II nel 538 (probabilmente mai promulgato o
comunque non riguardante gli ebrei), cui non seguì necessariamente un rientro,
data la difficile situazione abitativa, delle mura diroccate e del tempio da
ricostruire. Poi abbiamo Cambise II (530-522) e ovviamente il
ritorno a Gerusalemme dei leviti rifugiati in Egitto fin dal
Ma come tornarono i reduci dall’Egitto se non con un lasciapassare di Cambise II che deve corrispondere a qualcosa come l’editto di Artaserse II (rubato dagli aronniti ai musisti) che legittima Ezra ad agire in Gerusalemme?
Cambise II dunque avrà imposto a
tutti coloro che vivevano nel territorio della V satrapia “Transeufratene” (dal Nilo
all’Eufrate, cioè a dire l’Arabia)
il culto e l’insegnamento del culto musita/levita del
dio del sommo sacerdote Giosuè (e del re Zorobabele, poi
assassinato). Che il culto fosse secondo
la tradizione levita lo attesta lo stesso Malachia che parla di Patto di
“Jahveh” con Levi (Mal 2, 4.8).
Da questo momento Cambise II imponeva la religione di Elohim/Allah su tutta
La datazione di Neemia e Ezra
deve partire dalla successione dei re persiani data in Ezra: Ciro II, Serse I,
Artaserse I, Dario II e infine Artaserse II, epoca della missione di Ezra
(
Vi sono due testi fusi insieme in Neemia (Neemia 7-10 e Neemia 12, 27-13), dai quali emerge che prima vengono restaurate le mura, poi Ezra legge la torah e infine vengono ripudiate le mogli straniere. Mi chiedo se si possa bere una tale sciocchezza, l’attacco alle mura da parte di qualcuno o, peggio, il degrado in cui erano dai tempi di Nabucodonosor II (se tu ometti di parlarmi di quel che è successo da Ciro II a Cambise II e Dario I non mi rendi chiare le cose). Se coi leviti a Gerusalemme regnava la pace coi vicini arabi, perché costoro dovevano essere tanto sciocchi da provocare tensioni che avrebbero potuto prendere pieghe impensate, visto che c’era di mezzo il re persiano? Dato il breve tempo impiegato da Neemia (meno di due mesi e addirittura sotto minaccia di attacco da parte dei pretesi nemici) per restaurare le mura, si deve intendere che queste erano già state ricostruite al tempo di Cambise II, e che magari qualcuno prezzolato dagli aronniti aveva inscenato un attentato bruciando le porte e facendo crollare qualche breccia nei punti meno resistenti. Non è chi non veda che questo attentato non fu altro che un pretesto per Neemia di poter applicare la centralizzazione aronnita del tempio che diventava la banca degli ebrei di tutto il mondo. Comunque, su ammissione dello stesso Neemia, egli fu boicottato da alcuni ebrei apertamente (come la profetessa Noadia ed altri che si rifiutarono di collaborare ai lavori alle mura; tra l’altro tutte queste donne accreditate come profetesse, tipo la negromante di Endor di Saul o la profetessa Culda interpellata dopo il ritrovamento del Deuteronomio di Giosia, gettano luce sul contenuto reale della religione elohista, nel senso che non può avere a che fare col culto di Jahveh o che questo culto era all’epoca altrettanto eretico di quello di Elefantina/Assuan) e da altri occultamente (infatti ad esempio Eliasib, sommo sacerdote, gli si mostrò collaborativo ma, dopo che se ne andò via, diede il controllo della banca a Tobia, suo parente, con cui i proprietari terrieri, i rimasti, erano, al tempo del restauro delle mura, in stretto contatto epistolare, contro Neemia, Neemia 6, 17-19).
Poiché Neemia si accorge di avere
tanti nemici proprio fra gli stranieri arabi, i sacerdoti leviti e i
proprietari terrieri che erano rimasti a Gerusalemme, cioè in pratica tutti eccetto i furbi rimpatriati da
Babilonia, radunati tutti i potenti
locali al suo cospetto fece la vista di aver trovato la lista dei primi rimpatriati,
deportati da Nabucodonosor II (Neemia 7, 4-6). L’assemblea aveva lo scopo
di accertare chi apparteneva a questa lista e chi no. Chi non vi apparteneva o
non poteva dimostrare di appartenervi veniva escluso dalle cariche
politico-religiose. E i rimpatriati dall’Egitto? Questi non potevano
certo dimostrare di appartenere a questa lista, che riguardava i rimpatriati da
Babilonia! Avessero anche posseduta la loro lista, questa, in quanto
levita, era esplicitamente esclusa.
Dunque i leviti venivano esclusi da ogni potere (Neemia 7, 64)., salvo fare i
sacrestani, anche se ciò non viene detto espressamente. Poi Neemia abborda la
questione strettamente connessa dei matrimoni misti sulla base di un passo di
Deuteronomio 23, 4. Ora basta considerare che finora Gerusalemme era governata
da sacerdoti che seguivano il codice E e il Deuteronomio del profeta Geremia
per subodorare il crimine commesso da Neemia contro la verità. Certo il
Deuteronomio fu manipolato dagli aronniti e usato da Neemia proprio come testo
temporaneo nel frattempo che Ezra componeva il codice sacerdotale e lo usava
come infrastruttura in cui comprendere tutti i codici del Pentateuco. Così
venne utilizzato il passo che negava per sempre all’Ammonita e al
Moabita, per vere o presunte motivazioni storiche, di entrare nella comunità
ebraica (per la verità il divieto era riservato solo al clero e al culto, non
anche allo straniero che volesse vivere da civile entro Gerusalemme e
Se ho ragione a datare la prima
missione di Neemia (grosso modo e con tutti i sospetti verso le manipolazioni
aronnite) al 419 di Dario II e la seconda (con Ezra al seguito) al 398
di Artaserse II, allora tornano i conti,
che altrimenti non tornano, di Eliasib
come sommo sacerdote al tempo della prima missione di Neemia: 1)
Eliasib, padre di 2) Ioiadà, padre di 3) Giovanni (alias Yeohanan alias
Ionatan), padre di 4) Iaddua, tutti sommi sacerdoti, sacerdoti leviti! (Neemia
12, 10-11.23), uno dopo l’altro. Secondo Ezra, al tempo della sua
missione, par di capire che sommo sacerdote fosse 3) Giovanni (Ez 10, 6).
Ciò è tanto vero che nella sua seconda missione (che pongo intorno al
Del resto il papiro di Elefantina Cowley n° 30,
databile a circa il
Quando Neemia tornò a Gerusalemme
per la seconda missione (sulla base di un editto di Artaserse II, posto nelle
mani del sacerdote e scriba Ezra, che imponeva sulla Transeufratene il culto e
l’insegnamento del culto di Jahveh a tutti), il razzismo e
segregazionismo degli aronniti babilonesi non aveva attecchito, tra l’altro
con la stessa complicità di personaggi come Eliasib (ora ex sommo sacerdote),
il quale sotto sotto era in solidi rapporti con un Tobia (della famiglia di esattori dei
Tobiadi), suo parente, cui, fra la prima e la seconda missione di Neemia, aveva
affidato la gestione della banca all’interno del tempio. Neemia lo
cacciò dal tempio (per affidare la banca ad un rappresentante dei banchieri ebrei di Babilonia). Ora questi
banchieri avevano la funzione di esattori delle tasse per conto dei persiani.
Erano esentati guarda caso solo i sacerdoti (aronniti) e gli addetti al tempio
(i leviti), per cui il tempio di Gerusalemme aveva tutto l’interesse a
collaborare e partecipare nella spremitura del popolo a vantaggio dello
straniero dominante. Ora nella sua
seconda missione Neemia vuol apparire meno potente di quanto non sia. In
effetti si può permettere di scontrarsi con la famiglia che tiene
ereditariamente il sommo sacerdozio levita. Cacciò, come ho detto, da
Gerusalemme, Manasse, fratello di
Giovanni l’attuale sommo sacerdote
levita, perché, avendo sposato Nikaso, figlia
del governatore della Samaria Sanballàt, s’era rifiutato di
ripudiarla. Ovvio che qui si inserisce Ezra e la lettura del sacerdotale. Siamo
nella seconda missione di Neemia che nota come una gran parte dei giovani di
etnia straniera non sapeva parlare giudaico (Neemia 13, 24). In realtà Neemia
avrebbe dovuto dire la verità, che i reduci da Babilonia che ora comandavano
(grazie alla sua prima missione che soli li autorizzava a campare in
Gerusalemme) sapevano parlare solo in aramaico. E in aramaico rimane scritta una piccola parte dell’Antico
Testamento (che in antico doveva essere assai più estesa). La parte scritta in aramaico era sicuramente
attribuibile agli aronniti di Babilonia e dunque contrariamente a quel che afferma Ezra aveva
scritto in aramaico, la lingua internazionale
e della classe elevata. Viceversa l’ebraico era non solo la lingua
più antica in cui avevano scritto i musiti/leviti (e dunque la lingua dei
rimasti in Gerusalemme e in Giuda), ma
anche quella dei reduci dall’Egitto che avevano la g dura degli arabi
egiziani (cosa verificabile tuttora). In pratica sia il fatto che i rimasti
parlavano ebraico, sia la vittoria finale dei musiti/leviti determinò la
vittoria dell’ebraico cosicché tutta
E’ di questo periodo la
triste scena della separazione dei reduci babilonesi dalle “mogli e figli
stranieri”, con qualche piccola ma eroica eccezione. Neemia stabilì con mano più pesante le
decime da pagare al tempio e con le maniere forti riuscì a far rispettare il
sabato. Chi non accettò di adeguarsi fu costretto a prendere la via di Samaria
che accoglieva a braccia aperte gli esiliati. Il razzismo più assoluto
s’è installato nel tempio di Gerusalemme. Pensiamo genericamente
all’ebreo che vive nella paura di essersi contaminato al contatto di
chissà cosa e si lava continuamente immaginandosi aggredito perfino dalle
ombre. Si sente aggredito da tutti e si rinchiude come in un profilattico. Mi
ricorda vagamente la trama di un film comico.
Date queste
premesse è evidente che, ammesso e non concesso che gli aronniti babilonesi
fossero tornati a Gerusalemme prima dei leviti egizi, non avrebbero avuto
spazio di manovra, scontrandosi le loro pretese razziste con quelle dei
latifondisti rimasti in patria. Si noti
a margine l’arrogante pretesa degli aronniti, secondo cui, non Jahveh li avrebbe puniti
mandandoli in esilio a Babilonia e dunque, per sottrazione, privilegiando
coloro che erano rimasti a Gerusalemme, bensì al contrario, sostengono con
Ezechiele che
Dobbiamo attribuire ai musiti/leviti anche il patto fra Dio e David nella profezia di Natan (2 Samuele 7,16: “La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre”) secondo cui sarebbe rimasta « in perpetuo una proprietà per David mio servo davanti a me in Gerusalemme, la città che mi sono scelto per porvi il mio nome » (1 Re, 11, 35-36).
Il patto elohista si basava sulla
promessa a David di un regno eterno per i suoi discendenti, un patto
incondizionato, dunque è evidente che gli elohisti non avevano alcun interesse
(e lo dimostra la loro apertura nei confronti non solo dei rimasti ma anche
degli stranieri tutti) a sopprimere il re vassallo Zorobabele (discendente di David) destinato a
regnare per conto dei Persiani sulla Gerusalemme dei rimasti e dei reduci. Viceversa i reduci da Babilonia dopo
l’assassinio di Zorobabele rimangono privi della loro tradizione
regalista (in J, il codice scritto più anticamente in esilio a Babilonia) che
si basava sulla promessa di Jahveh ad Abramo di un regno estendentesi sulla
Transeufratene (guarda caso lo stesso “materializzatosi” al tempo
del regno di Salomone; non si materializzò alcunché —
Nell’epoca dell’esilio gli aronniti ex pagani idolatri si riciclarono come adoratori di un dio Luno Sin/Yahw, infine un dio degli eserciti e dunque della guerra indoario Jahveh/Giovè/Zeus/Djaus “il Cielo”, che poi torna ad identificarsi con El/Eloah/Elohim.
A Babilonia, potendo consultare
biblioteche in aramaico, i deportati si inventano un patto che Jahveh stringe
con Abramo ai cui discendenti viene promessa…
In Dtr¹ erano presenti entrambi i
patti, quello mosaico e quello di Dio/Elohim con David, beneficiario del patto
eterno con cui Dio garantisce il trono di Giuda ai suoi discendenti. David è il
modello ideale di re cui sono confrontati tutti i re successivi. Ma in Dtr², secondo me aronnita, David non è più
menzionato, segno che non si vuole (Ezechiele) o non è più possibile (morte di Zorobabele) utilizzare una tradizione sacerdotale
regalista. Come la mettiamo ci troviamo in una situazione di stampo aronnita.
Scompare anche ogni riferimento alla centralizzazione religiosa, ma ciò secondo
me è solo apparente, non vuol dire che
chi propone Dtr² abbia rinunciato alla centralizzazione, al contrario. I successori
di Giosia tornano al culto delle alture e alla sottomissione agli Assiri (che
secondo me vi fu anche al tempo di Ezechia falsamente riconosciuto dagli
aronniti come precursore della centralizzazione del culto). Dtr² sorvola sul
ripristino del culto delle alture da
parte dei successori di Giosia e così facendo lascia fermo il punto finora
rimarcato della centralizzazione che, dunque,
continua ad essere importante, come è per la prima volta importante in
modo assoluto presso gli aronniti di P.
A questo punto i deportati babilonesi si appigliano alla tradizione
musita (Dtr¹) del patto fra Dio e popolo
tramite Mosè, anteponendo a Mosè suo fratello maggiore Aronne, primo sommo
sacerdote, da cui si ritengono discendenti come clero aronnita in contrapposizione
ai musiti/leviti che sono declassati a collaboratori secondari, degli
ausiliari, e poi faranno centro sul loro documento fondamentale P.
Gli aronniti, che si appigliano
ad un sacerdozio derivante da Aronne, fratello maggiore di Mosè, scrissero dapprima
il codice J (poiché qui il nome di dio è Jahveh) partendo dalla creazione, sul
modello sumerico, di dieci progenitori prima del diluvio (da Adamo a Noè) e
dieci posteriori al Diluvio (da Sem ad Abramo). Ho detto della scoperta da
parte di G. Smith della tradizione del Diluvio fra le tavolette della
biblioteca di Assurbanipal. L’Occidente veniva a scoprire da questo
momento in poi che
Fra lo Jahveh di J e
l’Elohim di P (gli unici che partano dalla storia della creazione fino ad
Abramo; E parte visibilmente da Giacobbe,
in origine forse anche da Abramo capostipite degli Arabi) c’è una differenza
abissale che potrebbe sembrare di un millennio, mentre è di poco più di un
secolo. Nonostante il loro razzismo, che rimane, il primo, Jahveh (Gn 2, 4-24),
crea l’uomo, le piante e gli animali, infine per ultima, da una costola
di Adamo, la donna, che è
considerata evidentemente inferiore, e viene per ultima dopo gli animali. Il
secondo, Elohim (Gn 1, 1-2, 3), più che
creazionista appare modernamente evoluzionista, in quanto in pratica si
passa dagli animali che vivono
nell’acqua agli anfibi ai rettili agli uccelli ai mammiferi
all’uomo e alla donna.
E’ proprio la concezione evoluzionista del mondo (i creazionisti sono
tanto estremisti quanto ignoranti) che denuncia P come documento tardo, il più
tardo di tutti. Nel racconto di Noè (in J e P) il codice P teorizza le tre
razze più o meno come le concepiamo oggi noi, dei bianchi (giapetici) gialli
(semiti) e neri (camiti), come originate
da Noè, il capostipite armeno-caucasico. Anche il Diluvio in P non è una
semplice pioggia, sia pure di durata eccezionale, ma l’aprirsi delle fonti
dell’abisso, delle cateratte del cielo, le acque che circondano
Jahveh di J è
antropomorfo, come antropomorfa è la tradizione sumerica e mesopotamica più
antica: passeggia nel giardino e vede Adamo ed Eva nudi, li riveste con tuniche
di pelle da lui stesso cucite (non può sfuggire la sua somiglianza con
Usous/Esaù che A. Collins e Ch. Ogilvie Herald, La cospirazione di
Tutanlkhamen, Newton Compton,
riconnettono con Petra, pp. 288-289),
si pente di aver creato l’uomo, chiude personalmente l’arca
di Noè, percepisce l’odore del sacrificio offertogli da Noè, si pente
d’aver mandato il Diluvio sulla terra e promette di non distruggere più
l’umanità in futuro in quanto non c’è niente da fare,
l’uomo è malvagio fin dalla nascita. E’ del tutto naturale per gli
scribi aronniti topi di biblioteca in Babolonia imbattersi in documenti in
aramaico così “antichi”. E’ una moda non solo babilonese ma
anche egizia contemporanea quella di
dare al testo letterario la forma dei documenti più arcaici e venerati (e sulla
base di questa moda si provvede a confezionare una miriade di falsi).
Analogamente il Poseidone di Odissea (io dato questo episodio al secondo
quarto del VII secolo) va in
Etiopia/Kush/Nubia/Sudan di Napata (XXV dinastia etiopica) dove gli hanno fatto
un sacrificio e perciò non vede Odisseo in mare, e lo eliminerebbe volentieri
in quanto ha accecato l’unico occhio a suo figlio Polifemo. J è pieno di
sogni (si pensi a Nausikàa in Odissea, secondo quarto del VII sec.),
animali parlanti come il Serpente guardiano dell’Eden (come Xanto cavallo
di Achille nell’Iliade, poco prima del
Gli aronniti non hanno grandi
problemi a legittimare il loro sacerdozio datosi che godono dell’appoggio
dei re persiani. Essi hanno fatto balenare loro (fin da Ciro II col codice
J) la possibilità di fare di Gerusalemme
una testa di ponte verso
La frode è tanto più grave in quanto i leviti, con Geremia, negano non solo l’esistenza di tutti gli arredi all’interno della tenda del convegno ma, ancor più, che Jahveh abbia parlato o dato comandi sull’olocausto e sul sacrificio agli Israeliti al tempo dell’Esodo (Geremia 7, 22; « ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò perché siate felici.», 23), figuriamoci la centralizzazione del culto (non prevista in E, dove dal tempo di Giacobbe in poi qualsiasi levita può compiere sacrifici in qualsivoglia centro cultuale; il centralismo non è previsto nemmeno in J, dove da Caino a Isacco e Giacobbe i padri compiono sacrifici; ovviamente J era stato progettato come antitesi e imitazione di Emain un tempo in cui gli aronniti non pensavano alla questione nodale della centralizzazione del culto/banca), in quanto non significa centralizzazione affermare che il culto deve essere effettuato dove Jahveh stabilisce il suo nome (D: “Dovete sacrificare soltanto nel luogo in cui Jahveh farà risiedere il suo nome”), perché Jahveh può stabilire il suo nome in differenti santuari, come è stato per tutto il tempo prima dell’avvento degli aronniti. La “pia” frode mira a legittimare il secondo Tempio, in cui solo ora dominano gli aronniti, facendone l’erede del (per me ancora non chiaramente documentato e sedicente) primo tempio costruito da Salomone/Sheshonq?, che vi avrebbe trasportato (in età aronnita) il Tabernacolo (con arca, cherubini, urim e tummim), mentre nel frattempo, fin dal tempo di Mosè, il Tabernacolo avrebbe fatto le veci del tempio. Dunque non c’è dubbio che il Tabernacolo con tutti i suoi particolari di costruzione e arredi sia realmente una frode aronnita. Friedman si chiede perché mai un sacerdote (aronnita) del secondo Tempio nell’architettare una “pia frode” avrebbe dovuto dare tanta importanza proprio a quegli arredi. La mia risposta è che a parte tutto il resto che ormai è entrato nella leggenda e vive di vita propria rimbalzando da questo a quell’altro ricordo di autore, gli urim e tummim (elemento della cultura beduina e araba come ho letto da qualche parte) sono in uso ancora al tempo di Neemia: « il governatore (Neemia) ordinò loro (ai sacerdoti, che in quanto tali erano solo aronniti, distinti dai leviti di second’ordine) di non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con Urim e Tummim. » (Neemia 7, 65) E’ noto dalle visite fattevi da ellenisti e romani che il Santo dei Santi del secondo Tempio era assolutamente vuoto (niente tabernacolo, niente arca, niente due tavolette del decalogo, niente cherubini babilonesi), ma è ovvio che sulla base della tradizione aronnita creata in J e P chi non poteva avere accesso al sancta sanctorum potesse coltivare la credenza in questi arredi sulla base della tradizione stessa, della pia frode aronnita.
Quando gli aronniti salgono al
potere favoriti dai persiani (seconda missione di Neemia con Ezra al seguito,
circa
Nell’episodio dell’acqua scaturita dalla roccia a Massa e Meriba (Numeri 2-13, sacerdotale) si colpevolizza Aronne innocente per una colpa (non si sa quale) commessa da Mosè, per cui entrambi non entreranno in Israele. (Io credo si debba spiegare questa “colpa” con il fatto reale che entrambi morirono prima di entrare in Israele. Questo fatto si doveva spiegare solo come colpa anche se non si riusciva a identificarla; ma qui non è in discussione questa “colpa”, bensì il coinvolgimento dell’innocente Aronne nel comportamento colposo di Mosè su cui gli aronniti vogliono gettare discredito). Ma il colpevole è Mosè. Il racconto era già in Esodo 17, 2-7 (elohista? Solo perché si menziona l’Oreb invece del Sinai? Ho il sospetto che il testo sia jahveista; la nota della Bibbia di Gerusalemme dice che “sull’Oreb: deve essere una glossa di un lettore”, e ciò mi da ragione) dove Mosè, pressato dal popolo che aveva sete, ebbe da Jahveh l’incarico di percuotere la roccia con la sua celebre bacchetta magica dei tempi di Faraone, e l’acqua scaturiva miracolosamente. Tra l’altro questa roccia spaccata da cui scorre l’acqua sarebbe per A. Collins e Ch. Ogilvie-Herald (La cospirazione di Tutankhamen) il canyon o crepaccio di Mosè che conduce fino a Petra e attraverso il quale scorrevano un tempo le acque dello Ain Mûsa.
E e P si possono, si potrebbero, a trovarli, contrapporre, proprio perché appartengono a due diverse fazioni, rispettivamente levita e aronnita. Invece è fuorviante contrapporre J e P che sono sullo stesso versante aronnita (facendo finta che J rapprenenti anche E con cui sarebbe stato fuso tanto tempo prima o che P, solo perché elohista in apparenza, possa essere contrapposto a J, facendo le veci di E, mentre invece è aronnita come J). In Numeri 25, 1-18 c’è il mixaggio di un testo J (che aveva ad oggetto l’ordine di Mosè su comando di Jahveh di far impalare tutti i capi di Israele davanti al sole in quanto si erano uniti alle moabite prostrandosi davanti al dio pagano Baal-Peor) con uno, che è quello cui lo scriba guarda con principale interesse, P (dunque entrambi aronniti; nessuno dei due racconti è presente in E), che riguarda lo zelo religioso di Finees, discendente del sacerdote Aronne, che con la stessa lancia trafigge insieme un israelita e la madianita che s’era portata dietro al campo (la moglie di Mosè, Zippora, era madianita) dopo di che cessa la peste (menzionata solo in P, spuntando fuori dal nulla). In tutta la vicenda Mosè rimane inattivo. Jahveh dice a Mosè che darà a Finees e alla sua stirpe il sacerdozio in eterno in grazia del suo zelo religioso e della sua iniziativa espiatrice (Num 25, 10-13).
Dopo aver parlato faccia a faccia con Jahveh il volto di Mosè è ustionato e deve ricoprirsi con un velo (solo in P, Esodo 34, 29-35). Ciò riduce la credibilità della sua perfezione dal punto di vista sacerdotale, in quanto il sommo sacerdote non poteva avere imperfezioni fisiche di sorta. Queste sono altrettante pugnalate date dagli aronniti ai musiti/leviti.
In funzione anti-levita J
sostiene che Simeone e Levi abbiano sterminato gli abitanti di Sichem che
avevano oltraggiato la loro sorella Dina (J: Gen 49, 1-27), mentre la
tradizione elohista parlava di un regolare acquisto da parte di Giacobbe della
città di Sichem capitale di Israele (Gen 33, 18-20). Secondo J Giacobbe
(Israele, stato del nord) è disonesto, avendo rubato la primogenitura a Esaù
(Genesi 25, 21-34 e 27, 1-45) e il gregge a Labano (Gen 30, 25-43; come attenuante
in questo caso c’è il fatto che Giacobbe risponde alla disonestà di
Labano). Quando gli elohisti sotto i Maccabei
riprendono il potere nel II secolo a. C. rendono pan per focaccia
denunciando la disonestà (denunciando prima di tutto l’impostura aronnita
che ha inserito Abramo/Minosse, assai posteriore, prima di
Giacobbe), per vero assai più ripugnante, di Abramo, che fa credere ad Abimelech, re filisteo di
Gerar, che Sara sia sua sorella,
praticamente prostituendola in cambio di
armenti e servi (Gen 20; anche Gen 12, 10-20, per me ancora elohista nonostante
l’uso di Jahveh, sostiene che
Faraone tratta bene Abramo, dandogli pecore, bovini, asini, servi e
serve, asine e cammelli, in grazia di Sara, condotta nel suo palazzo, cioè nel
suo harem, dunque come prezzo del suo concubinaggio; fra l’altro nella
storia reale Giuda/Minose il caucasico era sposo di una principessa
dell’harem/concubina di Tuthmosis IV, Tuya, corrispondente alla nera/Agar
l’egizia). J faceva di Giuda (sud)
l’erede della primogenitura dopo l’eliminazione di Ruben
(sud) che s’era portato a letto
Bila concubina di Giuseppe, di Simeone (sud) e Levi (sud) per i motivi
che abbiamo detto, la loro violenza. Tutte le altre nove! tribù del nord
veneravano Eloah. Ci dobbiamo aggiungere
Levi, che era in origine una tribù del nord, legata a Geremia (di
origini nordiste) e ai suoi leviti reduci
dall’Egitto al tempo di Cambise II.
Quale misfatto peggiore avrebbero potuto compiere gli aronniti, rotti a tutti i misfatti, se non “crocifiggere” il serpente di Mosè, l’Apopis/Necustan, rendendolo da dio dell’Eden a guardiano infedele e punito dell’albero della conoscenza del bene e del male (del sacerdozio oracolare aronnita) al centro del medesimo? Ma questo dio pare essersi vendicato forse attraverso la penna di un musita? E’ strano che della storia più antica e specie della creazione si occupano solo gli aronniti. Ma è certo che il loro Jahveh non ci fa una bella figura all’inizio stesso di Genesi. Proibisce a Eva e Adamo di mangiare il frutto di questo albero, altrimenti morranno. Il Serpente dice al contrario a Eva che se lo mangeranno non solo non morranno ma si apriranno i loro occhi, ovvero saranno intelligenti e consapevoli, sapienti (almeno in potenza) come dio. Eva con la sua intuizione femminile mangia il frutto e lo trova oltretutto buono (la scienza è il massimo bene dell’umanità) e lo fa mangiare anche ad Adamo. Jahveh scopre che hanno trasgredito e punisce i tre, ma Adamo ed Eva non sono morti. E’ costretto a cacciarli dal Paradiso affinché non mangino anche dell’albero della vita eterna, col che sarebbero proprio la stessa cosa di dio.
Infine nel II secolo a. C. tornarono al potere i Maccabei/Asmonei (musiti/leviti).
Poi venne Alessandro Magno. La ribellione di samaria fu stroncata e vi fu insediata una colonia. Tolomeo nel 312 sconfisse Demetrio Poliorcete e conquistò Gerusalemme. Deportandone la popolazione. Questa costituì la colonia giudaica di Alessandria, che tornò a vivere secondo i principi universalistici dei leviti, aprendo le porte dell’integrazione agli stranieri. Questa comunità parlava greco ed era aperta all’influenza dell’ellenismo. Promosse la traduzione in greco del Pentateuco. Ebbe un grande ruolo nello sviluppo e nella diffusione del giudaismo. Mentre l’ellenismo si diffondeva ovunque Gerusalemme rimaneva refrattaria e chiusa in se stessa.
Prima della metà del III secolo a. C. un tale Zenone,
alto funzionario dei Tolomei, fece un viaggio in Palestina in occasione del
quale ebbe contatti con un tale Tobia della dinastia dei banchieri Tobiadi che
riscuotevano le tasse che Gerusalemme doveva ai Tolomei, con a disposizione un
distaccamento militare egiziano. Questo Tobia era forse governatore della
Palestina ed aveva sposato una figlia del sommo sacerdote Onia II. Dopo la
battaglia di Paneio/Cesarea di Filippo,
Quando i musiti/leviti
riprenderanno il potere, credo al tempo dei Maccabei (che poi saranno chiamati
Asmonei; la nuova dedicazione del tempio da parte di Giuda Maccabeo è del
E così abbiamo l’episodio del vitello d’oro (Es 32). Mosè ha appena ricevuto le tavole della legge da Jahveh, che l’avvisa del vitello d’oro fatto fondere da Aronne su richiesta del popolo. Il popolo grida: « Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto! » Il Vitello d’oro come idolo più recentemente poté essere suggerito dal toro Apis egiziano che proprio sotto i faraoni della XXVI dinastia saitica, da Psammetico I in poi, viene riportato in auge come tutta la tradizione religiosa antica più autentica. Il riferimento al vitello d’oro potrebbe essere tutto nel sottolineare il ritorno dei leviti dall’Egitto dopo la sua conquista da parte di Cambise II, dunque nel sottolineare che furono i leviti i primi a governare a Gerusalemme dopo l’”esilio” in Egitto.
Mosè, infuriato a causa
dell’idolatria del suo popolo e di Aronne, spezza le tavole
della legge e brucia il vitello d’oro, poi ordina al leviti
di uccidere tutti gli idolatri (aronniti), ben tremila. La violenza dei leviti
come degli aronniti non sempre, come in questo caso, è storicamente vera, per
fortuna. Si tratta solo di sottolineare la fedeltà dei leviti a Mosè, disposti
a tutto. Disgraziatamente le parole hanno un peso e alla fine l’immagine
degli Ebrei come violenti e sanguinari ha permeato di sé
Il Deuteronomio conosce il rotolo (libro papiraceo) della torah (31,
9.24-26) secondo cui Mosè, prima di
morire, scrisse su un rotolo la torah
datagli da Jahveh e la consegnò ai leviti che portavano l’arca
perché la custodissero a fianco della medesima. Ovvio che Jahveh e l’arca
sono innovazioni aronnite, ma non per accreditare il sacerdotale come torah di
Mosè. L’arca (e quel che c’è dentro) e tutti gli ammennicoli vari
del Sancta Sanctorum servono solo ad accreditare il secondo Tempio come erede
del primo, a sua volta erede del Tabernacolo, che alla fine secondo R. E. Friedman
era stato posto all’interno del Tempio e particolarmente del Sancta
Sanctorum.
L’episodio della lebbra di
Miriam (Numeri 12) analogamente ha come oggetto reale la pretesa di Aronne (e
Miriam sua sorella) e degli aronniti di profetizzare in nome di Jahveh così
come lo stesso Mosè e dunque di avere lo stesso potere sacerdotale. Jahveh li
smentisce in quanto Mosè parla direttamente con lui e lo vede faccia a faccia,
mentre Aronne e Miriam ne ricevono i messaggi in sogno. Ora, poiché fra l’altro
Aronne e Miriam sparlano della moglie kushita (sudanese/etiope/nubiana),
cioè negra, di Mosè, Jahveh punisce Miriam con la lebbra, per cui, per la
legge del contrappasso, diventa bianca
come la neve. Punisce Miriam per lo stesso peccato di Aronne, la pretesa di
essere sullo stesso piano profetico di Mosè. Aronne, come abbiamo visto è
intoccabile perché non è possibile mettere in discussione oltre due secoli di
sacerdozio aronnita. La moglie di Mosè era e resta Zippora madianita. Una
regione di Madian era Cushan. Lo scriba levita ci lavora sopra e la trasforma
in Kush/Nubia/Etiopia/Sudan, una regione di moda in Egitto, da cui provenivano
i leviti, dopo che vi era sorta la dinastia etiope che era assurta con Piankhy
al dominio su tutto l’Egitto. Gli Etiopi erano neri di pelle.
Nell’età dell’asilo di Geremia in Egitto è forte il contatto
degli Ebrei con la cultura lasciata dalle dinastie libiche ed etiopi,
tutte con tratti religiosi e culturali comuni agli ebrei, specie gli
Etiopi. In entrambi i casi, vitello
d’oro (bue Apis) e lebbra di Miriam (Kush/Etiopia), sono presenti solo ed
esclusivamente in E (assenti in J e P aronniti), Aronne riconosce la supremazia di Mosè
chiamandolo “mio signore”. Non c’è dubbio dunque che
gli elohisti hanno scritto questi brani di Deuteronomio (Dtr 9, 16 e Dtr 24, 9,
II sec. a. C.) riferiti rispettivamente all’episodio del vitello
d’oro e della lebbra di Miriam, come tarda interpolazione maccabaica
(per sminuire gli aronniti ex signori del Tempio) nel loro documento originale
proto-templare E. Deuteronomio è per definizione posteriore a E, mentre secondo me è anteriore
anche a J. In altri due casi, Deuteronomio è palesemente posteriore a J e
anteriore a P, il primo e il secondo documento aronniti. Si tratta della
ribellione di Datan e Abiram cui succedeva una voragine aperta nella terra che
inghiottiva i ribelli a Mosè (del documento J, intrecciato con P, dove si
menzionava Core e tutto finiva con un fuoco inviato da Jahveh che arrostiva
duecentocinquanta leviti che avevano osato
offrire incenso pur non essendo sacedoti, cioè aronniti). Deuteronomio conosce
J (Dt 11, 6) ma non l’integrazione di P in Numeri 16. Analogamente, nel
caso della ricognizione in Canaan, Deuteronomio
(1, 36) mostra di conoscere Caleb di J (Numeri 13, 30; 14, 24), che
aveva dato per sicura la possibilità della conquista, ma non Giosuè aggiunto da P (Numeri 14, 6ss;
14,30). In questo caso si deve pensare a
tarde interpolazioni aronnite in quello che è diventato Dtr² come propedeutico
a quel che sarà P. Caleb era un eroe di
una regione di Giuda comprendente la capitale Ebron, dunque figuriamoci se
Deuteronomio originale, in teoria appartenente a Geremia elohista, avrebbe mai
avuto interesse a sottolinearne la figura. Viceversa Giosuè era un eroe del nord
originario della tribù di Efraim (altro nome di Israele), per cui suona male
che Deuteronomio non vi faccia riferimento. A mio avviso Deuteronomio² non cita P non perché gli è avverso (non gli è
avverso perché questa parte di Deuteronomio è aronnita proprio perché cita J
aronnita), ma perché non lo conosce in quanto P è più tardo. Un altro passo
che ritengo aronnita interpolato in Deuteronomio è 31, 24ss in cui Mosè ordina,
ai leviti, di porre non le due tavolette (bensì un rotolo della legge, P), a
fianco dell’arca dell’alleanza. I leviti/elohisti negano
l’esistenza dell’arca perché essendo gli eredi dei i popoli del
mare perseguitati dai Romani, sanno bene che questa fu distrutta in seguito
alla battaglia di Afèq e alla distruzione del campo di Silo e del tabernacolo,
e allo sterminio degli sciamani invasati.
Ma, come si dice, fra cani non si mordono. Entrambe le congregazioni si litigavano ma, stando dalla stessa parte di chi mangia senza lavorare, alle spalle dei creduloni, non avevano interesse a combattersi fino a mettere in gioco la credibilità di un dio cui a loro, diciamola tutta, non poteva fregare di meno, col rischio di pregiudicare il malloppo bancario del tempio.
Dopo quanto ho detto non
c’è nulla di strano se “Geremia” cita P (Gn 1, 1-3: « In
principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e
deserta… Dio disse: ”Sia la luce! “ »): « Guardai la terra, ed essa era informe e
vuota; i cieli, e la loro luce era
scomparsa. » (Ger 4, 23) Ancora Geremia parafrasa quanto afferma P (che più
volte afferma “siate fecondi e moltiplicatevi” e ritiene che l’arca sia custodita nel
Tabernacolo): « Quando poi vi sarete
moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese,
in quei giorni — dice il Signore — non si parlerà più dell’arca dell’alleanza
del Signore; nessuno ci penserà né se ne ricorderà; essa non sarà rimpianta né
rifatta. » (Ger 3, 16) Alla fine della sezione relativa ai sacrifici P afferma:
« Questa è la legge dell’olocausto,
dell’oblazione, del sacrificio espiatorio, il sacrificio di riparazione,
l’investitura e il sacrificio di comunione: legge che il Jahveh ha dato a
Mosè sul monte Sinai, quando ordinò agli Israeliti di presentare le offerte a
Jahveh nel deserto del Sinai. » (Lv 7, 37-38) e Geremia così replica: « In verità
io non parlai né diedi comandi sull’olocausto e sul sacrificio ai vostri
padri, quando li feci uscire dal paese d’Egitto. » (Ger
7, 22) Ovvio poi che P sia citato dal profeta “Ezechiele” (dai
rimaneggiamenti posteriori dello stesso libro) che ne è certamente
l’ispiratore. Ezechiele sta a P come Geremia sta a D.
A questo punto non esiste alcuna
reazione aronnita (nei confronti di un testo che esalta Mosè e denigra
Aronne), una nuova versione della torah
in cui potersi riconoscere, come pretende Friedman, e ciò perché gli aronniti
hanno già scritto in precedenza queste versioni, J e P. Ora non scrivono più
nulla perché hanno vinto definitivamente i leviti, e sono loro ad avere
l’ultima parola. Ma dal punto di
vista formale già gli aronniti con P e
con la redazione finale di Ezra avevano accolto la visione elohista sia di un
dio di nome Elohim (non più Jahveh) sia del Tabernacolo, e ancora di un
ambiente scenografico arabo beduino lontano le mille miglia da un dio indoario
e dalla civiltà indoaria (quale sarebbe Jahveh/Djaus). Il redattore finale,
nonostante la politica razzista e
segregazionista aronnita (che però non attecchisce in Gerusalemme) ha unito
insieme i codici più antichi E e J col
più recente P. Addirittura ha fatto iniziare
i libri del Pentateuco, Genesi, Esodo, il Levitico (tutto sacerdotale
elohista), Numeri, con brani tratti dal sacerdotale. Ha posto alla fine il
Deuteronomio (l’ultimo discorso di Mosè al popolo), ultimo libro della
torah e primo della storia deuteronomistica, raccordo fra Genesi e 2 Re, gli undici libri costituenti la prima Bibbia.
Fu questo un compromesso fra aronniti al potere e leviti che erano stati da
sempre al potere e che dunque era poco igienico mettere da parte ditattorialmente. A mio avviso la funzione principale di Elohim
nel sacerdotale, anteposto, sostituito a Jahveh, che rimane a mio
avviso un refuso (non toccato, sia perché sarebbe troppo oneroso correggere
e riscrivere daccapo tutta
Una civiltà araba.
I miei ultimi studi hanno
sempre più evidenziato che
In origine avevo seguito le
tracce dei patriarchi fino ad Harran individuando Mitanni, la regione da cui storicamente
derivavano le grandi spose reali dei faraoni della morente XVIII dinastia e i
loro onnipotenti visir signori della guerra carristi Abramo (il mio profeta e
visir Giuda/Minosse,
Ora è evidente che questi
personaggi storici furono indoari e in
quanto tali legati all’Aton mitannico e al Jahveh indoario in qualche
modo connesso col medesimo. Nonostante ciò i patriarchi tutto sono presentati
fuorché come ariani, e ugualmente nessuno potrebbe sospettare che Jahveh fosse indoario dato che Mosè lo incontrò in uno scenario da
Mille e una Notte in un’area araba
come Madian.
Rileggendo
Tutto il paesaggio culturale che fa da sfondo alla storia biblica è arabo, dalla carovana di cammelli e armenti di una nuova tribù in cerca del suo spazio vitale, punteggiato dallo scavo o dall’appropriazione di pozzi d’acqua, a quella di mercanti arabi, ismaeliti o madianiti o sabei, che trasportano profumi e spezie, oro, pietre preziose (e a volte schiavi) in Egitto, a quelle che vanno fino ai luoghi di culto di Sin (di Harran) in cerca di mogli che, come Rebecca, portano l’anello al naso (Genesi 24, 22) ma si rigirano i mariti come vogliono, trattandoli da babbei e togliendo il diritto di primogenitura ad Esaù, che sposa mogli ittite, e dandolo a Giacobbe che rispetta la legge del matriarcato e cioè si va a scegliere le mogli nell’ambito della tribù materna. Così Rebecca fa travestire Giacobbe per farlo passare per il primogenito Esaù ed essere benedetto al suoposto. Ora va bene che Isacco era cieco e fu ingannato al tatto dalla pelliccia sul corpo di Giacobbe, ma fatto sta che non riuscì nemmeno a distinguere la voce e la puzza specifica di Isacco, da quella di Esaù. Fra i patriarchi arabi vigeva il matriarcato e non la donna lasciava la sua famiglia per unirsi a suo marito, bensì l’uomo lasciava la sua famiglia per unirsi a sua moglie presso la famiglia di questa (J, Gen 2, 24). Anche Isacco accoglie Rebecca nella tenda della sua defunta madre Sara (J, Gen 24, 67). Quando dunque gli aronniti proibiscono il matrimonio con le straniere hanno in mente la preminenza della donna (matriarcato) su cui si regge la nazione araba israelita. Gli aronniti, che a mio avviso non rispecchiano una tradizione culturale originale quanto piuttosto una società per azioni mirante alla proprietà del tesoro del tempio, rappresentano un partito teso a mantenere l’identità etnica, mentre i musiti, la cui tradizione appare ragionevolmente autentica, rappresentano un partito aperto agli scambi culturali.
Nabonedo, l’ultimo re
babilonese, sconfitto da Ciro II, venerava Sin del sud-Arabia (Sin di Hadramut)
ed era stato in Arabia per ben dieci anni proprio per motivi religiosi. Sua
madre era sacerdotessa di questo dio. Probabilmente, sperando nel ritorno
a Gerusalemme, gli aronniti si ingraziarono dapprima il re babilonese proponendogli
di sostenere il culto di Sin dio Luno (è il tempo dell’elaborazione di
J). Ma evidentemente Nabonedo non volle o non poté raccogliere e allora
passarono a provarci coi nuovi padroni persiani attraverso un makeup di Sin. Questo dio Luno era noto come Yhaw presso gli
Shasu/Edomiti/Nabatei (l’Oreb era in realtà situato nella regione di
Petra dei Nabatei; era il monte al-Madhbah, il Luogo Alto, vedi Collins e
Ogilvie-Herald, op. cit., in partic. pp. 259-279), guida delle carovane che
appunto viaggiavano di notte e legato al ciclo pastorale delle nascite.
Secondo il Deuteronomio il sabato
segnava l’uscita dall’Egitto, che però non avvenne di sabato, bensì
il giorno della luna piena, il 15 del primo mese. In età preesilica shabbàt non
era il settimo giorno della settimana, giorno di riposo, bensì il giorno della
luna piena (P. Sacchi, op. cit., nota
La fine del canyon, Siq, o crepaccio di Mosè a Petra,
attraverso il quale scorrevano un tempo le acque dello Ain Mûsa (che Mosè fece
scaturire colpendo la roccia). Al centro
il Gebel al-Madhbah, il Luogo Alto di Petra, dove Mosè parlò con Jahveh e ne ricevette le tavole della legge.
A destra i “piedi di Dio” alla base di un monte nello Wadi Rum, tra
Petra e Aqaba. La tradizione locale ricollega Dushara (il dio dei monti Shara)
alle cime più alte del monte coperte dalle nuvole (Esodo 24, 15-17). Nella Valle
Segreta della Piccola Petra, sulle pareti della roccia sono state scolpite
alcune paia di piedi giganteschi, in posizione ascendente, indicanti gli dèi o
il dio che abita la regione. Per i beduini i rilievi indicano che il luogo è
sacro e invitano a togliersi le scarpe
prima di procedere oltre, come nelle moschee (« Non ti avvicinare! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è suolo santo! »
Esodo 3, 4-5). I piedi indicano anche la presenza di fonti d’acqua e sono
considerati segni di buona fortuna. (Foto e citazioni da La cospirazione di
Tutankhamen di A. Collins e Ch. Ogilvie-Herald, Newton Compton Editori)
Laprincipale
divinità nabatea, Dushara (affine all’edomita Qaush), aramaico
“Signore dei monti Shara/Seir”, era raffigurato inizialmente come
pietra grezza quadrangolare con occhi e naso ma senza bocca perché con lui non
si poteva parlare (se non tramite un sacerdote o sua moglie Uzza), poi con una
forma triangolare, testa di toro o monte, sormontata dalla mezzaluna e a volte
da una stella, che fu poi il simbolo dell’islam. Come pietra-divinità
Dushara si trova scolpito nelle nicchie
dei betili (Bet-el, “casa del dio”, in origine dei tabernacoli
costituiti da colonne o pilastri singoli detti masseboth). Affine a Dushara era
il nabateo Qaush (Collins e Ogilvie-Herald, op. cit. p. 274ss).
In età persiano-ellenistica si sviluppa l’angelologia/demonologia (che immagino dev’essere in origine un fenomeno del tutto orientale e quindi entrato nell’ellenismo dal suo versante orientale). Ad esempio, i giganti distrutti dal Diluvio di Noè (quello storico, del Mar Nero, si cololoca nel XIII-XIV sec. a. C.) non sono più quello che storicamente furono, i Romani razza divina di Atlantide, gli eroi famosi figli degli dèi (elohim; dunque Achille figlio di Teti o Enea figlio di Afrodite), visti come estintisi in una guerra (la guerra di Troia) di sterminio condotta contro Ittiti ed Egizi nonché ribelli regoli Siriani, che chiuse l’età del bronzo (vedi sempre il mio lavoro “Roma” su questo sito), ma diventano angeli caduti che si sono resi impuri unendosi con le donne mortali (unione fra Atlantidei dèi e Vicino Orientali mortali, che portò, secondo la tradizione, alla via via umanizzazione completa dei figli dei primi e dunque alla loro estinzione). I luoghi palestinesi delle feroci battaglie dei Giganti (erano visti giganteschi proprio per la loro capacità guerriera e le loro gesta che nel racconto ingigantivano tutto) Romani contro i popoli del mare traco-illiri-armeni invasori e portatori della prima stratificazione del culto jahveista, erano cosparsi ancora di ossa o di qualche armatura e di armi (Baruc, 3, 26ss). Niente di strano se le anime di questi nefilim continuavano ad aggirarsi sulla terra per fare del male agli uomini e istigarli alla ribellione contro Dio. Lo stesso troviamo nell’ambito della tradizione cristiana dei Vangeli (tutti ovviamente posteriori al 70 d. C., mentre il vangelo di Giovanni è ancora più tardo, intorno al 100 d. C. perché se gli altri erano liberi di scrivere e far circolare gli scritti, questo era recluso a Pathmos o dove che sia e solo più tardi i suoi scritti riuscirono a passare attraverso il blocco romano) dove nei Vangeli sinottici troviamo i due indemoniati di Gadara che vivevano nei sepolcri, posseduti dalle anime di questi spiriti diabolici. Si tratta dei jinn della tradizione araba che, analogamente, quando si ribellano ad Allah diventano spiriti malvagi.
Daniele (scritto nel II secolo a.
C., anche se la storia è ambientata al tempo dell’esilio) in Babilonia si
inginocchia tre volte al giorno verso al-Alah cioè Allah (“il
Dio”, “l’unico vero Dio”, nei documenti in siriaco
corrispondenti alla parte aramaica di Daniele) di Gerusalemme, così come faceva
all’inizio Maometto, che poi, venuto in contrasto con gli ebrei, si
indirizzò verso
Il Corano, la parola scritta di
Allah scesa dal cielo. Maometto riceve la rivelazione di Allah tramite
l’angelo Gabriele che gli impone di recitare i versi presentatigli scritti su un panno (il Corano)
fino a memorizzarli e sentirli impressi nel suo cuore. La rivelazione
non avvenne in una sola volta ma in oltre trent’anni, dal 610 al 632 d.
C., anno in cui il profeta morì. Per cercare di ricostruire la rivelazione nel
mondo arabo si può leggere Ezechiele, cui
Jahveh dice: « “ apri la bocca e mangia ciò che di do… nutrisci il
ventre e riempi le viscere con questo rotolo [scritto sui due lati] che ti
porgo.” Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele. » (2,
8.9-3, 1-3; qui la parola di Jahveh viene assimilata con un esempio
materialistico efficace) o anche l’ideologia del medio giudaismo secondo
cui esiste presso Dio il libro della Legge che appunto scende dal cielo: «
alcuni testi si domandarono come poteva essere amico di Dio Abramo, se ancora
non conosceva
Per ottenere
l’autorizzazione alla ricostruzione del tempio gli aronniti avevano
dovuto proporre forma e
dimensioni diverse da quelle
originarie, una forma cubica come la
ziqqurat (P. Sacchi, pp. 38-39), come il sancta sanctorum (un cubo di 20 cubiti
per lato, secondo R. E. Friedman, p. 154) del tempio salomonico di Gerusalemme
e, in pratica, più o meno come la stessa Ka’ba (“dado”, di 10
x 12 x 15) della Mecca. L’arca, sempre che sia esistita, fu distrutta dai
Romani nella battaglia di Afèq. Piuttosto credo che molti elementi della
religione egizia tarda, ripiegata su se stessa in cerca della purezza
originaria, siano stati portati dai leviti (che hanno nomi egizi) a
Gerusalemme, come la barca (non l’arca) oracolare di Amon, la fede
straordinaria che gli etiopi hanno in questo dio venerato fino in
Nubia/Kush/Etiopia/Sudan, la purificazione nell’acqua, la circoncisione,
ecc. Il dio Luno nasce dalla notte (e precede il giorno come
Riguardo alla “misericordia” di dio
c’è ovviamente nel tempo una evoluzione in meglio dovuta
all’evoluzione dei costumi sociali. Si passa ad esempio dal codice J
aronnita e razzista di Esodo 34, 6-
Dal
A suo tempo i preti riuscirono ad
abbindolare re e masse ciuche. Da Cristoforo Colombo e Galileo in poi non è più
il tempo di credere agli stregoni, soprattutto ora che andiamo nello Spazio e
realizziamo grandi progressi nell’ingegneria applicata alla medicina, per
cui perfino l’immortalità dell’uomo non è che un sogno realizabile.
L’uomo deve la sua intelligenza solo alla evoluzione della materia. Né
dio né i preti c’entano qualcosa. L’Uomo è il Signore
dell’Universo e si rigirerà l’Universo come un calzino. Si porta
dietro la zavorra della non civiltà legata al suo inconscio di ex scimmia e
magari, più indietro, di ex Tirannosaurus-rex. Sarebbe ora che facesse a pezzi
questa stupida ruota di pietra di Fantozzi che si porta dietro senza nemmeno
sapere più perché. Ma all’orizzonte vedo la fine della religione, di ogni
religione. Il futuro è solo della Scienza e in particolare della Fisica.
Fine
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sito con contenuti seri, scientifici, o cui comunque tenete particolarmente,
sull’insieme Xoomer.it, Virgilio.it, Telecomitalia? NON FATELO! Tutti i
miei lavori (frutto di anni di lavoro intenso) postati sul sito di questo
GESTORE INFEDELE, XOOMER.IT: