La diffrazione di raggi X rappresenta una delle più potenti tecniche nello studio della struttura di molecole e macromolecole, in quanto consente di ottenere la struttura assoluta della molecola, in termini di posizione dei singoli atomi nello spazio, nonché di distanze e angoli di legame. Questo è reso possibile dal fatto che la radiazione utilizzata (i raggi X appunto) ha una lunghezza d'onda nell'ordine di 1A, per cui è in grado di interagire con i singoli atomi all'interno della molecola. Ciò che si misura sperimentalmente è l'intensità della radiazione a diversi angoli rispetto alla direzione della radiazione incidente. Per ottenere dei dati analizzabili è necessario avere il campione nella forma di cristallo ordinato monocristallino: solo così infatti è possibile ottenere fenomeni di interferenza positivi e negativi tali da avere per l'appunto una figura di diffrazione (diffusione discontinua) della radiazione incidente, che può così essere messa in relazione con la funzione, pure discontinua, del reticolo cristallino. La prima grossa difficoltà che si incontra nell'applicazione di questa tecnica allo studio di macromolecole biologiche è proprio quella di ottenere cristalli ordinati e sufficientemente grandi, a partire da quantità di proteine o acidi nucleici generalmente piuttosto ridotte. I ricercatori che sono riusciti ad ottenere i cristalli di ribosomi e loro subunità hanno utilizzato come fonti biologiche particolari batteri ipertermofili, resistenti cioè ad alte temperature, e alofili, in grado cioè di crescere in condizioni di elevata concentrazione salina (3). Oltre a sfruttare le particolari proprietà di questi ribosomi, per ottenere i cristalli è stata utilizzata la tecnica della "hanging-drop" (goccia pendente), in cui tramite una pipetta viene depositata una goccia di una soluzione satura del composto da cristallizzare all'interno di un vetro da orologio rovesciato e precedentemente sializzato, in modo tale da renderne idrofobica la superficie interna. In queste condizioni il singolo cristallo si forma senza essere in contatto con la parete vetrosa, che altrimenti potrebbe fornire un elevato numero di centri di nucleazione (fig. 2-1).
Ottenere il dato di interesse (la struttura della molecola) dai dati sperimentali non è immediato. La trattazione teorica dimostra che esiste una precisa relazione tra l'onda elettromagnetica diffratta nella direzione indicata dal vettore S, caratterizzata da un modulo e da una fase, e rappresentata dal fattore di struttura T(S), e la densità elettronica della molecola r(r):
T(S) = F[r(r)]
dove il simbolo F rappresenta l'operazione matematica trasformata di Fourier. Verificate le opportune ipotesi è possibile scrivere la relazione inversa:
r
(r) = F-1[T(S)]dove F-1 è l'antitrasformata di Fourier. Il dato sperimentale, l'intensità della radiazione diffratta in una certa direzione, è legata al fattore di struttura dalla relazione:
I(S) = ½ T(S)½ 2
Poiché sperimentalmente si può determinare solo il modulo del fattore di struttura, sorge, anche per le molecole più semplici, il "problema delle fasi": tale problema può essere risolto in due modi. Una prima possibilità consiste nel partire da una struttura presupposta a priori (da altri dati sperimentali o da calcoli teorici) da cui ricavare (facendo la trasformata di Fourier) una fase di T(S) che aggiunta al modulo ricavato sperimentalmente permette (tramite l'antitrasformata di Fourier) di ricavare una nuova distribuzione elettronica r(r), da confrontare con il modello iniziale e utilizzabile per ripetere un'altra volta il ciclo di operazioni, fino ad arrivare a convergere su una certa struttura. La seconda possibilità è quella di utilizzare la funzione di Patterson, definita come:
P(r) = F-1[I(S)]
che si dimostra essere una mappa elettronica della molecola. Affinché tale mappa sia intelligibile è necessario inserire un atomo "pesante", cioè ricco di elettroni, che diventa così il "centro" della mappa elettronica, rispetto al quale si possono facilmente ricavare le posizioni degli atomi della molecola. Ovviamente l'applicazione di questi due metodi e in generale la rielaborazione dei dati sperimentali diventano sempre più difficili all'aumentare della complessità della molecola. La seconda grande difficoltà nella determinazione della struttura di macromolecole ad alta risoluzione tramite diffrazione di raggi X è proprio questa: è necessario avere un grande numero di informazioni sperimentali di vario genere per poter avere alcune strutture di riferimento, utili per potersi orientare inizialmente sulla struttura generale, mentre l'applicazione del metodo dell'atomo pesante richiede di operare un certo numero di sostituzioni isomorfe sul campione (si tratta cioè di inserire vari atomi pesanti, anche in successione, tramite lavaggi con soluzioni saline, sullo stesso campione cristallino). Il successo ottenuto recentemente nella determinazione della struttura del ribosoma, rispetto alle strutture disponibili già da tempo a 10-20A di risoluzione, è infatti principalmente dovuto, oltre al miglioramento delle tecniche strumentali e all'uso di radiazione di sincrotrone (particolarmente intensa) come radiazione incidente, all'uso coordinato di tutte le informazioni disponibili: strutture del ribosoma a più bassa risoluzione, ottenute anche con tecniche di microscopia crioelettronica e scattering di neutroni, strutture note delle singole proteine componenti il ribosoma, informazioni biochimiche sulla sequenza delle proteine e delle molecole di rRNA, unitamente ai metodi teorici che hanno permesso di individuare ad esempio, a partire da queste sequenze, le regioni a doppia elica dell'rRNA (3).