Nei vari paragrafi abbiamo
visto in che modo esiste un rapporto tra costituzione fisica
degli esseri umani e virus patogeni che infettano il corpo. Il
virus, contrariamente a quel che si crede, non è un batterio
puramente distruttivo, ma ha anch'esso la tendenza a vivere e
moltiplicarsi all'interno del suo habitat, in questo caso l'uomo
e tutti gli altri esseri viventi (animali e piante). Per cui
è l'uomo che deve essere in grado di sopravvivere all'infezione
subita.
Questo è stato possibile quando era ancora un cacciatore
nomade, perché la caccia lo costringeva all'agilità
e il nomadismo evitava il contatto prolungato con i virus siti
all'interno di un dato ambiente. Ma con l'avvento dell'agricoltura,
l'indebolimento fisico e la vita stanziale hanno favorito l'insorgere
di molte malattie, alcune anche catastrofiche, per cui c'era
solo un modo per compensare l'alta mortalità: l'alta natalità.
La storia evolutiva dell'uomo possiamo vederla anche come un
tentativo di emancipazione graduale per sfuggire alle condizioni
igieniche e abitative orribili: il miglioramento delle tecniche
agricole, le scoperte medico-scientifiche, l'urbanizzazione del
territorio
Le malattie possono distinguersi essenzialmente in tre tipi,
quelle infettive (pesti, Aids), quelle ambientali (l'inquinamento)
e quelle ereditarie (tumori, obesità). Nelle società
patriarcali, erano le prime ad essere determinanti per colpa
del generale impoverimento della vita. Ma con l'avvento dell'industria,
hanno preso il sopravvento le altre due: quelle ambientali a
causa dell'alta tossicità dei prodotti industriali, e
quelle ereditarie a causa del prolungarsi della speranza media
di vita (più lunga è questa vita, più facile
che emergano i difetti del DNA; ad esempio in passato uno moriva
per una pestilenza, mentre oggi muore per tumore).
Le malattie infettive falcidiano soprattutto i soggetti più
deboli: i bambini, le puerpere, gli anziani. Responsabili delle
infezioni sono soprattutto (ma non soltanto) due tipi di microrganismi:
i batteri e i virus. Ma, mentre nei confronti dei primi abbiamo
a disposizione più di un'arma, rappresentata sia da farmaci
specifici (gli antibiotici), sia da metodi di prevenzione (i
vaccini), nel secondo caso la lotta si combatte soprattutto sul
versante della prevenzione (vaccini soprattutto).
Infatti, i virus sono microrganismi strutturalmente più
semplici dei batteri, ma molto più insidiosi. Poiché
al di fuori della cellula infettata (e che suo malgrado li ospita),
non sono in grado di riprodursi, non possono essere raggiunti
facilmente dai farmaci, che dovrebbero per esempio riconoscerli
e bloccarli prima del loro ingresso nella cellula stessa. Una
strategia che non sempre garantisce risultati ottimali.
Le malattie infettive devono quindi essere considerate una minaccia
da non sottovalutare, anche nei Paesi più evoluti, e questo
per più di una ragione. Prima di tutto bisogna ricordare
che gli spostamenti di gruppi di popolazione sono un ottimo veicolo
per qualunque infezione. Le immigrazioni massicce (spesso in
condizioni di clandestinità, quindi di igiene precaria)
da un lato e, dall'altro, i viaggi (di lavoro o per turismo)
in aree un tempo non accessibili favoriscono il riemergere, nel
mondo sviluppato, di infezioni che si pensavano sotto controllo.
In secondo luogo, c'è il rischio che emergano nuovi virus
simili all'HIV/AIDS che l'organismo umano non riuscirà
a sopportare, virus con tassi di mortalità che oltrepassano
il 30% della popolazione totale. Certo non tutti moriranno, ma
aspettare che emerga il virus, che infetti milioni di persone,
che uccida i più deboli e che danneggi l'economia nel
suo complesso sarebbe assurdo: come dice il detto, prevenire
è meglio che curare.
L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO) ha calcolato
che il 90% delle morti nei Paesi in via di sviluppo sono causate
da polmonite, diarrea, tubercolosi, malaria, morbillo e HIV/AIDS.
Per alcune di queste malattie sono adesso disponibili cure a
basso costo, che potrebbero facilmente prevenire un gran numero
di decessi. L'incidenza della malaria, per esempio, potrebbe
ridursi nettamente con l'uso di zanzariere trattate con insetticidi;
medicine a basso prezzo sono disponibili per la tubercolosi.
L'ambiente urbano sovraffollato e la scarsa disponibilità
di servizi igienici e sanitari in questi Paesi, non aiutano però
a prevenire l'insorgere di nuove pestilenze.
Nel Terzo mondo, le disparità da un Paese all'altro possono
essere anche molto accentuate per via della presenza di retaggi
culturali che hanno radici profonde o per via di deliberate azioni
sociali e politiche; lo sviluppo dell'istruzione, e particolarmente
di quella femminile (per il ruolo determinante nell'allevamento
del bambino, l'igiene domestica, la preparazione del cibo), è
visto come una condizione necessaria di progresso sanitario.
Il fatto che alcuni Paesi islamici, nonostante discreti livelli
di sviluppo, abbiano ancora livelli di mortalità elevati
è stato messo in relazione con lo stato di subordinazione,
e con la mancanza di istruzione, della donna. (Livi Bacci, p.
205)
L'Aids è oggi il fenomeno più grave, perché
non si riesce ancora a debellarlo. L'infezione HIV/AIDS venne
identificata nel 1981 e definita e battezzata nel 1982, ma in
Africa centrale si trovava già in fase epidemica negli
anni '70, e vi sono tracce della sua apparizione in Congo nel
1959. Come l'infezione abbia potuto svilupparsi tra gli umani
non è stato ancora accertato al di là di ogni possibile
dubbio, anche se la trasmissione dalle scimmie appare un'ipotesi
plausibile. Una persona con l'infezione può trasmettere
il virus a una persona sana tramite il contatto sessuale o a
mezzo di trasfusioni o della condivisione di siringhe infette.
Donne con l'infezione possono trasmetterla al feto se incinte
e al bambino se allattano. (Livi Bacci, p. 269)
Si calcola che vi siano nel mondo 36 milioni di persone con l'infezione,
oltre due terzi delle quali nell'Africa subsahariana. I tassi
di prevalenza dell'infezione tra le persone adulte sono in genere
inferiori all'1%, ma superano il 2% nelle popolazioni caraibiche
e il 9% nell'Africa subsahariana. In queste zone, oltre il 20%
della popolazione adulta del Sudafrica risulta ammalata di HIV/AIDS,
ed oltre il 30% in Botswana e in Zimbabwe. Si calcola che nei
9 Paesi nei quali l'incidenza dell'AIDS è maggiore la
speranza di vita - in assenza dell'epidemia - avrebbe toccato
i 64 anni nel periodo 2000-2005, contro i 43 anni stimati attualmente.
(Livi Bacci, p. 272)
Quanto alle malattie ambientali, si stima che l'inquinamento
atmosferico uccida da 2,7 a 3 milioni di persone l'anno, di cui
circa il 90% nei Paesi in via di sviluppo. Le sostanze più
pericolose sono: il biossido di zolfo (derivante dalla combustione
di petrolio e carbone ad alto tenore di zolfo); i particolati
(prodotti da focolai domestici, impianti elettrici ed industriali
e motori diesel); il monossido di carbonio e il biossido di azoto
(derivanti dai fumi di benzina dei veicoli); l'ozono (dovuto
all'effetto della luce solare sullo smog generato dalle emissioni
dei veicoli) e il piombo atmosferico (derivante dalla combustione
del carbone o della benzina a base di piombo. (Unfpa, p. 43)
L'impatto si fa sentire fin dalla nascita, se non prima. L'esposizione
ad alcune sostanze chimiche di uso agricolo ed industriale e
a sostanze organiche inquinanti è associata a gravidanze
a forte rischio di aborto e a difficoltà di sviluppo,
morbi, mortalità neonatale e infantile, in particolare
nel primo anno di vita. L'esposizione a radiazioni nucleari e
ad alcuni metalli pesanti danneggia il patrimonio genetico. Sta
inoltre aumentando l'esposizione a nuove combinazioni di sostanze,
con rischi riproduttivi che si tramandano di generazione in generazione.
Indebolite da cattive condizioni generali di salute e da malattie
infettive e respiratorie, le donne sono molto più vulnerabili
durante la gravidanza e il parto, soprattutto se molto giovani
o vicine alla menopausa, o se hanno già avuto molti figli.
Possono anche essere più vulnerabili all'infezione da
HIV. (Unfpa, p. 45)
Alcune malattie sono particolarmente frequenti in famiglie o
in popolazioni ristrette, e questo ha portato alla constatazione
che esse potessero essere ereditarie. In effetti oggi sappiamo
che le malattie genetiche sono dovute ad un'alterazione presente
nel DNA. Le malattie si dividono così in malattie monogeniche
se sono dovute all'alterazione di un solo gene, oppure poligeniche
se sono dovute alla concomitante alterazione in parecchi geni.
Con questi geni fuori uso, enzimi o altre proteine molto importanti
non vengono prodotti o lo sono nella forma sbagliata, con gravi
menomazioni o addirittura seri rischi per la sopravvivenza.
L'ingegneria genetica è una scienza piuttosto giovane,
la cui data di nascita viene fissata nei primi anni '70, e in
questo breve periodo ha compiuto passi da gigante. Dalle prime
incerte manipolazioni del DNA e dalle prime decodifiche di alcuni
suoi tratti, oggi si è arrivati alla conclusione di un
progetto molto più ambizioso e sistematico: la lettura
del DNA umano. Adesso che tutti i geni del DNA (38-40 mila) sono
stati decodificati, si tratta di capire esattamente quale sia
la loro funzione, cioè quali proteine producano, e questo
lavoro richiederà ancora diverso tempo.
Molti ricercatori hanno segnalato l'importanza di conoscere per
intero la sequenza del DNA umano, sia per migliorare le conoscenze
in campo biologico sia per capire più a fondo le malattie
genetiche, le cui cause sono nascoste fra le decine di migliaia
di geni che compongono il menoma umano. (Angela, p. 485-486)
Si tratta di un campo complesso e difficile, il cui sviluppo
farà sorgere numerosi problemi etici e morali. È
chiaro che si arriverebbe - tecnologie genetiche permettendo
- ad una progressiva manipolazione dell'individuo. Uno dei vantaggi
dell'accumularsi di tutte queste conoscenze sui meccanismi base
della vita è stato di poter mettere a punto sistemi diagnostici
sempre più precisi e precoci sulle malattie ereditarie.
Bibliografia:
Angela Piero,
Viaggio nella scienza, Mondadori SuperMiti '02.
Livi Bacci Massimo, Storia minima della popolazione del mondo,
Il Mulino '02
Unfpa, Lo stato della popolazione nel mondo 2001, edizione italiana
a cura di AIDOS |