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a) Cenni propedeutici |
La storia della popolazione si
dispiega in tre periodi storici, ognuno caratterizzato da situazioni
ambientali, sociali, economiche e culturali profondamente diverse
le une dalle altre; le scelte in campo procreativo ne sono state
una conseguenza diretta. Nel Paleolitico la vita nomade, la necessità di accudire i figli fino alla loro adolescenza, l'assenza di uno spirito sociale ben radicato, tutti questi fattori incidevano nella selezione naturale del numero di figli: oltre agli aborti si praticavano addirittura gli infanticidi. Con l'avvento dell'agricoltura, la situazione mutava profondamente. Il lavoro agricolo necessitava di numerose braccia, la vita in comunità alimentava il mito della famiglia patriarcale, le guerre per procacciarsi nuove terre da coltivare falcidiavano tanti giovani soldati. In conseguenza di ciò, i figli erano una ricchezza. Avere una numerosa discendenza era considerato doveroso, quasi un imperativo morale. L'era industriale (vale a dire la nostra era) possiamo considerarla un ritorno al passato, alla selezione delle nascite (ma senza il corollario dell'infanticidio). Il processo di inurbamento, le scoperte medico-scientifiche (con conseguente "esplosione demografica" dovuta alla minore mortalità), la nuova concezione di status sociale (non più data da fattori ereditari ma dalla capacità di costruirsi una posizione), la graduale proibizione del lavoro minorile e il diffondersi dell'istruzione (con il conseguente passaggio dei figli da fonte di ricchezza a fonte di costi), hanno reso necessaria la selezione. Ma osserviamo analiticamente tale evoluzione, incominciando dal Paleolitico. |
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