Università degli studi di Catania

 

 

 

 


Facoltà di Ingegneria

Dipartimento Elettrico, Elettronico e Sistemistico

 

 


Corso di Misure Elettriche

A.A. 2003-2004

 

 


Prof. Ing. Nicola Pitrone

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodo Potenziometrico per la misura di F.E.M. Costante

 

 

 

 

 

Gruppo di lavoro:

 

Marco

Francesco

Stefania

Carlo

Marco                                                         


Introduzione al metodo

 

Il metodo potenziometrico è utilizzato per l'esecuzione di misure di tensione con una incertezza minore di quella che può essere ottenuta mediante l'uso di strumenti tarati. In questo metodo la tensione incognita viene confrontata con quella di un campione oppure con una sua frazione nota: utilizzando un opportuno strumento rivelatore di zero si ottiene la lettura diretta del valore della tensione incognita.

 

Si evidenzia la grande precisione con cui è possibile ottenere la misura grazie al fatto che il potenziometrico

 

  • E’ un metodo diretto: la misura viene fatta per confronto diretto con una grandezza campione, che di norma ha un elevatissimo indice di precisione. Questo elimina il propagarsi degli errori nelle misure indirette.

 

  • E’ un metodo di zero: la precisione è limitata soltanto dalla sensibilità, anch’essa molto elevata, dello strumento rivelatore. Ciò significa che molti fattori di influenza, che in altri metodi limitano l’accuratezza, sono irrilevanti; uno fra tutti è un’eventuale non linearità dello strumento.

 

  • E’ un metodo di sostituzione: Il confronto con la f.e.m. campione si effettua sostituendo quest’ultima con quella incognita. Ciò permette, sotto certe ipotesi, di poter trascurare le tolleranze dei componenti usati nella misura.

 

Ciò presuppone che il valore della grandezza da misurare sia approssimatamene noto a priori e che tale metodo serva per una valutazione accurata dello stesso.

 

Esecuzione della misura

 

Consideriamo lo schema in figura:

abbiamo una maglia di alimentazione composta da un alimentatore che fornisce una f.e.m. continua E, che in genere è dell’ordine dei 12V; un interruttore T, un resistore variabile R, che costituirà il primo elemento della taratura del nostro potenziometro; un microamperometro mA che ci fornirà una prima indicazione della corrente nella maglia di alimentazione e due resistori variabili R1 e R2 la cui somma delle resistenze nota è fissa per tutto il resto della misura. Per tali resistori risulta conveniente l’utilizzo di cassette di resistenze a decadi per la lettura diretta del valore resistivo.

La seconda maglia sarà composta dal resistore R2, da un resistore variabile Rs che ci servirà a regolare la sensibilità del galvanometro che segue. Questo resistore è il secondo elemento di taratura del metodo. Segue un tasto T1 che serve fondamentalmente a consentire il passaggio della corrente nella maglia per brevi intervalli di tempo. La maglia si chiuderà infine, a secondo della posizione del deviatore T2 su una fonte di f.e.m. incognita (qui indicata con Ex) o sul potenziale campione, che in misure di elevata precisione può essere una pila campione di Weston satura (1,01859 V). Supponendo di utilizzare tale campione, impostiamo le decadi di R2 sul valore di 10185,9 W. Per operare semplicemente con le cassette di resistenza è possibile impostare il semplice complemento a 10 di ogni decade delle due cassette, in questo caso R1+R2=111111 Nelle applicazioni, è utile poter disporre anche di resistori vari

 ma si eviterà di dover effettuare sottrazioni troppo complesse, per esempio, si avrà:

 

                                   R1       =          1          0          1          8          5          ,           9

 

            R2       =          9          10        9          2          5          ,           1

 

Agendo sul reostato R, facciamo in modo che il microamperometro indichi una corrente di 100 mA.

A tal punto si agisce alternativamente su Rs (via via decrescente) e R allo scopo di portare la corrente misurata nella seconda maglia a zero, nei limiti della sensibilità del galvanometro. Una volta ottenuta questa condizione siamo sicuri che nella prima maglia scorreranno i 100 mA (con una precisione superiore a quella del microamperometro), e che sulla R2 cadranno proprio 1,01859V.

Terminata la taratura del sistema di misura, passiamo alla valutazione di Ex: impostiamo il valore delle cifre di R2 su quelle che grossolanamente sono note da una prima misurazione di Ex (per esempio ottenuta con un tester). Di conseguenza impostiamo la R1 per avere il complemento a 10 (così siamo ancora sicuri che nella prima maglia scorrano con accuratezza 100 mA). Partendo da elevati valori di Rs, andiamo via via a perfezionare le cifre di R2 (e di R1): il nostro scopo è ottenere una lettura nulla del galvanometro. Quando ciò avviene per Rs=0, il valore della R2 sarà proporzionale a quello della Ex (con fattore di proporzionalità 10000): di fatto le cifre sulla cassetta di R2 saranno quelle di Ex.

Un altro problema è quello di verificare che la corrente sia rimasta costante durante tutta la misura, per accertarsi che il valore numerico ottenuto abbia senso. Si potrebbe pensare di affidarsi, per tale verifica, alla lettura del microamperometro. Ma questa scelta si rivela inaffidabile perché tale strumento non ha una precisione adatta a quella della misura (potrebbe non rivelare una variazione di corrente tale da compromettere la misura stessa).

Il metodo che si utilizza, allora, è quello di eseguire un terzo equilibrio: dopo aver realizzato un equilibrio con Ec e quello con Ex si inserisce nuovamente Ec e si verifica se, usando lo stesso valore di R impiegato in fase di taratura, il potenziometro è ancora in equilibrio. Se ciò accade si è sicuri che la corrente è rimasta costante durante tutta la misura.

 

 

Considerazioni sul metodo

 

Può essere conveniente utilizzare al posto di una singola R due resistenze variabili, una più grossa per fissare approssimativamente l’ordine di grandezza e una più piccola per avere più precisione.

Bisogna sempre verificare, nota la Ex, che l’ultima cifra di R2 sia significativa: potrebbe infatti accadere che variandola, nonostante G sia alla massima sensibilità non riveli nessuna corrente (la sensibilità di G non è abbastanza elevata).

Un beneficio molto importante del metodo è che consente di effettuare misure di tensione, senza prelevare corrente dalla fonte della Ex. Questo consente di escludere effetti di carico del sistema di misura.

Dal momento che possiamo prelevare la Ex anche da cadute di potenziali ai capi di resistori percorsi da corrente, una volta noto con precisione il valore di R, è possibile ricavare il valore della corrente che la percorre. Applicazioni dirette di queste misure di tensione o corrente sono le tarature di voltmetri o amperometri con piccolo indice di classe.

 

Precisione

 

Per il calcolo della precisione che caratterizza la misura effettuata col potenziometro si considera la relazione che lega la tensione campione a quella misurata:

Innanzitutto vediamo come siamo arrivati a questa reazione: considero la maglia d’ingresso senza il reostato R:

 

  • Nella prima fase: VR2 = R2I                             con   I = E / (R1 + R2)

VR2 = E x R2/(R1+R2)

VR2=Ec    a Ec = E x R2/(R1+R2)                     con   R1 + R2=cost

  • Nella seconda fase:      Ex = R2*I = E x R*2/(R*1+R*2) con   R*1 + R*2=cost

Dividendo membro a membro la seconda per la prima si ottiene: (1)

Per ottenere la precedente formula si è ipotizzato che la corrente si mantenga costante nelle due fasi della misura. Parlando, però, di precisione della misura si dovrebbe tenere conto dell’eventuale errore che può essere causato da una variazione indesiderata della corrente nella maglia d’ingresso tra il primo e il secondo equilibrio.

A rigore le equazioni che regolano i due equilibri sono:

dove I è la corrente nella maglia d’ingresso in condizioni di equilibrio iniziale e I* è la corrente nella maglia d’ingresso al secondo equilibrio.

Facendo il rapporto membro a membro:

        (2)

All’atto del calcolo della precisione della misura si dovrebbe tener conto di quest’ultima equazione, tuttavia considereremo (1) e tale semplificazione è lecita solo se il rapporto I* / I è rigorosamente unitario, per questo devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  • impiegare accumulatori che diano f.e.m. costante;
  • evitare le f.e.m. parassite;
  • utilizzare resistenze stabili a regime termico e senza incertezze nei contatti;

La precisione della misura è tanto più alta quanto più vicini sono fra loro i valori di Ex ed Ec: nel potenziometro va impiegata una pila campione dello stesso ordine di grandezza della tensione incognita. Consideriamo:

             con scarto trae

allora la (1) diventa:

Quanto più Ec è prossima ad Ex, tanto più DR<<R2 e quindi tanto meno influente sarà l’errore su R2 nei riguardi dell’errore totale; per Ec ≈ Ex si può trascurare l’errore su R2 ottenendo:

dove:

            ex : errore relativo sulla Ex

                ec  : errore relativo sulla Ec

            s : sensibilità della misura, il doppio contributo è dovuto al fatto che si devono realizzare due equilibri.

 

Sensibilità

 

Il problema della sensibilità può essere affrontato da due diversi punti di vista,

1)      punto di vista sperimentale

2)      punto di vista teorico

 

Dal punto di vista sperimentale, la sensibilità di una misura é definita come

 

                                                                        (*)

 

dove dx è la più piccola variazione rilevabile della grandezza incognita x.

Consideriamo una variazione finita Dx e supponiamo che ad essa corrisponda uno spostamento Dl dell’indice del rivelatore di zero. Per piccole Dx vale la seguente relazione lineare

 

                        

passando al limite

 

 

facendo il rapporto membro a membro delle due relazioni precedenti, otteniamo

 

da cui posso ricavare

 

 

Sostituendo quest’ultima equazione nella (*) otteniamo l’espressione sperimentale della sensibilità:

 

Per la determinazione teorica della sensibilità consideriamo gli effetti sul galvanometro dovuti ad una piccola variazione DR della resistenza Rr attorno al valore di equilibrio applicando l’equivalente di Thevenin ai morsetti A-B:

Per calcolare la Eeq della rete equivalente di Thevenin consideriamo che essa è la tensione che compare ai morsetti A-B a vuoto:

Eeq = VR2

La f.e.m. risultante alla serie di Eeq ed Ex è:

DE = Eeq - Ex = VR2 – Ex

La resistenza vista ai morsetti A-B quando E è azzerata è :

Req = R2//(R1+R2)

Per far circolare la corrente Im  minima rivelabile dal galvanometro di resistenza interna Rg deve essere:

DE = (Req + Rg + Rx) * Im

Questa relazione fornisce il valore della minima variazione di tensione intorno all’equilibrio se usata alla minima corrente rivelabile dal galvanometro: a parità di galvanometro la misura è tanto più sensibile quanto più piccole sono le resistenze in gioco.

 

Misura di  piccole  f.e.m.

 

 

Nel caso in cui è necessario misurare delle piccole f.e.m,come ad esempio quelle di una termocoppia, si utilizza una variante in cui è presente un divisore di tensione. La R utilizzata è pari a R1+R2, è da notare che nel ramo di alimentazione scorrerà sempre la stessa corrente. Infatti la resistenza a valle di T1 è sempre 100R. Inizialmente ambedue i deviatori commutano a destra: è possibile tarare la cassetta R2. Ultimata la taratura del sistema, facendo commutare T1 e T3 a sinistra è possibile ottenere il valore Ex/100.

 

Considerazioni sugli strumenti

 

Reostato

I reostati sono resistori variabili che consentono la regolazione continua senza interruzione di tensioni alternate o continue.

Essi vengono impiegati, nelle applicazione più svariate come regolatori di tensioni o di correnti e come carichi variabili. Essi sono dunque in grado di dissipare anche notevoli potenze per le applicazioni cui sono destinati.

La loro costruzione, in generale, è realizzata su di un supporto di porcellana ad alta resistenza termica ed elettrica sul quale viene avvolto un filo di costantana ricotto ed ossidato che garantisce un basso coefficiente di temperatura.

Il reostato deve essere considerato come un variatore di potenza infatti la sua disposizione sia in serie che in parallelo all’utilizzatore modifica la resistenza equivalente del generatore.

 

 

Resistenza a cassette

Il resistore a cassetta è un tipo di resistore variabile che viene realizzato raggruppando in modo diverso, in serie o parallelo, più resistori di valore noto, costruiti con modalità analoghe a quelle usate per i campioni fissi. In essi, l’inserzione avviene mediante la manovra di spine coniche che inseriscono o cortocircuitano singoli resistori.

In questo modo ad esempio con 4 resistori di valore 1-2-2-5 W si possono realizzare tutti i valori interi compresi tra 1 e 10 W, e così per le decadi successive cosicché bastano, ad esempio, 12 resistori per realizzare tutti i valori interi da 1 a 1110 W.

 

 

 

Il potenziale Campione

Un campione è, classicamente, un "oggetto" che materializza una grandezza fisica in quantità nota con grande precisione. Scopo principale dei campioni è quello di permettere la "taratura" degli strumenti di misura: per convenzione si assume che in questo caso il valore del campione sia esente da incertezza e rappresenti quindi un "valore vero convenzionale"; perchè ciò sia lecito il campione deve essere di classe migliore dello strumento sotto taratura.

Per evitare inutili costi di taratura si deve evitare di scegliere un campione di precisione esuberante rispetto a quella dello strumento da tarare: di solito si accetta l'uso di campioni di classe tale da garantire un'incertezza minore di un ordine di grandezza di quella presunta per lo strumento da tarare. La caratteristica principali dei campioni è la stabilità a lungo termine.

I campioni di tensione che possono essere utilizzati nei metodi potenziometrici sono le pile Weston e gli stabilizzatori a diodo zener.
Le pile Weston vengono suddivise in due classi (pile sature e pile insature) a seconda dello stato della soluzione di solfato di cadmio. Le pile sature godono di una elevatissima precisione e stabilità nel tempo: il valore della loro tensione è di 1,01863 V (alle temperatura di 20 °C) e diminuisce di circa 40mV per ogni grado di aumento della temperatura.
Le pile Weston non sature hanno precisione e stabilità assai inferiori: il valore della tensione sviluppata a 20 °C è infatti compreso fra 1.0190 e 1.0194 V e tende a variare nel tempo per effetto della evaporazione del solvente. Per contro la pila non satura ha una discreta stabilità in temperatura dato che la sua tensione subisce una diminuzione di soli 5 mV per ogni grado di aumento della temperatura.
Il principale limite offerto dalle pile Weston è la loro impossibilità di alimentare un carico: la corrente che esse possono erogare, per breve tempo, è limitata ad 1 mA.

I circuiti stabilizzatori a diodo zener sfruttano la forte non linearità della caratteristica corrente-tensione di questo componente per ottenere una tensione di uscita indipendente dal valore della tensione di ingresso.
Gli stabilizzatori a diodo zener sono in grado di erogare una corrente non trascurabile, ma devono essere stabilizzati in tensione perchè lal loro caratteristica corrente-tensione è fortemente influenzata dalla temperatura a cui si trova la giunzione. Spesso si collega un diodo convenzionale in serie allo zener poichè le variazioni dell due caratteristiche tendono a compensarsi vicendevolmente.

 

Il galvanometro

Nei galvanometri moderni la necessaria sensibilità si ottiene mediante l'uso di una catena di amplificazione che aumenta l'ampiezza del misurando fino a renderla apprezzabile dal rivelatore posto al termine di essa. Il principale problema che la amplificazione introduce è costituito dalla presenza dell'offset di uscita che affligge ciascun amplificatore operazionale inserito nella catena di amplificazione: l'offset dei primi stadi viene amplificato dai successivi assieme al misurando ed impedisce di poter rilevare con sicurezza lo stato in cui il misurando si annulla.
L'offset di un operazione è costituito da una tensione continua, variabile in maniera estremamente lenta a causa principalmente delle variazioni della temperatura ambientale e dell'invecchiamento dei componenti.

 

Dispositivo di Kelvin-Varley

 

Il dispositivo di Kelvin-Varley serve per effettuare in modo accurato la partizione di tensione che si usa nel metodo potenziometrico. Esso è costruito sfruttando la serie fra 11 resistenze di valore pari a R, più una resistenza di valore 2R, che è connessa alla struttura tramite la seguente configurazione di cursori mobili:

 

figura 1

 

Se sulla resistenza di valore 2R pongo un cursore mobile, come in figura, posso, al variare di esso e della resistenza 2R, prelevare in uscita una tensione variabile con continuità nel range [0,Vi].

Spostando la resistenza di valore 2R si ottengono variazioni di  Vi per volta mentre spostando il cursore si ottiene una variazione “fine” in un range ridotto. Contemporaneamente, però, la resistenza totale vista ai morsetti d’ingresso è costante e vale 10R, perché:

 

                                                      - 0.1 -

 

quindi questo dispositivo si può usare nel potenziometro per effettuare la partizione mantenendo la corrente costante nella maglia d’ingresso.

La resistenza 2R della figura 1, può essere realizzata con un ulteriore sistema di partizione, costituito da 11 resistenze di valore R ciascuna ed una resistenza da R collegate come segue:

 

figura 2

 

Si nota che la resistenza totale del sistema in figura 2 è ancora 2R.

L’utile di quest’ulteriore partizione è quello di consentire una regolazione ancora più accurata, infatti, se variando la posizione dei cursori A e B si varia la tensione di  per volta, spostando i cursori C e D la tensione varia di per volta.

 

Proseguendo in questo modo si possono realizzare dispositivi capaci di effettuare regolazioni sempre più accurate. Esistono, però, delle limitazioni al numero di partizioni che si possono effettuare, infatti, andando avanti col numero di partizioni si dovrebbero usare resistenze sempre più piccole con conseguente introduzione del problema delle resistenze di contatto; non è, pertanto, da sottovalutare il costo che comporterebbe l’utilizzo di un gran numero di resistenze di precisione.