|
Talora indicato anche come G. III o G. IV fu l'unico figlio maschio di Ranieri, marchese di Monferrato, e di Gisla (o Gisella) figlia di Guglielmo di Borgogna e sorella di Guido, poi papa Callisto II. Costei era stata moglie in prime nozze del conte Umberto II di Savoia dal quale aveva avuto Amedeo e Adelaide: G. era quindi fratello uterino del conte di Savoia Amedeo III e poiché Adelaide sposò il re di Francia Luigi VI, fu anche cognato di quest'ultimo. Si presume che G. sia nato poco dopo il 1110: doveva infatti aver raggiunto la maggiore età prima del 28 marzo 1133, quando compare accanto ai genitori in una donazione di terre in favore dell'abbazia di S. Maria di Lucedio.
Sempre prima di tale data aveva sposato "lulitta filia Lupaldi ", cioè dì Leopoldo III di Babenberg duca d'Austria, sorella di Corrado III re dei Romani e di Federico di Svevia, padre dell'imperatore Federico I, del quale perciò G. fu zio. Per nascita e per matrimonio egli era dunque strettamente imparentato con i più potenti regnanti dell'Europa Occidentale. Dal matrimonio nacquero cinque maschi: Guglielmo (detto Lungaspada), Corrado, Bonifacio, Federico e Ranieri, tutti ancora pueri nel 1164; e 4 le femmine Agnese, Alasia e una terza di cui non è noto il nome.
Il padre morì poco dopo il gennaio 1135, lasciando a G. la successione nel Marchesato. Subito, a quanto pare, egli si inimicò il ramo della famiglia detto dei figli di Ardízzone che, in opposizione a lui, il 24 maggio di quell'anno fece omaggio delle sue terre al Comune di Asti: esse erano state concesse al marchese Ranieri dall'imperatore Enrico V, concessione ripetuta da Corrado III nel 1152 e da Federico I nel 1178.
Fra il 1141 e il 1147 G. confermò, in quanto alto signore, alcune donazioni di terre fatte da suoi vassalli a enti religiosi, ma nell'aprile dei 1144 una lettera dell'arcivescovo di Milano rivela che egli, in accordo con il cardinale Goizone, era fra i sostenitori dei canonici di S. Ambrogio nella lite con i monaci, segno che sin d'allora perseguiva obiettivi politici di gran lunga trascendenti gli interessi di un piccolo signore locale.
Il 7 giugno 1147 nel castello di Lu dispose una donazione in favore della canonica di S. Albino di Mortara; solo dopo questa data, dunque, avvenne la sua partenza per la seconda crociata al seguito dei re di Francia Luigi VII, accompagnato da uomini del suo Marchesato. Raccoltisi a Metz i crociati francesi raggiunsero Worms e qui si divisero in due contingenti, uno dei quali fu poi affidato al comando di G. e del fratello Amedeo di Savoia; essi si avviarono verso Costantinopoli attraverso l'Austria e l'Ungheria seguendo i Tedeschi di Corrado III.
In seguito anche
G. e Amedeo passarono ai suoi ordini e, mentre i Francesi proseguivano la
loro marcia, essi tornarono a Costantinopolì dove, ben accolti dall'imperatore
Manuele Comneno, trascorsero l'inverno raggiungendo poi per mare Acri e Gerusalemme.
Il 24 giugno nell'assemblea generale dei crociati a Tolemaide, in cui si decise
di attaccare Damasco, e segnalata anche la presenza dì G., che dovette
partecipare all'assedio della città benché le fonti non lo menzionino
esplicitamente. Dopo l'insuccesso della crociata, G. si imbarcò in
settembre ad Acri e approdò, con Corrado III, a Tessalonica dove entrambi
vennero invitati a trascorrere un altro inverno a Costantinopoli ospiti, ancora
una volta, del Comneno. In tale occasione fra questo e G. si stabilì
una duratura amicizia.
Nella primavera seguente i due salparono da Durazzo giungendo
il 1° maggio 1149 ad Aquileia e l'8 G. fu a Gemona del Friuli, all'emissione
di un diploma concesso da Corrado III. Nei mesi seguenti fu prima a Susa,
teste a una donazione dei conte di Savoia in favore dei monastero di Lucedio
quindi, nel giugno del 1150, giurò la Compagna di Genova promettendo
di partecipare all'esercito con io cavalieri, e ai Parlamenti quando fosse
stato presente in città. In uno di questi, tenuto nella chiesa di S.
Lorenzo, si dichiarò soddisfatto, per la somma di 500 lire e la concessione
di una casa in città, di quanto il Comune gli doveva in seguito ai
servizi prestati dal padre, appianando nel contempo le controversie con esso
pendenti per il castello di Parodi. Secondo il cronista Ottone Morena nel
1153 G. avrebbe portato in Germania a Federico I, da poco eletto imperatore,
le proteste dei Lodigìani oppressi dai Milanesi, notizia plausibile
ma non confermata da altre fonti. Dopo essere stato battuto, il 2 sett. 1154,
in battaglia dagli Astigiani, egli, insieme con il vescovo di Asti - fra il
30 novembre e il 6 dicembre - presentò a Federico I, alla Dieta di
Roncaglia, le sue querele contro quel Comune.
Nel gennaio del
1155 era al seguito dell'imperatore a Casale e a Rivarolo Canavese, e infine
ad Asti, giacché la città - secondo Ottone Morena - sarebbe
stata affidata al governo di G., dopo la punizione subita. Dal 4 febbraio
al 20 aprile partecipò all'assedio e alla distruzione di Tortona ed
era ancora ivi presente in maggio quando i Pavesi affrontarono i Milanesi
venuti a ricostruire la città.
Lo ritroviamo nelle sue terre il 1° sett. 1155 quando ricevette dal vescovo
di Vercelli l'investitura di Trino; in esse si fermò sino all'anno
successivo confermando il 12 aprile beni e privilegi della chiesa di S. Maria
di Crea e il 4 maggio quelli del monastero di S. Vittore di Grazzano; ma già
il 17 giugno era presente a un diploma dato da Federico I a Würzburg,
ricevendo da lui in quello stesso giorno la conferma dell'investitura di Trino.
Il 13 giugno dell'anno dopo partecipò, con i Pavesi, alla difesa di
Vigevano: qui fu catturato dai Milanesi, ma liberato in tempo perché
potesse essere ai primi di novembre nuovamente presso l'imperatore a Dôle,
in Borgogna.
Fra aprile e
giugno del 1158 fu occupato a Moncalvo, a Caselette e a Gassino Torinese in
atti amministrativi con i suoi sudditi, presto richiamato però da quanto
accadeva in Lombardia: il 1° settembre fu fra coloro che accolsero gli
ostaggi del Comune di Milano dopo la sua prima capitolazione davanti all'imperatore,
il quale l'8 di quel mese, in un diploma indirizzato ai conti di Biandrate,
lo menziona come pari di curia dei vescovo di Torino. Doveva essere presente
(anche se non nominato dalla fonte) a Occimiano il 2 febbr. 1159; subito dopo
Federico I designò come basi militarmente sicure gli inespugnabili
luoghi monferrini di Verrua, Serralunga e Lu, scelta che non poteva avvenire
senza il gradimento di G.; in giugno era di nuovo a Lodi accanto all'imperatore.
Seppe certo destreggiarsi abilmente fra i due sommi poteri
poiché, pur risultando compreso tra coloro che furono scomunicati il
12 marzo 1160 dal legato di Alessandro III (Gesta Federici,
p. 40), appare in buoni rapporti con il papa che, nell'aprile successivo,
prese sotto il suo patrocinio l'ospedale di Felizzano da lui fondato. Il 9
ag. 1160 partecipò con Federico alla battaglia di Carcano e il 26 in
Pavia promise con altri signori lombardi di fornire uomini a presidio della
città sino alla successiva Pasqua. Fu coinvolto nelle operazioni contro
Milano presenziando a diplomi emessi da Federico I il 30 maggio 1161 o "ante
portas Medyolanensis civitatis tempore vastationis" e, quindi, il 1°
settembre a Landriano; in ottobre presidiò per suo ordine il castello
di Mombrione presso S. Colombano al Lambro. Era sempre con lui a Lodi nel
gennaio e febbraio 1162, poi da aprile a giugno in Pavia dopo la distruzione
di Milano, seguendolo in agosto a Torino e in settembre a Saint-Jean de Losne
in Borgogna.
Tornò a occuparsi delle sue terre, con acquisti di nuovi
possessi e l'investitura di vassalli, da giugno a settembre dell'anno successivo,
in Ciriè e in Torino. Ottenne da Alessandro III di dare all'abbazia
di Fruttuaria la chiesa di S. Maria di Gamondio ricevendo in cambio S. Maria
della Rocca dove intendeva fondare un suo monastero. Era nuovamente alla corte
di Federico a Monza il 6 dic. 1163 e poi in agosto e in settembre del 1164
a Pavia; il 5 ottobre successivo a Belforte, presso Como, per gli ottimi servizi
resi all'imperatore, ottenne da lui tre diversi diplomi con i quali ricevette
in dono e in conferma le località ivi singolarmente nominate, che costituivano
in quel momento il suo dominio. Nel ripartire, subito dopo, per la Germania,
l'imperatore affidò alla sua custodia il figlio primogenito Federico.
É databile fra 1164 e 1169 una lettera di G. a Luigi
VII di Francia con la quale si scusa di non avergli ancora inviato un suo
messo in attesa che altri messaggeri tornino da Costantinopoli e dalla Germania;
a sua volta una lettera di Giovanni di Salisbury ci informa che, in luglio
o in agosto 1166, inviati di G. richiesero in sposa al re d'Inghilterra Enrico
II una figlia per uno dei suoi figli promettendo in cambio di adoperarsi presso
il papa per la deposizione di Thomas Becket; tale tentativo rimase senza effetto,
ma le due lettere rivelano l'ampiezza delle relazioni e le ambizioni coltivate
da Guglielmo.
Il 28 genn. 1167 era nuovamente con Federico a Parma. Tornato nel Marchesato, il 20 febbraio fece una donazione al nuovo monastero di S. Maria della Rocca e seguì poi Federico I nella spedizione romana; il 26 settembre era di ritorno in Pavia e partecipava alle scorrerie contro i territori di Milano e Piacenza, che nel frattempo avevano aderito alla Lega lombarda. Quando, nel marzo del 1168, anche Como fu costretta a fame parte, dovette promettere, fra l'altro, che non avrebbe firmato in alcun modo la pace con Guglielmo. I Comuni della Lega lo stringevano ormai da vicino: egli dovette infatti venire a patti il 26 marzo 1170 con Vercelli, e la stessa Pavia fu indotta a schierarsi contro di lui; nel maggio 1171 accettò di restituire a Genova il castello di Parodi e in novembre dovette cedere anche di fronte a Ivrea; il 19 giugno seguente la Lega lo sconfisse nel suo stesso territorio presso Mombello Monferrato costringendolo a giurare obbedienza e ad accettare poco dopo anche le condizioni impostegli dagli Astigiani.
Dall'ottobre
1174 all'aprile dell'anno dopo, appena Federico I fece ritorno in Italia,
partecipò con lui al fallito assedio di Alessandria e poi alle trattative
con la Lega, presso Montebello, nel territorio di Pavia. Presenziò
ancora a diplomi emessi dall'imperatore in questa città il 21 ag. 1175
e il 29 luglio 1176 dopo la sconfitta di Legnano, in cui G. non fu direttamente
coinvolto. Il 27 agosto promise assistenza ai Genovesi anche Oltremare, salvo
che nel comitato di Giaffa di cui stava per essere investito il suo primogenito
Guglielmo Lungaspada.
Ritroviamo G. al seguito dell'imperatore con il secondogenito
Corrado nel gennaio 1178 ad Asciano nel contado di Siena, a Pisa, a Pavia
e a Torino; il 14 luglio era a Briançon dove si fece confermare i diplomi
degli imperatori Enrico V e Corrado III circa i beni degli Ardizzoni. È
questa l'ultima volta in cui è attestata la presenza di G. accanto
a Federico I: successivamente egli tentò, insieme con gli irrequieti
figli, di seguire una politica propria che lo portò a urtarsi direttamente
con gli interessi dello Svevo. Già il 13 giugno 1178, in piena autonomia,
aveva preso accordi con gli Alessandrini mentre si facevano pìù
stretti i rapporti da tempo intrattenuti con l'imperatore d'Oriente Manuele
Comneno divenuto allora diretto antagonista dei Barbarossa in Italia.
Nell'autunno
1179 Ranieri, figlio minore di G., fu chiamato a Costantinopoli dove l'anno
dopo sposò Maria, figlia di Manuele; l'altro suo figlio Corrado (non
senza il consenso di G.) giunse nel settembre 1179 a imprigionare il cancelliere
imperiale Cristiano di Magonza, liberato poi dietro riscatto. Il grave atto
di ribellione risultava già ufficialmente perdonato da Federico l'8
ag. 1182 allorché G. e i suoi figli promettevano ai Vercellesi di raccomandarli
alla sua buona grazia; ma da allora lo stretto rapporto fiduciario che per
decenni G. aveva intrattenuto con Federico I appare compromesso per sempre:
i Monferrato nel 1183 vennero infatti dei tutto ignorati nella pace di Costanza
e nei patti che l'imperatore strinse con Alessandria.
Da quell'anno, peraltro, il governo de Marchesato risulta ormai affidato ai
figli Corrado e Bonifacio e vi è motivo di credere che G. avesse preso
la croce e attendesse, vivendo privatamente, il momento propizio per affrontare
il viaggio verso la Palestina dove intendeva recare assistenza al nipotino
Baldovino V, figlio di Guglielmo Lungaspada, incoronato re di Gerusalemme
appunto nel novembre del 1183. Benché ciò non sia direttamente
documentato, è possibile che G. abbia ancora incontrato Federico I,
essendo entrambi presenti in Pavia nel settembre 1184 e nel febbraio 1186.
La partenza di G. avvenne certamente dopo il 22 maggio di quell'anno, giorno
in cui ricevette la fedeltà degli uomini di Felizzano, e giunse ìn
Terrasanta prima dell'agosto poiché trovò ancora in vita il
piccolo Baldovino che morì in settembre. Nel luglio dei 1187 G. partecipò
alla battaglia di Hattin rimanendo prigioniero del Saladíno vincitore
e fu poi riscattato dal figlio Corrado dopo l'epica difesa di Tiro, ultimo
bastione del Regno cristiano in Oltremare.
Corrado nei diplomi da lui emessi come signore di Tiro si definisce nel maggio
1191 per l'ultima volta "filius marchionis Montisferrati", e G.
viene indicato per la prima volta come quondam nel dicembre dì quell'anno:
egli morì dunque a Tiro probabilmente nell'estate dei 1191.
Secondo l'elogio
fattogli da Ottone di Frisinga, G., definito uomo nobile e grande, fu quasi
l'unico fra i principi d'Italia a sfuggire al dominio delle città.
Può essere considerato il vero organizzatore del Marchesato di Monferrato
come realtà territoriale e signorile, in contrapposizione alla crescente
potenza dei Comuni cittadini di Genova, Asti e Vercelli (cui si aggiunse ben
presto Alessandria) che lo circondavano da ogni parte. Ne accrebbe il territorio
acquistando nuovi diritti ora con denaro (nel 1153 Rocca Canavese e Rivara)
nel 1163 Leinì e Brandizzo, nel 1165 Mombercelli, Malamorte e Vigliano
d'Asti, nel 1175 Castelnuovo, oggi Don Bosco), ora ottenendo in feudo nel
1155 dal vescovo di Vercelli il cospicuo borgo di Trino e il castello di Castruzzone
all'imbocco della valle d'Aosta, ora operando "callide et fraudolenter"
(come nel 1166 osserva allarmato l'autore degli Annali genovesi) con
l'appoggio del nipote imperatore. Giovandosi delle alte parentele e delle
relazioni con i re di Francia e d'Inghilterra e soprattutto con l'imperatore
di Costantinopoli rese possibile e incoraggiò le imprese dei figli
in Oriente che diedero alla sua casata, se non un durevole potere, certo alto
prestigio e unanimi riconoscimenti, mentre il Marchesato paterno subiva i
colpi della Lega lombarda.
Abbiamo di lui un ritratto fisico e morale di gusto svetoniano
lasciatoci nel 1163 da Acerbo Morena: di statura mediocre ma robusto e prestante,
la faccia rotonda e di carnagione rossiccia, i capelli quasi bianchi; dotato
di buona capacità oratoria, valoroso e saggio, allegro e piacevole,
generoso pur senza essere prodigo. Tale descrizione coincide in parte con
quanto affermano alcune testimonianze registrate nel 1220: rispetto al suo
vassallo Guglielmo Asdente, indicato come "magnus et pinguis et albus
coloris, bonus et octimus miles ", G. era " illud idem preter quod
non erat ita pinguis sed magis rubei coloris ". Il soprannome storiografico
di Vecchio non deriva tuttavia dall'aspetto fisico o dal carattere: "Willelmus
senior" lo chiamano Guglielmo di Tiro e Ottobono Scriba solo per distinguerlo
dall'omonimo figlio detto in Oriente Lungaspada, mentre l'altro figlio Corrado
veniva indicato nel 1178 come "marchio Montisferrati iunior" rispetto
a G. "marchio maior Montisferrati ".
FONTI E BIBL.: Arch. di Stato di Torino, sez. I, Benefici per A e per B, m. 80, Pontestura, perg. 27 (dicembre 1141); Monferrato Ducato, ultima addizione, mm. Saletta, I, 2, cc. 375 (copia di doc. 12 apr. 1156),4221-429V (copia di doc. 15 ott. 1142); Paesi perA e per B, m. 7, Leinì, n. I, perg. (3 giugno 1163); Monferrato feudi, mm. 31, Felizzano, n. I (copia di doc. 1° giugno 1172); 44, Lazzarone, n. I (copia di doc. 14 sett. 1163); Gesta Federici I imperatoris in Lombardia, a cura di O. Holder Egger, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germanicarum, XXVII, Hannoverae 1892, pp. 18, 24, 40 s., 44-46, 62, 68; lohannes Codagnellus, Annales Placentini, a cura di O. Holder Egger, ibid., XXIII, Hannoverae-Lipsiae 1901, pp. 8-10; Otto Frisingensis, Gesta Friderici I imperatoris, a cura di G. Waitz - B. Simson, ibid., XLVI, ibid. 1912, pp. 64, 118, 121, 124 s., 159, 222; Otto Morena et Acerbus, Historia Fredericì I, a cura di F. Güterbock, ibid., n.s., VII, Berolini 1930, pp. 10, 20, 118, 126, 147, 170, 210; Sicardus Cremonensis, Cronica, ibid., Setiptores, XXXI, Hannoverae 1903, p. 172; Friderici I diplornata, a cura di H. Appelt et al, ibid., Diplomata regum et imperatorum Germaniae, X, 1-4, ibíd. 1975-90, ad indices; G.B. Moriondo, Monumenta Aquensia, I, Taurini 1789, docc. 47, coll. 60s.; 49, coll. 65s.; Guilielmus Ventura, Memoriale de gestis civium Astensium.... in Mon. hist. patriae, Scriptores, III, Augustae Taurinonim 1848, col. 733; S. Caccianotti, Summaritun monumentorum omnium quae in Tabulario Municipii Vercellensis continentur..., Vercelli 1868, pp. 11 s.; A. Bertolotti, Passeggiate nel Canavese, VII, Ivrea 1878, p. 282; Codex Astensis qui de Malabayla ... III, a cura di Q. Sella, Romae 1880, docc. 723, 790 S.; J. Pflugk Harttung, Iter Italicum, I, Stuttgart 1883, doc. 54; Regesta comitum Sabaudiae... a cura di D. Carutti, Augustae Taurinorum 1889, n. 346; Codex qui Liber crucis nuncupatur, a cura di F. Gasparolo, Romae 1889, doc. 88; Annali genovesi di Caffaro... a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant'Angelo, I, Genova 1890, pp. 137, 193 S.; II, Roma 1901, p. 223; C. Sincero, Trino, i suoi tipografi e l'abazia di Lucedio. Memorie storiche con documenti inediti, Torino 1897, doc. 3 (26 marzo 1170), PP. 286 s.; Le carte, dell'Archivio arcivescovile di Torino, a cura di F. Gabotto - G.B. Barberís, Pinerolo 1906, doc. 23; Le carte dell'Archivio capitolare di Casale Monferrato, a cura di F. Gabotto - U. Fisso, Pinerolo 1907, docc. 14 s., 41; Cartari minori, I, Cartario dei monasteri di Grazzano .... a cura di E. Durando, Pinerolo 1908, doc. 10; Le carte dell'Archivio comunale di Chivasso..., a cura di V. Druetti, ibid., doc. 5; Cartario del monastero di Rocca delle Donne, a cura di E. Durando, ibid., doc. 6; Appendice documentaria al " Regestum Comunis Albe", a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1912, doc. 4; Il Libro rosso del Comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914, doc. 178; Documenti inediti e sparsi sulla storia di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1914. doc. 19; P.F. Kehr, Italia pontificia, VI, 2, Berolini 1914, PP. 32, 40, 48-50, 155, 209 s.; Le carte dell'Archivío capitolare di S. Maria di Novara, II, a cura di F. Gabotto et al., Pinerolo 1915, doc. 350; Gli atti del Comune di Milano sino al 1216, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, docc. 62, 72, 77s., 81, 83; I Biscioni, I, i, a cura di G. C. Faccio - M. Ranno, Torino 1934, doc. 96; Codice diplomarico della Repubblica di Genova..., a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, I, Roma 1936, docc. 24, 60; Il, ibid. 1938, doc. 105; D. Hägermann, Die Urkunden Erzbischof Christian I. von Mainz..., in Archiv für Diplomatik, XIV (1968), doc. 24; Konradi III et filii eius Heinrici diplomata, Wien-Köln-Graz 1969, docc. 198, +272; P. Castignoli - P. Racine, Due documenti contabili del Comune di Piacenza nel periodo della Lega lombarda..., in Studi di storia medioevale e di diplomatica, III (1978), pp. 75 s.; F. Panero, Due borghi franchi padani. Popolamento e assetto urbanistico e territoriale di Trino e Tricerro nel secolo XIII, Vercelli 1979, app. I, p. 190; Die Regestendes Kaiserreiches unter Friedrich II, a cura di F. Opll, Wien-Köln-Graz 1980, nn. 253, 274, 351; La continuation de Guillaume de Tyr..., a cura di M.-R. Morgan, Paris 1982, pp. 24 s., 30, 54-56, 61, 86; Il "Registrum magnum" del Comune di Piacenza, a cura di E. Falconi - R. Peveri, I, Milano 1984, doc. 92; Willelmus Tyrensis, Chronicon, a cura di R.C.B. Huygens, Turnholti 1986, pp. 760 (17,I),977 (21, 12), 1010 (22, 4); Regesto dei marchesi di Monferrato ... per l'" Outremer" e l'Oriente (sec. XII-XV),a cura di W. Haberstumpf, Torino 1989, nn. 1-3, 14; I " Libri iurium " della Repubblica di Genova, I, i, a cura di A. Rovere, Genova 1992, doce. 55, 86 s.,198 s.; G. Cerrato, La famiglia di G. il Vecchio marchese di Monferrato nel XII secolo, in Riv. stor. italiana, I (1884), pp. 445-483; F. Savio, Studi storici sul marchese G. III di Monferrato ed i suoi figli, Roma-Torino-Firenze 1885; C. Desimoni, Il marchese di Monferrato G. il Vecchio e la sua famiglia secondo gli studi recenti, in Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, XIII (1886), pp. 5-24 dell'estr.; T. Ilgen, Corrado marchese di Monferrato, Casale 1890; L. Bertano, G. IV e Bonifacio I marchesi di Monferrato, in Boll. stor-bibliogr. subalpino, II (1897), pp. 449-458; G. Giorcelli, Documenti storici del Monferrato, II, Cronaca del Monferrato di Galeotto Del Carretto. Note, in Riv. di storia, arte, archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, VII (1898), pp. 100-107; D. Brader, Bonifaz von Montferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin 1907, pp. 2-35, 63, 67, 107, 143, 156, 161, 180-182, 184-190, 202 s., 216-219, 222 s.; F. Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà dei secolo XII, I, Le origini aleramiche, la linea di Oddone, in Riv. di storia, arte, archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, s. 3, XXVIII (1919), pp. 27-34; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, a cura di C. Patrucco, Torino 1926, I, pp. 133-142, 145-172, 239-431; II, PP. 37-112; S. Runciman, Storia delle crociate, Torino 1966, II, pp. 660, 673, 683 s., 792; F. Cognasso, Il Piemonte nell'età sveva, Torino 1968, pp. 214 s., 218, 244, 247 s., 250, 252; L. Vergano - S. Gardino, La donazione dei marchesi di Occimiano ad Alessandria nel 1198, in Popolo e Stato in Italia nell'età di Federico Barbarossa ... XXXIII Congresso storico subalpino, Alessandria ... 1968, Torino 1970, pp. 614-619; A. Goria, Bonifacio I, marchese di Monferrato, in Diz. biogr. degli Italiani, XII, Roma 1970, pp. 118-120; G. Pistarino, Alessandria nel mondo dei Comuni, in Studi medievali, s. 3, XI (1970), PP. 1-45; A. Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer in Reichsitalien, Stuttgart 1970-72, 1, PP. 77, 149, 211, 254, 281 s.; II, pp. 345,381-397,407s.,426s.; S.C. Riley Smith, Corrado, marchese di Monferrato, in Diz. biogr. degli Italiani, XXIX, Roma 1983, pp. 381-386; A.A. Settia, Gavi sveva, in Nuova Riv. storica, LXXI (1987), pp. 623-634; Id., Le famiglie viscontili di Monferrato..., in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno italico ... (secc. IX-XII). Atti del Primo Convegno di Pisa ... 1983, Roma 1988, pp. 47 s., 51-58; G. Tabacco, I rapporti tra Federico Barbarossa e l'aristocrazia italiana, in Bull. dell'Ist. storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, XCVI (1990), pp. 69-74; F. Opll, Federico Barbarossa I , Genova 1994, pp. 84, 89, 109, 120 s., 138 s., 148, 229, 289-291; W. Haberstumpf, Dinastie europee nel Mediterraneo orientale. I Monferrato e i Savoia..., Torino 1995, pp. 20-22,42-44,75, 161; A.A. Settia, S. Maria di Lucedio e l'identità dinastica dei marchesi di Monferrato, in L'abbazia di Lucedio ... Atti del III Congresso storico vercellese... 1997, Vercelli 1999, pp. 60 s.; Id., " Postquam ipse marchio Levavit crucem ". G. V di Monferrato e il suo ritorno in Palestina, in Boll. stor.-bibliogr. subalpino, XCVIII (2000), PP. 452-472.
Barra di Navigazione
|