Guglielmo I

a cura di RINALDO MERLONE


Scheda pubblicata in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LX, Roma 2003.
La presente scheda è stata inserita grazie alla autorizzazione rilasciata dall'ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANA fondata da Giovanni Treccani [Prot. 495/04/DE del 19 novembre 2004] che si ringrazia per la disponibilità.


Capostipite della dinastia aleramica, G. viene espressamente qualificato come "comes" e padre del marchese Aleramo nell'agosto 961 in una donazione al monastero di Grazzano (presso Asti), fondato da Alerarno, con l'intervento della seconda moglie e dei figli. Professando Aleramo la legge salica, ne deriva evidentemente che già suo padre G. vivesse secondo tale legge.

Nel 961 G. era con ogni probabilità già defunto; nel XVIII secolo Malaspina (seguito più recentemente da Usseglio e Cognasso, 1960) ritenne il contrario, data l'assenza dall'atto di donazione del "quondam" o del "bonae memoriae" in riferimento a G., e dato un supposto consenso dei " genitores " dei fondatori. Ma nel 961 G. non poteva essere ancora vivo: suo figlio Aleramo, infatti, già nel 933 interveniva pubblicamente e autonomamente come conte. Per questa ragione Pistarino presume che nella trascrizione del documento sia caduto il "quondam" o il "bonae memoriae". Quanto al supposto consenso dei " genitores " dei fondatori, vi è stato un errore di interpretazione: i " genitores " che consentono non sono quelli di Aleramo, ma Aleramo stesso e la consorte per i figli che partecipano all'atto.

Da un diploma di Ottone I a favore di Aleramo, datato 23 marzo 967, si può dedurre che probabilmente G. già possedesse beni nell'Italia nordoccidentale, in quanto l'imperatore conferma ad Aleramo figlio di G. vari possessi a lui derivanti sia dall'eredità dei genitori sia da acquisti, localizzandoli in Monferrato e nei comitati di Torino, Vercelli, Asti, Acqui, Savona, Parma, Cremona, Bergamo.
Sull'attività di G. la documentazione si presenta piuttosto ridotta e incerta. Probabilmente nel 924 egli intervenne presso Rodolfo II re d'Italia e di Borgogna, a favore del vescovo di Piacenza.

In un diploma di quell'anno un conte Guglielmo viene infatti citato dopo Lamberto, arcivescovo di Milano, e i conti Giselberto e Sansone: i quattro intercessori sono indicati come " dilectissimi fideles " del re; i tre laici, inoltre, come " illustres comites ". Questo conte Guglielmo sembra proprio da identificare con il padre di Aleramo, in quanto non è riconducibile ad alcun altro omonimo conte. Il riferimento alla fedeltà dei quattro personaggi, per quanto consueto nei documenti regi, merita qui attenzione, poiché nel 921 l'arcivescovo Lamberto, il conte Giselberto, nonché il marchese Adalberto d'Ivrea e il conte palatino Olderico, con altri dignitari, si erano ribellati a Berengario I, rivolgendosi appunto a Rodolfo II in Borgogna. È lecito, per analogia, supporre che anche G. fosse tra quegli altri potenti d'Italia che tre anni prima si erano sollevati; è anche possibile che l'adesione di G. a Rodolfo sia avvenuta più tardi, forse alla morte di Berengario.
I legami tra Rodolfo e G. potrebbero ancora risalire alla spedizione di Rodolfo di Borgogna in Italia oppure al momento in cui alcuni conti, già trovandosi Oltralpe, si schierarono, dalla parte di Rodolfo contro Berengario I. Tali supposizioni potrebbero trovare fondamento in un passo dei Gesta Berengarii dove si narra che fra l'888 e l'889 un Guglielmo discese in Italia dal Regno franco con 300 armati in aiuto di Guido di Spoleto in lotta contro Berengario I.
Nel XVIII secolo Terraneo per primo, seguito poi da molti, utilizzò la testimonianza dei Gesta Berengarii in rapporto al padre di Aleramo (Merlone, 1995, pp. 21-27).
Sangiorgio (agli inizi del sec. XV) ritenne che G. fosse marito di una contessa Aychisa o Aycha e figlio di un certo Guido, e quindi che attraverso quest'ultimo si potesse collegare la stirpe aleramica alla dinastia sassone, in sintonia con la tradizione leggendaria. Terraneo, Gabotto e Baudi di Vesme individuarono l'origine della stirpe aleramica in una famiglia franco?sassone dell'VIII secolo e più precisamente negli Aleramici di Troyes e nei conti di Modena, uno dei quali avrebbe sposato una nipote del conte di Bergamo. Ma tali asserzioni non sono ancora state seriamente coinprovate da documenti.

Pur accettando come fondata e probabile l'ipotesi che G. sia disceso dal Regno franco, rimane comunque da delineare l'attività svolta da lui tra l'888-899 e il 924 della quale non si ha alcun indizio.
È probabile che G. sia morto tra il 924 e il 933, anno in cui compare per la prima volta nella documentazione il conte Aleramo, divenuto poi marchese.


FONTI E BIBL.: Torino, Biblioteca reale, Storia patria, 438: G.T. Terraneo, La principessa Adelaide contessa di Torino ... (copia del sec. XIX di un testo del sec. XVIII), III, PP. n.n., cap. 3; Gesta Berengarii imperatoris, a cura di P. de Winterfeld, in Mon. Germ. Hist., Poetae Latini aevi Carolini, IV, I, Berolini 1899, pp. 372 s.; Liutprandus Cremonensis, Antapodosis, a cura di J. Becker, ibid., Script. rer. Germ. in usum scholarum, XLI, Hannoverae 1915, pp. 63-65; Cartari minori, I, Cartatio dei monasteri di Grozzano..., a cura di E. Durando, Pinerolo 1908, pp. 1-5; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXVII, Roma 1910, pp. 125 s., doc. XI; R. Merlone, Gli Aleramici. Una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi orientamenti territoriali..., Torino 1995, pp. 269-276, docc. I-II; B. Sangiorgio, Cronica, a cura di G. Vernazza, Torino 1780, p. 10; H. Bresslau, Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Konrad II, I, Leipzig 1879, pp. 381, 390; B. Baudi di Vesme, L'epoca del Regno ... in Miscellanea di studi storici in onore di A. Manno, Torino 1912, pp. 141-143; F. Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà del secolo XII, in Riv. di storia, arte, archeol. per la prov. di Alessandria, XXVIII (1919), pp. 14 s.; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, a cura di C. Patrucco, I, Casale Monferrato 1926, pp. 17-26, 38 S.; G. Carducci, Gli Aleramici (leggenda e storia), in Ediz. naz. delle opere di G. Carducci, XXII, Bologna 1937, pp. 315-350; G. Fasoli, I re d'Italia, Firenze 1949, pp. 8-10, 226, 242; G. Pistarino, L'atto di fondazione di S. Giustina di Sezzadio, in Riv. di storia, arte, archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, LXIII (1954), pp. 79-91; F. Cognasso, Ricerche sulle origini aleramiche, in Atti della Accademia delle scienze di Torino, classe di scienze mor., stor. e filol., XCII (1957-59), 2, pp. 33-37, 48; Id., Aleramo, in Diz. biogr. degli Italiani, II, Roma 1960, pp. 157 s.; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien, Freiburg i.Br. 1960, pp. 84, 117, 119, 187, 291; R. Merlone, Gli Aleramici, cit., ad ind.; Id., Aleramo tra storia e mito, in Troubadours, Minnensänger, Troubaires. Atti del Convegno di studi, Nizza Monferrato... 1996, a cura di I. Bologna, Asti 1998, pp. 246-249.


 

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