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Unico figlio maschio del marchese Guglielmo VI e di Berta di Clavesana, nacque
probabilmente verso la fine del 1201 o al principio dei 1202. L'11 Ott. 1223,
su invito del vescovo di Modena, legato papale, giurò nel monastero
di Fruttuaria che si sarebbe adoperato perché il padre entro un anno
dalla ventura festa di S. Giovanni Battista partisse alla volta dell'Oriente
con cinquanta cavalieri bene armati. Mentre il messo imperiale Bertoldo di
Castagnole governava il Monferrato, che nel marzo del 1224 il marchese Guglielmo
aveva dato in pegno a Federico II per un prestito di 9.000 marchi d'argento,
lo stesso B. fece parte della piccola spedizione, imbarcatasi, dopo qualche
mese di forzato soggiorno nell'Italia meridionale a causa di una malattia
di Guglielmo, nella primavera del 1225.
Morto Guglielmo il 17 sett. 1225 in Tessaglia, B. con i pochi superstiti prese
la via dei ritorno e, probabilmente nella primavera del 1226, assunse il governo
del marchesato. Il 28 agosto dello stesso anno strinse a Vignolo un patto
di fraterna amicizia con il cugino Manfredo III di Saluzzo; ciascuno dei due
contraenti s'impegnava a lasciare, in caso di morte senza credi diretti, tutti
i propri beni all'altro. Poco buone erano le relazioni di B. con l'imperatore;
egli non era in grado di saldare il debito contratto dal padre e, forse, da
parte imperiale s'era fatta qualche difficoltà alla sua assunzione
al potere. Verso la fine dell'estate o all'inizio dell'autunno, B. aderì
alla rinnovata lega lombarda; infatti un suo rappresentante partecipò
all'assemblea tenuta il 21 novembre in Bologna dai delegati dei Comuni membri
di essa. Quando, in principio del 1227, la mediazione di papa Onorio III portò
ad una temporanea riconciliazione tra l'imperatore e la lega, Federico II,
pur comprendendo il marchese nel generale perdono, si riservò nei suoi
confronti ogni diritto derivantegli dal debito contratto da Guglielmo e dal
conseguente pignoramento. Si spiega quindi come B., stringendo il 19 apr.
1227 un'alleanza con Asti contro Alessandria, abbia escluso di poter muover
guerra agli Alessandrini nel caso della presenza dell'imperatore o di un suo
legato in Lombardia, a meno ch'egli si fosse rappacificato con lui.
Un tentativo di mediazione del Comune di Milano tra quelli di Asti e di Genova,
da una parte, e quelli di Alessandria, Tortona e Alba, dall'altra, rese inoperante,
per tutto il 1227 e i primi mesi del 1228, l'alleanza astigiano-monferrina,
che, a richiesta degli Astigiani, era stata confermata dal marchese il 21
maggio 1227.
Nel frattempo B. il 18 genn. 1228 negoziò in Avigliana
con il conte Tommaso I di Savoia il proprio matrimonio con Margherita, figlia
del primogenito del conte, ma le nozze furono differite a causa dell'età
infantile della sposa. Poco dopo B. regolò la sua posizione feudale
nei riguardi dei vescovi di Torino e di Ivrea per le terre che da loro riconosceva,
prestando loro l'omaggio e ricevendo l'investitura rispettivamente il 26 gennaio
e il 19 marzo 1228.
Fallita la mediazione milanese, B. il 18 ag. 1228 rinnovò con Asti
l'alleanza antialessandrina, alleanza cui aderì anche Genova; nell'estate
e nell'autunno si adoperò per riconciliare con Asti i marchesi di Saluzzo,
di Busca, di Ceva e del Carretto, in modo da formare un solido blocco antialbese
e antialessandrino. Negli ultimi mesi si combatté a più riprese
nelle valli del Belbo e del Tanaro. La lotta dovette essere favorevole a B.
e ai suoi alleati: la notizia di una vittoria milanese avvenuta il 6 maggio
presso Vignale, riferita dal Cronista quattrocentesco Antonio Astesano, non
trova conferma in alcuna fonte sincrona. Risulta invece che solo nella tarda
Primavera del 1230 un esercito della lega lombarda accorse in aiuto di Alessandria;
dopo aver devastato le campagne monferrine, esso pose l'assedio al castello
di Mombaruzzo, che s'arrese il 21 giugno. B. dovette allora piegarsi ad accettare
i patti imposti dalla lega, e cioè rientrare in essa e rimettersi al
suo arbitrato circa le sue vertenze con gli Alessandrini. Ma B. non sopportò
a lungo la sottomissione e si strinse più fortemente al conte di Savoia
e al marchese di Saluzzo. Nello stesso anno, o, al più tardi, all'inizio
della primavera del 1231, aggredì infatti di sorpresa le truppe milanesi
che, attraverso il suo territorio, muovevano contro il conte di Savoia e il
marchese di Saluzzo, facendo alcuni prigionieri. Pare che, in seguito, abbia
partecipato anche alla lotta combattuta nel Cuneese contro l'esercito della
lega e che si sia reso corresponsabile dell'uccisione del suo condottiero,
il milanese Uberto di Ozino. La vendetta non si fece molto attendere. La stessa
capitale del marchesato, Chivasso, fu assediata il 27 maggio 1231 da milizie
milanesi e vercellesi: ad onta degli sforzi compiuti dal marchese per soccorrerla,
essa fu costretta a capitolare il 15 settembre. Vani furono i tentativi di
B., aiutato dai feudatari canavesani, per liberarla dall'occupazione dei collegati;
Chivasso fu restituita al marchese solo il 6 maggio 1232, dopo ch'egli si
fu accordato con i Milanesi, accettandone tutte le imposizioni, fra cui quella
di riconoscere in feudo da loro il marchesato. B. rimase nell'orbita del potente
Comune fin dopo la battaglia di Cortenuova, anche se la sua adesione alla
politica della lega lombarda appare più passiva che attiva.
Nulla sappiamo circa le vicende della guerra con Alessandria
in quegli anni; nei patti che B. stipulò con gli Albesi il 27 febbr.
1233, egli, tra l'altro, promise loro il suo appoggio militare contro gli
Astigiani nel caso in cui fossero riusciti a rappacificarlo entro l'aprile
con gli Alessandrini, purché questi ultimi accettassero di prestargli
il giuramento di fedeltà, come l'avevano prestato a suo padre. Ma non
se ne fece nulla. Lo stato di guerra, secondo lo Schiavina (che però
scriveva verso la fine del sec. XVI o al principio del XVII), durava ancora
negli anni 1235 e 1236. Forse è da collegarsi alla lotta con Alessandria,
se pure non è dovuta alla continua indigenza di denaro in cui B. si
trovava e che lo costringeva a contrarre debiti con i banchieri ora dell'una
ora dell'altra città vicina, la cessione del castello e della villa
di Novi, da lui fatta il 2 dic. 1232 al Comune di Tortona per 5.700 lire pavesi.
Buone relazioni invece mantenne in quegli anni con Genova e con Torino.
Al principio del novembre del 1235, gravemente ammalato, in un momento in
cui, forse, le sue relazioni con Manfredo di Saluzzo non erano ottime, B.
fece testamento, lasciando erede universale il nipote Guigonetto, figlio di
sua sorella Beatrice e del delfino Andrea, conte d'Albon e di Vienne. Il marchese,
tuttavia, guarì e il 9 o il 10 dicembre di quello stesso anno 1235,
in Chivasso, celebrò il matrimonio con Margherita di Savoia.
In quell'occasione il conte Amedeo IV pare avesse promesso
a B. e all'altro suo genero Manfredo di Saluzzo di lasciare loro in eredità,
qualora fosse morto senza credi maschi, quanto possedeva di qua dalle Alpi,
dal Cenisio a Barge. In realtà i rapporti di B. con il suocero, che
cercava di barcamenarsi tra i due generi e il fratello Tommaso, al quale aveva
in precedenza infeudato i territori promessi a quelli, furono quasi sempre
difficili; a un certo momento Margherita, recatasi a visitare il padre, fu
impedita di tornare presso il marito. Solo dopo un lodo del marchese di Saluzzo,
emesso in Avigliana il 19 marzo 1241, B. poté riavere la moglie, da
cui gli nacquero poi Guglielmo e Alasia, entrambi ancora impuberi alla morte
del padre.
Dopo la battaglia di Cortenuova, B. s'era accostato all'imperatore, presso
il quale lo troviamo a Torino nella seconda metà dei febbraio 1238.
Nel marzo l'aveva probabilmente accompagnato a Cuneo e ad Alba e quindi, dopo
una nuova sosta a Torino al principio d'aprile, l'aveva scortato verso la
fine del mese a Pavia e di qui, nel maggio, a Cremona. Nell'ultima decade
di maggio e al principio di giugno aveva preso parte a una spedizione che,
sotto la guida del marchese Manfredi II Lancia, aveva dato il guasto per diciotto
giorni al territorio alessandrino. Nel settembre aveva preso parte all'assedio
di Brescia. A premiarlo di questi servizi e per legarlo maggiormente alla
propria causa il 31 ag. 1239 Federico Il gli concesse l'investitura dei feudi
già tenuti dagli antenati; inoltre rinunziò a ogni diritto sull'eredità
di Demetrio, zio di Bonifacio e re nominale di Tessalonica - che prima di
morire aveva fatto testamento a suo favore - e a ogni rivendicazione che suo
figlio Corrado potesse avanzare sull'eredità del bisnonno Corrado di
Monferrato. B. rimase fedele alla causa imperiale fin verso la fine del 1242.
Pare anzi che Federico gli abbia concesso a un certo momento il titolo di
vicario dell'Impero in Lombardia, giacché in tale veste al principio
del maggio 1240 B. ammonì i Saviglianesi a non molestare gli abitanti
di Cavallerleone, sudditi del marchese di Saluzzo. Nell'estate del 1241 partecipò
a una spedizione dell'esercito imperiale, guidato da Marino da Eboli, contro
il territorio genovese.
Verso la fine del 1242, promettendo una forte somma di denaro, i Comuni di
Genova, Milano e Piacenza indussero B. e altri marchesi aleramici del Piemonte
meridionale a passare al campo guelfo. Nel gennaio 1243 B. e gli altri feudatari
giurarono in Genova di fare guerra ai nemici della Chiesa e dei Comuni guelfi.
Al principio di marzo, tuttavia, invece di recare, come aveva promesso, aiuto
ai Genovesi impegnati contro Savona, B. andò a Milano per abboccarsi
con il legato papale Gregorio da Montelongo. Il 15 marzo presenziò
in Angera alle trattative tra il legato e i rappresentanti del Comune di Milano
da una parte, e gli inviati del Comune di Vercelli dall'altra, per il passaggio
di quest'ultimo a parte guelfa; probabilmente per favorire lo sviluppo e la
conclusione delle trattative si recò poco dopo a Vercelli, dove era
il 26 o il 27 marzo. La mediazione di B. non era disinteressata; non ci è
rimasto il testo dei trattati ch'egli, nel corso del 1243, stipulò
con i Comuni di Milano e di Vercelli, ma, dagli accenni che troviamo in atti
successivi, si inferisce ch'egli dovette averne in cambio compensi in denaro
e, forse, in territori. Con Gregorio da Montelongo, nel giugno 1244, B. andò
in aiuto dei Piacentini assediati da re Enzo. Nel luglio si recò a
Genova per rendere omaggio a papa Innocenzo IV. Morto a metà dell'ottobre
1244 il marchese Manfredo III di Saluzzo, B. assunse, per desiderio dell'estinto,
la tutela dei suoi figli minorenni Tommaso e Alasia. Il 10 novembre in Carmagnola
ricevette giuramenti di fedeltà a nome del pupillo; subito dopo si
recò a Santo Stefano Belbo per incontrarvi il papa, che poi scortò
fino a Sant'Ambrogio in Val di Susa.
E' assai probabile che egli già allora meditasse di passare di nuovo
alla parte imperiale. Infatti, prima ancora della morte di Manfredo di Saluzzo,
per mezzo di lui e del senese Aldobrandino Cacciaconte, re Enzo gli aveva
fatto balenare, in cambio di una sua defezione, la promessa che l'imperatore
avrebbe rinunziato all'esazione dei debito contratto da suo padre. Comunque
al principio del 1245 B., almeno pubblicamente, era ancora guelfo; il 13 gennaio
in Ciriè prestò infatti l'omaggio feudale per le terre che riconosceva
dalla Chiesa di Torino al vescovo eletto Giovanni Arborio, designato dal papa
ma rifiutato dal clero torinese, e il 22 gennaio fu teste in Pianezza a un
suo atto di rivendicazione. Il 22 aprile B. era ad Asti, con Amedeo IV e Tommaso
II di Savoia; ne ignoriamo il motivo, ma è probabile che si trattasse
di prendere accordi per una politica comune. Ed invero, quando nella seconda
metà del luglio Federico II fu a Torino, sia il conte di Savoia sia
il marchese di Monferrato si recarono a rendergli omaggio. B. chiese perdono
e l'ottenne; ebbe la reinvestitura dei feudi e la remissione del debito. Nell'ottobre
raggiunse l'imperatore a Pavia e lo seguì nella vana spedizione contro
Milano. Tuttavia la sua disinvoltura nel cambiar parte, se provocava gli amari
sarcasmi e le invettive dei guelfi, di cui è rimasta l'eco nei versi
provenzali di Lanfranco Cigala, doveva, d'altra parte, suscitare la diffidenza
dei ghibellini. Il 14 genn. 1246, nel suo castello di Ciriè, B. dovette
promettere a re Enzo che dal 10 febbraio avrebbe dato in consegna al pavese
Guido Marracco, in veste di podestà e capitano con amplissimi poteri,
ben ventidue suoi castelli, tra cui anche Chivasso, se gli Astigiani, che
l'avevano in pegno per un suo debito, avessero acconsentito.
Verso la fine del 1246 B. s'era di nuovo voltato a parte guelfa; nella seconda
metà del dicembre a capo di forze milanesi, novaresi e vercellesi entrò
in Torino con la complicità di una parte dei cittadini, ma non poté
impadronirsi del castello; anzi, il rapido sopraggiungere di milizie ghibelline
guidate da Federico, nipote dell'imperatore, lo costrinse ad abbandonare la
città. Nell'estate del 1248 la vendetta dell'imperatore si abbatté
pesante sulle sue terre attigue a Casale, mentre Pavesi e Alessandrini facevano
man bassa su altre parti del suo territorio; quanto ai Comuni guelfi, nonostante
le sollecitazioni papali, non gli inviarono gli aiuti promessi. Prima che
l'anno fosse finito, mentre Federico II si trovava a Vercelli, la mediazione
dei grandi feudatari dell'Italia occidentale rimise B. in grazia dell'imperatore,
che gli diede in feudo il castello di Verrua, tolto al vescovo di Vercelli,
e gli promise, sembra, altre concessioni, a patto ch'egli inducesse i fuorusciti
di Alessandria e di Torino a fare atto di sottomissione.
Anche questa volta, però, si trattò di una conciliazione
più fittizia che reale. B. era, verosimilmente, invidioso dell'influenza
acquistata presso l'imperatore da Amedeo IV e da Tommaso II di Savoia dopo
il matrimonio contratto da Beatrice di Savoia, vedova di Manfredo di Saluzzo,
con Manfredi di Svevia; lo preoccupava altresì la decisione presa da
Federico di costituire in Piemonte uno Stato per il figlio. Di più,
il lodo a lui sfavorevole, che il suocero, nominato arbitro fin dal 22 febbr.
1247 delle sue vertenze con Tommaso di Savoia per l'omaggio feudale dei signori
di Piossasco, emise il 14 genn. 1249 in Avigliana, dovette non poco amareggiare
e irritare il marchese.
In un giorno imprecisato del gennaio o del febbraio 1249 B. s'incontrò
sulla riva della Dora Baltea con Amedeo IV, Gualtieri di Ocra, vescovo eletto
di Capua, e Manfredi II Lancia, rappresentanti dell'imperatore, i quali si
dissero pronti a mantenergli le promesse fattegli purché i fuorusciti
torinesi si sottomettessero all'autorità imperiale entro il 14 marzo.
Poiché ciò non poté avvenire, Tommaso II di Savoia ed
il vescovo eletto di Capua, in un nuovo colloquio con B. presso Altessano,
gli intimarono di dare i castelli di Chivasso, San Raffaele, Lu e Vignale
in custodia a Uberto di Montmellian, che doveva tenerli in nome del conte
di Savoia (14 marzo 1249). Il marchese chiese che gli fossero concessi due
giorni di tempo per consigliarsi con i fuorusciti torinesi, ciò che
gli fu accordato. Non sappiamo che cosa sia poi avvenuto, ma qualche benevolo
accenno a B. in documenti papali fa supporre che egli si sia riavvicinato
a Innocenzo IV. Quando questi, nel 1251, tornò in Italia e si recò
da Genova a Milano, attraversando il Monferrato, fu ospitato da B. nel castello
di Pontestura; durante il suo soggiorno, il marchese si rese garante delle
promesse fatte da Tommaso II al vescovo di Torino (3 luglio).
Il 13 dic. 1252, al fine di riacquistare le terre toltegli dagli Alessandrini
e da Manfredi II Lancia, B. si adattò a stringere una gravosa alleanza
con il Comune di Pavia e con Oberto Pelavicino, al quale riconobbe il diritto
di scegliere il podestà non solo per le terre monferrine ma anche per
Saluzzo. In compenso l'ostilità del marchese Lancia gli valse la buona
grazia del re dei Romani Corrado IV, che acconsentì a concedergli in
feudo, il 4 maggio 1253, oltre le terre avite, anche Casale e altri luoghi
che erano nelle mani dei ribelle Lancia.
B. non ebbe tempo di rallegrarsene. L'11 e il 12 maggio 1253 lo vediamo ancora
una volta adempiere in Saluzzo al suo ufficio di tutore dei giovinetto Tommaso;
il 12 giugno egli fece testamento in Moncalvo, designando un Consiglio di
reggenza per il figlio e per il pupillo e raccomandando il primo alla protezione
del Comune di Pavia, il secondo a quella di Asti. Lo stesso giorno morì;
è insostenibile la tesi esposta da Galeotto Del Carretto e da Benvenuto
di San Giorgio che, seguiti da qualche storico moderno, lo vogliono defunto
nel 1254. Fu sepolto nel monastero di Lucedio.
FONTI E BIBL.:
Le fonti narrative sincrone più informate sono: Cafari et continuatorum
Annales ianuenses, a cura di G. H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriprores,
XVIII, Hannoverae 1863, pp. 171, 174, 208-210, 215, 217; Annales Placentini
guelfi, ibid., pp. 449-453; Annales Placentini gibellini, ibid.,
pp. 479, 482, 486s, 489, 491, 496s. Dei primi si può vedere anche l'edizione
curata da C. Imperiale di Sant'Angelo, III, Roma 1923, in Fonti per la
storia d'Italia, XIII, pp. 39s., 49s.. 112, 118, 124, 140-143, 154-156,
160s.; dei secondi quella curata da O. Holder-Egger. col titolo Iohannis
Codagnelli Annales Placentini, in Mon. Germ. Hist., Scriptores Rer.
Germ. in usum scholarum, Hannoverae et Lipsiae 1901. pp. 99-109. Scarsa
importanza hanno le tarde cronache monferrine di G. Del Carretto, in Hist.
Patr. Mon., Scriptores, III, Augustae Taurinorum, 1848, coll. 1148 1150-53,
e di B. di San Giorgio, ibid., coll. 1322-1324, e in L. A. Muratori,
Rerum Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll. 381-389, Come pure
il De eius vita et fortunae varietate carmen di A. Astesano, in Rerum
Ital. Script., 2 ediz., XIV, i, a cura di A. Tallone, pp. 73s., vv. 2245-2284.
e gli Annales Alexandrini di G. Schiavina in Hist. Patr. Mon., Scriptores,
IV, Augustae Taurinorum 1863, coll. 209-211, 214, 227s., 229. Per l'invettiva
di L. Cigala, cfr. F. A. Ugolini, La poesia Provenzale e l'Italia,
Modena 1939, pp. 99-102. Per i rapporti di B. con l'Impero e il Papato, cfr.
J. L. A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi,
II, 2, Parisiis 1852, p. 719; III, ibid. 1852, p. 254; IV, i, ibid. 1854,
p. 432; IV, 2, ibid. 1855, p. 705; V, i, ibid. 1857. pp. 176, 199s., 203,
217 n., 230, 380-382, 386; VI, i. ibid. 1860, pp. 316, 329ss.; VI, 2, ibid.
1861, pp. 584, 637. 642. 655, 673, 916, 936; E. Winkelmann, Acta Imperii
inedita saeculi XIII, I, Innsbruck 1880, nn. 288, 340-347, 605, 661. 688,
733; II, ibid. 1885, n. 1039; Monumenta Germ. Hist., Epistolae saeculi
XIII e regestis Pontificum romanorum selectae, a cura di G. H. Pertz-C.
Rodenberg, I, Berolini 1883, nn. 319s., 327, 332, 340, 342, 345, 349s., 424,
531; II, ibid. 1887, n. 593; Les registres d'Innocent IV, a cura di
E. Berger, II, Paris 1887, nn. 4173, 5059; Monumenta Germ. Hist., Legum
sectio IV, II, a cura di L. Weiland, Hannoverae 1896, nn. 109s., 112s.,
177, 182, 208, 246, 252, 328; J. F. Böhmer-J. Ficker, Regesta Imperii,
V, Innsbruck 1881-1882 ad Indicem (p. 2220). Si vedano inoltre C. Datta:
Storia dei principi di Savoia del ramo d'Acaia, II, Torino 1832, nn.
I s., IV; Hist. Patr. Mon., Chartae, I, Augustae Taurinorum 1836, nn.
DCCCLXXXII, DCCCXC, CMXV, CMXXI, CMLV, MXXXVIII; II, ibid. 1853, nn. MDCCCIV,
MDCCCXIX a., MDCCCXXIX, MDCCCL, MDCCCLIII, MDCCCLXVI, MDCCCLXXXIII; XIX, Liber
Potheris Comunis Civitatis Brixiae, ibid. 1899, n. CXXXVI; Codex astensis
qui do Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella e P. Vayra,
Roma 1880, II, n. 23; 111, nn. 742, 914s.; U. Chevalier, Regesta Dauphinois,
II, Valence 1913, n. 7407. Cfr. anche F. Gabotto, Docc. torinesi per la
storia delle relazioni fra Monferrato e Pavia, in Boll. stor. pavese,
V (1905), pp. 133-146; I. Soffietti, Ricerche storiche su Verrua Savoia,
in Riv. di storia, arte e archeologia per le prov. di Alessandria e Asti,
LXXII (1963), pp. 14s., 50s. Non esiste una monografia esauriente su Bonifacio
II. Per notizie su di lui si vedano V. Mandelli, Il Comune di Vercelli
nel Medio Evo, I, Vercelli 1857, pp. 97, 120s., 124, 139, 143-158, 166,
174, 213, 225s., 230, 257s., 251-253, 259-261, 275s., 278, 291s., 295, 315s.,
319-321; A. Bozzola, La Politica imperiale di Bonifacio II di Monferrato
e una pretesa donazione di Federico II, in Atti della R. Acc. delle
Scienze di Torino, XLV (1910), pp. 700-713; G. Marchetti-Longhi, La legazione
in Lombardia di Gregorio da Montelongo negli anni 1238-1251, in Arch. della
Soc. rom. di storia patria, XXXVI (1913). pp. 641-648; XXXVII (1914),
pp. 149, 153. 158, 166-171, 175, 183s., 188s., 199, 219, 222; XXXVIII (1915),
pp. 291s., 298, 610, 660; T. Rossi-F. Gabotto, Storia di Torino, I,
Torino 1914, pp. 234, 238, 239, 242, 254s., 257, 259, 262, 265, 268, 272-277,
279s., 285-289, 295-302; A. Tallone, Tommaso I marchese di Saluzzo (1244-1296),
Pinerolo 1916, pp. 52 n. 1, 59-61, 63-70, 75-78, 81-88, 92-107; A. Bozzola,
Un capitano di guerra e signore subalpino: Guglielmo VII di Monferrato,
in Misc. di storia ita., s. 3, XIX, Torino 1920, pp. 285-296; F. Cognasso,
Tommaso I ed Amedeo IV, Torino 1940, II, passim (cfr. ora Id.,
Il Piemonte nell'età sveva, Torino 1968, pp. 554-578, passim);
L. Vergano, B. II di Monferrato e le sue relaz. con Alessandria, in
Riv. di storia... per le prov. d'Alessandria e Asti, L (1941), nn.
1-2, pp. 5-33; LI (1942), nn. 1-2, pp. 5-49.
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