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Terzogenito, tra i figli maschi, del marchese Guglielmo V (alias III,
alias IV) e di Iulita d'Austria, sorella uterina di Corrado III, re
dei Romani, nacque verso la metà del sec. XII. E' assai probabile che
nella giovinezza abbia partecipato alle guerre combattute dal padre contro
i comuni di Asti, Vercelli e Alessandria. Per la prima volta è ricordato,
quale teste, in un privilegio dell'imperatore Federico I, datato da Torino
il 14 giugno 1178. Verso la fine del 1179, o, al più tardi, all'inizio
del gennaio 1180 raggiunse nella Tuscia meridionale il fratello Corrado e
lo assistette nelle trattative con l'arcivescovo Cristiano di Magonza, cancelliere
imperiale, da Corrado fatto prigioniero per vendetta, qualche tempo prima,
presso Camerino. Nell'attesa che i patti stipulati avessero adempimento, poiché
Corrado si recò a Costantinopoli, B. ebbe in custodia l'illustre prigioniero,
che fu poi liberato verso la fine del 1180 o al principio del 1181. Nulla
sappiamo sull'attività di B. negli anni immediatamente successivi;
certo non era nel Monferrato nel 1182. Non è forse lontana dal vero
l'ipotesi che proprio in questi anni debbano collocarsi le cavalleresche imprese
giovanili in Liguria, a cui accenna Rambaldo di Vaqueiras nella terza lassa
della celebre epistola (cfr. Ugolini, La poesia provenzale, pp. 30-33).
Bisogna giungere al 3 sett. 1184 (la donazione del 25, o 26, nov. 1183 al
monastero di Lucedio è, probabilmente, un falso) per avere una nuova
notizia sicura relativa a Bonifacio. In tale giorno, insieme con il padre,
non ancora partito, dunque, per la Terrasanta, B. rinunziò in Pavia,
in cambio di 20 lire pavesi, a qualsiasi pretesa sui beni della Chiesa di
Casale in Cinaglio. Il 17 maggio 1185 si trovava a Crema presso l'imperatore
Federico I. Partito il vecchio Guglielmo alla volta dell'Oriente, B., con
il fratello Corrado, ne confermò il 30 ag. 1185 le donazioni al monastero
di Rocca delle Donne. Il 5 marzo 1186 i due fratelli erano presso il Barbarossa
a Novara; in principio del giugno, poi, solo B. seguì l'imperatore
nell'impresa contro Castel Manfredo. L'8 settembre era ad Annone (ora Castel
d'Annone), dove, alla presenza del castellano imperiale Tommaso, ricevette
la rinunzia al feudo di Briono (borgo ora scomparso) da parte di coloro ai
quali egli stesso, con il padre, l'aveva assegnato. Il 15 ottobre in Rocca
delle Donne una certa signora Pesce gli cedette ogni suo diritto sul castello
di Mombercelli. Nel marzo dell'anno 1187 (se non già del 1186), insieme
con il fratello, fu testimone in Asti alla vendita della Valle di Stura effettuata
da parte del marchese di Saluzzo al re dei Romani Enrico VI. Partito, subito
dopo, anche Corrado alla volta dell'Oriente, B. ebbe il pieno governo del
marchesato. Cercò di affermare la sua autorità sui marchesi
d'Incisa, facendosi cedere da uno di loro, Alberto, il castello di Montaldo
(ora Montaldo Scarampi), il cui possesso gli fu confermato da Enrico VI; s'oppose
però il Comune di Asti che l'obbligò a farvi pubblica rinunzia
il 26 ag. 1188.
Il prestigio di B., in ogni modo, doveva essere alto se Umberto III di Savoia,
conte di Morienna, prima di morire (4 marzo 1189), lo volle membro del Consiglio
di reggenza per il figlio minorenne Tommaso I, nella speranza che egli avrebbe
saputo riconciliare il pupillo con la casa di Svevia. Infatti B., passate
immediatamente le Alpi, nella primavera si recò a Basilea, dove si
trovava Enrico VI. Conseguito lo scopo della missione, tornò presso
il pupillo e il 12 giugno assistette ad un suo atto in favore della Chiesa
di S. Giovanni di Morienna; lo accompagnò poi a Susa, dove il 15 giugno,
con il suo consenso, Tommaso concedette una salvaguardia ai certosini di Losa.
Nel luglio del 1190 B. e il pupillo erano a Fulda presso Enrico VI, probabilmente
per l'omaggio feudale e l'investitura di Tommaso. Non sappiamo quando siano
tornati in Italia.
Il 18 e il 19 genn. 1191 B. era con il re dei Romani a Lodi; in seguito lo
accompagnò a Bologna, dove l'11 febbraio ottenne da Enrico la messa
al bando dei marchesi d'Incisa e l'ordine a tutti i loro vassalli di prestare
a lui, B., giuramento di fedeltà entro un mese. Il 12 febbraio B. era
ancora a Bologna, ma è probabile che, invece di seguire Enrico a Roma
per l'incoronazione imperiale, sia tornato poco dopo nei suoi domini ed abbia
tentato d'impadronirsi dei beni degli Incisa. Certo, verso la fine della primavera
era in aperta guerra con gli Alessandrini e gli Astigiani, ch'egli sconfisse
gravemente presso Montiglio il 19 giugno; un po' prima, o poco dopo, si combatté
anche a Malamorte (ora Belveglio). Il 25 agosto venne stipulata una tregua
che doveva durare fino all'11 nov. 1192.
Probabilmente per desiderio di Enrico VI, che voleva la formazione di una
lega ghibellina da contrapporre a quella facente capo a Milano, il 24 sett.
1191 B. stipulò in Breme un trattato di alleanza difensiva con i Comuni
di Pavia, Cremona e Bergamo, a cui il 7 dicembre aderirono anche quelli di
Como e di Lodi. In premio del suo zelo l`8 dicembre in Milano l'imperatore
concesse a B. un privilegio con cui gli confermava in feudo i luoghi di Gamondio,
Marengo e Foro, con tutti i diritti già riconosciuti dal Barbarossa
a Guglielmo V.
Intanto, morto, probabilmente nell'estate del 1191, il padre e assassinato
il 28 apr. 1192 in Oriente il fratello Corrado, B. e suo figlio Guglielmo,
nato verosimilmente nella terz'ultima decade del sec. XII da una donna della
famiglia dei marchesi del Bosco, erano rimasti gli unici rappresentanti maschili
della dinastia monferrina. Nel 1192 B., che il 19 nov. 1191 aveva acquistato
da Ottone del Carretto l'alta signoria su Albisola, cercò di rafforzare
le sue posizioni nel Piemonte meridionale, dove già poteva contare
sull'alleanza del cognato Manfredo Il di Saluzzo e del Comune d'Alba, facendosi
cedere il 5 luglio da Berengario, marchese di Busca, la metà del castello
e del borgo di Cossano Belbo e un sedicesimo della contea di Loreto, che gli
ridiede poi in feudo diretto. Ne derivò un riacutizzarsi della tensione
con Asti. Non sappiamo se nell'autunno e nell'inverno vi siano stati scontri
militari; certo è che l'11 apr. 1193, dopo non brevi trattative, si
giunse ad una pace più favorevole ad Asti che al marchese. Nel giugno
B. dovette accorrere in aiuto dei suoi alleati lombardi contro Milano; fallita
la campagna militare, il 26 dello stesso mese in Pavia s'impegnò a
chiudere il suo territorio al commercio milanese. Poco dopo il marchese di
Monferrato partì alla volta della Germania; il 16 settembre era a Kaiserslautern.
presso l'imperatore, che lo trattenne a lungo presso di sé, e il 4
dicembre in Gelnhausen gli concesse in feudo la tanto desiderata Cesarea (Alessandria).
Forse B. ebbe parte nelle trattative tra Enrico VI e il prigioniero Riccardo
I d'Inghilterra; certo dopo la liberazione di quest'ultimo, avendo avuta da
lui una promessa di redditi feudali, B. gli prestò il 4 febbr. 1194
l'omaggio dovuto. Risulta che, per i diritti così acquisiti, un versamento
di 800 lire gli venne fatto da parte inglese nell'anno 1197.
Al ritorno del marchese in Italia (fine inverno o inizio primavera 1194),
i Comuni di Asti e di Vercelli il 9 maggio strinsero un'alleanza difensiva
contro di lui; il giorno antecedente gli Astigiani gli avevano già
fatto notificare un monito a non fare acquisti nella contea di Loreto da Manfredo
Lancia. L'imminenza della spedizione imperiale per la conquista del Regno
di Sicilia impedì però a B. di accettare la sfida.
Disceso Enrico VI attraverso lo Splugà verso la fine di maggio, il
3 giugno B. era presso di lui a Piacenza; nella seconda metà di luglio
lo seguì a Genova, assistendolo nelle trattative per avere l'appoggio
della flotta genovese. Per procurarsi del denaro, nella città ligure
il marchese ven. dette a Pietro Costanzo, influente cittadino d'Alba, quanto
possedeva in Marcenasco e a un gruppo di banchieri astigiani i suoi diritti
sul castello di Felizzano. Verso la metà di agosto B. s'imbarcò
sulla flotta genovese, assumendo, con il podestà di Genova e il siniscalco
imperiale Marcualdo d'Annweiler, il comando della spedizione. Gaeta, dove
la spedizione giunse circa il 21 agosto, s'arrese ai tre comandanti, anche
Napoli l'imitò tre giorni dopo.
Il 1° settembre la flotta raggiunse Messina. Quivi B. si
trovò dapprima coinvolto nelle furiose lotte scoppiate tra Genovesi
e Pisani. In seguito partecipò, con funzioni di legato imperiale, alla
campagna per la conquista della Sicilia orientale. Nella marcia su Palermo,
iniziata dopo l'arrivo di Enrico VI a Messina, il marchese ebbe, a quanto
risulta dal verso 118 dei Gesta Heinrici VI (Mon. Germ. Hist., Script.,
XXII, a cura di G. Waitz, Hannoverae 1872, p. 337), il comando dell'avanguardia.
Il 20 novembre era con l'imperatore nella conquistata Palermo, dove il 25
dicembre assistette all'incoronazione; poi seguì Enrico nella sua marcia
di ritorno verso l'Italia settentrionale.
L'alta considerazione in cui il B. veniva tenuto da Enrico VI è testimoniata
dal fatto che nei diplomi imperiali il suo nome figura, in genere, primo tra
quelli dei testi laici, compreso il fratello dell'imperatore. li 4 giugno
1195 era con l'imperatore a Milano; il 6 fu ancora testimone in Como a un
diploma di Enrico per il Comune di Cremona. Poco dopo, probabilmente, si congedò
dall'imperatore e raggiunse il Monferrato; infatti lo troviamo il 25 dicembre
a Moncalvo e il 27 febbr. 1196 a Chivasso. Il 26 luglio 1196 era di nuovo
presso l'imperatore a Torino; al principio d'agosto lo seguì a Pavia
e a Milano, in settembre a Piacenza e poi a Fornovo, dove si trovava ancora
il 30 settembre.
Tornato nel marchesato, B. ebbe da Manfredi I Lancia la cessione di Dogliani
e della parte che spettava al Lancia nella contea di Loreto e in alcune altre
località viicine. B. diede in cambio al Lancia non è chiaro
se 500 o 5.000 once d'oro. Tutte le controversie tra Asti e il marchese furono
deferite, certo per volere di Enrico VI, a una commissione arbitrale presie
duta da Tommaso d'Annone. Com'era prevedibile, il lodo, emesso in Alba l'11
febbr. 1197, era sostanzialmente favorevole al marchese. B. ebbe la cittadinanza
astigiana e in Asti comprò una casa; stando in essa, già il
17 febbraio vendette per 800 lire genovesi il castello e il borgo di Calliano
ad Ottone Rappa d'Alba e ad alcuni cittadini astigiani. Evidentemente era
sempre a corto di denaro, se nello stesso 1197 il Comune di Vercelli, rinnovando
un'ordinanza del 1194, vietò ai Vercellesi di concedere prestiti al
marchese.
Lo stesso giorno in cui avevano emesso il lodo sulle vertenze tra Asti e B.,
gli arbitri avevano stabilito che quest'ultimo fosse accolto come cittadino
di Alba e che gli Albesi s'impegnassero ad assisterlo militarmente contro
chicchessia. I pochi documenti superstiti mostrano chiaramente che si mirava
a costituire nel Piemontemeridionale un blocco antiastigiano capitanato dal
marchese. Ma alla morte prematura di Enrico VI (28 Sett. 1197) Asti passò
immediatamente alla controffensiva. Già il 30 ottobre essa strinse
un'alleanza antimonferrina con Alessandria; al principio di dicembre strappò
a Tommaso il castello d'Annone. B. s'era preparato alla lotta, inducendo nel
novembre Manfredi Lancia a fare concessioni ai suoi uomini di Castagnole e
di Dogliani, e dando il 6 dicembre in feudo al nipote Bonifacio di Saluzzo,
con alcuni altri borghi, la valle di Stura, cedutagli probabilmente da Enrico
VI. Inoltre si assicurò l'appoggio degli abitanti di Casale e di Paciliano,
nonché dei signori di Cavagnolo, e intrecciò buoni rapporti
con Ivrea. Ciò affrettò, forse, l'adesione di Vercelli alla
lega antimonferrina (15 marzo 1198).
In primavera i nemici del marchese passarono dappertutto all'azione:
il 2 aprile gli uomini di Paciliano erano costretti a defezionare e a promettere
di far guerra al marchese; poco dopo glì Astigiani e gli Alessandrini
s'impadronirono di Castagnole Lanze, facendo prigioniero il Lancia, e si allearono
ad Asti contro B. i signori di Manzano, Sarmatorio e Monfalcone; il 9 giugno
fece altrettanto Ruffino di Gorzano. Il 4 luglio i marchesi di Occimiano,
che avevano molte rivendicazioni da far valere contro B., si fecero cittadini
di Alessandria e misero a disposizione di questa, per la guerra, i loro castelli.
Al principio del settembre passarono ai nemici i Casalesi. L'alleanza antialessandrina
che B. strinse con Acqui il 12 giugno e quella in senso antivercellese con
Ivrea dei 24 ott. 1198 non erano certo sufficienti a compensarlo delle perdite
e defezioni subite.
Al principio dei 1199 offrirono, probabilmente, i loro uffici arbitrali i
Comuni di Milano e Piacenza, dietro i quali stava la lega lombarda; il 14
marzo B. e suo figlio Guglielmo si rimisero alle loro decisioni. Le città
nemiche accettarono l'arbitrato pochi giorni dopo. Il 28 o il 29 marzo gli
ambasciatori milanesi e piacentini, in un convegno presso Pontestura, imposero
alle parti una tregua fino all'ottava di Pasqua, tregua prorogata poi più
volte. In attesa della sentenza definitiva, il 12 o il 13 giugno il marchese
dovette rassegnarsi a contrarre alleanza, oltre che con i tre Comuni già
suoi avversari, anche con Milano e Piacenza, e il 15 giugno dovette partecipare
personalmente a una spedizione dei Milanesi e dei loro amici nel Bergamasco
contro i suoi vecchi alleati del 1191-1193.
Nella seconda metà del 1199 B. si recò in Germania al fine di
tentare un compromesso tra Filippo di Svevia e Ottone di Brunswick; però
non riuscì a indurre Ottone a un colloquio con Filippo. Era certamente
in Italia l'11 marzo 1200, quando lo troviamo ad Ivrea, teste al giuramento
dell'abitacolo da parte dei signori di Bard. Il 18 maggio in Bra promise la
sua assistenza militare ai signori del luogo che, su sollecitazione sua e
degli Albesi, stavano per scendere in campo contro Asti. Il 27 ottobre ebbe
un convegno presso Saluggia con i rappresentanti dei Comune di Vercelli e
con gli arbitri millanesi, ma non volle ascoltare la lettura del lodo. Null'altro
sappiamo sulla guerra con Asti, se non che gli Albesi furono costretti a far
la pace il 22 maggio 1201 con gli avversari, promettendo di aiutarli contro
il marchese a partire dal prossimo 10 agosto.
Un evento imprevisto pose termine, nell'estate 1201, a queste estenuanti guerre
con i Comuni vicini, quando B. fu chiamato a sostituire Tebaldo III, conte
di Champagne, capo supremo designato della crociata in preparazione, morto
nel maggio. Il marchese partì nell'agosto 1201 alla volta di Soissons,
passando prima per Parigi, dove discusse con Filippo II Augusto non solo della
crociata, ma anche della questione imperiale in Occidente; dal re B. ebbe
l'incarico di una missione diplomatica a Roma per tentare d'indurre il papa
a recedere dall'opposizione a Filippo di Svevia.
A Soissons, circa il 10 setterribre, B. accettò ufficialmente il comando
dell'armata, ricevette la croce dal vescovo della città ed ebbe in
consegna i fondi raccolti. Prima di tornare nel Monferrato, fece una deviazione
in Germania e s'incontrò ad Hagenau con Filippo di Svevia, con cui
passò il Natale. Se nei loro colloqui sia stata preparata la deviazione
della spedizione crociata su Costantinopoli non siamo in grado di stabilire,
dato il silenzio delle fonti.
Al principio del 1202 B. tornò in Italia, ma ben poco tempo si fermò
nel marchesato, perché in marzo andò a Roma, sia per compiere
la missione: affidatagli dal re di Francia, sia per prendere accordi con il
papa circa la crociata. Durante il viaggio di ritorno tentò invano,
il 21 aprile, a Lerici, di svolgere azione mediatrice tra le repubbliche di
Genova e di Pisa. Rientrato nel Monferrato, volle liquidare le vertenze con
Vercelli. Il 16 maggio, recatosi in quella città, promise di osservare
quello stesso lodo del Comune di Milano, che, circa venti mesi prima, non
aveva voluto ascoltare; in risarcimento dei danni subiti dai Vercellesi versò
agli stessi 1000 lire pavesi e il 7 giugno li esonerò dal pagamento
di qualsiasi pedaggio per transito d'acqua in tutto il marchesato. Per procurarsi,
poi, un po' di denaro, il 22 luglio vendette al Comune di Vercelli per 7000
lire pavesi il borgo e il castello di Trino e il bosco di Lucedio, e per 3000
lire il borgo e il castello di Pontestura, riservando però a sé
e ai propri familiari il diritto di riscatto entro cinque anni. Tornò
a Vercelli il 25 luglio per assistere alla conclusione delle trattative per
il matrimonio di suo nipote Bonifacio di Saluzzo con Maria di Sardegna. Quanto
ai Comuni di Alessandria e di Asti, il 9 agosto, prendendo congedo dal figlio
in Pavia, B. promise che avrebbe ratificato i patti che egli avesse stipulato
durante la sua assenza. A Venezia, dove giunse il 15 agosto, B. assunse il
comando della spedizione, comando più nominale, a dire il vero, che
effettivo, perché tutte le deliberazioni importanti furono prese sempre
collegialmente dai più autorevoli fra i crociati. Egli non partì
tuttavia con il grosso dell'armata nell'ottobre, né partecipò
all'impresa contro Zara. Il motivo è ignoto. Il Villehardouin (c. 79,
in ediz. Faral, p. 80) accenna ad un affare che il marchese avrebbe dovuto
ancora sbrigare; forse B. rimase a Venezia per trattare con gli inviati di
Filippo di Svevia e del giovane Alessio Angelo circa la proposta di un intervento
a Costantinopoli. Al campo presso Zara egli comparve solo in dicembre; nel
gennaio 1203 riuscì a convincere, con l'appoggio del doge veneziano,
i capi crociati a stringere l'accordo con gli inviati di Alessio. Quando arrivò
al campo la bolla papale di scomunica contro i Veneziani, che non volevano
piegarsi alla volontà di Imocenzo III circa la sorte di Zara, B. ne
impedì la pubblicazione; con il papa si scusò allegando il timore
di una disgregazione dell'esercito. Salpata la flotta verso il 20 aprile,
il marchese, con il doge, attese a Zara l'arrivo di Alessio, con il quale,
circa il 19 maggio, raggiunse il grosso dell'esercito a Corfù, dove
si diede da fare per vincere le esitazioni della massa dei crociati riluttanti
all'impresa contro Costantinopoli.
Salpata da Corfù il 24 maggio, la flotta, dopo una breve sosta a Negroponte,
giunse in vista di Costantinopoli circa un mese più tardi. Non avendo
voluto i Costantinopolitani, nonostante le sollecitazioni, rovesciare l'usurpatore
Alessio III, l'esercito crociato, dopo un breve assedio, diede il 17 luglio
1203 l'assalto alla città, che, fuggito nella notte Alessio III, s'arrese.
Il marchese che, a quanto pare, durante la battaglia era stato a guardia del
campo, il 18 accompagnò il giovane Alessio al palazzo imperiale. Dopo
la solenne incoronazione di Alessio IV (1° agosto), B. a capo di una schiera
di crociati lo seguì nella marcia ch'egli fece attraverso i territori
dell'Impero per prenderne possesso, dandogli efficace aiuto a stroncare ogni
resistenza. Al ritorno nella capitale (11 novembre), le relazioni tra gli
Occidentali e i Greci s'erano assai guastate, e più tese ancora diventarono
in seguito, per l'impossibilità in cui si trovava Alessio IV di mantenere
le promesse fatte ai crociati. B., quasi certamente, cercò di fai da
mediatore, ma l'insurrezione nazionalista greca, l'usurpazione di Murzuflo
e l'uccisione di Alessio IV resero vana ogni speranza di conciliazione. Nel
marzo 1204 B. e gli altri capi crociati s'accordarono con i Veneziani per
la divisione dell'Impero. Dopo un nuovo assedio e ripetuti assalti, Costantinopoli
il 13 aprile era di nuovo nelle mani dei crociati. Il marchese fu salutato
dal clero greco e dalla folla bizantina quale nuovo basileus. Ma i Veneziani,
che non intendevano vedere sul trono un potente feudatario dell'Italia settentrionale,
parente di Filippo di Svevia e in buone relazioni con Genova, fecero sì
che la scelta degli elettori cadesse su Baldovino di Fiandra. B. parve rassegnarsi,
ma dopo l'incoronazione del rivale chiese che, in cambio delle province greche
d'Asia, che avrebbe dovuto ottenere secondo i patti, gli fosse assegnato il
regno di Salonicco. Poiché l'imperatore si dimostrò riluttante,
B., che pochi giorni innanzi aveva sposato in seconde nozze Margherita d'Ungheria,
vedova d'Isacco II Angelo ed ex basilissa con il nome di Maria, e ne aveva
in tutela i figli, s'impadronì della città di Didimotico e assediò
Adrianopoli, proponendo ai Greci di riconoscere come imperatore Emanuele,
figlio primogenito di Maria e di Isacco II. Ad impedire una guerra tra crociati
intervennero il doge e gli altri maggiorenti; Baldovino non poté opporsi
a che fosse emesso un lodo. Il marchese si vide assegnata la Macedonia meridionale
tra Mosinopoli e Salonicco, col titolo di regno di Salonicco, e, in più,
una parte della Tessaglia, la Beozia, la Corinzia e l'Argolide, a patto che
tenesse questi territori in feudo dall'imperatore. Mentre ancora assediava
Adrianopoli, B. aveva rinunziato in favore di Venezia ai suoi diritti sull'isola
di Creta, a lui concessa dal giovane Alessio, al feudo dato a suo padre dall'imperatore
Manuele e alla stessa città di Salonicco, in cambio di mille marchi
d'argento e di possessi nella parte occidentale dell'Impero che dessero un
reddito annuo di diecimila iperperi d'oro. In realtà, però,
dopo il lodo dei capi crociati, rimase, forse, valida solo la rinunzia a Creta,
per cui B. aveva già avuto i mille marchi d'argento. Comunque, anche
in seguito, B. talora usò il titolo di " signore di Creta ".
Dopo il lodo, B. prese possesso senza contrasto della Macedonia meridionale.
Stabilita una guarnigione a Salonicco e affidato il governo della città
alla moglie, il marchese, accompagnato dal figliastro Emanuele, che serviva
ad attirargli le simpatie dei Greci, s'inoltrò verso sud-ovest attraverso
la Tessaglia, e vi fece prigioniero Alessio III, che più tardi mandò
in Monferrato. Superate le Termopili, discese nella pianura beota, s'impadronì
di Tebe e poi di Atene. Messi presidi anche nell'Eubea, occupò in seguito
Corinto e pose l'assedio all'Acrocorinto e. poi, a Nauplia nell'Argolide.
Via via che occupava territori li dava in feudo ai compagni d'arme con larghezza
e imparzialità, fossero essi italiani o tedeschi, provenzali, borgognoni
o fiamminghi.
A distoglierlo dall'assedio di Nauplia giunsero nell'estate del 1205 le notizie
della ribellione di Salonicco, che aveva costretto la regina Maria a chiudersi
nella fortezza, e dell'avanzata dei Bulgaro-Valacchi di Kalojan, che avevano
invaso la Macedonia e preso Serre. Interrotto l'assedio, B. s'affrettò
verso la capitale, ma quando vi giunse la trovò già tornata
all'ubbidienza; verso la fine dell'estate anche le truppe di Kalojan si ritirarono
senza tentare l'attacco. B. ne approfittò per riordinare il regno e
rimettere in stato di difesa la Macedonia contro eventuali nuove incursioni.
Dalle nozze con l'ex imperatrice Maria, convertita ora alla religione cattolica,
gli era intanto nato un erede che, dal nome del santo protettore di Salonicco,
egli volle chiamato Demetrio.
Conscio dell'opportunità di un fronte compatto dei Latini contro i
bellicosi Bulgaro-Valacchi, B. nel 1206 si riavvicinò ad Enrico di
Fiandra, fratello di Baldovino e suo successore, prima come reggente e poi,
dal 20 ag. 1206, come imperatore, offrendogli in moglie, per mezzo di Ottone
de la Roche, a cui aveva dato la signoria di Atene, la figlia Agnese. Il matrimonio
venne celebrato con grande solennità in S. Sofia il 4 febbr. 1207,
in assenza di B., occupato nelle opere di riedificazione e fortificazione
nella regione di Serre e di Drama. Nell'estate del 1207 B. s'incontrò
presso Ipsala, sulla riva sinistra della Maritza, con il genero, a cui prestò
l'omaggio feudale. Furono presi accordi per un'azione comune nell'ottobre
contro i Bulgari. Rientrato a Mosinopoli, decise di compiere una incursione
nella regione dei Rodopi contro bande di predoni bulgari. Durante il ritorno,
la sua retroguardia fu assalita; mentre cercava di soccorrerla B. venne trucidato
dai Bulgari (4 sett. 1207).
FONTI E BIBL.:
Per il periodo anteriore alla partenza per la crociata si rinvia a D. Brader,
Bonifaz von Montferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin
1907. Qui sono indicate soltanto le edizioni o riedizioni di fonti e la bibliografia
apparse posteriormente, oppure edizioni ignorate dal Brader: P. Terelli, I
Patti della liberazione dell'arcivescovo cristiano di Magonza, in Miscellanea
di storia italiana, s. 3, XIII, Torino 1908, pp. 321-344; C. Manaresi,
Gli atti del Comune di Milano fino all'anno MCCXVI, Milano 1919, nn.
CLI s., CCXII-CCXXI, CCXXIX-CCXXXIII; Annali genovesi di Caffaro e de'
suoi continuatori, II, a cura di L. T. Belgrano e C. Imperiale di Sant'Angelo,
Roma 1901, in Fonti per la storia d'Italia, XII, pp. 46-50, 83, 88
s., 95; Poesie Provenzali storiche relative all'Italia, a cura di V.
De Bartholomaeis, I, Roma 1931, pp. 43-45, 47-49, 56 s., 72-82. 92-96. 100,
103, 110, 125-159; F. A. Ugolini, La Poesia Provenzale e l'Italia,
Modena 1939, pp. 7-10, 17-47. Non pochi atti concernenti B. sono stati editi,
o riediti, nei volumi XVI, XXII, XXXI, XXXVII, XL, XLII, XLIV, XLVIII, LXIX,
LXXIV, LXXXIX, XCV, CXIII, CXV, CXVII, CXXIV, CXLV, CXLVI, CLXXVIII, della
Biblioteca della Società storica subalpina, Pinerolo-Torino
1906-1956, ad Indices.
I due volumi di L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente
durante i secoli XII e XIII, editi postumi a cura di C. Patrucco, Torino
1926, illustrano molto più ampiamente l'attività di B. durante
la crociata e negli anni successivi che non quella svolta prima dell'agosto
1202. La fase italiana è abbastanza lumeggiata in F. Cognasso, Tommaso
I ed Amedeo IV, Torino 1940. I, pp. 145-149, 151, 155-157, 165-171, 182,
185-189, 191-199, 203-211, 241, 252-256, 258-259, 274, 289-296, 304-306, e
in Id., Il Piemonte nell'età sveva, Torino 1968, pp. 264-434,
passim. Non tutte esatte sono le notizie su B. in L. Salvatorelli,
L'Italia comunale. Milano 1940, pp. 382, 387s.. 390, 408. 435, 442,
445.
Per le fonti e la bibliografia concernenti la IV crociata si veda H. E. Mayer,
Bibliographie zur Geschichte der Kreuzzüge, Hannover 1960, passim.
Un'ampia rassegna delle fonti è nella prefazione di E. Faral all'edizione
da lui curata di G. de Villehardouin, La conquête de Constantinople,
Paris 1938-39. Della vastissima bibliografia si indicano qui soltanto alcune
fra le opere più recenti, ricche anch'esse di notizie bibliografiche:
J. Longnon, L'Empire latin de Constantinople et la Principauté de
Morée, Paris 1949, pp. 19, 28 s., 32, 34-36, 38, 42, 44, 46 s.,
49-51, 55, 58-64, 66, 69-77, 82, 89, 91 s., 97, 99 a.; A. A. Vasiliev, History
of the Byzantine Empire (324-1453), Madison, Wisc., 1952, pp. 453-468;
A. Frolow, La déviation de la 4e Croisade vers Constantinople. Problème
d'histoire et de doctrine, in Revue de l'histoire des religions,
CXLV (1954), pp. 168-187; CXLVI (1954), pp. 67-89, 194-219; S. Runciman. A
History of the Crusades, III, Cambridge 1955, pp. 110-126, A History
of the Crusades, a cura di K. M. Setton. M. W. Baldwin, R. L. Wolff, R.
W. Hazard, J. O. Sultivan, N. P. Zacour, G. C. Boyce, II, Philadelphia 1962,
pp. 164-178, 182-185, 188-190, 192, 201-207, 236, 238, 240, 793; F. Cognasso,
Storia delle crociate, [Milano] 1967, pp. 705-751. È da consultare
con molta cautela, per le non poche inesattezze contenute, L. Bréhier,
Boniface de Montferrat, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés.,
IX, Paris 1935, coll. 958-966.
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