Morte di Remo
Romulum Remumque cupido cepit in iis locis, ubi
expositi ubique educati erant, urbis condendae. Quoniam
gemini essent[1]
nec aetatis verecundia discrimen facere posset, ut di, quorum tutelae ea loca essent, auguriis legerent qui[2]
nomen novae urbi daret, qui conditam imperio regeret, Palatium Romulus, Remus Aventinum ad inaugurandum templa[3]
capiunt. Priori Remo augurium
venisse fertur, sex vultures;
iamque nuntiato augurio, cum duplex numerus Romulo se ostendisset, utrumque regem sua multitudo[4]
consalutaverat: tempore illi praecepto, at hi numero avium regnum
trahebant. Inde cum altercatione congressi, ad caedem vertuntur;
ibi in turba ictus, Remus
cecidit. Vulgatior fama est ludibrio fratris Remum novos transiluisse
muros; inde[5]
ab irato Romulo, cum verbis quoque
increpitans adiecisset[6]:
"Sic deinde[7],
quicumque alius transiliet moenia mea", interfectum. Livio, Ab urbe condita (I, 6-7) |
Traduzione Romolo e Remo furono colti dal desiderio (lett. la costruzione
è attiva: il desiderio colse Romolo e Remo) di fondare una città in quei
luoghi in cui (lett.: dove) erano stati abbandonati
ed allevati. Poiché erano
gemelli e il rispetto dovuto all’età (lett.: il
rispetto dell’età) non poteva fare la differenza, affinché gli dei, sotto la tutela
(lett.: alla tutela) dei quali erano quei luoghi, scegliessero (legerent) con degli auspici chi dovesse dare (lett.: chi desse) il nome alla nuova città, chi la dovesse
governare (regeret imperio) una volta fondata,
scelgono Romolo il Palatino e Remo l’Aventino come luoghi sacri (templa
è predicativo dell'oggetto) per prendere
gli auspici. Si tramanda che l’auspicio giungesse a
Remo per primo, sei avvoltoi; e poiché, dopo che l’auspicio era già stato
annunciato, un numero doppio di uccelli apparve (lett.:
si mostrò) a Romolo, i rispettivi
seguaci (lett.: la propria moltitudine) avevano
acclamato l’uno e l’altro come re: quelli (cioè, i seguaci di Remo) per il
tempo anticipato, ma questi (cioè, i seguaci di Romolo) per il numero di
uccelli rivendicavano il regno. Quindi, dopo essersi
scontrati a parole (lett.: con un litigio), impugnano
le armi (lett.: si volgono all’uccisione); allora,
colpito tra la folla, Remo cadde. E’ fama più diffusa che Remo abbia attraversato con un salto (transiluisse) le nuove mura per scherno del fratello;
quindi fu ucciso (interfectum, sottinteso esse)
dall’irato Romolo, dopo che (quest’ultimo),
insultandolo anche a parole, ebbe aggiunto: “Così in futuro (finirà) chiunque altro
attraverserà le mie mura” |
[1] E’ un congiuntivo obliquo, come i successivi posset ed essent (si tratta di ciò che pensano Romolo e Remo).
[2] Il termine a cui si riferisce è un eum sottinteso.
[3] Templum è propriamente lo spazio di cielo ritenuto sacro (e quindi entro cui si manifestano segni divini).
[4] Sua multitudo: si tratta del gruppo dei seguaci di ciascuno dei due fratelli.
[5] La frase che segue è, come la precedente, un’infinitiva retta da “vulgatior est fama”, e sottintende lo stesso soggetto della precedente.
[6] Nella traduzione bisognerà che sia chiaro qual è il soggetto di questo verbo.
[7] Sottinteso un verbo, del tipo “finirà”, “sarà ucciso”.