L’enjambement nella Liberata

 

     Canto 12

 

(Clorinda morente chiede il battesimo a Tancredi)

       

        66       - Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona

             tu ancora, al corpo no, che nulla pave,

             a l'alma sì; deh! per lei prega, e dona

             battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. -

             In queste voci languide risuona

             un non so che di flebile e soave

             ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,

             e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

       

    Canto 16

 

(Armida cerca invano di trattenere Rinaldo)

 

       36       Volea gridar: «Dove, o crudel, me sola

             lasci?», ma il varco al suon chiuse il dolore,

             sì che tornò la flebile parola

             più amara indietro a rimbombar su 'l core.

             Misera! i suoi diletti ora le invola

             forza e saper, del suo saper maggiore.

             Ella se 'l vede, e invan pur s'argomenta

             di ritenerlo e l'arti sue ritenta.

 

        40       Forsennata gridava: - O tu che porte

             parte teco di me, parte ne lassi,

             o prendi l'una o rendi l'altra, o morte

             dà insieme ad ambe: arresta, arresta i passi,

             sol che ti sian le voci ultime porte;

             non dico i baci, altra più degna avrassi

             quelli da te. Che temi, empio, se resti?

             Potrai negar, poi che fuggir potesti. -

 

     Canto 3

 

(Erminia indica Tancredi ad Aladino)

      

        19       Poi gli dice infingevole, e nasconde

             sotto il manto de l'odio altro desio:

             - Oimè! bene il conosco, ed ho ben donde

             fra mille riconoscerlo deggia io,

             ché spesso il vidi i campi e le profonde

             fosse del sangue empir del popol mio.

             Ahi quanto è crudo nel ferire! a piaga

             ch'ei faccia, erba non giova od arte maga.

        20       Egli è il prence Tancredi: oh prigioniero

             mio fosse un giorno! e no 'l vorrei già morto;

             vivo il vorrei, perch'in me desse al fero

             desio dolce vendetta alcun conforto. -

             Così parlava, e de' suoi detti il vero

             da chi l'udiva in altro senso è torto;

             e fuor n'uscì con le sue voci estreme

             misto un sospir che 'ndarno ella già preme.

     Canto 3

 

(Dudone è colpito a morte da Argante)

 

        45       Freme in se stesso Argante, e pur tal volta

             si ferma e volge, e poi cede pur anco.

             Al fin così improviso a lui si volta

             e di tanto rovescio il coglie al fianco,

             che dentro il ferro vi s'immerge, e tolta

             è dal colpo la vita al duce franco.

             Cade; e gli occhi, ch'a pena aprir si ponno,

             dura quiete preme e ferreo sonno.

        46       Gli aprì tre volte, e i dolci rai del cielo

             cercò fruire e sovra un braccio alzarsi,

             e tre volte ricadde, e fosco velo

             gli occhi adombrò, che stanchi al fin serràrsi.

             Si dissolvono i membri, e 'l mortal gelo

             inrigiditi e di sudor gli ha sparsi.

             Sovra il corpo già morto il fero Argante

             punto non bada, e via trascorre inante.

 

 

     Canto 19

 

(Argante e Tancredi si accingono all’ultimo duello)

      

         9       Qui si fermano entrambi, e pur sospeso

             volgeasi Argante a la cittade afflitta.

             Vede Tancredi che 'l pagan difeso

             non è di scudo, e 'l suo lontano ei gitta.

             Poscia lui dice: - Or qual pensier t'ha preso?

             pensi ch'è giunta l'ora a te prescritta?

             S'antivedendo ciò timido stai,

             è 'l tuo timore intempestivo omai. -

        10       - Penso - risponde - a la città del regno

             di Giudea antichissima regina,

             che vinta or cade, e indarno esser sostegno

             io procurai de la fatal ruina,

             e ch'è poca vendetta al mio disdegno

             il capo tuo che 'l Cielo or mi destina. -

             Tacque, e incontra si van con gran risguardo,

             ché ben conosce l'un l'altro gagliardo.