G. CORDUAS
Decanta l’immagine fino ad esaltarne la struttura geometrica
astratto-concreta
su rapporti armonici di forma colore e luce;
figure e spazio.
DINO ERBA
La
pittura si confronta oggi con tecniche estremamente sofisticate, dalle
eccezionali possibilità espressive che, a volte, fanno di uno spot
pubblicitario una vera e propria opera d’arte, per perfezione formale e
capacità di suscitare emozioni. È un confronto che sembrerebbe relegare
il pittore a ruoli marginali, quando è invece fonte di imprevedibili
stimoli per la sua sensibilità artistica.
Fotografia, cinema, televisione creano diverse e molteplici
rappresentazioni del mondo che arricchiscono la percezione soggettiva,
schiudendo nuove prospettive e significati. Questi sono i più recenti
aspetti di un’evoluzione visiva che in passato, la pittura ha sempre
saputo cogliere ed esprimere e che oggi assumono particolari
implicazioni, come nelle opere di Manuel Olivares.
A 35
anni, Manuel Olivares è partecipe di questa affascinante evoluzione: la
sua tecnica è tradizionale, olio su tela, e lo stile è figurativo. Sulle
sue opere, i critici esprimono interessanti e dotti giudizi, con
richiami a illustri maestri del passato: i manieristi, Escher, Dalì…certamente,
Olivares, pur estraneo alle accademie d’arte, non è immune da
suggestioni o “simpatie” artistiche. Sono affinità culturali di una
ricerca espressiva, in cui lo sguardo dell’artista si volge al mare
delle immagini in cui siamo immersi e che mutano e alterano la nostra
sensibilità visiva. Un alterazione che, banalmente, spesso ci fa
paragonare un bel paesaggio a una cartolina, capovolgendo il rapporto
tra reale e artificiale, tra modello e rappresentazione. Le immagini di
Olivares presentano inquadrature inconsuete, di taglio cinematografico,
dove le linee sinuose e le tonalità cromatiche suscitano sensazioni
stranianti, quasi un ingresso in un mondo parallelo. Un mondo
fantastico? Forse, ma creato da un diverso “punto di vista” che,
all’improvviso, ferma un fotogramma del film che scorre davanti ai
nostri occhi. Olivares lascia l’interpretazione alla sensibilità di chi
guarda: i suoi quadri sono “Senza titolo”.
Inizio pagina
DARIO SALANI
Superfici pittoriche colme di tassellature organiche, sottili e dense
campiture cromatiche che delineano presenze figurali; linee, tratti
affusolati confusi e giustapposti che evocano simulacri d’architettura e
d’umanità: osservando le opere di Manuel Olivares siamo subito catturati
da una sensazione di saturazione , di pienezza, di condensamento. Campi
cromatici composti da mezzi toni, con accenti di colore più intenso,
delineano le parti da evidenziare nella totalità della composizione
scenica. La risultante strutturale dell’impianto pittorico è quella di
una febbrile e concitata visione di vedute architettoniche e di presenze
,creata da un apparente caos compositivo , che in realtà si traduce in
un preciso equilibrio tra spazi vuoti e pieni, in una calibrata
alternanza tra colori freddi e caldi e, soprattutto, in un calibrata
alternanza tra colori freddi e caldi e, soprattutto, in un efficace
incidenza della luce che illumina -e quindi evidenzia- le parti
narrative del discorso pittorico.
Nelle
opere di Manuel Olivares vi sono numerosissimi imput stilistici che
fanno pensare alla storia dell’arte come a un continuum temporale
che dalla tradizione giunge alla più attuale ricerca formale .nella sua
pittura si ritrovano numerosi dati compositivi . all’arte antica,
Olivares si collega per una certa visione della figura in “stile
serpentinato” della rappresentazione pittorica, tipica del manierismo
.certamente il gioco ad incastri tra i volumi, tra gli spazi vuoti e
pieni,tra l’incidenza luminosa e la tassellatura del colore non può
che
far pensare alle logiche compositive di Cézanne , alla pittura fluida e
nervosa di Kokoschka, ma anche ad un cubismo analitico magmatico e
liquefatto. Tuttavia anche il dato surrealista è incisivo: basti pensare
ad alcune figure di Max Ernst , alle deformità di Dalì alle
architetture fluttuanti di Escher. Da una primordiale organicità
latente, realizzata attraverso un’affusolata e precisa pittura tonale,
si arriva ad una estrapolazione coloristica più incisiva, in un processo
di “messa in evidenza” dell’architettura. Da un territorio figurale si
approda ad una realtà deforme, alterata, allucinata. Il trascendente ha,
di per se , un gusto magico, alchemico. La realtà appare dunque
trasposta attraverso uno slittamento semantico, il simulacro dell’umano
è medium immaginifico.
Manuel Olivares ci propone un mondo fluttuante. Al caos della casualità,
l’autore conferisce un ordine e un equilibrio per mezzo del logos
armonizzante , in una sorta di precisione magica degli equilibri . Il
movimento e la fluidità compositiva , come ci ha insegnato Panofsky,
diventano processo divisibile all’infinito e mutevole, la deformazione
viene legittimata otticamente e fisicamente come mezzo estetico. Oppure,
secondo gli scritti sull’arte di Baudelaire : “ciò che non è
impercettibilmente deformato, da una sensazione di freddezza e
insensibilità; ne consegue che l’irregolare , ciò che non ci si aspetta
, la meraviglia lo stupore è un elemento essenziale e tipico del bello”.
Inizio pagina
ALESSANDRA PANZINI
……i
contrasti dei rossi, dei blu, i gialli compatti che sembrano lacca, le
sfumature di luce sulla linea d’orizzonte, che penetrano ed emozionano.
E poi
che ci vuoi fare, pezzi di città piegate, deformate, angoli di
balcone(postazioni visive privilegiate- punti di vedetta), palazzi che
sembrano torri-fortezze che attorno a loro generano paesaggi
apparentemente vuoti, interni rigorosi dove i mobili sembrano fatti di
luce al pari dei corpi che sembrano essi stessi pezzi di città,e poi i
materiali stessi della città, asfalti, marciapiedi,lamiere,
canalizzazioni che percorrono lo spazio….entusiasmano il mio immaginario
da sempre attratto dai materiali e dalle deformazioni della
contemporaneità.
La
sensazione??? una città scolpita in uno spazio apparentemente
unitario……. ma che unitario non è. Da quei balconi hai un senso di
vertigine…c’è un altro spazio che non lasci vedere, profondissimo,
intenso…vertiginoso appunto.
E poi
gli spessori…tutto ha uno spessore, scale, marciapiedi, parapetti,
strisce pedonali, pelle…
L’idea che mi danno le tue tele è che si alimentano d’aria, quasi che
l’aria debba penetrare tra i volumi dei palazzi, attraversare i vuoti,
riempire le strade.
Inizio pagina
ANTONELLO FANIZZI
Sono
scorci di ambienti e scene vissute su un remoto pianeta di un lontano
sistema solare, le immagini che mi incantano, impresse sulle tele di
Manuel Olivares ? o piuttosto si tratta di fotogrammi di vita quotidiana
catturati dall’artista nella sua Napoli, rivedute e “corrette” alla luce
di un interpretazione “fantasy” di luoghi conosciuti; quasi una
mitizzazione formale di aspetti contingenti della propria realtà che ha
in un “solipsismo egotico” di goethiana memoria il suo strumento
privilegiato?
Che
si tratti di immagini reali, catturate e poi metabolizzate dalla fervida
mente di Manuel o piuttosto istantanee di, un mondo lontano con cui il
nostro sembra essere in psichica comunione, poco importa. Le tele di
Olivares ci riportano ad una dimensione onirica e fantastica quasi
fanciullesca, ad un universo fatato che ho emblematicamente voluto
chiamare “Urania”.
È’
innegabile che nei lavori di Manuel compaiano brandelli della sua città
ma deformati da misteriose forze e occulti avvenimenti; angoli di strade
silenti, palazzi che hanno le sembianze di torri di avvistamento e
costruzioni fortificate di fattura angioina attorniate da paesaggi
scarni e immoti, spazi interni angusti e labirintici dove gli arredi
sembrano vivificarsi, divenire corpi di esseri umanoidi, anch’essi
immobili, quasi pietrificati da un’ immane forza come avvenne secoli
orsono a Pompei . E’ a mio avviso paradigmatico che un artista nato e
vive a Napoli, metropoli caotica e “casciarona” per eccellenza, si
rifuggi in questo mondo immaginifico di silenzio, immobilità e
luce….novello “Cavaliere del silenzio”.
Ma ad
un’ occhiata più attenta questi anfratti immersi in un impasto di colori
tenui e quasi “soffici” che avvolgono in una coltre di ovattata
tranquillità, scale, marciapiedi, parapetti, strisce pedonali, tutto
insomma,, rivelano uno strano senso di inadeguatezza che pervade al pari
di un inquietante segreto queste tele altrimenti così eteree.
Sono
maggiormente le figure umane a “disturbare” l’osservatore. Nelle tele in
cui compaiono corpi , si avverte una sorta di disarmonia in questi
“esseri”, enfatizzata dalla dicotomia formale tra queste figure sinuose
e gli spazi lineari in cui queste sono inserite. Quasi fossero fuori
posto ed esse stesse a disagio in un contesto tanto metafisicamente
geometrizzato, in uno spazio che riecheggia uno sfaldamento dei volumi
di memoria cubista. Perché Olivares costantemente nasconde alla vista,
con mirabile artificio, le teste e i volti, impedendoci di apprezzare i
moti dell’animo dei suoi personaggi, apparentemente divisi tra una
volontà di immedesimazione , di mimetismo- accentuato da una certa
identità cromatica con il contesto – e un ineluttabile destino di
diversità e di alienazione.
E se
queste figure fossero effettivamente fuori luogo in un luogo fuori dal
tempo? E se vi fossero capitate per caso , quasi sprofondate in un sonno
profondo i cui sogni sono talmente reali da avvincerle, impedendole di
destarsi per tornare alla propria caotica e frenetica
realtà? E se questi personaggi che tanto che tanto ci inquietano e
avvincono al contempo, di cui inevitabilmente ci chiediamo l’origine e
la sorte, in realtà non fossimo altri che noi stessi, catturati nostro
malgrado in questa atmosfera tanto lontana dalla nostra quotidiana
realtà? Se fossimo noi ormai irrimediabilmente assuefatti a questo mondo
di fantasia che ci ammalia come la nenia di una sirena ?
Manuel Olivares conosce la risposta e, forse, la conosciamo anche noi.
Inizio pagina
GIANNI PATRITO
…..I
suoi spazi, per noi che viviamo a Torino ( quindi una grande città come
Napoli ), ci propongono subito una dimensione conosciuta, anche se
diversa; diversità nei colori, la costante presenza di gialli e rossi;
nei cieli tersi, senza nubi e con sfumature cangianti. Gli spazi che
Olivares ci propone sono in qualche misura rilassanti, perché non sono
oppressi dai colori fumosi con cui abitualmente associamo l’agglomerato
urbano. Un discorso a parte meritano i quadri dove è rappresentata la
presenza umana. Qui i rapporti si ribaltano; nei due quadri dove sono
raffigurati corpi, abbiamo avvertito come una sorta di disagio, come se
queste figure si contrapponessero agli spazi lineari in cui vengono
inseriti. Ne quadro 0034 le figure guardano un manufatto in lontananza:
hanno quasi lo stesso colore dell’edificio, un associazione inquietante
che viene integrata da una delle rare atmosfere plumbee prodotte
dall’artista. Mentre nel quadro 0063 la sinuosità del corpo si
contrappone alla geometricità dell’arredamento; in questo caso il colore
del corpo influenza il bianco delle pareti dando al complesso
dell’immagine una tonalità brillante, quindi la drammaticità è nella
forma : l’ assenza della testa non ci fa capire lo stato d’animo del
personaggio raffigurato……
Inizio pagina
LUISA MAURELLI
Lo
spazio diventa un gioco da fare puntualmente in modo diverso. Così le
dimensioni diventano tessere di un mosaico da ricostruire combinando i
colori in modo da ottenere sempre un risultato differente ed
incantevole. Così Manuel Olivares, giovane Artista napoletano, compone i
suoi spazi su tela, immaginando una realtà fatta di forme ben definite,
a volte spigolose che delineano un mondo vivace nato dall’idea dei
colori che si combinano in modo perfetto ispirando emozioni e suggerendo
interpretazioni
Ed
ecco che una tela diventa una fenditura….immaginate uno strappo su una
tenda pesante che permette di guardare un paesaggio inaspettato, in cui
forme e colori prendono forma sotto la luce che li attraversa.
E
quando le tinte sono intense e solari, nei toni del giallo e del rosso,
ci si sente pervadere da una sensazione inspiegabile che ispira gioia e
vivacità.
Non
mancano i contrasti cromatici, creati di proposito per insinuarsi
nell’animo di chi guarda con l’abilità che hanno solo i colori,
evocando ricordi ed ispirando nuovi pensieri, ed associazione d’idee!
Perché è inevitabile spaziare con la mente a cospetto di una tela che è
indefinita, il cui contenuto non si ferma entro i limiti del dipinto, ma
riesce a trovare il suo seguito nello spazio circostante. Così ritorna
il concetto di spazio, in un percorso ciclico, rappresentando il punto
d’inizio e quello d’arrivo di ogni ispirazione artistica.
A
lasciare lo sfondo bianco di una parete dietro un quadro di Olivares si
incappa nell’inevitabile genialità della mente che si sbizzarrisce
creando, su quello sfondo, la continuazione di quei colori dipinti
dall’artista, lasciandoli sfumare nella monocromia del reale.
E
forse proprio questa la magia dell’arte di Olivares: permette
all’osservatore delle sue opere di evadere dagli spazi tristi e angusti
del contemporaneo, scappare dal rigore per rifugiarsi nello spazio senza
confini di un mondo parallelo , popolato di speranze e fantasia in cui
recuperare la dimensione originale di una personalità vivace.
Con
un'unica, doverosa precisazione: tutto quello spazio non è mai vuoto.
Inizio pagina
ANTONIO FILIPPETTI
La
pittura di Olivares concilia il gusto della figurazione con una
sensibilità più inquieta e sperimentale, specie laddove l’opera cattura
lo spaesamento e il vento esistenziale in un impasto di colori tenui e
soffici; una specie di voce che si interroga e cerca, attraverso la
comunicazione artistica , di stabilire contatti di autentico spessore
umano.
Inizio pagina
JENNY BROOKMAN
Olivares’ soft, sumptuous paintings focus on the
fluidity of space within contemporary geometric
Structures. Redefining the clinical and the austere by
his smooth suppleness of form and warm and delicate colours.
Inizio pagina
KRIS KLINE
The paintings of Napoli artist Manuel Olivares possess a
futuristic quality impacted by rigorous interiors where furniture flows
without encumbrances and human bodies seem sculpted from light. The
contrast between the colors- the red, the blue, the dense yellow-
penetrates the volumes of the buildings and splashes through the empty
spaces, filling them up. The artist paints from offbeat points of view,
creating exotic perspectives from which the viewer can observe from
unconventional vantage points. The buildings themselves seem to ground
us with their dense and substantial construction, unobstructed by
decoration and reduced to their purest form.
Inizio pagina |