Note critiche

Manuel Olivares
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Con grande piacere vi presento alcune note scritte sul mio lavoro.
 

Ringrazio tutti gli autori: G. CORDUAS, DINO ERBA, ALESSANDRA_PANZINI, ANTONELLO_FANIZZI, GIANNI _PATRITO, LUISA_MAURELLI, ANTONIO_FILIPPETTI, JENNY_BROOKMAN, KRIS_KLINE

 

G. CORDUAS

Decanta l’immagine fino ad esaltarne la struttura geometrica astratto-concreta
su rapporti armonici di forma colore e luce;
figure e spazio.
 

 

DINO ERBA

La pittura si confronta oggi con tecniche estremamente sofisticate, dalle eccezionali possibilità espressive che, a volte, fanno di uno spot pubblicitario una vera e propria opera d’arte, per perfezione formale e capacità di suscitare emozioni. È un confronto che sembrerebbe relegare il pittore a ruoli marginali, quando è invece fonte di imprevedibili stimoli per la sua sensibilità artistica.

Fotografia, cinema, televisione creano diverse e molteplici rappresentazioni del mondo che arricchiscono la percezione soggettiva, schiudendo nuove prospettive e significati. Questi sono i più recenti aspetti di un’evoluzione visiva che in passato, la pittura ha sempre saputo cogliere ed esprimere e che oggi assumono particolari implicazioni, come nelle opere di Manuel Olivares.

A 35 anni, Manuel Olivares è partecipe di questa affascinante evoluzione: la sua tecnica è tradizionale, olio su tela, e lo stile è figurativo. Sulle sue opere, i critici esprimono interessanti e dotti giudizi, con richiami a illustri maestri del passato: i manieristi, Escher, Dalì…certamente, Olivares, pur estraneo alle accademie d’arte, non è immune da suggestioni o “simpatie” artistiche. Sono affinità culturali di una ricerca espressiva, in cui lo sguardo dell’artista si volge al mare delle immagini in cui siamo immersi e che mutano e alterano la nostra sensibilità visiva. Un alterazione che, banalmente, spesso ci fa paragonare un bel paesaggio a una cartolina, capovolgendo il rapporto tra reale e artificiale, tra modello e rappresentazione. Le immagini di Olivares presentano inquadrature inconsuete, di taglio cinematografico, dove le linee sinuose e le tonalità cromatiche suscitano sensazioni stranianti, quasi un ingresso in un mondo parallelo. Un mondo fantastico? Forse, ma creato da un diverso “punto di vista” che, all’improvviso, ferma un fotogramma del film che scorre davanti ai nostri occhi. Olivares lascia l’interpretazione alla sensibilità di chi guarda: i suoi quadri sono “Senza titolo”.
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DARIO SALANI

Superfici pittoriche colme di tassellature organiche, sottili e dense campiture cromatiche che delineano presenze figurali; linee, tratti affusolati confusi e giustapposti che evocano simulacri d’architettura e d’umanità: osservando le opere di Manuel Olivares siamo subito catturati da una sensazione di saturazione , di pienezza, di condensamento. Campi cromatici composti da mezzi toni, con accenti di colore più intenso, delineano le parti da evidenziare nella totalità della composizione scenica. La risultante strutturale dell’impianto pittorico è quella di una febbrile e concitata visione di vedute architettoniche e di presenze ,creata da un apparente caos compositivo , che in realtà si traduce in un preciso equilibrio tra spazi  vuoti e pieni, in una calibrata alternanza tra colori freddi e caldi e, soprattutto, in un calibrata alternanza tra colori freddi e caldi e, soprattutto, in un efficace incidenza della luce che illumina -e quindi evidenzia- le parti narrative del discorso pittorico.

Nelle opere di Manuel Olivares vi sono numerosissimi imput stilistici che fanno pensare alla storia dell’arte come a un continuum temporale che dalla tradizione giunge alla più attuale ricerca formale .nella sua pittura si ritrovano numerosi dati compositivi . all’arte antica, Olivares si collega per una certa visione della figura in “stile serpentinato” della rappresentazione pittorica, tipica del manierismo .certamente il gioco ad incastri tra i volumi, tra gli spazi vuoti e pieni,tra l’incidenza luminosa e la tassellatura  del colore  non può

che far pensare alle logiche compositive di Cézanne , alla pittura fluida e nervosa di Kokoschka, ma anche ad un cubismo analitico magmatico e liquefatto. Tuttavia anche il dato surrealista è incisivo: basti pensare ad alcune figure di Max Ernst  , alle deformità di Dalì alle architetture fluttuanti di Escher. Da una primordiale organicità latente, realizzata attraverso un’affusolata e precisa pittura tonale, si arriva ad una estrapolazione coloristica più incisiva, in un processo di “messa in evidenza” dell’architettura. Da un territorio figurale si approda ad una realtà deforme, alterata, allucinata. Il trascendente ha, di per se , un gusto magico, alchemico. La realtà appare dunque trasposta attraverso uno slittamento semantico, il simulacro dell’umano è medium immaginifico.

Manuel Olivares ci propone un mondo fluttuante. Al caos della casualità, l’autore conferisce un ordine e un equilibrio per mezzo del logos armonizzante , in una sorta di precisione magica degli equilibri . Il movimento e la fluidità compositiva , come ci ha insegnato Panofsky, diventano processo divisibile all’infinito e mutevole, la deformazione viene legittimata otticamente e fisicamente come mezzo estetico. Oppure, secondo gli scritti sull’arte di Baudelaire : “ciò che non è impercettibilmente deformato, da una sensazione di freddezza e insensibilità; ne consegue che l’irregolare , ciò che non ci si aspetta , la meraviglia lo stupore è un elemento essenziale e tipico del bello”.
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ALESSANDRA PANZINI

……i contrasti dei  rossi, dei blu, i gialli compatti che sembrano lacca, le  sfumature di luce sulla linea d’orizzonte, che penetrano ed emozionano.

E poi che ci vuoi fare, pezzi di città piegate, deformate, angoli di balcone(postazioni visive privilegiate- punti di vedetta), palazzi che sembrano torri-fortezze che attorno a loro generano paesaggi apparentemente vuoti, interni rigorosi dove i mobili sembrano fatti di luce al pari dei corpi che sembrano essi stessi pezzi di città,e poi i materiali stessi della città, asfalti, marciapiedi,lamiere, canalizzazioni che percorrono lo spazio….entusiasmano il mio immaginario da sempre attratto dai materiali e dalle deformazioni della contemporaneità.

La sensazione??? una città scolpita in uno spazio apparentemente unitario……. ma che unitario non è. Da quei balconi hai un senso di vertigine…c’è un altro spazio che non lasci vedere, profondissimo, intenso…vertiginoso appunto.

E poi gli spessori…tutto ha uno spessore, scale, marciapiedi, parapetti, strisce pedonali, pelle…

L’idea che mi danno le tue tele è che si alimentano d’aria, quasi che l’aria debba penetrare tra i volumi dei palazzi, attraversare i vuoti, riempire le strade.
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ANTONELLO FANIZZI 

Sono scorci di ambienti e scene vissute su un remoto pianeta di un lontano sistema solare, le immagini che mi incantano, impresse sulle tele di Manuel Olivares ? o piuttosto si tratta di fotogrammi di vita quotidiana catturati dall’artista nella sua Napoli, rivedute e “corrette” alla luce di un interpretazione “fantasy” di luoghi conosciuti; quasi una mitizzazione formale di aspetti contingenti della propria realtà che ha in un “solipsismo egotico” di goethiana memoria il suo strumento privilegiato?

Che si tratti di immagini reali, catturate e poi metabolizzate dalla fervida mente di Manuel o piuttosto istantanee di, un mondo lontano con cui il nostro sembra essere in psichica comunione, poco importa.  Le tele di Olivares ci riportano ad una dimensione onirica e fantastica quasi fanciullesca, ad un universo fatato che ho emblematicamente voluto chiamare “Urania”.

È’ innegabile che nei lavori di Manuel compaiano brandelli della sua città ma deformati da misteriose forze e occulti avvenimenti; angoli di strade silenti, palazzi  che hanno le sembianze di torri di avvistamento e costruzioni fortificate di fattura angioina attorniate da paesaggi scarni e immoti, spazi interni angusti e labirintici dove gli arredi sembrano vivificarsi, divenire corpi di esseri umanoidi, anch’essi immobili, quasi pietrificati da un’ immane forza come avvenne secoli orsono a Pompei . E’ a mio avviso paradigmatico che un artista nato e vive a Napoli, metropoli caotica e “casciarona” per  eccellenza, si rifuggi in questo mondo immaginifico di silenzio, immobilità e luce….novello “Cavaliere del silenzio”.

Ma ad un’ occhiata più attenta questi anfratti immersi in un impasto di colori tenui e quasi “soffici” che avvolgono in una coltre di ovattata tranquillità, scale, marciapiedi, parapetti, strisce pedonali, tutto insomma,, rivelano uno strano senso di inadeguatezza che pervade al pari di un inquietante segreto queste tele altrimenti così eteree.

Sono maggiormente le figure umane a “disturbare” l’osservatore. Nelle tele in cui compaiono corpi , si avverte una sorta di disarmonia in questi “esseri”, enfatizzata dalla dicotomia formale tra queste figure sinuose e gli spazi lineari  in cui queste sono inserite. Quasi fossero fuori posto ed esse stesse a disagio in un contesto tanto metafisicamente geometrizzato, in uno spazio che riecheggia uno sfaldamento dei volumi di memoria cubista. Perché Olivares  costantemente nasconde alla vista, con mirabile artificio, le teste e i volti, impedendoci di apprezzare i moti dell’animo dei suoi personaggi, apparentemente divisi tra una volontà di immedesimazione , di mimetismo- accentuato da una certa identità cromatica con il contesto – e un ineluttabile destino di diversità e di alienazione.

E se queste figure fossero effettivamente fuori luogo in un luogo fuori dal tempo? E se vi fossero capitate per caso , quasi sprofondate in un sonno profondo i cui sogni sono talmente reali da avvincerle, impedendole di destarsi per tornare alla propria caotica e frenetica

realtà? E se questi personaggi che tanto che tanto ci inquietano e avvincono al contempo, di cui inevitabilmente ci chiediamo l’origine e la sorte, in realtà non fossimo altri che noi stessi, catturati nostro malgrado in questa atmosfera tanto lontana dalla nostra quotidiana realtà? Se fossimo noi ormai irrimediabilmente assuefatti a questo mondo di fantasia che ci ammalia come la nenia di una sirena ?

Manuel Olivares conosce la risposta e, forse, la conosciamo anche noi.
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GIANNI  PATRITO

…..I suoi spazi, per noi che viviamo a Torino ( quindi una grande città come Napoli ), ci propongono subito una dimensione conosciuta, anche se diversa; diversità nei colori, la costante presenza di gialli e rossi;  nei cieli tersi, senza nubi e con sfumature cangianti. Gli spazi che Olivares ci propone sono in qualche misura rilassanti, perché non sono oppressi dai colori fumosi con cui abitualmente associamo l’agglomerato urbano. Un discorso a parte meritano i quadri dove è rappresentata la presenza umana. Qui i rapporti si ribaltano; nei due quadri dove sono raffigurati corpi, abbiamo avvertito come una sorta di disagio, come se queste figure si contrapponessero agli spazi lineari in cui vengono inseriti. Ne quadro 0034 le figure guardano un manufatto in lontananza: hanno quasi lo stesso colore dell’edificio, un associazione inquietante che viene integrata da una delle rare atmosfere plumbee prodotte dall’artista. Mentre nel quadro 0063 la sinuosità del corpo si contrappone alla geometricità dell’arredamento; in questo caso il colore del corpo influenza il bianco delle pareti dando al complesso dell’immagine una tonalità brillante, quindi la drammaticità è nella forma : l’ assenza della testa non ci fa capire lo stato d’animo del personaggio raffigurato……
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LUISA MAURELLI

Lo spazio diventa un gioco da fare puntualmente in modo diverso. Così le dimensioni  diventano tessere di un mosaico da ricostruire combinando i colori in modo da ottenere sempre un risultato differente ed incantevole. Così Manuel Olivares, giovane Artista napoletano, compone i suoi spazi su tela, immaginando una realtà fatta di forme ben definite, a volte spigolose che delineano un mondo vivace nato dall’idea dei colori che si combinano in modo perfetto ispirando emozioni e suggerendo interpretazioni

Ed ecco che una tela diventa una fenditura….immaginate uno strappo su una tenda pesante che permette di guardare un paesaggio inaspettato, in cui forme e colori prendono forma sotto la luce che li attraversa.

E quando le tinte sono intense e solari, nei toni del giallo e del rosso, ci si sente pervadere da una sensazione inspiegabile che ispira gioia e vivacità.

Non mancano i contrasti cromatici, creati di proposito per insinuarsi nell’animo di chi guarda con l’abilità che hanno solo i colori, evocando  ricordi ed ispirando nuovi pensieri, ed associazione d’idee!

Perché è inevitabile spaziare con la mente a cospetto di una tela che è indefinita, il cui contenuto non si ferma entro i limiti del dipinto, ma riesce a trovare il suo seguito nello spazio circostante. Così ritorna il concetto di spazio, in un percorso ciclico, rappresentando il punto d’inizio e quello d’arrivo di ogni ispirazione artistica.

A lasciare lo sfondo bianco di una parete dietro un quadro di Olivares si incappa nell’inevitabile genialità della mente che si sbizzarrisce creando, su quello sfondo, la continuazione di quei colori dipinti dall’artista, lasciandoli sfumare nella monocromia del reale.

E forse proprio questa la magia dell’arte di Olivares: permette all’osservatore delle sue opere di evadere dagli spazi tristi e angusti del contemporaneo, scappare dal rigore per rifugiarsi nello spazio senza confini di un mondo parallelo , popolato di speranze e fantasia in cui recuperare la dimensione originale di una personalità vivace.

Con un'unica, doverosa precisazione: tutto quello spazio non è mai vuoto.
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ANTONIO FILIPPETTI 

La pittura di Olivares concilia il gusto della figurazione con una sensibilità più inquieta e sperimentale, specie laddove l’opera cattura lo spaesamento e il vento esistenziale in un impasto di colori tenui e soffici; una specie di voce che si interroga e cerca, attraverso la comunicazione artistica , di stabilire contatti di autentico spessore umano.
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JENNY BROOKMAN

Olivares’ soft, sumptuous  paintings focus on the fluidity of space within contemporary geometric

Structures.  Redefining the clinical and the austere by his smooth suppleness of form and warm and delicate colours.
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KRIS KLINE

The paintings of Napoli artist Manuel Olivares possess a futuristic quality impacted by rigorous interiors where furniture flows without encumbrances and human bodies seem sculpted from light. The contrast between the colors- the red, the blue, the dense yellow- penetrates the volumes of the buildings and splashes through the empty spaces, filling them up. The artist paints from offbeat points of view, creating exotic perspectives from which the viewer can observe from unconventional vantage points. The buildings themselves seem to ground us with their dense  and substantial construction, unobstructed by decoration and reduced to their purest form.
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