MALOS CANTORES COME IL BUON PANE FATTO IN CASA.
di Paula Pitzalis
Raccontare
un CD, o meglio recensire sull’ultima produzione dei Malos Cantores ,
oggi non è alquanto semplice.La maturità dei due Rapper Sardi affonda la
ricerca non più tra le rivendicazioni ed i disagi giovanili che ne decantano la
rabbia generazionale. I due artisti ricercano ed analizzano mali più profondi e
sociali, miserie umane e di quartieri in degrado che la storia ha tramandato e
non risolto.Storie antiche e moderne, storie e legami ombelicali che si lasciano
“ scivolare” addosso l’ incuranza per la tutela dei diritti umani e
sociali e civili più primordiali, lavoro, rispetto, cultura ed identità.
Uomini abbandonati al loro destino, dimenticati per essere capro
espiatorio di classi di potere che si arrogano il diritto di dominio. “
Peppucciu (Konch’e bagna) ne è un chiaro esempio metropolitano ma che non è
dissimile da malesseri o fatti di cronaca dell’interno della nostra isola che
vengono narrati in “ Sugala”( è un mondo di volpi, di chi fa finta di
niente e poi morde/ pecore/mucche pazze/si sono ammalati anche i polli/i
maialetti taroccati col marchio di Sardegna/importati dall’Olanda mica è cosa
fatta in paese). Musica Sarda e Malos Cantores. Un binomio che la coppia
non a caso utilizza nel titolare il CD. “ Maliziosi Cantori o Cattivi Cantori
che vogliono urlare e raccontare alla maniera degli Antichi attraverso le parole
in limba i fatti attuali. Musica Sarda, perché il rapper non scinde la parola
scritta da quella sonora. La parola è musica e la sardità è il “mantra”
che ne sorregge il ritmo e la narrazione. “Fueddus” cantano ancora con DJ
Ganga dove “ il racconto si fa descrittivo “la carezza e l’offesa/chiesa,
croce santo e santa dedizione quando preghi in ginocchio/la pietra fredda, la
religione prete altare comunione, tradizione dell’unione della divisione, la
questione, l’opinione la corruzione del padrone/vento,mare montagna pianura
campidanesa...ecc). Tutti gli stereotipi
della sardità vengono elencati. La fatica ed il dolore
dell’emigrazione che l’artista dell’iglesiente ha vissuto nella buia ed
industriale Milano prosegue in canti di speranza “ bellas mariposas” (
circanta libertadi/prenas de esperanzas/in custa vida mala), ed ancora “ Fizu
Meu” in memoria all’amatissima ed indimenticabile Maria Carta, la cui voce
accompagna i cantori con una campionatura che emoziona l’ascoltatore per un
viaggio attraverso la memoria dell’ancestrale voce “Madre” femminile che non contrasta con le rime.( Cara
Madre naramì se cesti u pagh'e luxi ancora /u
fillu zerria mama' in custu iscuru chi seu de diora
che non è facili a cumprendi chi custa vida e trumentu / ma e cun s'amori e su coraggiu ma donau s'insegnamentu…).I Malos Cantores abilmente proseguono nei brani in una giostra di versi anche con il canto dei Tenores in sottofondo dove questi artigiani del sardo, moderno e contemporaneo utilizza l’universalità del ritmo narrato, gridato e sussurrato per esprimere una speranza. É la propria esistenza ed identità. É la storia di un’isola che non vuole omologarsi alla distruzione del pianeta a favore del consumismo estremo ma che ancora vuole nutrirsi di sentimenti sinceri e popolari come il “ buon pane fatto in casa”.