INTERVISTA A PAOLO FRESU

A cura di Paula Pitzalis

RADIO ALTER ON THE ROAD COMMUNICATIONS

In tempi in cui sempre più si parla e si affermano teorie e filosofie politiche nazionaliste, Radio Alter on The Road Communications vuole incontrare artisti che dal loro punto di vista umano, sociale e del proprio vissuto nel girovagare nel mondo attuale, diano un’opinione più pacifica e costruttiva dell’essere oggi un cittadino del mondo che conserva dentro sé la sua identità e che sappia convivere con le culture più diverse. Abbiamo incontrato in Sardegna, terra ed isola del Mediterraneo che da sempre conserva le sue tradizioni linguistiche e culturali con fierezza ed orgoglio, il jazzista Paolo Fresu. Paolo Fresu è un artista che ha suonato con i grandi nomi della storia del jazz, in Spagna, Catalunya, Francia, Europa, Stati Uniti d’America ecc. Si è dimostrato sempre un artista sensibile a tutte le sonorità provenienti da tutte le culture ed è per tale motivo che ci siamo rivolti anche a lui per aprire un dibattito aperto su Radio Chango che possa portare ad un cammino di solidarietà umana, sociale e civile.

Abbiamo incontrato Paolo Fresu durante la presentazione del festival Time in Jazz 2006. Posto che in questo mondo sempre più represso da una globalizzazione commerciale si soffocano quelle libertà espressive artistiche più popolari, in questo splendido pianeta si fa sempre più pressante la necessità di espressione più autentica, quella popolare. Abbiamo dissertato su tali aspetti con il grande jazzista sardo Paolo Fresu.

A Barcellona la Municipalitat Catalana sta proibendo che si suoni nelle strade mentre Paolo Fresu invece invita questa banda, la Cočani Orkestar, che si esibisce nelle strade a suonare con lui su un palco di un gran teatro lirico…

E li portiamo anche in Assessorato ! (ridendo).

Cosa sta succedendo in questo pazzo mondo della musica? Ci puoi esporre un tuo punto di vista come artista internazionale?

Per me la musica da strada è la festa, la positività e la felicità. Io poi musicalmente provengo dalla banda. Perciò l’esperienza con la Cočani Orkestar nello specifico è una cosa talmente bella ed intensa. Inoltre la musica nasce dalla strada e si porta nei teatri. All’origine è l’aspetto popolare il più importante che è assolutamente da non perdere. Male si fa quando si proibisce ai musicisti di suonare. Bisognerebbe a volte legiferare meglio. Certo è che la gente deve sentire prima la musica per le strade e poi va anche a teatro a scoprirne dell’altra.

Paolo Fresu come Direttore artistico del Festival Time in Jazz “ Cookin’ Jazz” quest’anno la musica, la porta anche a tavola. Un giorno se ben ricordi il gran giornalista di jazz Alberto Rodriguez ti domandò agli inizi del tuo cammino se tu suonavi di testa o di pancia. Questo cibo musicale  come si digerisce adesso?

Beh, si digerisce bene!…Perché le cose si pensano. È come il suono lo si pensa e poi lo si passa allo stomaco. Penso che ci sia una relazione precisa. C’è un aspetto più luculliano del cibo ed uno più raffinato che è quello della testa perché poi alla fine è tutto lì. Come affermare che tutti i sensi passano in qualche modo alla testa con l’aspetto culturale. Io penso che il vino ed il cibo siano come la musica un linguaggio universale dove ognuno poi coglie a seconda del proprio mondo, a seconda della propria storia e del suo mondo culturale. All’origine mi sembrava difficile sposare il jazz con il cibo ed il vino. Poi mi sono reso conto, dopo solamente un mese in cui avevo iniziato a lavorare al progetto, che avevamo una miriade d’idee da riuscire a mettere insieme.Non ce l’abbiamo fatta con tutte probabilmente ma comunque è stato più facile del previsto ed evidentemente ci sono più punti in contatto.

Ognuno di noi ogni tanto si sofferma a fare un bilancio del proprio vissuto sociale ed umano: qual è oggi il concetto d’identità di Paolo Fresu?

Per me oggi è avere suonato una variazione sarda con la Cočani Orkestar in cui non c’è violenza per esempio. Siamo tutti nello stesso piano. Loro suonano con me ed io con loro. Ci dimentichiamo che io sono sardo e loro balcani. Secondo me l’identità è dimenticarsi da dove si viene e cercare semplicemente di essere. Quando uno è automaticamente si sente parte di una cosa molto profonda che ha avuto da piccolo. Io non me lo pongo troppo il problema dell’identità anche se sono fiero di essere sardo. Detto questo però cerco di dimenticarmelo nel momento in cui mi relaziono con il prossimo. Poi quando mi ritrovo da solo, penso in sardo.

I suoni della memoria rimangono?

Assolutamente sì! Questo è fondamentale perché se non si desse forza in qualche modo per andare altrove uno si perde ed un po’ di dimentica. Invece quando uno si dimentica naturalmente vuol affermare che fa parte di quella cosa lì.

Per questa motivazione hai organizzato un festival che viaggia per via ferroviaria, navale, acqua, aria e terra?

Assolutamente sì!

Quando un’astronave allora?

( Ridendo): Ecco quello sarà quello del futuro! Sì, faremo un Festival del futuro!

 

INTERVISTANDO ANTONELLO SALIS

A cura di Paula Pitzalis

Incontrare Antonello Salis, dopo che il pubblico gli ha tributato uno stand ovation con un altro grande artista sardo, Paolo Fresu, che li ha visti impegnati sul palco del Teatro lirico di Cagliari con la Cočani Orkestar, è stato non solo piacevole poter dissertare con lui ma anche un momento sincero che mi porta ad amare sempre l’umiltà d’intenti dei più. Sicuramente una grande scelta artistica anche quella di Nicola Spiga, direttore artistico dell’Associazione Shannara, che da sempre propone quelle miscellanee  sonorità e contaminazioni musicali più peculiari del bacino del mediterraneo.

Questa sera il detto “ Nemo profeta in patria est” con Antonello Salis e Paolo Fresu non è valso perché il pubblico ha dimostrato tutto il suo assenso alla vostra performance.

Credo di sì. Questa sera nel caso mio e di Paolo Fresu abbiamo sfatato per una volta questo mito o detto .

Oggi hai duettato in un finale dialogico con Paolo Fresu concludendo il tema con un “ non ti scordar di me”. Cosa vorrebbe scordare e cosa non vorrebbe dimenticare Antonello Salis della Sardegna?

Fino ad  oggi non vorrei scordare niente. Non vi è nulla di negativo da scordare mentre per ciò che concerne il ricordare…sai io vivo a Roma e la mia Sardegna è qui davanti a me…ci vengo talmente spesso che non mi sento un emigrato.

Cos’è l’identità visto che in questi tempi si parla di risveglio di nazionalismi?

Oggi bisogna fare attenzione su tale punto. Vi sono alcune cose che fanno parte di te e non vi è alcuna ragione di forzare per esprimerle. Esse vengono fuori spontaneamente perché vivono in te. Non credo ad identità o culture inferiori o superiori. Ognuna è unica nel suo genere. Ognuno ha una propria identità ed io credo nella pacifica convivenza tra etnie diverse. Se fosse per me non esisterebbero conflitti bellici. Dovremmo amare un po’ di più.

Un sogno di Antonello Salis?

Sono nato e cresciuto in una dimensione povera  e nella mia vita ho anche fatto anche  la fame.Ti dirò forse per questo non ho mai sognato niente di grande. Poi ho seguitato a suonare ed ho incontrato Lester Bowie , Pat Metheny e tanti altri grande del jazz che mai mi sarei aspettato. Forse per pudore a me stesso non ho mai pensato di suonare con questo o con quello. Oggi mi sento appagato della mia musica e non cerco altro. Di sicuro forse probabilmente mi si presenteranno altre occasioni ed incontri ma non ho grandi pretese.