"Il
Jazz è una musica visiva: è l’espressione più autentica di un
feeling corporeo, proprio perché viene realizzata con tutto il
corpo". Con queste poche parole estratte dal bellissimo libro
"Fotostoria del jazz" del critico tedesco Joachim Ernst
Berendt, si può mettere subito a fuoco il rapporto che esiste tra
la fotografia ed il jazz.
Per
fotografare, bisogna "sentire" quello che si ha di
fronte, quello che si vuole realizzare, conoscere il soggetto o la
materia; più il grado di conoscenza è alto, più il risultato
sarà quello desiderato, e l’effetto comunicativo risulterà
efficace.
Personalmente
mi ritengo un grande appassionato di jazz, di più, un
"amante"di jazz. La musica viene prima della fotografia,
ed il motivo di quest’affermazione è data dal fatto che mi
sento più vicino ad un sassofonista che sta suonando ed
improvvisando su Body and Soul che non ad una schiera di fotografi
che scattano a raffica sotto il palco. Per contro, mi viene
difficile pensare di assistere ad un concerto senza la macchina
fotografica, e credo di individuare questo stato d’animo nel
fatto che, compiendo i gesti del fotografo: osservare, inquadrare,
scattare, mi sento più partecipe attivamente all’azione, mi
sento direttamente coinvolto con i musicisti e la loro musica;
"sto suonando".
Per
quanto possa sembrare assurdo questa è la sensazione che io
provo.
Dal
connubio di queste forti passioni, jazz/immagine, è nato poco
alla volta il mio archivio di fotografie che ritraggono jazzisti
noti e meno noti, colorati dai soli colori che caratterizzano
questa musica: il bianco ed il nero.
E
sono questi "pochi" elementi, o meglio l’incontro di
questi elementi che, schematicamente e forse in maniera
elementare, possono essere indicati quali "fondamentali
ingredienti per la nascita del Jazz". Incontro, confronto,
integrazione, assimilazione, scambio, contatto, rispetto!
Nel
1996, con la conoscenza degli amici Michele Viganego e Bruno
Borghi, è nato il progetto "La luce nell’ombra", che
si è sviluppato con la realizzazione di due mostre fotografiche
presso il Centro Civico Buranello di Genova nel 1996 e nel 1997,
con la partecipazione di bravi fotografi e del "maestro"
Riccardo Schwamental.
Da
allora tutto il mio lavoro fotografico sul Jazz ha preso corpo e
"coscienza", se così si può definire, sulla "Luce
nell’ombra". I musicisti vengono sì ritratti cercando di
cogliere il loro momento di massima intensità espressiva, oppure
di meditazione o raccoglimento, ma, l’elemento "luce"
(poca), diventa determinante per cercare di squarciare il manto
ombroso che spesso ci circonda, ci rende ciechi, ed il suono che
esce dagli strumenti è la vera luce che ci illumina, il vero
elemento essenziale dell’immagine"