LE NAVIGAZIONI PORTOGHESI VERSO
IL NUOVO MONDO
Nel giorno di Pasqua dell’anno 1500 sbarcavano sulla costa
nordorientale del sud America
l’ammiraglio portoghese Pedro Alvares Cabral (1467/1520)per
prendere possesso dei territori del Nuovo Continente che, secondo il trattato
di Tordesillas(1494),spettava al Portogallo. Successive spedizioni contribuirono
ad accertare la ricchezza di quel dominio, dove si erano rifugiate alcune
migliaia di ebrei perseguitati in patria e dove le ‘’cortes ‘’portoghesi
avevano confinato gli ex ergastolani .In seguito arrivarono i nobili a
prendere possesso delle ‘’capitanias’’, cioé dei feudi assegnati
dalla corte di Lisbona :ultimo giunse il vicerè, con il compito
di mettere ordine nella colonia che intanto aveva preso il nome di Brasile
(dall’abbondanza di una pianta colorante detta ‘’braxil’’). Naturalmente,
le prime zone colonizzate furono quelle costiere ,dove sorsero necessità
di manodopera e la scarsa efficienza degli indigeni resero necessario il
trasferimento di schiavi neri
dall’Africa. Nonostante ciò, via via che le piantagioni
si ampliavano rendendo sempre più urgente la necessità di
braccia da lavoro, furono organizzate vere e proprie battute verso l’interno
per catturare e ridurre in schiavitù anche gli Indios.
INTERESSI E CAMBIAMENTI ECONOMICI
In primo tempo il sogno dei Portoghesi era questo: appropriassi
rapidamente di grandi ricchezze e tornare in patria a godersele. Ma l’ingente
quantità d’oro e d’argento accumulata come bottino di guerra, spesso
derivata dalla fusione di oggetti finemente lavorati, dopo qualche decennio
si esaurì.
Occorreva dunque organizzarsi per procedere all’estrazione
dei minerali preziosi dalle miniere .Per fare ciò era necessario
obbligare un gran numero di indigeni a lavorare nelle miniere. La quantità
di oro, e specialmente d’argento che le navi portarono in patria tra il
1500 e il 1600 fu veramente enorme.
Ma accade che di questo immenso tesoro un quarto fosse
investito in spese militari. Come successe anche in Spagna; anche nel Portogallo
vi fu un momento di crisi economica si parlava di ‘’economia malata’’.
Cacciando infatti gli Arabi e gli Ebrei queste nazioni si erano private
dei loro più abili artigiani e commercianti. Le campagne erano spopolate,
molti avevano cercato fortuna in America.
LE RETI COMMERCIALI
Non tutti i metalli preziosi provenienti dall’America
si fermavano in Europa. Una buona parte proseguiva per l’Oriente per pagare
le spezie e gli oggetti di lusso di cui i ricchi europei facevano sempre
più vasto uso. Infatti gli orientali non apprezzavano le merci europee
e pretendevano di essere pagati con metalli preziosi.
L’argento dell’America insieme all’oro giungeva in Europa
e di qui una parte proseguiva per l’Oriente. Le merci facevano invece il
tragitto opposto: dall’Oriente all’Europa e dall’Europa all’America. Naturalmente
l’America non offriva all’Europa solo metalli preziosi, ma anche molti
prodotti alimentari che modificarono le abitudini degli europei.
Soltanto nel seicento si rese conto che anche da questi
prodotti, come zucchero, caffè, tabacco, si potevano ricavare grandi
profitti. Si apriva un altro capitolo della storia di prodotti tra America
e Europa.
Ma i Portoghesi seppero usufruire anche dell’Africa della
quale, sappiamo prendevano grandi quantità di schiavi negri portandoli
in America e parte in Europa. Insomma i centri più importanti del
commercio per il Portogallo divennero le città come il Mozambico
ed Elimina nell’Africa, Bahia nell’America, Goa, Calicut, Canton nell’Oriente.
CIOCCOLATA, TE’, CAFFÈ’, TABACCO
Il fatto è che ormai tutti potevano permettersi
di acquistare il pepe, e i ricchi iniziarono a distinguersi dai poveri
per il consumo di altri prodotti come cioccolato, tè, caffè
e tabacco. Tutti questi alimenti erano sconosciuti agli europei prima delle
scoperte geografiche.
La cioccolata era una bevanda che i messicani ricavavano
dalla cacao e di cui divennero ghiotti i benestanti europei verso la metà
del seicento.
Il tè proveniva dalla Cina, ricavato dalle foglie
di un arbusto seccato al sole (tè nero) o al calore del fuoco (tè
verde). Il primo carico giunse in Canada nel 1610, e la moda del tè
si diffuse qualche decennio più tardi in Inghilterra e in altri
paesi freddi come la Russia.
Gli europei dei paesi più caldi dimostrarono maggiore
preferenza per il caffè. La pianta del caffè è originaria
dell’Etiopia e già nel quattro e cinquecento gli Arabi e i Curdi
ne facevano uso.
Nel 1615 il caffè fu conosciuto a Venezia, trent’anni
dopo giunse a Parigi e poi a Londra.
Era venuto da mercanti ambulanti, in genere turchi con
tanto di turbante, che trasportavano una cassettina con il fornello la
caffettiere le tazzine.
Nel 1670 fu aperto a Parigi il primo cafè ‘’moderno’’
il quale era un luogo di ritrovo per gente elegante, che sorbendo la bevanda
chiacchierava e discuteva. Fu un successo strepitoso, e ben presto
i cafè si moltiplicarono in molte capitali d’Europa.
Visto il trionfo del caffè qualcuno pensò
di portare le piante in America (specialmente in Brasile e nelle Antille),
che divenne dall’inizio del settecento la maggiore fornitrice dei consumatori
europei.
Questi nuovi prodotti modificarono la cultura e il costume
europeo. Infatti cosi facendo la gente si riunivano per discutere e fare
pettegolezzi su ciò che li circondava. Si discuteva di politica
e economia.
Non molto diversa è la storia dell’uso del tabacco:
ma, tra tutti i prodotti che abbiamo nominato, questo è l’unico
che proveniva originariamente dall’America meridionale, dove gli indigeni
ne facevano uso.
Già verso la fine del cinquecento era coltivato
in Sicilia e in Spagna e usato per scopi medicinali: si dice che facesse
bene al cervello. Poi il tabacco divenne una moda: poteva essere masticato,
fiutato o fumato. Nel Seicento si fumava soltanto la pipa, all’inizio del
Settecento furono inventati i sigari e, alla fine di quel secolo, le sigarette.
Anche il tabacco era coltivato principalmente nelle grandi piantagioni
americane.
ZUCCHERO, MAIS, PATATA
La moda di bevande come tè, caffè e cioccolata
si diffuse dopo la metà del Seicento. Questo fatto ebbe una conseguenza
molto importante: le bevande suddette sono amare, per essere gradevoli
devono essere dolcificate. Proprio in quel periodo si verificò infatti
un’esplosione del consumo dello zucchero. Lo zucchero si può estrarre
sia dalla barbabietola sia dalla canna. Solo alla fine del Settecento,
però, si diffuse l’uso della barbabietola da zucchero; prima esso
si estraeva solo dalla canna da zucchero, originaria del Bengala (India).
Nel Medio Evo lo zucchero era usato in Europa in piccole
quantità, per scopi medicinali. Nel cinquecento la canna fu portata
in Brasile, dove prosperò. Alla metà del Seicento erano in
attività grandi piantagioni anche nelle Antille, per rispondere
all’aumentata richiesta europea.
La coltivazione dello zucchero portava con se una triste
conseguenza: l’uso massiccio del lavoro di schiavi neri. Fin d’ora però
si può capire che cosa spingeva i ricchi padroni delle piantagioni
a usare schiavi neri: la lavorazione dello zucchero richiedeva molta manodopera.
La canna si schiacciava sotto rulli e se ne raccoglieva
il succo , che veniva riscaldato a lungo in caldaie di rame fino ad ottenere
dei cristalli bruni.
Era questo lo zucchero grezzo, che trasportato in Europa,
veniva in parte sottoposto ad un lavoro di raffinazione per farlo diventare
bianco, operazione che richiedeva altrettanto lavoro e l’impegno di grandi
capitali. E’ naturale quindi che per tutto il Settecento lo zucchero rimase
un prodotto costoso.
Se fino a due secoli fa questi prodotti erano consumati
solo dai ricchi, ciò deriva dal fatto che le tecniche di produzione
e trasporto erano poco sviluppate e quindi molto costose, e la ricchezza
era così mal distribuita da permettere solo a pochi questi tipi
di consumi.
Ci sono però almeno due importanti eccezioni:
due nuovi prodotti che fecero dapprima parte dell’alimentazione dei poveri,
e solo in seguito comparvero sulle tavole dei ricchi. Si tratta del mais
e della patata.