Si è potuto constatare come, nel campo intellettuale, L’XI e
la prima metà del XII secolo costituiscano un periodo di transizione
e di preparazione.
Soltanto verso il 1150 si moltiplicano i segni di un nuovo slancio:
la preoccupazione di ridurre la scienza in forma sistematica, in forma
di “somme”, il desiderio di conciliare le filosofie con il raziocinio,
i tentativi di porre nuovi problemi. Senza dubbio però, l’evoluzione
artistica fu più rapida dell’evoluzione intellettuale: a fronte
dei balbettamenti dei pensatori contemporanei il pronao della chiesa di
Vezelay appare una perfezione assoluta, di una bellezza e di una armonia
ineguagliate: ciò deriva dal fatto che l’arte romanica, partendo
dal livello Carolingio, con l’aiuto di prestiti dall’antichità e
arricchendosi di rapporti orientali e arabi, riuscì molto più
presto nella sintesi separata.
Ogni monumento del resto è il risultato di un’opera collettiva
nella quale si trovano associati, volenti o nolenti, laici e religiosi.
Sotto questo aspetto la parte sostenuta dall’abbazia di Cluny era notevole.
I maggiori suoi abati non furono soltanto quali come Oddone e Ugo, ma anche
artisti “non come principi amanti del fasto e della magnificenza delle
costruzioni” precisa il Focillon - ma in modo più profondo, più
essenziale. Amavano la musica al punto di ammettere nelle decorazioni delle
chiese, sui diversi capitelli dei santuari, le figurazioni simboliche dei
diversi toni. Amavano la nobiltà e la grandezza della forma anche
se impresse nella carne peritura, e infatti uno di essi loda un predecessore
per essere stato veramente bello. Nella storia dell’arte emergono in primo
piano, non certo come gli inventori di una morfologia e di uno stile che
hanno le radici ben più profonde, ma come organizzatori. Sono essi
che hanno tracciato i quadri della loro attività, o almeno animato
le starde lungo le quali si erigono le più importanti
fondazioni.
Cluny organizzò i pellegrinaggi con i quali diviene l’anima
di quel medioevo mobile che si sposta e si propaga a continue ondate sulle
strade per san Giacomo di Compostella e per la cappella di San Michele
sul Gargano.
L’arete romanica era un’arte della pietra, caraterizzata dall’ampiezza
delle volte in muratura e dallo sviluppo della decorazione esterna, ornata
da una scultura simbolica che aderisce alle mura, fa corpo con esse o si
attacca ai capitelli delle colonne. Ma di questo stile ci sono tante varianti
quanti dialetti e idiomi nell’Europa occidentale.