La sesta crociata fu organizzata da papa Urbano e da re Pietro. Dopo
aver ottenuto una cospicua flotta nella quale diedero un notevole aiuto
i Veneziani e si unirono inoltre molti cavalieri da tutte le parti d'Europa,
re Pietro decise che la crociata si sarebbe raccolta a Rodi nell'agosto
del 1365. Per prevenire il pericolo che qualche mercante svelasse ai musulmani
la meta dell'impresa re Pietro la tenne segreta. Re Pietro aveva a disposizione
cento otto vascelli, galee fornite dai veneziani e fornite dall' Ospedale,
navi da trasporto e mercantili e scafi più leggeri; in tutto erano
centosessantacinque navi. Sebbene ci fosse una certa delusione perché
nessuno dei grandi monarchi dell'Occidente era presente, d’altra parte
c'era il vantaggio che re Pietro ne era il capo indiscusso. Il quattro
ottobre il patriarca Pietro predicò un infuocato sermone a i marinai
presenti e tutti esclamarono: "Vivat, vivat Petrus, Jerusalem et Cypri
rex, contra saracenos infideles. Una volta preso il mare aperto re Pietro
svelò all equipaggio che la meta prefissa era Alessandria. La città
era una preda ricca dove l'agguerrito re avrebbe potuto ricavarne una contro
patria. Il sultano regnante, Shaban, era un ragazzo di undici anni ed il
suo potere era nelle mani del emiro Yalbogha, odiato dal popolo e dagli
altri emiri. Inoltre il governatore di Alessandria era assente, il suo
sostituto, Janghara, era un giovane ufficiale che disponeva di una guarnigione
assolutamente insufficiente. Il nove ottobre la flotta giunse davanti ad
Alessandria, Janghara si affrettò a concentrare i suoi uomini sulla
spiaggia per impedire uno sbarco, ma, i cavalieri cristiani riuscirono
ugualmente a terra. L'imperatore egiziano si ritirò all interno
della città per difendere il settore che fronteggiava la zona dello
sbarco. Re Pietro quindi decise di sbarcare sulla penisola del Faro. Molti
tra i suoi comandanti però si rivelarono contrari sulla conquista
di Alessandria; essi desideravano reimbarcarsi per un'altra destinazione,
sarebbero rimasti solo se si attaccava al più presto la città
in modo che il sultano non sarebbe riuscito a chiedere rinforzi. Pietro
dovette condiscendere alle loro richieste. L'assalto fu lanciato contro
il muro occidentale, incontrando un inaspettata forte resistenza, così
si mossero contro la sezione fronteggiante il porto orientale. Un altro
impedimento fu il passaggio tra le due sezioni creato dal edificio della
dogana, perché ben fortificato. Le forze occidentali riuscirono
nonostante tutto ad entrare nella città. Il 10 ottobre i crociati
erano entrati al interno della città, e fu respinto l' ultimo attacco
mussulmano. La vittoria fu celebrata con una brutalità senza paragone
poiché i tesori che custodiva erano enormi. Nessuno venne risparmiato,
i cristiani indigeni e gli ebrei ebbero a soffrire quanto i maomettani;
i mercanti europei videro i loro magazzini depredati e moschee, tombe ebbero
la stessa sorte come anche le chiese. Circa cinquemila individui tra ebrei
mussulmani e cristiani vennero fatti prigionieri e poi venduti come
sciavi. La città era tutta appestata dal fetore dei cadaveri. Re
Pietro tentò invano di ristabilire l'ordine, aveva l' intenzione
di conservare il possesso della città ma molti dei suoi uomini volevano
tornare in patria, perché un esercito musulmano stava arrivando
dalla capitale ed era impossibile difendere la città.
Il 16 ottobre le navi erano già pronte a partire, ma era talmente
pesante il loro carico che dovettero gettare in mare gli oggetti più
pesanti, che una volta partita la flotta vennero ripescati dai mussulmani.
Raggiunta Famaosta si organizzarono tutti a ritornare nei propri paesi,
venendo così a mancare il progetto di re Pietro.
Pietro però non si diede per vinto, infatti nella sua relazione
al papa parlava del suo trionfo, ma non taceva anche della sua delusione.
Papa Urbano, soddisfatto della vittoria, acconsentì la sua richiesta
di soccorso e domandò a re Carlo di Francia di inviare un esercito
in aiuto di Pietro, dove si unirono all' impresa molti tra i più
stimati cavalieri. Ben presto tutta via l'Occidente soffrì le conseguenze
della crociata: il prezzo delle spezie, della seta e di altre merci orientali,
a cui il pubblico era ormai abituato, salì alle stelle, poiché
le scorte si stavano esaurendo e non venivano rinnovate. Di conseguenza
Pietro intavolò trattative con gli egiziani. Ma l'emiro Yalbogha
stava semplicemente cercando di guadagnare tempo per allestire una flotta
in grado di battere il re nemico e Pietro avanzava spropositate richieste
di cessione della Terra Santa e le faceva seguire da scorrerie sulle coste
siriane. Pietro stava infastidendo molti, quindi nel 1369 morì
per mano di un cavaliere con cui aveva avuto una lite e nemmeno i
fratelli del re sene preoccuparono. L'anno dopo la sua morte venne firmato
un trattato con il sultano: vi fu uno scambio di prigionieri e tra Cipro
e l'Egitto si stabilì una precaria pace. L'ecatombe avvenuta ad
Alessandria segna la fine di quelle crociate il cui scopo preciso era la
riconquista della terra santa. Anche se tutti i crociati avessero avuto
lo zelo di re Pietro, ben difficilmente il risultato della spedizione sarebbe
stato vantaggioso per la cristianità.
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