Max Gazzè l'irrequieto
di Beppe
Montresor
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da "L'Arena" 18 marzo
2002 |
«Ho molto viaggiato. Punto sui contrasti,
sulla dialettica, sul confronto tra idee,
persone, culture, generi diversi»
Questa sera Max Gazzè terrà un concerto al Teatro Astra
di San Giovanni Lupatoto, organizzato dal locale assessorato alla cultura
e dall'assessorato alla cultura della Provincia, in collaborazione con
l'associazione culturale Riflessi Sonori .
Prevendite al Box Office di via del Pontiere e alla biglietteria del
Teatro Astra dalle 17. Nella stessa giornata di oggi, alle 16, Gazzè
sarà nella Sala Civica del Centro Culturale di Piazza Umberto 1°,
per un incontro aperto a tutti in cui si parlerà di musica e di
tematiche relative al mondo giovanile. «Ho
scelto un tour teatrale - ci ha detto Gazzè - una
sorta di concerto-concetto, ogni sera con ospiti a sorpresa. Abbiamo già
avuto Carmen Consoli, Manuel Agnelli degli Afterhours, Paola Turci (a San
Giovanni dovrebbe esserci Ginevra Di Marco, la cantante dei CSI, ndr).
Abbiamo puntato su atmosfere libere, informali, caratterizzate dall'idea
del confronto, del contrasto, delle casualità che portano a nuove
idee e urgenze. Quest'idea della dialettica, del rapporto con persone e
culture diverse, è da sempre uno dei punti fermi del mio modo di
essere, in ambito artistico e a livello umano. Sin da quando avevo vent'anni
ho suonato punk, jazz, new wave, ho vissuto in Belgio, Inghilterra, Francia,
Olanda, prima di tornare in Italia. Ho sempre considerato la contaminazione
come un elemento propulsore, assolutamente positivo. Recentemente, per
esempio, ho suonato con un ensemble iraniano. Non è che tutti quelli
che hanno la barba lunga siano terroristi. La contaminazione è un
antidoto al prevalere dell'omologazione, del pregiudizio».
- È soddisfatto di come sta andando il suo ultimo disco, «Ognuno
fa quello che gli pare»?
«A livello di vendite non è che l'album
abbia fatto sfracelli, ma la crisi del mercato discografico non riguarda
solo me, credo. Sono molto gratificato dal riscontro di questo tour: teatri
quasi sempre con il tutto esaurito e un pubblico che, mi pare, è
davvero partecipe».
- Il titolo dell'album sembra sottilmente riecheggiare, a decenni di distanza,
una canzone di Luigi Tenco, «Ognuno è libero». Lei ha
più volte dichiarato la sua ammirazione per Franco Battiato e Lucio
Battisti; ha qualche debito anche con la prima generazione della canzone
d'autore italiana?
«Sinceramente non conosco il brano di Tenco,
e avendo vissuto a lungo all'estero, soltanto al mio rientro in Italia,
negli anni '90, ho scoperto e ammirato anche un musicista come Battiato,
ai tempi del suo "Gilgamesh". Da adolescente le mie passioni erano altre:
i Jam di Paul Weller, Robert Wyatt...».
- In varie interviste, lei ha sottolineato come i suoi lavori siano un
cocktail di contrasti, di seriosità e ironia, leggerezza e ricercatezza...
Nell'ultimo album, però, sembra prevalere un tono di disagio, di
straniamento...
«Io credo molto nella forza dell'ironia, ma
è vero che a volte l'ironia non è più possibile...
Nel disco c'è questo senso di disagio, a volte di sfogo, nei confronti
dell'ipocrisia, di un certo modo di gestire l'informazione, di certa televisione
qualunquista, priva di ogni intenzione culturale, nei confronti della guerra
e delle energie investite, anche economicamente, su di essa, anziché
su urgenze molto più gravi...».
- A questo tour è abbinata anche una mostra di suoi quadri, con
il ricavato delle vendite che andrà ad Intersos... di che cosa si
tratta?
«Io dipingo da molti anni, direi che si tratta
sostanzialmente di pop-art, e abbiamo deciso di allestire un'asta di beneficenza;
Intersos è un'organizzazione umanitaria che si occupa soprattutto
di campagne contro le mine anti-uomo. Nella fattispecie, il ricavato della
vendita dei quadri sarà utilizzato per la realizzazione di ambulatori
in Afghanistan».
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