Max Gazzé (Teatro Colosseo - Torino  01/03/02)

Commento:   Francesco Ventura
Max Gazzè Basso, voce
Ginevra Di Marco Voce
Clemente Ferrari Tastiere, fisarmonica
Finaz Chitarra
Francesco Magnelli Tatiere
Cristiano Micalizzi Batteria
Paolino Percussioni
Special guest:
Mao Voce

Primo marzo 2002, ore 21.20 circa: calano le luci del teatro Colosseo di Torino e si apre il sipario.
Sul palco Cristiano Micalizzi, Clemente Ferrari, Francesco Magnelli, Finaz e Paolino. Partono le note de "L'origine del mondo" (pezzo che non ricordo di aver mai sentito dal vivo). Max non è in scena, o meglio, è dietro un telone bianco su cui si proietta la sua ombra che viene progressivamente deformata dall'orientamento della luce che sta dietro. Alla fine del secondo pezzo (Su un ciliegio esterno) Max spunta sul palco col suo basso e saluta il pubblico. 
La prima parte del concerto assume un tono tranquillo e intimista, con gli arrangiamenti riveduti, luci soft e scenografie assai suggestive. 
La scaletta completa di questo primo tempo: Non era previsto, Il bagliore dato a questo sole (stupenda, con la batteria in half time), Il timido ubriaco (con batteria a spazzole e fisarmonica, il primo capolavoro della serata), Megabytes (in cui Cristiano Micalizzi sfodera tutta la sua arte - un grande!), Eclissi di periferia (con la tromba intelligentemente sostituita con un synth), Vento d'estate, La tua realtà (che Francesco Magnelli fa partire ad una velocità esagerata), L'ombra della luce (cover di Battiato), L'eremita, Quel che fa paura
Prima del 'Timido Ubriaco', ecco la prima genialata scenografica: dall'alto cala il basso che prima svolazzava sopra Paolino e si ferma proprio all'altezza del torace di Max, che, decentratosi sulla sinistra, può cominciare la canzone. Dopo Quel che fa paura, invece, cala un riflettore inizialmente orientato verso il basso, che Max afferra e "spara" prima verso i musicisti e poi verso il pubblico, chiudendo la prima parte. 
Intervallo. 
Mao, che si era seduto proprio due file dietro di me a godersi lo spettacolo, sparisce. Vuoi vedere che...?

 La ripresa (più energica e rockeggiante) parte con un pezzo (di Bregovic) in cui canta solo Ginevra -col pancione che ospita il piccolo Jacopo- , poi Niente di nuovo, Il debole fra i due (perché la gente tiene il tempo con le mani in battere anziché in levare? bah!), un altro pezzo di Ginevra (Trama tenue), Colloquium vitae (dove spunta fuori Mao - ecco dov'era finito!), Il dolce della vita (che dal vivo è tutta un'altra cosa, grazie soprattutto al lungo assolo finale di Finaz che con cadenze un po' "disco" migliora di gran lunga il pezzo), poi un solo di Max che col basso in overdrive suona un'insolita O sole mio, a seguire Cara Valentina, con il solito interminabile ritornello finale (che a un certo punto Max interrompe con un deciso "basta!"), a sorpresa Message in a bottle (Police) che nei camerini Max ci confesserà essere stata improvvisata e, gran finale, Una musica può fare. L'ala più ggiovane, che non ne poteva più di stare imballata nelle poltrone, corre sotto il palco, qualcuno offre a Max un pacchetto di gomme vuoto. Max, dal canto suo, approfittando del collegamento radio del suo basso che gli permette di non avere l'impaccio dei cavi, salta giù dal palco e corre intorno alla platea, seguito da tutti.

Alla fine, incontriamo Max nei camerini, che si mostra affabile e disponibile, risponde volentieri alle domande, firma un'interminabile lista di autografi (quel fanatico di Cristiano della mailing list gli ha fatto firmare l'intera discografia, singoli e promo compresi), legge addirittura la poesia che un fan gli ha sottoposto.
Insomma, Max non si smentisce, è e resta un grande. Il migliore.

Francesco Ventura