CAMPO-SERVIZIO 2006 MALCIKA - МАЛЧИКА 21-30 LUGLIO
Il campo-servizio è stato organizzato secondo la seguente giornata tipo: ore 09:00 Ritrovo con i giovani e lodi ore 10:00 Inizio catechesi ore 11:30 Inizio dell'attività ore 12:00 Momento di condivisione e di confronto ore 13:00 Pranzo ore 15:00 Ritrovo con i giovani per la preparazione delle attività del pomeriggio ore 16:00 Attività del pomeriggio: i giovani del campo-servizio insieme ai giovani di Malcika divisi in gruppi si occupano dell'animazione dei bambini al centro giovanile e della visita degli anziani nelle case ore 18:30 Santa messa ore 20:30 Cena insieme ai giovani bulgari
Di seguito sono riportate le catechesi proposte ai giovani bulgari. Le catechesi sono costituite da due parti: la prima è la presentazione del tema della giornata da parte di Don Giordano con la riflessione sulla figura di Pietro relativa al brano di vangelo proposto; la seconda parte è un approfondimento del tema da parte di ragazzi del campo-servizio, con lo scopo di portare la propria esperienza personale, che si conclude con la presentazione dell'attività, con lo scopo di continuare personalmente la meditazione del tema mediante attività pratiche o momenti di deserto. |
PRIMA GIORNATA
Prima tappa La chiamata di Pietro
Catechesi su Lc 5,1-11
Perché la vocazione è fondamentale nella vita di una persona? Si tratta di una tappa fondamentale, che segna e cambia la vita del pescatore di Galilea. La chiamata a seguire Gesù significa, per Pietro e per noi, in quanto è implicata nel nostro battesimo, ricevere e maturare una vita nuova, una nuova identità. Prima, la vita di Pietro si definiva a partire dal suo lavoro, dalla sua barca, dai suoi legami familiari. Nel momento in cui Pietro risponde alla chiamata a seguire il Maestro, cambieranno i parametri su cui definire la propria esistenza: non più pescatore di pesci, ma pescatore di uomini, non più la barca, il ricavato dalla pesca, la necessità di sostenere la propria famiglia, ma…un nuovo modo di pensare e di realizzare la propria vita. In fondo le parole con cui Pietro si rivolge a Gesù dopo la pesca miracolosa sono rivelative a tal proposito: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (5,8). Pietro sta dicendo a Gesù: Signore, mi sono accorto che finora io ho sprecato il tempo della mia vita, non ho centrato l’obiettivo della mia vita, ho buttato via la mia esistenza. Finché non si giunge a scoprire e a rispondere alla propria vocazione, si possono fare tantissime cose anche interessanti, ma in realtà si sta sprecando tempo. Forse la crisi dell’uomo di oggi è proprio una crisi vocazionale. Su che cosa attualmente sto definendo la mia vita? Che cosa la sta maggiormente assorbendo? Che cosa mi sta chiedendo Gesù?
Come avviene la chiamata di Pietro? In genere, quando pensiamo alle vocazioni dei grandi santi, immaginiamo delle scelte repentine e immediate, magari legate a qualche manifestazione straordinaria di Dio. Se facciamo bene attenzione nella Parola di Dio, ed in questo brano di Lc, non avviene esattamente così. La chiamata e la risposta positiva di Pietro non nascono all’improvviso, dal nulla. 1. Prima di tutto Gesù vede le barche, fa attenzione all’esperienza lavorativa faticosa e difficile di questi pescatori. Pietro si sente “guardato” da Gesù, non spiato, ma amato, nella sua quotidianità. 2. Poi Gesù chiede un favore a Pietro, gli chiede in prestito una barca per poter predicare e lo prega di scostarsi un po’ da terra. 3. Sicuramente Pietro è lì ad ascoltare l’insegnamento di Gesù, si lascia incontrare dalla sua Parola. Nessuna vocazione può dirsi autentica se non sorge in seguito all’ascolto della Parola di Dio. 4. Poi Gesù mette alla prova Pietro. La vocazione riguarda prima di tutto l’uomo: che tipo di uomo sei, Pietro? Gesù gli chiede (sicuramente lo conosce fin d’ora in profondità) di essere un uomo coraggioso. Per questo gli fa un richiesta assurda: prendere il largo e calare le reti per la pesca. Il buon senso dei pescatori farebbe dire che è assurdo andare a pescare in pieno giorno, e sprecare così inutilmente tempo ed energie preziose. Ma Gesù chiede a Pietro di avere il coraggio di ritornare sul suo fallimento, sulla sua amarezza, sulla sua brutta figura come pescatore. Un uomo è coraggioso non perché è particolarmente forte o particolarmente sicuro delle proprie doti e capacità. Un uomo veramente coraggioso è un uomo che si sa fidare, che, consapevole dei propri limiti, del proprio peccato, della propria fragilità, sa affidare la sua vita nelle mani della persona giusta. Gesù chiede a Pietro di fidarsi della sua Parola, di non contare più solo sulla sua esperienza e sulle sue capacità, ma di affidarsi a Lui. Gettando le reti sulla Parola di Gesù, Pietro non spreca il proprio tempo, anzi per la prima volta nella sua esistenza centra l’obiettivo, fa un investimento sicuro. Gesù chiede a Pietro di essere un uomo capace di spezzare il circolo tremendo ed asfissiante della routine e dell’abitudine, gli chiede di diventare un uomo capace di tentare vie nuove. 5. Ancora, Gesù fa fare a Pietro l’esperienza della sua misericordia attraverso la pesca eccezionale di quel giorno: chi non si sente amato da Gesù così com’è, nei suoi limiti e nei suoi fallimenti, chi non sperimenta che Gesù copre di misericordia il vuoto dei nostri peccati e delle nostre inconsistenze, non riuscirà mai a rispondere a pieno, con tutta la propria vita, alla propria vocazione. Quel giorno non sarà più dimenticato da Pietro, non tanto per la quantità enorme di pesci, quanto perché in lui è nata la fiducia per Gesù che lo ha cambiato anche come uomo. Dio ci chiama ad essere prima di tutto veri uomini e veri credenti: 6. l’uomo coraggioso che sa fidarsi, il credente Pietro segue poi Gesù in quella vocazione specifica ad essere “pescatore di uomini”, che forse quel giorno gli era ancora oscura, ma che non mancherà di chiarirsi poco a poco, alla scuola del Maestro, soprattutto dopo la sua morte e Risurrezione. Potremmo chiederci: qual è la storia della mia chiamata alla fede? Qual è la storia della mia vocazione specifica, in seno alla mia scelta di fondo di seguire Gesù?
La vocazione cristiana
La parola vocazione viene dal latino e significa chiamata. È Dio che chiama l'uomo: ad ogni persona affida una missione, un progetto da realizzare. All'individuo spetta il compito di rispondere all'appello di Dio. Solamente chi «centra la propria vocazione» realizza a pieno la sua vita spendendola per l'obiettivo per cui è stato creato. È interessante notare come la parola peccato in ebraico significhi proprio «sbagliare mira», «non centrare l'obiettivo», «camminare fuori strada»: in altre parole, essere fuori dal progetto di Dio. La prima vocazione è la chiamata alla vita che ci è stata donata affinché la viviamo nel miglior modo possibile. Diverse sono le vocazioni nella Chiesa e il Signore affida a ciascuno la realizzazione di una vocazione particolare, ma tutte le vocazioni si ricongiungono nell’unica meta: essere santi! Questo è il sogno che Dio nutre per ciascuno di noi. La santità, come abbiamo visto, non è un privilegio per i più belli o i più simpatici. Dio vuole tutti santi, anche te!
Occorre subito sfatare un'idea sbagliata secondo la quale scoprire la propria vocazione è veramente difficile. È vero, Dio non ti telefonerà per comunicarti quanto vuole da te. Per comprendere la tua vocazione hai bisogno di impegno e discernimento. Dio vuol farci conoscere qual è il senso della nostra vita; così fa di tutto per comunicarcelo. Mettiti allora in ricerca della tua vocazione animato da questa certezza: Dio vuole parlarmi! La vocazione cristiana è chiamata ad un rapporto con Gesù Cristo. Infatti, la vocazione nasce dall’incontro con Gesù, dal provocare il desiderio di incontrarLo, di stare con Lui, di fare esperienza di Lui, di essere coinvolti da Lui. La vocazione è anzitutto dono di Dio: non è scegliere, ma essere scelti. La chiamata si compone di due tappe essenziali: saper ascoltare e coraggiosamente rispondere. Se la vocazione è proposta e risposta, bisogna che la risposta ci sia perché esista vocazione. Quindi non devo concepirla come qualcosa già dentro di me che si tratta di scoprire. La vocazione deve essere realizzata altrimenti rimane solo proposta, offerta, possibilità di vita, ma non ancora stile di vita. La vocazione deriva “dalla Chiesa” e dalla sua mediazione, si fa riconoscere e si compie “nella Chiesa” e si configura necessariamente come servizio “alla Chiesa”: - arriva da Dio tramite la Chiesa; - si compie nella Chiesa; - a servizio della Chiesa.
La vocazione è allo stesso tempo oggettiva e soggettiva: - oggettiva: la vocazione cristiana alla santità è pensata da Dio e tutti sono chiamati ad essa; - soggettiva: ogni persona con la sua storia unica e irripetibile realizza la sua chiamata. Le piccole scelte, a cui le circostanze della vita ci provocano, danno identità precisa alla nostra storia e alla nostra vocazione: § vocazione sacerdotale; § vocazione religiosa; § vocazione missionaria; § vocazione matrimoniale; § vocazione laicale;
Ogni vocazione è un servizio: il servizio, nella Bibbia, è sempre legato a una chiamata specifica che viene da Dio. Non è umiliazione ma espressione della dignità della creatura. Servendo si imita Gesù che la Bibbia definisce come “il servo dei servi”. Il servizio diventa allora via e mediazione preziosa per giungere a comprendere meglio la propria vocazione.
La vocazione non è "preconfezionata", non è "data", ma si fa mentre ascolto la Parola di Dio, mentre ascolto le esigenze del mondo e dei fratelli, mi sento disponibile e nasce dentro di me una disponibilità.
Ma come si può riconoscere la propria vocazione? Abbiamo bisogno di ascoltare lo Spirito, che ci parla nella nostra coscienza, attraverso un cammino di discernimento. Il dono del discernimento permette, innanzitutto, di riconoscere nella quotidianità la presenza di Dio. Spesso si tende a percepire come segno della volontà di Dio ciò che invece non lo è. Il discernimento non è una capacità naturale ma è un dono dello Spirito Santo che viene in aiuto al credente fornendogli i criteri per discernere, contenuti nella parola di Dio. È necessario fermarsi a chiedere aiuto al Signore, fare silenzio interiore, pregare con la giuda della parola e chiedere allo Spirito Santo il dono del Consiglio. Molto utili sono anche: § preghiera: dialogo spontaneo e cordiale con il Signore; § vita sacramentale: in ogni sacramento c’è la presenza reale di Cristo. Va da sé l’importanza del contatto con Dio; § direzione Spirituale: Il Signore da sempre ha chiesto nell’opera del discernimento l’aiuto di uomini e donne capaci di ascoltare, accompagnare e consigliare; § presenza di Maria: Maria è per molti la compagna, l’amica, una Madre alla quale affidare ogni progetto di vita; § volontariato per aprirsi al servizio degli altri.
Attraverso il cammino di discernimento non si arriva ad una scelta che ha un’esattezza di tipo matematico; la sicurezza della scelta è la sicurezza di una decisione presa nell’affidamento e nella speranza.
Nella vocazione sta il senso della nostra vita. È vivendo in essa che possiamo raggiungere il massimo delle nostra potenzialità e della nostra capacità di dono. Nella realizzazione del progetto, che Dio ha pensato per noi, sta il segreto della felicità.
Attività: Momento di riflessione personale sul discernimento guidato dal seguente documento
TIPI E MODALITA’ DI CHIAMATA
Il Signore come può farsi presente nella nostra vita? Certamente, ogni storia vocazionale è un percorso a sé. Si potrebbero individuare tre possibili tipologie di chiamata:
1. La chiamata diretta: da Cristo al cuore del giovane. Un lampo a ciel sereno. Un po’ come San Paolo. Cristo passa sulla riva della tua vita e ti chiama. Gesù passa: i primi discepoli lasciarono tutto e lo seguirono. Questa chiamata è troppo importante per essere banale: durante la Santa Messa o in vacanza o nel bel mezzo di una festa o guardando un film o contemplando un tramonto. Il Signore guarda i tuoi occhi, fissa lo sguardo e ti ama. È una chiamata totalmente chiara, diretta, che non posso non riconoscere. Questa chiamata è la più trasparente in assoluto, può veramente stravolgere la vita. Questa chiamata riscalda il cuore ed è facile riconoscere che il Signore mi vuole molto bene. Ci possono essere paure, qualche ripensamento, ma non posso dire non ho capito!
2. La chiamata indiretta: il Signore si serve di tanti pretesti per farsi vivo. Tanti elementi che apparentemente non hanno nulla a che fare gli uni con gli altri. Eppure, ad un certo punto, unendo questi episodi, si scopre un filo rosso che attraversa la nostra esistenza. Tutti abbiamo fatto questa esperienza: ad un certo punto ci accade un fatto che ci fa riflettere e ci aiuta a leggere tante altri momenti della nostra vita. È meno evidente della chiamata diretta. Non è un invito immediato, piuttosto dedotto. In questo tipo di chiamata è importante saper riconoscere le cause, gli avvenimenti e le coincidenze che si incastrano perfettamente e mi fanno arrivare qui e non da un’altra parte. Così, ad un certo punto della vita, ritrovandomi appunto in un luogo anziché un altro, si legge nitidamente la direzione da prendere. Un momento di deserto oppure gli esercizi spirituali possono aiutare a leggere la propria vita e i tanti momenti. In questo caso il confronto con una buona guida è molto consigliato perché dal di fuori è più facile vedere il ritmo ed il percorso fatto.
3. La chiamata offerta: è una chiamata muta da parte del Signore. Spesso ci si domanda: qual è il miglior modo di spendere questa vita? Qual è il cammino più importante per un uomo se non il servizio a Dio e agli altri? Qual è, dunque, il modo più perfetto per vivere i miei anni? Queste ed altre considerazioni costituiscono motivazioni, di per sé, più che sufficienti affinché una persona offra la propria vita a Dio. In fondo sentiamo il desiderio di costruire qualcosa di grande, qualcosa di bello, con la nostra esistenza. Bisogna saper buttarsi senza paura. Sempre che ci sia veramente la mano del Signore.
DISCERNIMENTO
Il discernimento è capacità di distinguere le cose, di riconoscere nella quotidianità la presenza di Dio. L' uomo è debole a causa del peccato e la sua debolezza gli impedisce di fare un discernimento autentico, poiché egli non sa neppure che cosa è bene e che cosa è male. Nel discernimento spirituale lo Spirito Santo viene in aiuto al credente fornendogli i criteri per discernere. Essi sono contenuti nella Parola di Dio. L' ascolto dello Spirito richiede il silenzio del cuore. Occorre pertanto abituarsi a far tacere i nostri pensieri, i nostri desideri, quel tumulto di passioni che occupano il nostro cuore. E' un lavoro paziente, ma necessario, che il Signore ci aiuta a fare nella preghiera umile e sincera.
Il cammino del discernimento comprende tre momenti: 1 la purificazione interiore da ogni peccato e da ogni confusione legata al peccato. In ciascuno di noi agisce non solo lo spirito di Gesù, ma anche la nostra libertà indocile che ci spinge a costruire la nostra esistenza senza alcun riferimento a Gesù Cristo. Il cristiano, consapevole di questo, si riconosce sempre bisognoso di purificazione e perdono; 2 la meditazione e la contemplazione del mondo di Dio, del suo progetto, così come ci è rilevato dalla Scrittura, imparando a vivere con gioia e con sorpresa l’incontro con la Parola di Dio; 1 la riflessione sull’insieme delle coordinate storiche della vita di una persona.
Il discernimento è lettura della propria situazione interiore, ma è anche indicazione delle proprie prospettive. Il discernimento è un percorso così elaborato: la domanda sulla propria identità, sulla propria realtà attuale, sull’orientamento possibile.
1. La prima domanda che avvia il discernimento è sulla propria identità: io chi sono? La risposta a tale domanda è fondamentale per lo sviluppo successivo. La comprensione di quel che si è permette la possibilità di costruirsi.
2. Ma per costruirsi autenticamente non basta sapere quello che uno è: è necessario percepire quale sia la propria realtà e a che punto si è della vita. La domanda, in questo caso, è: dove sono?
3. Ma è necessaria una terza domanda perché il discernimento possa essere efficace: dove vado?
Prova ora a fermarti a chiedere aiuto al Signore, a fare silenzio interiore, a pregare con la guida della Parola, soprattutto con qualche salmo (es. 86). Cerca di raggiungere la condizione di totale distacco dalle tue idee e aspettative per essere disponibile soltanto alla volontà di Dio. Chiedi allo Spirito Santo il dono del Consiglio. Questo è il dono che ci aiuta a capire che cosa sia giusto fare al momento.
SECONDA GIORNATA
Seconda tappa Il rinnegamento di Pietro
Catechesi su Mt 26,69-75
Fa sempre impressione il racconto del rinnegamento di Pietro, soprattutto se si ripensano alle parole che Pietro aveva rivolto a Gesù nel cenacolo: “Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte” (Lc 22,33). Mentre Gesù rende la sua testimonianza davanti al sommo sacerdote, Pietro, di fronte ad una servetta, prima fa finta di non capire, poi, di fronte ad un’altra serva, fa finta di non conoscere Gesù, rimangiandosi tre anni di vita insieme al Maestro, infine di fronte ai presenti impreca e giura di non conoscere Gesù, quasi che conoscerlo fosse una maledizione, un grave errore o un’inutile perdita di tempo.
Perché Pietro rinnega Gesù? Non possiamo escludere che egli avesse un po’ di paura, ma il vangelo non ci parla di nessuna situazione di reale pericolo: si tratta di due serve e delle persone presenti, non si menzionano guardie, Pietro poteva anche essere armato e difendersi…Inoltre, se avessero voluto catturare anche i discepoli del Galileo, lo avrebbero fatto nel Getsemani. Forse il vero motivo è un altro. Prima di tutto Pietro ancora non si è conosciuto fino in fondo nella sua debolezza, fa affermazioni coraggiose ma non le mantiene con la sua vita. In secondo luogo, Pietro può essersi scandalizzato della sofferenza del Messia. Egli lo aveva riconosciuto già, per un dono venuto dall’alto (Mt 16,13-20) come il Cristo, il Figlio del Dio vivente, ma allo stesso tempo tale professione di fede non aveva ancora cambiato fino in fondo il suo modo di pensare. Egli pensava secondo gli uomini e continuava ad avere le sue idee su Dio e sul Messia: perché il Cristo deve soffrire? Perché Egli permette tale ingiustizia? Perché Egli non si ribella e non reagisce? A che serve e a chi serve che Egli soffra così? Ma avrò fatto la scelta giusta a seguire proprio Lui? In che guaio ci ha messi… In terzo luogo, Pietro rimane troppo sensibile a quello che dicono e pensano gli altri, al consenso degli altri. Marco ci dà questo particolare su Pietro, in quella sera: egli se ne stava seduto con gli altri a scaldarsi al fuoco. Nel cenacolo Gesù aveva offerto ai suoi il calore della sua amicizia: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici…Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,14.15). Ma seguire Cristo può significare affrontare momenti difficili, in cui tante certezze sembrano svanire, in cui si è sostenuti solo dallo Spirito, in cui tra gli uomini si rimane soli perché non si pensa secondo il mondo…In quel momento Pietro preferisce al calore dell’amicizia di Gesù fondata sulla Parola del Maestro, il tepore del riconoscimento e del consenso degli altri. Se tutti parlano male di Gesù, anch’io, per farmi accettare nel gruppo, devo parlare male di Lui. Tante volte anche l’affetto e la mentalità delle persone più vicine o più care potrebbero frenarci nell’amicizia verso Gesù…Provvidenziali sono le lacrime amare di Pietro: finalmente Pietro diviene veramente esperto di se stesso, del suo peccato, della sua debolezza, tocca il fondo del dolore per aver tradito il suo Maestro, sperimenta il potere devastante del peccato, sa che non può più contare solo sulle sue forze e presumere di sé, il suo cuore diviene un cuore contrito. Potremmo chiederci: in quali occasioni anch’io ho rinnegato Gesù? Riduco la mia fede ai grandi eventi o alle grandi emozioni o sono fedele a Gesù nella vita quotidiana, nelle scelte semplici di ogni giorno? Rimango fedele a Gesù anche in contesti in cui su certe questioni altri la pensano diversamente da Lui? La mia fede è una scelta consapevole, oppure tante volte si tratta di un atteggiamento di comodo? Persevero nelle mie piccole responsabilità, negli impegni che mi prendo, nel servizio alla comunità cristiana, anche quando questo richiede fatica?
Il rinnegamento
Dopo l’arresto di Gesù, Pietro lo segue di nascosto fino al palazzo del sommo sacerdote e nel cortile viene riconosciuto da una serva di fronte alla quale lui finge. Poco dopo un’ altra serva fa le stesse osservazioni e infine tutti coloro che erano nel cortile lo riconoscono. Pietro continua a negare finché può ma ecco il canto del gallo risuonare alle sue orecchie: qualche giorno prima Gesù gli aveva detto “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. Quando aveva sentito queste parole gli erano sembrate così assurde, così insensate.. Come poteva Pietro rinnegare la sua ragione di vita, Colui che aveva seguito spogliandosi di tutto? Ma nel cortile lo ha appena fatto.. e non di fronte a un uomo armato ma di fronte a una serva che non poteva fargli alcun male. Quando Pietro prende coscienza di ciò che ha appena commesso inizia a piangere amaramente.. Cosa si nasconde nelle lacrime di Pietro? Cosa lo ha portato a rinnegare Gesù? E noi, quand’è che commettiamo il suo stesso errore? Accade spesso quando si è tra amici di voler sembrare diversi da quello che si è realmente, per sembrare più interessanti, per attirare l’attenzione, fingiamo che nella nostra vita tutto vada bene,non accettiamo i nostri limiti e i nostri difetti.. e questo non vuol dire rinnegare noi stessi? Ho molti amici che si dichiarano non credenti, spesso di fronte a loro ho difficoltà a parlare della mia fede, della forza e del conforto che può offrirmi la preghiera.. spesso mi sento come Pietro e rinnego la mia fede, e questo per la paura di sentirmi inferiore di fronte agli altri, come se la fede fosse un difetto o una cosa di cui vergognarsi.. E non penso al fatto che parlando agli altri della mia esperienza di fede forse potrei offrire qualcosa di più a chi si dice non credente.. potrei offrire una speranza che forse loro non conoscono affatto e invece standomene in silenzio faccio del male prima di tutto a me stessa e poi anche a chi mi sta vicino, che resta escluso dai miei pensieri e non riceve alcun conforto…Cosa ci spinge a comportarci così? Il rinnegamento può nascere da una fondamentale paura che è insita in noi…paura di affidarci a Dio….non posso biasimare Pietro, un uomo come noi che di fronte alla momentanea caduta di Gesù, colui che doveva venire per cambiare il mondo, si sente smarrito…”come, si dice Figlio di Dio e va sulla croce” avrà pensato?!…e di fronte a tutto ciò penso che il sentimento maggiore sia stata la paura….ecco cosa fa nascere in noi il NO……Paura anche di dichiarare la nostra fede in ambienti atei o in cui siamo minoranza, in cui nominare la nostra fede ci costa o ci può constare molto . Se a Pietro fosse stato mostrato prima quello che lo aspettava forse non avrebbe reagito così perché sapeva…ma, come tutti noi, anche lui vive quel momento nell’incertezza….è questo che aiuta i peggiori aspetti della nostra umanità che comunque ci sono e non ci devono far paura….serve consapevolezza e voglia di farcela, di vincere la tentazione di dire NO... senza credere che da soli potremmo riuscire in qualcosa…Dio ci chiama alla Santità e questo non può prescindere dalla nostra stessa natura…il no nella nostra vita si insinua quando giunge il tempo della scelta, di mettere ordine nella vita e dire quello in cui NOI vogliamo che Dio entri e quello in cui non vogliamo che Dio entri mai…e allora si pone la barriera….in fondo quello che voleva fare Gesù con Pietro era entrare nella sua vita e sconvolgerla con la forza della fede….e lui infatti dice no…credo che per un giovane oggi sia molto difficile non dire no perché il mondo ti dice quello che è giusto nella vita e ti occupa tutto quello che c’è di disponibile nella tua esistenza,è proprio in questo che Dio ci chiama a differenziarci dagli altri:mostrare che per noi c’è una parte solo per Dio…una parte della nostra vita che nessuno può occupare se non Lui…e allargare questa parte il più possibile penso sia l’obiettivo…in fondo chi è diventato Santo ha dedicato tutto , proprio tutto a Dio… A volte invece,mi sembra di vivere due vite distinte, una in cui studio all’università, esco con gli amici, sto a casa con la mia famiglia in cui mi sembra che tutto dipenda da me,dalle mie capacità, mi lascio prendere dalle mille cose da fare e dalla fretta, dalla voglia di essere migliore degli altri e di riuscire in ogni cosa che faccio.. e un’altra parte della mia vita in cui vivo dei forti momenti di fede e faccio affidamento a quello che Dio riserva per me senza affannarmi nelle cose di tutti i giorni ma solo cercando di capire qual è la mia vera strada.. Succede raramente che queste due parti di me si incontrino cioè che io riesca a portare la mia fede nella vita di tutti i giorni e credo che sia proprio io a non volere che ciò accada.. In fin dei conti la situazione di Pietro è molto simile a quella di tutti noi.. finché si trattava di vivere la sua fede in condivisione con gli apostoli e Gesù, lui era il primo e forse il più convinto.. ma quando di fronte a una serva deve ammettere pubblicamente di far parte di quel mondo la sua prima risposta è un rifiuto,finge davanti agli occhi di tutti di non conoscere Gesù..l’unico modo per iniziare a dire qualche sì è di affidarci pienamente a Lui…farci riempire del Suo Spirito e non farci sempre troppe domande….con la preghiera come unica nostra arma e la fede come guida la bellezza del sì si mostrerà ai nostri occhi…la bellezza della chiamata,la bellezza della prova che Dio ci vuole affidare,la bellezza del farsi guidare sul percorso della propria vita dalla mano sacra del Padre…
Attività: Momento di deserto personale Ai ragazzi verrà fornito un foglietto con varie figure che nella loro storia personale hanno avuto un momento di rinnegamento cercando di far uscire modi e motivi diversi(i riferimenti saranno biblici in quanto ogni altro tipo di riferimento andrebbe poi tradotto interamente). I ragazzi saranno chiamati a riflettere su queste figure facendone risaltare aspetti comuni alla propria vita e tutto ciò che potesse colpirli di tali personalità. E’ necessaria la Bibbia.
Mt 26,30-35
Mt 26,69-75
Lc 15,11-32
Ger 2,1-8
Sir 10,12
Es 32,8
Lc 22,1-6/21-23/47-49
Gen 3,1-19
2 Sam 11/12
At 5,1-11
TERZA GIORNATA
Terza tappa L’esperienza della misericordia
Catechesi su Gv 21,1-19
Gesù si manifesta di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. Dopo l’esperienza della pesca miracolosa, il primo a riconoscerlo è il discepolo amato da Gesù, che lo comunica a Pietro: “E’ il Signore” (21,7). Pietro ha bisogno di ricevere di nuovo il Vangelo, è Lui, il Risorto. Giovanni ravviva in lui quella fede pasquale nella quale Pietro poi è chiamato ad essere roccia. Ma una volta ascoltato l’annuncio della presenza del Signore Risorto, Pietro è poi il primo ad andare incontro a Gesù, a nuoto. C’è però un particolare curioso: Pietro si getta in mare cingendosi ai fianchi la sopravveste. E’ strano rivestirsi per fare una traversata a nuoto. Forse Pietro ha un grande desiderio di incontrare il Maestro Risorto, ma anche un po’ di vergogna a presentarsi così com’è, nella nudità del suo peccato: è ancora troppo vivo il ricordo del suo rinnegamento. Pietro poi condivide il pasto con gli altri e con Gesù. Poi avviene il dialogo tra Gesù e Pietro.
Il dialogo tra Gesù e Pietro Di fronte alle prime due domande di Gesù Pietro risponde sinceramente, ma non è tutta la verità: “Certo, Signore, Tu lo sai che ti amo”. E’ vero, Pietro vuole bene a Gesù, ma…il rinnegamento, dove è andato a finire? Pietro “dribbla” di fronte a questa esperienza, la elude, ancora se ne vergogna, fa resistenza a rientrare in se stesso e a mettersi di fronte alla verità del suo peccato, non sta ancora permettendo a Gesù di amarlo anche nella verità del suo peccato. Eppure Gesù vuole condurre Pietro proprio lì, sia ripetendo la domanda, sia chiedendogli se lo ama più degli altri. Sarebbe stato presuntuoso per Pietro rispondere: “Ti voglio bene più di tutti…”. Egli è stato invece il primo nel peccato, il primo a cadere dopo aver provato a seguire Gesù nella via della croce, il primo a rinnegare. La Madre di Gesù, Maria di Magdala e il discepolo che Gesù amava hanno avuto il coraggio di stare ai piedi della croce. La terza risposta di Pietro è diversa dalle altre due: “Signore, Tu sai tutto, Tu sai che ti amo”. Quel pronome costa a Pietro e vuol dire tante cose: Signore, tu lo sai che ti ho rinnegato, tu lo sai che ho fatto finta di non conoscerti, tu sai che ti ho promesso delle cose ma non le ho mantenute, tu conosci tutte quelle parti della mia vita che non accetto, di cui mi vergogno, in cui non mi riconosco perché non sono stato fedele a me stesso, che non ho il coraggio neanche di nominare…E’ faticoso rientrare in se stessi per mettersi nella verità del proprio peccato, è umiliante per noi ammetterlo e confessarlo, per questo Pietro rimane addolorato alla terza domanda del maestro. Ma Gesù invita Pietro a rientrare nel profondo di se stesso non per deprimersi: Pietro non trova solo il ricordo del suo peccato, ma trova anche amore sincero per il Crocifisso Risorto. In fondo Pietro dice a Gesù: “Signore, tu conosci il mio peccato, sai quanto sono debole, è vero che ti ho rinnegato…ma è altrettanto vero che ti voglio bene, che non ho mai smesso di volerti bene come il giorno che ho iniziato a seguirti e che sono ancora disposto a dare la vita per Te anche se finora non ne ho mai avuto la forza”. Ora Pietro confessa nella verità al Risorto il suo amore per Lui. Ora si fa chiara a Pietro anche la missione cui Gesù lo aveva chiamato: essere pescatore di uomini, trarre gli uomini da una vita senza misericordia a gustare l’amore di Dio che si è manifestato nel Crocifisso Risorto. Pietro è chiamato a pascere le pecore di Cristo, a prendersi cura della loro fede visto che egli ben conosce la debolezza umana e ha gustato la misericordia del Signore (1 Pt 2,1-3.10). Possiamo provare a raccontare la nostra esperienza della misericordia e del peccato…
Debolezza e misericordia provate da Pietro
Pietro è un peccatore che si rende lentamente conto della profondità dell’Amore che Gesù prova per lui. E che poi si pente del proprio peccato, riuscendo faticosamente ad ammetterlo. Quante volte ci è capitato di vergognarci di certe nostre azioni, di certe nostre parole? E quante volte poi siamo riusciti ad ammettere la nostra colpa, la nostra vergogna davanti alla persona offesa? A volte crediamo illusoriamente di essere noi al centro del mondo. Crediamo che il difendere la nostra reputazione, l’immagine che gli altri hanno di noi, sia molto più importante del dolore che rechiamo. Tutti noi, inoltre, possiamo rientrare nella figura di Pietro come colui che rinnegò Cristo per tre volte perché in quell’istante era scomodo. A tutti noi capita di rinnegare Gesù, a scuola, all’università, a lavoro, nel gruppo di amici, in famiglia. Spesso Gesù è scomodo e così noi preferiamo tenere dentro il nostro amore per Lui e la nostra fede in modo da non avere problemi in quella che è la nostra quotidianità. Pur di difendere la nostra immagine, di essere accettati e di non rimanere soli, ci allontaniamo dall’Amore Vero. Se solo riuscissimo a voltarci indietro una volta ogni tanto, a guardare con l’intelligenza del cuore alle azioni compiute, al filo della nostra vita, alla linea che hanno tracciato le nostre azioni! Ne scopriremmo così i punti deboli, gli anelli incrinati, i punti di rottura. E riusciremmo così ad ammettere le nostre insicurezze e quello di cui ci vergogniamo. Allora riusciremmo a guardare in faccia un nostro amico e finalmente, alla sua terza, ennesima domanda, gli chiederemmo scusa, e lo abbracceremmo. Quando sono onesto con me stesso lo sono anche con gli altri. Così come Pietro, grazie all’amore e alla misericordia di Cristo, dal suo tradimento riparte e costruisce qualcosa di nuovo, anche noi dovremmo guardarci dentro pensando ai nostri errori e da lì cambiare il nostro cammino. Perché solo quando mi mostro così come sono ad un mio amico, instauro un rapporto vero, un’amicizia sincera. Quando riconosco i miei peccati, è solo allora che posso abbracciare Gesù. Pietro capisce di aver tradito la fiducia che il Signore aveva riposto in lui, ma soprattutto che amava ancora enormemente il Signore (Pietro dice: “Signore, Tu sai tutto, Tu sai che ti amo”) e che si sentiva ancora fortemente amato. Solo con questa consapevolezza riesce a mettersi a nudo davanti a Gesù e a conoscere così la sua grande Misericordia. Gesù è pronto a perdonarci e a mostrarci l’immensa forza della sua Misericordia. Se guardiamo alla nostra storia di vita, possiamo sicuramente trovare dei momenti in cui abbiamo sperimentato la consapevolezza dei nostri peccati e la Misericordia di Gesù. Sono questi i momenti che danno significato e sale alla nostra vita. Nei momenti di debolezza, di difficoltà, in cui ci mettiamo delle maschere per non farci riconoscere, allora siamo fragili. Ma dietro a questa fragilità si nasconde la possibilità del perdono di Gesù, la possibilità di guardare nel fondo di noi stessi per trovare la forza di cambiare. Il Signore continua a chiamarci, ad amarci e a rivelarsi nonostante i nostri dubbi e i nostri tradimenti quotidiani. Quando siamo soli con noi stessi e ci guardiamo dentro, scopriamo le nostre insicurezze, le nostre paure, i nostri errori e, come Pietro, piangiamo amaramente. Ed è da questa nostra disperazione e da questo nostro dolore che la voce di Dio si fa sempre più forte nel nostro cuore e, attraverso l’Amore incondizionato del Signore, “rinasciamo” e riprendiamo il nostro cammino coscienti dei nostri errori e dell’infinita forza della Misericordia di Dio. “Quando sono debole è allora che sono forte.” (2COR 12, 10) Dobbiamo essere capaci di dire un “ti amo” estremo al Signore, perché come Pietro si è fatto martire dell’Amore, così anche noi siamo chiamati a mettere tutto ciò che abbiamo a disposizione del Signore. Spogliarci del superfluo ed apparire nudi e veri davanti ai suoi occhi. Come sapete, noi ragazzi italiani abbiamo una situazione religiosa diversa dalla vostra. Viviamo immersi in una realtà con una forte tradizione, con Associazioni e movimenti molto organizzati. Partecipiamo attivamente alle attività parrocchiali, organizziamo feste, incontri, celebrazioni, coloriamo cartelloni, impariamo nuovi canti. Se da un lato la nostra realtà è sicuramente una ricchezza ed una spinta non indifferente, dall’altro può anche essere pericoloso, perché rende difficile il nostro spogliarci davanti al Signore: a volte è dura riuscire a tornare all’essenza della nostra fede, leggere in noi stessi le motivazioni originarie che ci hanno portato a intraprendere un certo cammino. A volte per noi la scelta cattolica rischia di essere una convenzione più che un bisogno vero, un seguire passivamente una realtà già ben organizzata piuttosto che una decisione consapevole. In questo voi potete sicuramente insegnarci molto di più a ritrovare la semplicità della fede, l’essere noi stessi davanti al Signore, privi di tutto il resto che a volte può sembrare superfluo.
Attività: Attività della "catena"
QUARTA GIORNATA
Quarta tappa Pietro ripieno di Spirito Santo
Catechesi su At 2,14-36 e At 10,9-48
Pietro non è più l’uomo che fa finta di non conoscere Gesù o che ha paura di esporsi per Lui ma è il primo a prendere la parola, ad annunciare il Signore morto e Risorto, a confermare nella fede gli altri apostoli e a testimoniare riguardo la veridicità della loro esperienza. Pietro conferma nella fede chi ce l’ha e suscita la fede in chi ascolta l’annuncio. Egli annuncia il Vangelo con le parole e con i fatti e, dopo la guarigione dello storpio presso la porta del Tempio, insieme a Giovanni è il primo a passare una notte in carcere per il Vangelo e ad essere interrogato davanti al sinedrio (At 4). Pietro e gli altri sono stati anche fustigati per la testimonianza resa a Gesù (At 5,40). Pietro è anche il primo, condotto dallo Spirito, ad entrare a casa di un pagano, il centurione Cornelio. Per la legge degli ebrei, entrare nella casa di un pagano significava contaminarsi. Pietro compie un gesto audace, che poteva sottoporlo a critiche da parte dei cristiani provenienti dal giudaismo. Egli non ha paura di percorrere vie nuove, le vie dello Spirito Santo. Egli diventa testimone che Dio non fa preferenze di persone ma chiama alla fede anche le persone che non provengono dall’esperienza religiosa ebraica ed hanno un’altra cultura. Egli guida la Chiesa ad accogliere questa scelta di Dio, e quindi ad accogliere anche queste persone sulle quali è sceso lo Spirito Santo. Ci possiamo chiedere: quale qualità ha oggi la nostra testimonianza cristiana? Come stiamo annunciando oggi, lì dove viviamo Gesù Cristo morto e Risorto? Abbiamo timore a dare testimonianza del Risorto con chi non condivide la nostra fede?
Pietro pieno di Spirito Santo
Pietro pieno di Spirito Santo è l’uomo rigenerato! E’ l’uomo che non ha più paura di fronte alle difficoltà del suo cammino di fede, è il cristiano che non prega perché gli venga risparmiata la sofferenza, ma che prega piuttosto per ottenere il coraggio di confessare gioiosamente la fede anche nella persecuzione. La vera rigenerazione allora consiste nell’essere cristiani a testa
alta, nel domare la paura per poter vivere a pieno la fede. Sicuramente l’ambiente sociale e culturale influisce, sia in positivo che in negativo sulla maturazione del nostro cammino personale di fede. Soprattutto per un adolescente che crescendo cerca, nel confronto con i coetanei, stimoli, risposte, approvazioni sul suo modo di essere. Il rinnegamento della fede spesso oggi si aggancia alla paura di essere esclusi, presi in giro, derisi dai compagni. C’è chi di fronte a tale situazione si allontana dall’essere cristiano e si adegua alla vita dei più o chi pensa di poter vivere la propria fede nascondendola. Ma il vero cristiano è chiamato a vivere la vita, a nuotare nella luce, ad inabissarsi nelle croci, ma non a languire. La nostra vita invece a volte è spenta, l’intelligenza appannata, la volontà indecisa perché, educati in questo mondo, siamo stati abituati a vivere una vita individualista che è in contraddizione con la vita cristiana. Cristo è amore ed il cristiano non può non esserlo. E l’amore genera la comunione: la comunione come base della vita cristiana e come vertice. Anche io ho conosciuto persone senza fede, soprattutto in questi ultimi anni di università dove è più facile incontrare ragazzi e ragazze dei più diversi ambienti. Inizialmente ho creduto che anche non dichiarando il mio essere cristiana a chi non avrebbe condiviso con me l’Amore di Dio, la mia fede sarebbe rimasta viva e accesa. Col tempo però mi sono trovata invece a nascondere la pienezza della gioia di una vita vissuta davvero in Cristo. Andare a messa e non dirlo a nessuno è come rinnegarlo solo per non essere derisi. Riflettendo su questo disagio e chiedendo aiuto al signore con la preghiera, a poco a poco ho trovato la forza di non languire. Ho iniziato col non nascondermi più, col raccontare le mie esperienze in Chiesa, con il non vergognarmi più. Il risultato è stato del tutto positivo: non solo per me che non vivo più nella contraddizione, ma anche per coloro che mi circondano che, per la mia esternata convinzione verso la fede, hanno molto più rispetto dei miei valori. Il vero cristiano è roccia nella difficoltà, così che libero di esprimersi può divenire elemento di contagio.
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