Tibullo - Elegie
Liber III

I

Martis Romani festae venere kalendae
- exoriens nostris hic fuit annus avis -
et vaga nunc certa discurrunt undique pompa
perque vias urbis munera perque domos.
Dicite, Pierides, quonam donetur honore
seu mea, seu fallor, cara Neaera tamen.
Carmine formosae, pretio capiuntur avare:
gaudeat, ut digna est, versibus illa meis.
Lutea sed niveum involuat membrana libellum,
pumex et canas tondeat ante comas,
summaque praetexat tenuis fastigia chartae
indicet ut nomen littera facta tuum,
atque inter geminas pingantur cornua frontes:
sic etenim comptum mittere oportet opus.
Per vos, auctores huius mihi carminis, oro
Castaliamque umbram Pieriosque lacus,
ite domum cultumque illi donate libellum,
sicut erit: nullus defluat inde color.
Illa mihi referet, si nostri mutua cura est,
an minor, an toto pectore deciderim.
Sed primum meritam larga donate salute
atque haec submisso dicite verba sono:
"Haec tibi vir quondam, nunc frater, casta Neaera,
mittit et accipias munera parva rogat,
teque suis iurat caram magis esse medullis,
sive sibi coniunx sive futura soror;
sed potius coniunx: huius spem nominis illi
auferet extincto pallida Ditis aqua".

Sono tornate le Calende festive del Marte romano (questo per i nostri avi era l'inizio dell'anno), e da per tutto in giro con l'usato andirivieni, per le strade dell'Urbe e per le case, si scambiano doni. Ditemi, voi Pieridi, come si deve onorare la mia, o se m'inganno, a me pur sempre cara Neera. Sono vinte con i versi le belle, con l'oro le avide donne; ed ella sia lieta, poiché n'è degna, dei versi miei. Ma una bionda pergamena rivesta il mio libretto, candido come neve, e la pomice ne rada prima il bianco vello; e l'orlo più alto della carta leggera rechi fregi che, con scrittura adorna, indichino il mio nome, e siano dipinti i due pomi di sopra e di sotto; così curata si deve mandare l'opera. Voi, che inspiraste questi miei carmi vi prego, castalia ombra e fonte di Pieria, andate alla sua casa e offritele l'elegante libretto, così com'è; che non perda i suoi colori! Ella mi risponderà se il mio amore è ricambiato o meno ardente o se io sono del tutto caduto dal suo cuore. Ma prima porgetele un bel saluto,come a lei si conviene, e con sommessa voce ditele queste parole: "Questo modesto dono il tuo sposo d'un tempo, ora fratello, ti manda, casta Neera, e ti prego d'accettarlo e ti giura che gli sei più cara della vita, comunque vorrai essergli, sposa o sorella. O se gli dicessi: sposa! La speranza di chiamarti con tale nome gliela strapperà soltanto la smorta acqua di Dite, quando sarà spirato".