Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis, |
Cinzia per prima mi prese, perdutamente innamorato, coi suoi occhi, mai toccato prima dalla passione. Allora Amore abbassò gli occhi di ferma superbia e piegò il capo sotto il dominio dei suoi passi finché crudele mi insegnò ad odiare le castae puellae e a vivere senza criterio. E ormai da un anno questo furore non m'abbandona, mentre sono costretto a vivere con gli dei avversi. Milanione senza sottrarsi a nessuna fatica, Tullio, vinse la crudeltà dell'insensibile figlia di Iaso. Infatti errava talora folle negli anfratti del Partenio e andava ad affrontare le irsute fiere. Lui anche ferito da un colpo di clava del gigante Ileo giacque gemente tra le rupi dell'Arcadia. Dunque così poté domare la veloce fanciulla, tanto valgono in amore le preghiere e le imprese coraggiose. In me il pigro amore non escogita alcun espediente, e non si ricorda di percorrere come un tempo le strade note Ma voi, cui è l'arte ingannevole di tirar giù la luna e la fatica di compiere riti sui magici altari, orsù, mutate l'animo della donna che mi domina e fate che lei impallidisca più del mio volto. Allora io vi crederò e crederò che possiate dirigere il corso delle stelle e dei fiumi con i sortilegi della donna di Citania. E voi, amici che richiamate indietro troppo tardi chi è caduto, cercate aiuti per un animo ormai infermo. Sopporterò coraggiosamente le torture del ferro e del fuoco, purché abbia la libertà di dire ciò che l'ira mi ispira. Portatemi in mezzo a popoli e mari lontani, dove nessuna donna conosca il mio cammino. Voi rimanete, voi cui il dio dell'amore accondiscende onorevole ascolto, e siate contraccambiati da un amore sempre sicuro. Quanto a me, la nostra Venere travaglia con notti amare e amore mai rimanendo inoperoso mi abbandona. Vi ammonisco, evitate questo amore: la propria passione intrattenga ciascuno, né si sacchi da un sentimento consueto, perché se qualcuno volgerà tardo ascolto ai miei moniti, ahi! Con quanto dolore ricorderà le mie parole. |
Grazie a Giorgia
Non ego nunc tristis vereor, mea Cynthia, Manes, |
Non io ora temo i tristi Mani, mia Cinzia, né voglio ritardare i fati dovuti all'estremo rogo; ma che per caso le mie spoglie rimangano prive del tuo amore, questo è per me timore più terribile della stessa morte. Non tanto lievemente il nostro fanciullo si impresse nei miei occhi, che la mia polvere dimentica dell'amore, ne sia libera. Laggiù nei luoghi tenebrosi l'eroe nipote di Filace, non può essere immemore della dolce sposa, ma desideroso di stringere la sua fonte di gioia in un vano abbraccio? Il Tessalo come ombra era giunto all'antica dimora. Laggiù, qualunque cosa sarò, come immagine sarò detto sempre tuo: un grande amore varca anche le rive fatali. Laggiù vengano pure in schiera le avvenenti eroine, che il bottino troiano diede agli uomini argivi; nessuna di loro, o Cinzia, sarà per me più gradita della tua bellezza, e (la Terra così giusta mi conceda questo), anche se ti trattenesse in vita il destino di un lunga vecchiaia, tuttavia le tue ossa saranno sempre care al mio pianto. Possa tu da viva sentire sul mio rogo questi sentimenti! Allora in nessun luogo la morte sarebbe per me amara; quanto temo che l'iniquo Amore possa allontanarti, Cinzia, trascurata la mia tomba, dalla nostra polvere e ti costringa, controvoglia, ad asciugare le lacrime che scorrono. Una fanciulla, per quanto fedele, si piega ad assidue minacce. Perciò, finché si può, godiamo del nostro reciproco amore; l'amore non è mai lungo abbastanza. |