Iamque mare et tellus nullum discrimen habebant: |
E il mare e la terra non avevano più alcun confine; tutto era mare; al mare mancavano anche le spiagge. Uno occupava il colle; un altro siede su una barca ricurva e rema dove poco prima aveva arato. Quello naviga sopra i massi e i tetti sommersi della città, un altro prende i pesci in cima all'olmo; l'ancora si conficca sul verde prato, se la sorte lo comprende, o le chiglie ricurve sfiorano i vigneti sommersi e, dove poco fa le tenere caprette brucavano l'erba, ora le foche deformi pongono il loro corpo. Le Nereidi ammirano sotto l'acqua i boschi e le città e le case e i delfini occupano i boschi e corrono tra gli alti rami e si muovono e colpiscono le querce. Il lupo naviga tra le pecore, l'onda trascina i fulvi leoni, l'onda trascina le tigri; né le forze del fulmine servono al cinghiale, né le zampe veloci al cervo trascinato via; dopo aver cercato a lungo la terra, dove poter riposare, l'uccello errabondo, spossate le ali, cade in mare. La smisurata violenza del mare aveva sommerso le alture E le sommità delle nuove onde battevano le montagne. La massima parte fu rapita dall'onda; quelli che le onde risparmiarono li finirono i lunghi digiuni per la mancanza di cibo. |
Iuppiter ut liquidis stagnare paludibus orbem |
Quando Giove si accorse che la terra era sommersa da immense paludi e che era sopravvissuto un solo uomo fra tutte quelle migliaia e che era sopravvissuta una sola donna fra tutte quelle migliaia, che entrambi erano innocenti, e ossequienti al volere divino aprì le nuvole e allontanati i lembi con l'aquilone mostrò la terra al cielo e i cieli alle terre. |