Ancora oggi il termine sofista ha un'accezione negativa. In
origine sofisti erano genericamente considerati coloro che avessero una qualche
competenza, anche tecnica. Col tempo iniziò ad indicare i pensatori che giravano
per la Grecia, spesso come ambasciatori delle proprie città, presentandosi come
maestri di virtù (aretè), virtù apprendibile come una tecnica qualunque e
facendosi pagare per esporre i propri ornati e sofisticati discorsi. Per questo
già Socrate, Platone ed Aristotele usano in termine spregiativo questo termine:
uomini che sostengono tesi false dietro pagamento, che corrompono i giovani con
le loro idee,uomini che credono di sapere ma che non guardano il contenuto ma
solo la forma del discorso. Atene in questo periodo è l'Ellade
dell'Ellade. Dopo la sconfitta dei Persiani (479) e con l'ascesa al potere
di Pericle, conosce un periodo di splendore terminato con la morte di Pericle
nel 429 durante le guerre del Peloponneso. Una politica imperialistica con una
potenza militare e navale notevole, traffici commerciali e creazione di banche,
l'impulso dato alle grandi opere architettoniche ci fanno capire il progresso
raggiunto. Sul piano politico la democrazia si arricchisce dell'assemblea, del
consiglio (bulè), del tribunale popolare (eliéa) in cui si discute
pubblicamente (parrhesìa è il termine che indica la libertà di parola) e
si vota per alzata mano; per mezzo di sorteggi, elezioni e rotazioni chiunque
poteva accedere agli uffici più alti. In questo contesto diventa essenziale
imparare a parlar bene. I sofisti si presentano come gli uomini capaci di
fornire ai figli degli arricchiti commercianti ed imprenditori dietro pagamento
la formazione (paidéia) del futuro ceto dirigente attraverso un
insegnamento in tutti i campi, soprattutto quelli riservati agli aristocratici.
Perciò essi diventano popolari ma osteggiati. Confluiscono in Atene diverse
culture ed entra in discussione il proprio bagaglio culturale: si affronta il
problema di cosa sia naturale e di cosa sia convenzionale, dipendente dalla
cultura. La poesia reinterpreta il mito (i tragediografi Eschilo, Sofocle,
Euripide, i poeti lirici) ed affronta il problema religioso, la commedia
(Aristofane in primis) schernisce la nuova democrazia e la nuova cultura. I
nuovi storiografi esaminano i problemi dell'uomo, le cause dei fatti, le diverse
civiltà: Erodoto tramanda usi, costumi, notizie sui popoli e sui luoghi;
Tucidide cerca di comprendere la crisi di Atene e le sue possibili vie d'uscita.
Si sviluppano moltissime discipline tecniche. Tra queste la medicina.
Ippocrate di Cos, la cui akmè è fissata nella seconda metà del
V a.C., fu medico molto prolifico nella scrittura: i suoi testi sono tramandati
come Corpus Hippocraticum, sessanta scritti, di cui ovviamente solo una
parte appartiene realmente alla scuola ed una porzione ancora più piccola a
Ippocrate stesso. Negli scritti mostra un impegno costante nella
sperimentazione e nella dissacrazione di malattie ritenute divine (l'esempio più
eclatante è l'epilessia, ritenuto morbo sacro). Contro la medicina sacerdotale
degli aristocratici o magica dei contadini, egli ricerca le cause delle malattie
nell'ambiente naturale e socio-politico, riscuotendo notevoli successi e
mostrando una fiducia costante nella sperimentazione e nel ragionamento. Egli
rimprovera alla scuola medica di Crotone il ricorso ad un'unica causa nella
spiegazione dei fenomeni (critica alla confusione tra scienza e filosofia) e
alla scuola di Cnido non imparare nulla dai singoli casi (descrizione e non
intervento). Essenziale risulta la sensazione del corpo: la salute ed il
temperamento si basano sull'equilibrio del sangue (dal cuore), del flegma (dal
cervello), della bile gialla (dal fegato), della bile nera (dalla milza). Il
carattere più pratico che teorico di questa disciplina culturalmente si
inserisce nel ricorso sempre crescente alle tecniche: la tecnica obbedisce alle
leggi di natura e solo i filospartani ritengono di doversi liberari dagli affari
quotidiani per dedicarsi alla speculazione ed alla guida dello stato, sostiene
l'autore anonimo del trattato La medicina antica. I sofisti mostrano
disinteresse per le cose fisiche e si interessano invece delle cose umane.
Proprio la funzione pedagogica li portava a preferire gli insegnamenti della
poesia greca, nata con funzione educativa (essi sono tra i primi esegeti delle
opere dei poeti, Protagora nel dialogo di Platone espone la sua idea di virtù
commentando Simonide), piuttosto che non il pensiero dei filosofi ionici.
D'altro canto si potrebbe dire che i sofisti hanno influenzato il mondo
filosofico senza volerlo: non era la speculazione il loro interesse. Difatti nel
Gorgia di Platone Callicle sostiene che la filosofia vada studiata solo
per l'educazione in gioventù perché in età adulta impedisce di interessarsi agli
affari e alla natura umana. L'assenza di ipotesi naturalistiche permette il
recupero concettuale delle opinioni e dei fenomeni: quindi nel pensiero dei
sofisti riscontriamo impostazioni individualistiche e relativistiche, la critica
pungente e la capacità persuasiva rivolta a tutti i campi del sapere. Sono
definiti per quesi motivi illuministi o fondatori dell'umanesimo.
Protagora
Protagora di Abdera, nato tra il 484 ed il 481 a.C.,
fu spesso ad Atene. Scrisse molto e su molti argomenti. Tra le sue opere degne
di menzione sono I discorsi demolitori o La Verità, Sugli
dei, Le Antilogie, contrapposizioni di argomenti su temi
etico-politici, Sulle scienze esatte, in cui criticava la pretesa di matematica
e geometria di dare conoscenze diverse dalle sensibili. Protagora non vuole
insegnare tutto ma ciò che è più importante, la virtù o scienza politica e il
ben parlare. Di tutte le cose è misura l'uomo, di quelle che sono per ciò
che sono e di quelle che non sono per ciò che non sono (essere e non-essere
richiama criticamente Parmenide). Questa è una posizione certamente
soggettivistica e relativistica. E' vero ciò che ad ognuno sembri tale. L'uomo
si serve delle cose, perciò lui ne è il fondamento. Ciò implica anche che
essendo vero ciò che appare la verità è l'apparire; perciò è il movimento,
proprio dell'apparire, il principio primo dell'essere e della conoscenza.
Tutte le opinioni ovviamente sono ugualmente vere, quella del malato per cui
il miele è amaro e quella del sano per cui è dolce. Ciò è vero anche sul piano
politico ed etico. Questa impossibilità di definire una verità valida per
tutti è all'origine del suo agnosticismo religioso, che gli valse l'accusa di
empietà ed il pubblico rogo delle sue opere: quanto agli dei, non sono in
grado di sapere né che esistono né che non esistono, né di che aspetto sono:
molte cose infatti impediscono di saperlo, l'oscurità delle cose e la brevità
della vita umana (citato da Diogene Laerzio). Se però le opinioni sono
tutte vere non tutte sono ugualmente utili: essere malati è più conveniente che
essere malati perciò le opinioni del medico sono preferibili. Perciò come il
medico con la sua scienza trasforma il malato in sano, il sofista con la sua
scienza fa apparire buono e utile, al singolo come alla comunità, ciò che prima
non sembrava tale. Il progresso è fondato difatti per Protagora
sull'acquisizione delle tecniche (rappresentate dal fuoco rubato da Prometeo
agli dei e donato agli uomini)e sul possesso della virtù politica (che Zeus ha
distribuito a tutti per l'insufficienza delle tecniche). La virtù politica,
tramandata di generazione in generazione, deve essere educata e conservata. Il
fine educativo di Protagora, come quello dei sofisti, non è quello di migliorare
la politica ma di preparare i giovani ad affrontarla come essa è. La tecnica
oratoria affascina, rendendo più difficile la critica, e fa apparire il proprio
discorso più persuasivo dell'altrui (rendere più forte il discorso più
debole è segno di quest'abilità).
Gorgia
Gorgia di Leontini, in Sicilia, vissuto tra il 484 ed il
376 a.C., nel 427 ad Atene chiese aiuto contro i Siracusani. In quell'occasione
molti uomini famosi lo ammirarono. Egli ribadisce ed approfondisce il tema
della capacità persuasiva, psicagogica dell'oratoria. E' necessario scegliere
però il momento opportuno in cui rivolgere il discorso opportuno alla persona
opportuna. Ciò è capace di compiere opere divine. In maniera simile la
poesia produce inganno, facendo credere reali fatti e cose irreali: ma è saggio
chi si lascia ingannare poiché così può provare emozioni e subire il fascino
della dolce malattia più piacevole della salute. In tal senso i suoi
encomi di Elena e di Palamede, considerati traditori nell'epica greca, mostrano
come il discorso, come il destino, l'amore, la volontà degli dei, la violenza,
conduca dove non si vuole e faccia smarrire la colpa, la responsabilità, la
volontà di far male. Del suo Della Natura o Del non essere
abbiamo solo delle parafrasi (pseudo Aristotele e Sesto Empirico): egli sostiene
1) che nulla esiste, 2) che anche se qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile
e 3) che anche se fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. 1) Il non
essere non c'è perché altrimenti sarebbe essere e ci troveremmo di fronte ad una
contraddizione. L'essere non può essere eterno perché se così fosse dovrebbe
essere infinito e l'infinito non sarebbe in nessun luogo e quindi non sarebbe
affatto; non può essere generato perché verrebbe dal non essere quando dal non
essere nulla nasce o dall'essere ed in tal caso non ci sarebbe generazione; non
può essere generato ed eterno perché è una contraddizione. 2) Anche se
l'essere ci fosse non può essere pensato; ciò che viene pensato non esiste
(altrimenti esisterebbero tutte le assurdità inventate dagli uomini) e quindi
ciò che esiste non è pensato. Perciò se qualcosa esiste non è conoscibile.
3) Noi con la parola non comunichiamo l'essere poiché la parola non è
l'essere, comunichiamo solo parole. L'essere quindi è incomunicabile.
Sofisma, espressione estrema di scetticismo o espressione di una conversione
dal naturalismo alla retorica, quest'espressione mostra la critica alle teorie
parmenidee dell'essere. Di fatto si è ipotizzato un iter che avrebbe condotto
Gorgia da posizioni naturalistiche (la tradizione lo vuole discepolo di
Empedocle) a tesi eleatiche fino alla crisi di quest'idea, con una successiva
fase finale retorica.
I sofisti minori
Prodico di Ceo, vissuto tra la seconda metà del
V sec. e gli inizi del IV, autre di 23 opere delle quali abbiamo pochi
frammenti, scrisse le Hòrai (Stagioni), in cui probabilmente v'era la
favola di Eracle al bivio (riportata da Senofonte): Ercole tra la Virtù e la
Dissolutezza che gli si presentano ed enumerano i loro pregi invitando Eracle a
seguire una delle due, sceglie la virtù. Nella sua opera Prodico sostiene
che nulla si possa raggiungere senza fatica e che le virtù sono imposte da
comano divino per raggiungere i beni della vita. Prodico spiega la religione
sulla base della divinizzazione delle cose utili all'uomo e degli scopritori
(Demetra è il pane, Dioniso il vino). Il culto inoltre nascerebbe dal desiderio
di ingraziarsi le forze naturali utili al benessere umano. Sua è inoltre la
dottrina della sinonimica, analisi semantica dei sinonimi per determinare
il significato preciso e corretto, ridicolizzata da Platone ma probabilmente non
dissimile dal quesito definitorio di Socrate e dagli studi di Democrito sulla
natura convenzionale del linguaggio. Di Antifonte di Atene abbiamo
diversi frammenti. Esperto in varie discipline, sosteneva che l'ideale morale e
sociale fosse la concordia con sé e con gli altri, fondata sulla temperanza (la
virtù di vincere il male). Egli affronta il contrasto tra la natura
(fùsis) e la convenzione, la legge (nòmos): la prima è costante,
la seconda è accidentale, (se si seppellisse un letto e per assurdo il legno
germogliasse nascerebbe un legno e non un letto). Se uno vìola la norma naturale
non può evitare il male conseguente, diversamente dalla legge. La legge poi è
contraddittoria: non stabilisce di fare il bene agli amici e il male ai nemici e
di restituire il torto ricevuto bensì prescrive di fare del male senza aver
ricevuto alcun torto (l'esempio della testimonianza). Più precisamente, la
giustizia vuole il solo adempimento formale, non la convinzione del destinatario
della norma. La vera norma perciò è quella di natura che prescrive l'utile ed il
piacevole. Sulla base di questa superiorità della natura sulla legge Antifonte
proclama l'eguaglianza di Greci e Barbari. Ippia di Elide,
contemporaneo di Prodico, è il protagonista di due dialoghi di Platone
(l'Ippia Maggiore e l'Ippia minore). Sosteneva di saper rispondere
meglio di chiunque altro a qualsiasi domanda ed era noto per la sua
multiscienza. Banditore del cosmopolitismo (per natura il simile è
parente del simile, mentre la legge, tiranna degli uomini, commette molte
violenze contro natura), si vantava di ciò che vestiva, essendo frutto delle sue
abilità e insegnava la mnemotecnica (arte del ricordare). Anche per lui
la legge, mutevole e scritta è tiranna e vìola la natura degli uomini, non
scritta, uguale nel tempo e nello spazio. Opera anonima di questo periodo è
Discorsi duplici, composizione con tesi opposte su svariati argomenti
(bene-male, giusto-ingiusto, bello-brutto). Crizia, aristocratico
morto nella lotta contro i democratici, poeta tragico ed elegiaco, scrisse le
Costituzioni, confrontando Atene con le altre città e stabilendo la
superiorità di Sparta, sua città. E' importante la sua professione di ateismo e
la sua concezione della legge come instrumentum regni: le leggi non bastavano ad
eliminare il male perciò si inventò il timore degli dei. Tra il V ed il IV
sec. viene situata la seonda generazione dei sofisti, il cui tema dominante è il
rapporto tra natura e legge. Alcidamante professa l'eguaglianza tra
uomini liberi e schiavi; la tendenza generale ad affermare la superiorità della
natura conduce a teorizzare il diritto del più forte: è ciò che sostengono gli
Ateniesi verso i ribelli dell'isola di Melo (ci riporta Tucidide),
Callicle nella sua forma di immoralismo individuale e dottrina del
superuomo, Trasimaco di Calcedone nello stabilire l'identità giustizia e
utilità del più forte. Posizioni contrarie in due opere anonime, l'Anonimo di
Giamblico e Anonimo sulle leggi. Altro aspetto della seconda
generazione è l'eristica, tecnica del confutare e argomentare nelle
contese verbali. Licofrone propone l'abolizione del verbo essere,
Eutidemo e Dionisodoro arrivano a sostenere che sia impossibile
contraddire (dire che non è ciò di cui si è affermato che è) e dire il falso
(perché dire il falso significa dire ciò che non è).