Rispetto agli altri nove, il primo libro della
"Repubblica" è differente per lo stile e per il modo in cui vengono affrontati
gli argomenti; è fondato ritenere che costituisse un dialogo a parte,
probabilmente intitolato "Trasimaco", infatti in esso compaiono personaggi
(Cefalo, Polemarco e Trasimaco) che non interverranno più nel corso dell'opera;
inoltre la tecnica confutatoria di Socrate è quella tipica dei dialoghi della
gioventù, diversa dallo stile degli altri capitoli.
I personaggi dell'opera
sono il filosofo Socrate, il ricco Cefalo, esponente della classe "borghese" e
crematista, suo figlio Polemarco, acceso democratico, Glaucone ed Adimanto,
fratelli dello stesso Platone ed esponenti dell'aristocrazia, e Trasimaco,
sofista iroso ed impulsivo, teorizzatore dell'ingiustizia come virtù; alla
discussione, pur non prendendone parte, assistono diverse altre
persone.
Socrate, dopo aver assistito con Glaucone alle feste Bendidie, viene
raggiunto da alcuni amici e convinto a seguirli a casa di Cefalo, qui
intrattiene con lo stesso una discussione sulla vecchiaia ed entrambi sono
d'accordo nel ritenerla piacevole per i giusti che si sanno accontentare in
quanto "liberazione da molti e pazzi padroni", i desideri carnali; il ricco
Cefalo sostiene poi che la ricchezza aiuta il buono a sostenere la vecchiaia con
onestà e giustizia, ma è inutile all'ingiusto.
Socrate inizia la serie di
definizioni da confutare, suo tipico metodo argomentativo, proponendo come
definizione di giustizia, "dire la verità e restituire le cose ricevute";
Cefalo, conscio della superiorità di Socrate, abbandona con una scusa la
discussione, lasciandola al proprio figlio Polemarco.
Socrate confuta col
paradosso del pazzo la precedente definizione di giustizia, e Polemarco,
parafrasando un poeta, la definisce "fare il bene degli amici ed il male dei
nemici".
Ma il bene dell'amico malato lo farà il medico, e il bene del
marinaio il pilota; sono le persone competenti, e non i "giusti", a fare il bene
dell'oggetto della loro scienza; inoltre è difficile definire chi sia amico e
chi no. Trasimaco interrompe la discussione, criticando il metodo socratico e la
mancanza di una definizione; per lui l'ingiustizia, cioè l'utile del più forte,
è preferibile alla giustizia e il tiranno è l'uomo più felice di tutti. Socrate
confuta questa tesi dimostrando che, tendendo l'ingiusto a "soverchiare tutti,
giusti ed ingiusti", si ritroverà senza alleati, amici, e le stesse parti della
sua anima saranno divise; un tale uomo è sicuramente infelice ed avrà vita breve
a causa dell'odio che lo circonda e della profonda spaccatura della sua
anima.
In questo libro emerge una dura critica ai sofisti, nella persona di
Trasimaco, per la loro arroganza; Socrate, a differenza del sofista, che insegna
volentieri ma a pagamento, è riluttante ad esporre le proprie idee, ed è quasi
costretto a partecipare alla discussione. Le argomentazioni usate da Socrate in
questo libro sono insufficienti; Platone sottolinea così la debolezza del metodo
socratico, e come sia necessario arrivare a conclusioni assolute; dal prossimo
libro Socrate abbandonerà il suo metodo e darà lui definizioni anziché confutare
quelle dell'interlocutore.
Esprimendo i suoi dubbi, Glaucone, non
soddisfatto dalla confutazione di Socrate, riprende le tesi di Trasimaco per
ottenere una definizione della giustizia. Socrate divide i beni in tre classi:
quelli desiderabili per sé, quelli desiderabili per sé e per i vantaggi che
portano, e quelli desiderabili solo per i vantaggi che portano; Socrate mette la
giustizia nella seconda categoria, ma la maggioranza ritiene più corretta la
terza. Glaucone aggiunge che è bene commettere ingiustizia e male subirne; si è
giusti solo per paura delle punizioni e per avvalorare il discorso cita la
storia dell'anello di Gige. Mentre si procede ad esaminare l'uomo giusto e
l'uomo ingiusto, Adimanto chiede di cercare la giustizia in sé. Socrate, non
riuscendo a trovarla nell'uomo giusto, propone di cercarla nello stato
giusto.
Ponendo come unica limitazione che ogni uomo possa svolgere
correttamente un solo mestiere, si crea uno stato aggregando in un piccolo
territorio, appena sufficiente a mantenerli, nuclei successivi di popolazione
per soddisfare ogni bisogno.
Il fine della musica è l'amore del bello. La
cura del corpo è il fine della ginnastica, altro "pilastro" dell'educazione dei
guardiani; questa comprende esercizi di tipo bellico, semplici ma ripetuti e
organizzati su modello spartano. L'alimentazione adeguata è povera di pesce e di
carni lessate, ma ricca di carni arrostite. La cura del corpo è utile solo in
giovane età, è inutile curare individui non più utili alla società. Sia la
ginnastica sia la musica influenzano l'anima, e solo chi ha un'anima ferma e
pura può essere un guardiano. I giudici devono essere puri ma avere la
conoscenza della malvagità per riconoscerla, come i medici devono riconoscere le
malattie; come i medici, così i governanti possono mentire per il bene del
paziente/stato.
I governanti vanno scelti da giovani tra i guardiani, con
dure prove affinché mantengano la conoscenza di ciò che è bene e di ciò che è
male e non siano:
Un'obiezione di Adimanto interrompe Socrate
nella sua esposizione dei doveri dei guardiani: simili persone, osserva il
fratello di Platone, condurrebbero senza dubbio una vita triste ed infelice; la
risposta di Socrate è che non importa la felicità di una classe, bensì quella di
tutto lo stato nella sua completezza. Per far ciò bisogna che la popolazione sia
unita e che non si formino la "città dei ricchi" e la "città dei poveri" che
causano spaccature e dissidi nelle polis greche. Bisogna quindi evitare
che vi siano troppi ricchi o troppi poveri, si vietano perciò le guerre di
espansione, causa di rovina per molti e di arricchimento illecito per pochi; il
territorio della città deve dunque bastare a soddisfare i bisogni, quindi si
effettuerà un controllo delle nascite per mantenere costante la
popolazione.
Il divieto di compiere guerre di espansione, unito al divieto
per i guardiani di possedere proprietà e all'obbligo per gli stessi di compiere
esercizi ginnico-bellici rendono lo stato poco appetibile per gli invasori
esterni, che dovrebbero combattere truppe ben addestrate per non ricavare alcun
bottino; di contro lo stato avrebbe molti alleati perché nelle guerre lascerebbe
ad essi tutto il frutto delle razzie, non solo una parte.
Affinché lo stato
si conservi senza crollare, è importantissima l'educazione dei guardiani;
infatti, per un circolo virtuoso:
Poleis giusta | |
Cittadini giusti | Educazione dei cittadini |
Anima giusta e buona |
Se venisse trascurata l'educazione, l'anima dei cittadini non sarebbe giusta e la città crollerebbe. Per ogni aspetto religioso bisogna affidarsi all'oracolo di Delfi. Glaucone vorrebbe stabilire anche il taglio d'abito o dei capelli dei guardiani, ma Socrate afferma l'inutilità di simili dettagli.
Trovata la giustizia nello stato, si esamina quella dell'individuo; come nello stato essa è l'armonia tra le classi, artigiani, guardiani e governanti, così nell'individuo, è armonia tra le anime, appetibile, irascibile e razionale. L'uomo è giusto quando l'anima irascibile e l'anima razionale, alleate, dominano l'anima appetibile; se le anime sono in disaccordo e la ragione non tiene le altre sotto controllo, l'individuo è ingiusto.
Beni e donne in comune: questa è l'idea che
incuriosisce Adimanto, il quale chiede spiegazioni; Socrate risponde dicendo che
questa è solo una, e la meno scandalosa, delle tre "ondate", teorie
rivoluzionarie del suo pensiero. La prima ondata è l'identità di compiti e di
educazione tra uomini e donne, da realizzare poiché le differenze tra i due
sessi non sono tali da comportare e spiegare differenze di occupazione; le donne
sono solo in media più deboli degli uomini, ma questo differenza non pregiudica
il loro operato. La seconda ondata è la comunanza delle donne e dei figli, che
permette ai guerrieri di liberarsi degli affetti privati per dedicarsi
esclusivamente allo stato. I matrimoni devono essere combinati dai governanti,
affinché la popolazione rimanga costante; la qualità della prole deve essere
migliorata, garantendo ai migliori e ai guerrieri vittoriosi più possibilità di
generare figli. L'età adatta per avere figli è di 20/40 anni per le donne e di
30/55 per gli uomini; superata questa, l'eventuale prole deve essere
necessariamente allevata dalla classe degli artigiani. La nascita da genitori
guardiani non assicura l'appartenenza alla stessa classe, i bambini vengono
allevati insieme in orfanotrofi statali e lì vengono indirizzati alla classe di
appartenenza; vengono favoriti i migliori mentre i peggiori sono allevati come
artigiani. I governanti, unici a conoscere i veri rapporti di parentela,
impediranno ogni incesto.
I giovani devono partecipare sin da piccoli alle
operazioni belliche su cavalli veloci, e vi saranno premi per i valorosi e
punizioni per i disertori; i più valorosi devono ricevere grandi onori da vivi e
devono essere venerati come divinità da morti. La guerra è da intendere tale
solo nei confronti dei barbari; le guerre tra Elleni sono solo discordie: in
questo caso è vietato depredare il raccolto e spogliare i cadaveri; i vincitori
devono ricordare che il nemico non è la popolazione vinta, bensì i capi di essa.
La terza e più importante ondata è: "che i filosofi governino o che i governanti
facciano pura e autentica filosofia". Ciò è necessario poiché solo i filosofi
possiedono la giusta conoscenza per guidare la stato; la definizione di filosofo
è: colui che ama la verità nella sua interezza; i tipi di conoscenza sono:
Adimanto obbietta che ben difficilmente un filosofo possiede tutte queste qualità, anzi ritiene i filosofi del tempo inutili, ridicoli o malvagi. Socrate spiega che questo è vero ed è dovuto all'azione corruttrice del popolo ignorante, dei sofisti inutili e perversi, e dei demagoghi sull'anima, ancora giovane e non educata alla temperanza, del filosofo, come è successo ad Alcibiade; il ragionamento è avvalorato dall'analogia con la nave. Solo una piccola minoranza è filosofa, essa negli stati non perfetti non si può realizzare poiché l'istruzione comincia da giovanissimi e viene poi abbandonata un volta arrivati alla dialettica, parte più difficile. La realizzazione del filosofo, ossia l'assimilazione al divino, è attuabile solo nello stato ideale prendendo come modelli gli eidos; un tale stato non si potrà mai realizzare spontaneamente, e la maggior difficoltà per la sua realizzazione è l'impossibilità di esporre immediatamente il bene in sé. Socrate spiega il bene ricorrendo all'analogia del sole e la giusta conoscenza con quella della linea.
L'inizio di questo libro, il mito della caverna, può essere considerato come l'estrema sintesi del pensiero platonico, disponendo di varie chiavi di lettura e significati. Dopo l'enunciazione e la spiegazione del mito, la discussione ritorna ora sui filosofi; vorranno questi abbandonare lo studio della filosofia per governare? La risposta di Socrate è no, ma dovranno esservi costretti per il bene dello stato.
Uno stato siffatto non potrà mai crearsi
spontaneamente; solo un tiranno convertito alla filosofia potrà avere abbastanza
potere da cacciare dalla città tutti i cittadini con più di 10 anni ed allevare
i più giovani seguendo l'ordinamento dello stato ideale; per il circolo virtuoso
già esposto, le future generazioni manterranno tale ordinamento.
Quest'ultima
affermazione permette di chiarire un aspetto importante della vita di Platone:
il suo interessamento per Siracusa e la sua amicizia con Dione, parente dei
tiranni di quella città e lui stesso tiranno per un breve periodo. Platone
sperava, tramite quest'appoggio politico, di "convertire" alla sua dottrina i
signori di Siracusa e mettere in pratica la sua teoria, altrimenti condannata a
non rimanere nient'altro che un'utopia.
Infine, formulata la legislazione dello stato
ideale, Socrate procede ad esaminare in quale rapporto esso sia con gli stati
esistenti al suo tempo; lo stato ideale è il culmine della perfezione a cui può
arrivare uno stato terreno, ma tuttavia non è eterno; tutti gli altri sono
generati dal suo progressivo decadimento.
Questo decadimento si origina dopo
un periodo di 12.960.000 giorni, cioè 36.000 anni (da 360 giorni); questo numero
si ottiene da relazioni matematiche (2x3x10)4 = (3x4x5)4 =
(36x100)2 = (48x100)x(27x100) = 12.960.000
Le varie forme di
decadimento dello stato ideale sono: la Timocrazia, l'Oligarchia, la Democrazia
e la Tirannide.
Quando l'educazione ginnico-musicale viene trascurata ha
inizio il decadimento: i governanti non sono più degni del loro compito e
causano guerre ed inimicizie; i guardiani prendono possesso di case e terreni,
pur essendo ancora vietato il possesso di oro, e riducono in schiavitù il
popolo. Questa è la timocrazia, fondata sull'onore e caratterizzata
dall'avidità e caparbietà dei governanti; un esempio di timocrazia è la città di
Sparta.
Col tempo l'interesse si sposta dagli onori alle ricchezze, i
governanti posseggono anche oro e ricchezze; la classe dirigente è sempre più
ignorante e si governa con la forza, non in base ai meriti, ma in base alle
ricchezze. Questa è l'oligarchia, caratterizzata dall'avarizia dei
governanti e dalla divisione in "città dei ricchi" e "città dei
poveri".
Diventa sempre più difficile fare guerre poiché il popolo si
ribella, agitato dai "fuchi", briganti e delinquenti. Quando il popolo
finalmente insorge si ha la democrazia, la migliore tra le costituzioni
non perfette, poiché è piacevole, anarchica, varia. Gli ex-oligarchi vengono
cacciati e uccisi, le cariche pubbliche rette da tutti a sorte, si vive nella
totale libertà.
La fame di libertà diviene sempre più insaziabile e i
cittadini accusano i governanti di non concederne abbastanza; i ricchi sono
tiranneggiati dai "fuchi" a accusati di voler ricostituire l'oligarchia; il
popolo sceglie un protettore tra i "fuchi" per difendersi dagli oligarchi, il
tiranno. Questi in un primo tempo sorride, saluta, scioglie debiti,
distribuisce ricchezze al popolo; successivamente fomenta guerre affinché il
popolo abbia sempre bisogno di una guida ed elimina gli oppositori e gli
ex-amici; è protetto da guardie del corpo pagate (schiavi da lui affrancati) e
mantiene l'esercito con i beni sacri e le tasse del popolo.
Affiancato a
questo esame delle forme di governo, vi è l'esame degli animi umani
corrispondenti; Platone ripercorre la storia dello stato dal punto di vista
psicologico, sottolineando ancora una volta l'importanza dell'educazione. Il
filosofo-governante dello stato ideale ancora puro non educa il figlio in modo
adeguato; questi, avido di ricchezze e di onori, una volta divenuto governante
autorizza il possesso di terreni; nell'uomo timocratico l'anima irascibile non è
più controllata da quella razionale ma si "allea" con quella appetibile.
L'avidità dell'uomo timocratico lo porta ad infrangere le leggi possedendo oro;
viene per ciò denunciato e condannato, il figlio trascura quindi le cariche, che
non hanno salvato il padre, e si dedica all'accumulazione di denaro, ora resa
legale; l'uomo oligarchico è dominato dall'avarizia, si trova in una situazione
di "temperanza intemperante" poiché i desideri e le passioni sono repressi non
dalla ragione ma da un desiderio più forte. L'uomo oligarchico alleva il figlio
alla parsimonia, ma questi fa cattive amicizie (poveri e "fuchi") e non riesce a
reprimere il suo desiderio di libertà; la sua anima è frammentata come lo è lo
stato democratico, e in essa non vi è più un solo appetito, ma tutti hanno lo
stesso peso.
Continuando l'esame degli uomini
corrispondenti alle varie forme di governo: è la volta del tiranno, in esso si è
risvegliata quella "specie di appetiti tremenda, selvaggia e contraria alla
legge" che si trova, più o meno assopita, in ogni uomo. Il tiranno è il figlio
dell'uomo democratico che, pur educato secondo i principi della democrazia,
vuole "libertà sfrenate" e, dilapidato tutto il patrimonio frequentando cattive
compagnie, soverchia con la violenza i genitori per ottenere altro denaro.
L'uomo tirannico nutre senza freno ogni sorta di appetiti sotto la guida di
eros e di bramosia; commette ogni sorta di misfatti contro la famiglia,
gli altri e lo stato. Il tiranno è l'uomo più infelice del mondo poiché, come lo
stato tirannico è schiavo, povero, pieno di paure e dolori, così anche
nell'animo dal tiranno, la ragione è schiava degli appetiti; e la paura di
perdere il potere e di essere ucciso dal popolo che ha schiavizzato lo
costringono a vivere continuamente nel terrore.
Inoltre gli uomini possono
essere divisi in tre categorie:
A paragone con gli altri libri, a parte forse
il primo, questo libro sembra differente per lo stile, inoltre contiene
argomentazioni ritenute le peggiori tra tutti gli scritti di Platone, e in
alcune parti, addirittura smentisce precedenti affermazioni. In realtà questo
libro non fa parte della "Repubblica" vera e propria, ma è stato pubblicato da
Platone come "appendice", nella quale approfondire meglio gli argomenti trattati
superficialmente. Si rinnova qui l'attacco all'arte, ancor più aspro di quelli
precedenti, poiché ora viene bandita tutta l'arte, compresa quella raffigurante
atti ed uomini giusti e meritevoli; inoltre, si utilizza come esempio il letto,
anche se in altri dialoghi si era affermata l'esistenza degli eidos
corrispondenti solo ad oggetti esistenti in natura, negando quella degli
eidos dei manufatti. L'oggetto dell'arte è l'apparenza, tre volte lontana
dagli eidos; l'imitazione è, quindi, da bandire perché non dà conoscenza,
infatti la scienza è propria di chi sa usare un oggetto; l'artigiano che lo
produce ha invece la fede, perché si fida dei giudizi e delle informazioni che
gli fornisce chi lo usa; l'imitatore non possiede né fede né scienza, bensì
doxa, semplice opinione. Particolarmente dannosa per l'anima è la
rappresentazione poetica, sia le tragedie, sia le commedie; infatti vedere
rappresentate le passioni, libera quelle dello spettatore, solitamente dominate
della ragione, una volta liberate, risulta difficile per l'anima razionale
controllarle nuovamente.
Si procede ora con la dimostrazione dell'immortalità
dell'anima; ogni oggetto viene distrutto solo e soltanto dal male che gli è
proprio, ad esempio il ferro dalla ruggine, non certo dai tarli; il male
dell'anima è l'ingiustizia, ma questa non la distrugge, infatti quella del
tiranno, pur divisa e in contrasto con sé, non muore; se l'anima non è distrutta
dal proprio male, certamente non lo è dai mali del corpo, quindi gli sopravvive
anche dopo la morte. Tuttavia l'immortalità dell'anima non si accorda bene con
la rappresentazione tripartita che ne era stata fatta, quindi Socrate non nega
che l'autentica natura dell'anima possa essere diversa da quella descritta
precedentemente; per esaminarla nella sua vera natura, bisognerebbe contemplarla
pura, e non contaminata col corpo e gli appetiti, concetto evidenziato dal mito
di Glauco.
Il resto del libro è occupato dal mito di Er, che illustra il
destino dell'anima dopo la morte. L'opera si conclude con l'affermazione di
Socrate che solo il giusto è felice, in questo e nell'altro mondo.
Gige era un pastore che lavorava alle
dipendenze del re della Lidia. A seguito di un terremoto nel terreno dove
stavano pascolando le sue pecore si provocò una voragine; Gige scese al suo
interno e vi trovò un cavallo bronzeo, cavo, di immani proporzioni, al suo
interno vi era il cadavere di un gigante con un anello d'oro al dito. Gige prese
l'anello e, tornato su, si accorse che, ruotandolo in modo che la gemma
incastonata si trovasse rivolta verso il palmo della mano, l'anello rendeva
invisibile chi lo portasse. Conosciuto questo potere brigò per essere uno dei
messi da mandare al re, sedusse la regina e, col suo aiuto, uccise il sovrano e
prese il potere.
Con questo mito Glaucone vuole dimostrare che nessuno è
giusto, e sono le leggi che ci dissuadono dal commettere ingiustizie.
La divinità che creò gli uomini, li forgiò con
oro, argento e bronzo: quelli aurei, pochissimi, con funzione di governo; quelli
argentei, pochi, per difendere lo stato; quelli bronzei, moltissimi, per essere
agricoltori ed artigiani. Questi uomini nacquero dalla terra, e per questo sono
detti i "nati dalla terra"; da essi deriva tutta la popolazione del mondo e
nello stato ideale deve essere rispettata questa divisione originaria in tre
classi.
Socrate non mostra di credere a questo mito ed esita a lungo prima di
raccontarlo. In realtà questa è una di quelle menzogne a fin di bene che i
governanti devono raccontare agli artigiani per far credere loro di essere tutti
fratelli e convincerli a essere governati di buon grado.
L'animo umano è simile a una stoffa che deve ricevere una tintura; affinché la tintura risulti efficace bisogna prima selezionare le stoffe più adatte, cioè i guardiani, poi le stoffe devono ricevere un particolare trattamento, l'educazione ginnico-musicale, infine vengono tinte. Le stoffe che non hanno subito il trattamento, pur ricevendo il colore, ovvero "l'opinione sulle cose temibili e la loro natura", stingono se sottoposte all'azione dei solventi: il dolore, la paura, la brama.
Lo stato è come una nave in preda ad una
tempesta, il cui timoniere sia un vecchio, forte e vigoroso ma duro d'orecchie,
debole di vista, e con scarse conoscenze della costa; i marinai lottano tra loro
per decidere chi debba essere il pilota, ma ignorano tutto quello che il buon
pilota dovrebbe sapere, mentre a chi è competente, è impedito di svolgere il
proprio compito.
Il vecchio timoniere sono i governanti delle polis,
il pilota competente sono i filosofi, che non possono realizzarsi come tali
perché impediti dalla massa ignorante.
Il bene è come il sole, da esso proviene la luce, cioè la verità e questa permette agli occhi, la nostra anima, la vista, cioè la conoscenza; gli oggetti da noi visti sono l'oggetto della conoscenza e, se male illuminati, ci appaiono confusi, doxa, se invece sono ben illuminati, ne abbiamo l'episteme, la scienza.
AC:CB = AE:EC = CD:CB
AC = Mondo sensibile / Opinione /
Doxa
CB = Mondo intelligibile / Scienza /
Epistéme
AE = Ombre e riflessi / Immaginazione /
Eikasìa
EC = Animali, piante e oggetti artificiali / Credenza /
Pìstis
CD = Enti geometrici / Pensiero dianoetico /
Diànoia
DB = Idee / Intellezione /
Nòesis
All'interno di una caverna stanno, incatenati sin da bambini, alcuni uomini, incapaci di vederne l'entrata; alle loro spalle arde un fuoco e, tra il fuoco e l'entrata della caverna, passa una strada con un muretto che funge da schermo; per la strada passano diversi uomini, portando sulle spalle vari oggetti che proiettano le loro ombre sul fondo della caverna. Per i prigionieri le ombre che vedono sono la realtà; se uno di essi fosse liberato e costretto a voltarsi e ad uscire dalla caverna, sarebbe abbagliato dalla luce del sole e proverebbe dolore, tuttavia a poco a poco si abituerebbe, potrebbe vedere i riflessi delle acque, poi gli oggetti reali, gli astri ed infine il sole. Tornando nella caverna dovrebbe riabituare gli occhi all'oscurità, e sarebbe deriso dai compagni; se volesse convincerli a seguirlo lassù, lo ucciderebbero. Questo mito può essere interpretato con differenti chiavi di lettura:
L'anima è come un mostro mitologico, formato dall'unione di un uomo, un leone, ed un mostro policefalo; giustizia si ha quando l'uomo, anima razionale, alleato col leone, anima irascibile, tiene a freno il mostro policefalo, anima appetibile. Viceversa si ha l'ingiustizia, quando l'uomo è succube del mostro policefalo.
Glauco era un pescatore della Beozia che, dopo aver fatto un bagno in una fonte magica, si inabissò in mare diventando una creatura marina capace di profetizzare il futuro. Noi non dobbiamo contemplare l'anima mista ad altri mali, poiché sarebbe irriconoscibile, come Glauco dopo la trasformazione.
Er, figlio di Armenio, era un valoroso
guerriero dell'Asia minore; morto in battaglia, il cadavere venne recuperato
dopo dieci giorni ancora incorrotto, al dodicesimo giorno, poco prima del rogo
funebre, il cadavere si risvegliò, e prese a narrare cosa aveva visto. Uscita
dal corpo l'anima era arrivata nel mondo delle idee, in un luogo dove vi erano
quattro voragini, due in cielo e due in terra; in mezzo sedevano dei giudici
che, giudicata ogni anima, indirizzavano i giusti per la voragine destra del
cielo e gli ingiusti per quella sinistra della terra; dalle altre voragini
affluivano altre anime, sporche e lacere da sottoterra, linde e pulite dal
cielo.
Le anime si scambiavano notizie sui fatti del mondo mentre Er veniva
informato che, dopo la morte, si trascorreva un periodo pari a dieci volte la
propria vita (1000 anni, perché la durata dalla vita perfetta è di 100 anni) a
scontare il decuplo delle pene commesse, o a gioire per il decuplo del bene
fatto. Per gli empi, gli irrispettosi nei confronti dei genitori e gli
assassini, vi è una pena aggiuntiva: venivano scuoiati e trascinati su piante di
aspalato; inoltre se si avvicinavano all'uscita, erano terrorizzati da un grande
muggito. Le anime che dovevano reincarnarsi venivano condotte in un altro luogo,
da dove si scorgeva l'asse dell'universo; vi era sospeso per aria, il fuso di
Ananke, dea della Necessità Naturale, tutto di diamante; attorno ad esso
giravano otto fusaioli (semisfere con l'apertura rivolta verso l'alto)
concentrici, ognuno corrispondente ad un pianeta e colorato (gli astrologi
babilonesi avevano attribuito un colore ad ogni pianeta); da ogni fusaiolo una
sirena emetteva un'unica nota; le otto note, unite a quelle delle tre Moire,
Lachesi, Cloto ed Atropo, formavano un'armonia che poteva essere udita dai
filosofi. Le anime, arrivate da Lachesi, dovevano scegliere il paradigma della
vita desiderata, tra i tanti che giacevano per terra, più delle anime presenti.
I paradigmi erano di vite umane ed animali, e ciascuno sceglieva secondo le
inclinazioni della vita precedente; l'ordine delle anime era scelto a sorte. La
filosofia permette di scegliere con cura una vita giusta e felice; il primo,
un'anima proveniente dal cielo, sceglie la vita di un tiranno, poiché la virtù
se fondata su temperanza e coraggio ma non sulla saggezza, non aiuta nella
scelta: l'anima di Orfeo sceglie la vita di un cigno, Aiace una da leone,
Agamennone una da aquila, Atalanta una da atleta, Ulisse compie la scelta
migliore e prende la vita di un uomo qualunque. Successivamente le anime
confermavano la loro scelta e la trama del destino era filata.
Le anime erano
quindi condotte in una pianura calda e assolata, sulle rive del fiume Atlete:
gli stolti, assetati, bevevano molto e dimenticavano tutta la loro vita passata,
i filosofi, guidati dalla ragione, non bevevano, in tal modo mantenevano il
ricordo, solo un po' sopito, del mondo delle idee.