La scomposizione psicoanalitica della
personalità operata da Freud, dopo aver scoperto l'Inconscio ed i modi per
accedere ad esso, è una "Teoria generale della Psiche". La Psiche è una
unità complessa ed intimamente conflittuale. Ci riferiamo alla "seconda topica",
quella elaborata dopo il 1920, che distingue tre fluide, fluttuanti regioni
psichiche: l'Es, il Super-io, l'Io. L'Es ( pronome neutro di terza persona
singolare nella lingua tedesca), ovvero l'Inconscio, è il polo pulsionale della
personalità, la forza impersonale e caotica, il "calderone di impulsi
ribollenti", che costituisce la matrice originaria della psiche. Esso non
conosce né il bene né il male, è amorale, obbedisce unicamente "all'inesorabile
principio del piacere", è al di là dello spazio e del tempo (in quanto
costituito da pulsioni rimosse che vivono in una sfera aspaziale ed atemporale),
ed ignora le leggi della logica, a cominciare dal principio di
non-contraddizione (in esso impulsi contraddittori sussistono uno accanto
all'altro, senza annullarsi a vicenda). Il Super-io è ciò che comunemente
definiamo come coscienza morale, è l'insieme delle regole e delle proibizioni
inculcate dai genitori e dagli educatori nei primi anni di vita dell'uomo e che
ci accompagnano sempre, anche in forma inconsapevole. Esso può essere più o meno
rigido. Ed è il principale responsabile della rimozione, oltre che il regolatore
dei rapporti tra l'Es e l'Io (rimuove pulsioni o consente il riaffiorare del
rimosso). L'Io, la coscienza, è la parte organizzata, razionale della
personalità, che si trova a fare i conti con tre "severi padroni": l'Es, il
Super-io, il mondo esterno. E lotta per "stabilire l'armonia tra le forze e gli
impulsi che agiscono in lui e su di lui". Normalità o disturbo della personalità
e del comportamento dipendono dal rapporto che l'Io ha con i suoi padroni, ma
soprattutto dalla tipologia del Super-io. Scrive Musatti (illustre psicoanalista
italiano): "Nell'individuo normale l'Io riesce abbastanza bene a
padroneggiare la situazione. E fornisce, agendo sulla realtà, parziali
soddisfazioni all'Es, senza violare in forma clamorosa gli imperativi e le
proibizioni che provengono dal Super-io. Ma se le esigenze dell'Es sono
eccessive, o se il Super-io è troppo debole, o troppo rigoroso e poco duttile,
allora queste soluzioni pacifiche non sono più possibili. Può in tal caso
accadere che l'Es abbia il sopravvento e travolga un Super-io troppo debole, e
l'Io è condotto allora a comportamenti asociali o proibiti: il soggetto diventa
un delinquente o un perverso. Oppure può accadere che il Super-io troppo rigido
provochi la rimozione, o altri processi di difesa; le istanze dell'Es divenute
inconsce si manifestano allora con sintomi nevrotici".
Dalla
individuazione e descrizione dei fenomeni di resistenza (blocco delle
associazioni libere, transfert negativo, atti mancati come dimenticanze,
distrazioni, lapsus) ma anche dall'analisi dei sintomi nevrotici e
dall'interpretazione dei sogni, Freud giunse a formulare una delle pietre
miliari della dottrina psicoanalitica: la "Teoria della rimozione". In
questo modello esplicativo, l'amnesia non è più vista come un processo passivo,
ma come un processo attivo, in cui una barriera energetica viene opposta alla
libera circolazione del ricordo. "Gli isterici semplicemente non sanno ciò che
non vogliono sapere". Tanto la dimenticanza che il ricordo sono tendenziosi. La
rimozione è un'operazione psichica alla quale si oppone il lavoro
psicoanalitico. Essa non soltanto produce il vuoto dell'amnesia, ma più spesso
lo ammanta con vividi colori di un altro ricordo, che ha la funzione di
copertura di ciò che si vuole dimenticare. Freud cita, in proposito, un ricordo
della sua infanzia, rievocato in autoanalisi, nel quale rammenta di aver
strappato di mano ad una bambina un mazzo di fiori gialli. Apparentemente il
ricordo sembra insignificante, ma la scomposizione e ricomposizione analitica
dei suoi elementi lo collegano ad un episodio successivo: il primo innamoramento
adolescenziale nei confronti di una coetanea con un vistoso abito giallo.
L'accostamento che si produce tra i due ricordi, tramite il colore giallo,
rivela la funzione di copertura del primo, dove strappare i fiori di mano sta
per deflorare, fantasia a carattere sessuale, inaccettabile dalla coscienza e
pertanto rivestita con contenuti mnestici più neutrali. Ma lo spostamento così
avvenuto si avvale di un anello associativo (il giallo) che permette di
decostruire il lavoro psichico inconscio e rilevarne gli effetti: un innocente
ricordo infantile è posto a copertura di un'inaccettabile fantasia
adolescenziale.
Ne "L'interpretazione dei sogni", Freud individua il sogno
come un "appagamento camuffato di un desiderio rimosso". All'interno del sogno
c'è un "contenuto manifesto" (la scena onirica così come viene vissuta dal
soggetto) ed un "contenuto latente" (il desiderio censurato). Il contenuto
manifesto è niente altro che la forma elaborata, travestita, simbolica, in cui i
desideri latenti si manifestano sotto l'effetto della censura. L'interpretazione
psicoanalitica consiste nel ripercorrere a ritroso il processo si traslazione
del contenuto latente in quello manifesto, al fine di cogliere i messaggi
segreti dell'Es. In "Psicopatologia della vita quotidiana", invece, prende in
esame quei contrattempi della vita di tutti i giorni, che prima di lui si era
soliti attribuire al caso. In base al determinismo psichico, essi hanno sempre
un preciso significato: sono anch'essi manifestazione camuffata dell'Inconscio,
ma nella forma di un compromesso tra intenzione cosciente e pensieri inconsci.
Così come i lapsus (apprezzare la "spogliatezza" di un'attrice in luogo della
"spigliatezza", per es.), gli atti mancati (dimenticare certi nomi o smarrire
certi oggetti) sono associati a sentimenti spiacevoli o non confessabili. In
ogni caso, nella nevrosi come nella normalità, gli impulsi rimossi sono sempre
di natura sessuale. È per questo che Freud pone al centro della sua analisi
della psiche la "Teoria della sessualità". Abbiamo già parlato della concezione
pre-freudiana della sessualità, per la quale erano inspiegabili tutte le
tensioni psicosessuali differenti dal coito, come la sessualità infantile
(pre-genitale), la sublimazione (trasferimento di una carica originariamente
sessuale su oggetti non sessuali, come il lavoro, l'arte, la ricerca
scientifica, ecc.), ma anche e soprattutto le perversioni (attività sessuali che
perseguono il piacere indipendentemente dal fine riproduttivo). Riguardo a
queste ultime è da notare che Freud usa il termine in funzione puramente
descrittiva, senza alcuna connotazione valutativa, mettendo profondamente in
discussione il concetto di "normalità sessuale" (si pensi alla masturbazione, il
voyeurismo, l'esibizionismo, l'omosessualità, per esempio), ed ampliando il
concetto di sessualità, anzi "rifondandone il concetto stesso", sino a vedervi
un'energia suscettibile di dirigersi verso le mete più diverse ed in grado di
investire gli oggetti più disparati.
Energia che Freud chiamò "Libido",
un'energia "nomade", caratterizzata da un flusso migratorio localizzato di volta
in volta, in corrispondenza dello sviluppo fisico, in alcune parti del corpo,
dette "zone erogene", ovvero generatrici di piacere erotico. In quest'ottica, il
bambino non è più un "angioletto asessuato", ma un "essere perverso polimorfo",
perverso perché capace di perseguire il piacere indipendentemente da scopi
riproduttivi, e polimorfo perché lo persegue mediante i più svariati organi
corporei. Freud distingue tre fasi dello sviluppo psicosessuale, ciascuna delle
quali è caratterizzata da una specifica zona erogena: la fase orale, la fase
anale, la fase genitale.
La fase orale (da 0 a 1 anno e mezzo) ha come zona erogena la bocca ed è connessa con il poppare. In questa fase il bambino trae piacere dall'incorporare ciò che è buono e dallo sputare ciò che non lo è, sia esso il cibo (importanza del seno materno, che non ha solo una funzione di nutrimento fisico, ma anche erotico-affettivo; c'è un "seno buono" ed un "seno cattivo"), un dito, un oggetto. Un vissuto non pienamente soddisfacente in fase orale, comporta - senza parlare di traumi e di conseguenti nevrosi - abitudini comportamentali successive che possono essere ricondotte ad esso: per esempio il fumare o mangiarsi le unghie o l'alterazione del comportamento alimentare.
La fase anale (da 1 anno e mezzo a 3 anni) ha come zona erogena gli sfinteri (anale, ma anche urinario) ed è collegata con le funzioni escrementizie, che per il bambino sono di particolare interesse e piacere. Nel periodo dell'educazione sfinterale, trattenere o espellere costituisce uno scambio amoroso, un dono che il bambino fa alla madre, soddisfacendone le aspettative. Si tratta anche di un modo per attirare l'attenzione su di sé (sia in positivo, che in negativo se si pensa alla "regressione" del primogenito che rifà la pipì a letto dopo la nascita del fratellino). Il vissuto in fase anale influenza il carattere adulto comportando la tendenza ad essere prodigo o avaro.
La fase genitale ha come zona erogena i genitali e si articola in due sottofasi: la fase fallica (da 3 a 5 anni) e, dopo un "periodo di latenza" (durante il quale gradualmente l'energia libidica si indirizza al primato delle zone genitali), la fase genitale in senso stretto (che inizia dopo la pubertà). La fase fallica è così chiamata per due motivi:
La fase fallica è caratterizzata, oltre che
dal complesso di castrazione, dal "complesso edipico". Esso consiste in
un "attaccamento libidico" verso il genitore di sesso opposto ed in
atteggiamento ambivalente verso il genitore dello stesso sesso, con componenti
positive di affettuosità e tendenza all'identificazione e componenti negative di
ostilità e di gelosia. Questa fase è la più delicata ed importante, perché, a
secondo della sua risoluzione o meno, determina la futura strutturazione della
personalità. Questa fase il bambino non distingue ancora tra realtà fattuale e
vissuto fantastico, perciò la relazione seduttiva nei confronti del genitore di
sesso opposto assume caratteri di particolare importanza, ed un eventuale trauma
può segnare definitivamente lo sviluppo dell'identità personale. È importante
ricordare quanto in questa fase sia determinante l'atteggiamento dei genitori,
che influenza positivamente o negativamente la risoluzione del complesso
edipico. Ne "L'introduzione alla Psicoanalisi", Freud scrive in proposito:
"Si vede facilmente che il maschietto vuole avere la madre soltanto per sé,
avverte come incomoda la presenza del padre, si adira se questi si permette
segni di tenerezza verso la madre e manifesta la sua contentezza quando il padre
è assente. Spesso dà diretta espressione verbale ai suoi sentimenti, promette
alla madre che la sposerà... Quando il piccolo mostra la più scoperta curiosità
sessuale per la madre, quando pretende di dormirle accanto la notte, insiste per
essere presente alla sua toelette o intraprende tentativi di seduzione, la
natura erotica del legame è garantita contro ogni dubbio... Quanto alla femmina,
il complesso edipico si configura in modo del tutto analogo, con le necessarie
varianti. L'attaccamento affettuoso al padre, la necessità di eliminare la madre
come superflua e di occuparne il posto, ed una civetteria che mette già in opera
i mezzi della futura femminilità, contribuiscono a dare della bambinetta un
quadro incantevole, che ci fa dimenticare il lato serio e le possibili gravi
conseguenze che giacciono dietro questa situazione infantile. Non trascuriamo di
aggiungere che spesso gli stessi genitori esercitano un'influenza decisiva sul
risveglio dell'atteggiamento edipico del bambino, abbandonandosi anch'essi
all'attrazione sessuale e, nel caso vi sia più di un figlio, anteponendo nel
modo più evidente nel proprio affetto il padre la figlioletta e la madre il
figlio".
Occorre ancora rilevare la duplicità di aspetti del complesso
edipico: 1) attrazione per il genitore di sesso opposto (che cade sotto il tabù
dell'incesto); 2) attrazione per il genitore dello stesso sesso (che cade sotto
il tabù dell'omosessualità).
Ma ora richiamiamo alla memoria la tragedia di
"Edipo Re", nella drammatizzazione di Sofocle. Laio, re di Tebe, per sfuggire
alla profezia che gli aveva predetto un erede che avrebbe ucciso il padre e
sposata la madre, ordina ad un servo di uccidere suo figlio Edipo. Ma il servo,
impietosito, abbandona il piccolo alle pendici del monte Citerone. Il bimbo
viene trovato da un pastore, che lo porta al re di Corinto, il quale lo adotta
come suo figlio. Edipo giovinetto, ignorando la sua vera nascita ed insospettito
dai lazzi dei suoi coetanei, si reca al santuario di Apollo, dove apprende la
profezia. Per sottrarsi al destino, lascia Corinto e si reca a Tebe. Durante il
viaggio viene a diverbio, per motivi di precedenza, con un anziano passante
accompagnato da una scorta reale, e lo uccide. Giunto alle porte di Tebe, viene
fermato dalla Sfinge, un essere metà uomo e metà bestia, che gli impone la
soluzione di un enigma, pena la morte. Edipo risolve il quesito e la Sfinge
sconfitta si uccide, mentre le porte della città si aprono davanti a lui. Quale
vincitore, viene offerto ad Edipo la mano della regina Giocasta, rimasta vedova
di Laio, misteriosamente rimasto ucciso con la sua scorta. I due si sposano e
vivono felici generando quattro figli, finchè una terribile pestilenza devasta
Tebe. Interrogato, l'oracolo di Delfi risponde che la città sarà salva solo
quando sarà da essa scacciato l'assassino di Laio. Edipo, ignaro di aver
compiuto il suo destino, chiede aiuto all'indovino Tiresia e scopre di essere
l'assassino del padre e l'amante della madre. Preso dall'orrore si acceca,
mentre Giocasta si toglie la vita. La tragedia mette in scena, congiuntamente,
l'esaudimento del desiderio (sposare la madre ed uccidere il padre) con
l'interdizione (la cecità e la morte).
Nell'interpretazione freudiana, ciò
che è rappresentato come tentativo di uccisione da parte del padre (l'abbandono
del neonato) viene vissuto nell'immaginario del bambino come paura di
castrazione (il pene, zona erogena della fase fallica, è la parte che
rappresenta il tutto), tanto da indurre il bambino ad abbandonare l'impari
contesa col padre, cioè rimuove il complesso edipico ("Il tramonto del complesso
edipico", 1924). Così gli investimenti oggettuali abbandonati vengono sostituiti
dalle "identificazioni". Il bambino si identifica con il rivale, lo introietta,
costruendo il nucleo del Super-io, l'istanza psichica che rappresenta il sistema
di valori e di divieti introiettato, e che risulta erede del conflitto edipico.
Tale sistema etico non si forma tanto ad immagine dei genitori, quanto ad
immagine del loro Super-io, rappresentando quindi la continuità delle
generazioni.
È da notare che Freud ritiene che divenire adulti significa aver
"ucciso" il padre, vale a dire aver sviluppato un'autonomia morale. Ma il
percorso del superamento di una morale eteronoma col raggiungimento di una
morale autonoma è lungo, ed ha bisogno di ulteriori identificazioni con figure
"educative", gli insegnanti in primo luogo (ed è durante il periodo di latenza
che il bambino è particolarmente educabile).
L'intera società concorre alla
"disedipizzazione" del bambino attraverso le sue istituzioni, quali
l'autorità politica, la religione, l'istruzione e la cultura, così che sia
possibile la "sublimazione", la neutralizzazione del desiderio originario con lo
spostamento del potenziale energetico libidico su altri oggetti, socialmente
accettabili. Nell'ultimo periodo della sua vita Freud si è anche espresso su
temi più generali, quali la Religione e la Civiltà, in particolare in
"Totem e tabù", "L'avvenire di un'illusione", "Il disagio della civiltà", "Mosè
ed il monoteismo". Il discorso meriterebbe maggior spazio, ma sinteticamente
potremmo dire che egli considera la religione come un appagamento di desideri
infantili: la figura di Dio, Padre ultraterreno amato e temuto, è la proiezione
dei rapporti ambivalenti con il padre terreno. Quanto alla civiltà, essa è una
sorta di Super-io che devia l'energia libidica verso la ricerca del piacere in
prestazioni sociali e lavorative, richiedendo perciò un inevitabile "costo
pulsionale". L'ultimo Freud riconosce nell'essere umano, accanto alla pulsione
erotica, una pulsione di morte, una pulsione aggressiva e distruttiva. Pertanto,
ritiene che la società, pur se, in modo moderato, deve imporre regole e
sacrifici: il pessimismo realistico, maturato dopo l'avvento del nazismo, lo
induce a ritenere che la civiltà sia il male minore, una volta riconosciuto che
l'uomo è "una creatura tra le cui doti istintive è da annoverare un forte
quoziente di aggressività".
Nella lotta tra Eros e Thanatos, Freud vede
condensata tutta la storia del genere umano. Così, quando Einstein gli chiede se
sia possibile dirigere l'evoluzione psichica degli uomini in modo che essi
diventino capaci di resistere alla psicosi della distruzione e dell'odio, egli
risponde che non c'è speranza di sopprimere totalmente la tendenza aggressiva,
si può solo cercare di dominarla perché non trovi espressione nella
guerra.
In conclusione, ritornando al più volte
ribadito nesso tra teoria e prassi terapeutica, è opportuno porci un'ulteriore
domanda: "Quanto dura una terapia?". Per Freud l'analisi è
"interminabile": può avere un fine prestabilito (la guarigione del corpo
psichico) ma non una fine predeterminata. Infatti, il soggetto (in quanto Io)
può interrompere la terapia o prolungarla all'infinito. L'Io è spesso "alleato
infido", in quanto i suoi meccanismi di difesa (poi studiati approfonditamente
da Anna Freud) sono insieme fisiologici e patologici: il rifiuto del paziente di
abbandonare il sintomo deriva dal fatto che il sintomo ha una funzione di
soddisfacimento sostitutivo del desiderio, della spinta pulsionale, ed il suo
abbandono implicherebbe frustrazione. Infine: "Quali sono le modalità della
terapia freudiana?". Per Freud, il primo passo nell'intraprendere una
terapia analitica sarà quello di accettare il paziente in via provvisoria, per
sondare l'opportunità di affrontare un trattamento del quale non si possono
fissare anticipatamente la durata ed il costo complessivo. Ovviamente, occorrerà
non stabilire coi pazienti e con i loro familiari rapporti di amicizia, o
comunque relazioni sociali. Quanto al tempo, sarà necessario un legame serrato e
costante. Freud soleva dedicare a ciascun paziente un'ora al giorno, e riteneva
estremamente importante farsi retribuire anche le ore inutilizzate, onde evitare
eventuali forme camuffate di resistenza al trattamento. Quanto al denaro, esso
è, oltre che fonte di guadagno e di sussistenza per l'analista, un mezzo per
evitare di stabilire legami di dipendenza e di gratitudine che ostacolerebbero
la positiva risoluzione del transfert ("Se paghi sei motivato". E i non
abbienti? Di solito, sostiene Freud, hanno problemi materiali tali che
difficilmente sviluppano nevrosi).
Nel setting, il paziente è sdraiato su un
lettino, in posizione di abbandono. Il terapeuta è alle sue spalle. Vietato
guardarsi, così che il discorso si stacchi dallo scambio intenzionale e
reciproco tra emittente e ricevente e divenga autonomo rispetto
all'individualità di chi lo pronuncia, così da poter fluttuare in un altro
ambito, quello dell'Inconscio, appunto. Compito del paziente è dire, quello del
terapeuta ascoltare, senza selezione alcuna. Talvolta, l'analista prende
appunti, ma tale pratica, pur essendo utile sul piano teorico, non ha alcuna
efficacia terapeutica, anzi. Scrive Freud, in proposito: "Si tratta di una
particolare comunicazione: quella tra due Inconsci, per cui l'analista deve
rivolgere il proprio Inconscio come organo ricevente verso l'Inconscio del
paziente che trasmette, deve disporsi rispetto all'analizzato come il ricevitore
del telefono rispetto al microfono trasmittente". Per esemplificare tale
rapporto, egli utilizza la metafora della "potenza virile", secondo la quale
l'uomo può sì generare, ma non senza una donna, e non fa che avviare un processo
estremamente complicato, che si conclude con il distacco del bambino dalla
madre.
L'Io mette in atto meccanismi di difesa in funzione di equilibrio in relazione a tre fattori:
I meccanismi di difesa hanno due diverse valenze funzionali:
Oltre alla "rimozione" (che ricordiamo essere cosa del tutto diversa dalla "repressione", che è operazione dell'Io, e quindi cosciente), Anna Freud classifica altri meccanismi di difesa, che qui analizziamo nel loro aspetto fisiologico, non in quello patologico: