Destra hegeliana: sostiene
Hegel su due punti: lo Stato (quello prussiano come modello) e la religione
(quella cattolica dove si ha la massima spiritualità e poteva essere espressa
attraverso la filosofia).
Sinistra hegeliana (Marx e
Feuerbach): era atea (anche se ammettono che l’uomo ha bisogno di Dio per
natura) e voleva ribaltare lo stato prussiano.
Marx critica Hegel
fondamentalmente per due ragioni:
perché subordina la società civile allo
Stato
perché inverte il soggetto col predicato
(“Come non è la religione che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea la
religione, così non la costituzione crea il popolo, ma il popolo la
costituzione”).
Marx critica la Sinistra
hegeliana: perché nella sua critica verso Hegel tengono separata la teoria
dalla prassi, insomma tutta teoria, ma niente pratica.
Marx critica la Destra
hegeliana: perché appoggiava Hegel.
Marx critica gli economisti
classici: perché essi affermano che le cose vanno in un modo, ma non ci
dicono perché, quindi non si pongono neanche il problema del cambiamento. Marx
vuole eliminare la proprietà privata che avvantaggia il capitalista nei
confronti dell’operaio che vede alienato, espropriato il proprio lavoro.
Marx critica il socialismo
utopistico: perché critica il capitalismo, ma non sa trovare una via
d’uscita al problema applicabile nel mondo reale e così facendo cadono nella
conservazione. Marx propone un altro tipo di socialismo di tipo “scientifico”
che avrebbe scoperto la legge di sviluppo del capitalismo e che quindi può
scardinare il sistema dall’interno al fine di instaurare la dittatura del
proletariato.
Il compito principale della filosofia al
servizio della storia è quello di smascherare l’alienazione dell’uomo.
Marx critica la religione:
perché è “l’oppio del popolo” nel senso che quando la società classista
proibisce lo sviluppo e la realizzazione della loro umanità, gli uomini
alienano il loro essere proiettandolo in un Dio immaginario. La religione non
è altro quindi che un prodotto sociale.
L’alienazione del lavoro:
l’operaio è una merce nelle mani del capitalista; il lavoro è esterno
all’operaio, è soltanto un mezzo per soddisfare i bisogni estranei, e
l’operaio diviene tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce.
Nel suo lavoro l’operaio non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto
ma infelice, sfinisce il suo corpo e il suo spirito.
Materialismo storico: è la
teoria stando alla quale la struttura economica determina la sovrastruttura
delle idee; non è la coscienza degli uomini a determinare il loro essere, ma
al contrario, è il loro essere sociale a determinare la loro coscienza. La
storia vera è quella degli individui reali, della loro azione per trasformare
la natura e delle loro condizioni materiali.
Materialismo dialettico: ogni
momento storico genera nel suo seno la contraddizione tra oppressori ed
oppressi, contraddizione il cui esito inevitabile è di volta in volta il
superamento dello stato di cose esistente. La storia di ogni società è sempre
storia di lotta fra classi, e nel caso specifico tra il proletariato e la
borghesia.
Il proletariato: classe dei
salariati che per vivere sono ridotti a vendere la loro forza lavoro.
La borghesia: classe dei
capitalisti che sorta all’interno della società feudale, ne era la
contraddizione e l’ha superata; essi investono denaro (D) per l’acquisto di
merce (M) con la quale si ricaverà un capitale maggiore (D1).
Capitale costante: mezzi
produttivi e materie prime.
Capitale variabile: forza
lavoro.
Valore d’uso: si basa sulla
qualità della merce, la quale, proprio grazie alla sua qualità, soddisfa un
bisogno piuttosto che un altro.
Valore di scambio: è dato
dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrre quella
determinata merce.
Plusvalore: è quella parte del
prodotto creato dall’operaio con il lavoro che il capitalista non paga e che
va ad accrescere il suo capitale. Se per esempio il proletario lavora dodici
ore e in sei ore produce tanto da coprire quanto il capitalista spende per il
salario, il prodotto delle altre sei ore di lavoro è valore di cui si
appropria il capitalista. Questo è il plusvalore (differenza tra D1 e D).
Da ciò crescerà la ribellione nella classe
operaia che sempre più unita e organizzata determinerà la fine del capitalismo
con la rivoluzione e dopo una prima fase di dittatura del proletariato vi sarà
l’avvento del comunismo: società senza proprietà privata e quindi senza classi
e senza Stato.