+
Pio VIII
Coelestis Agricola


1. Il celeste Agricoltore – affidando alla Nostra umiltà l’eletta vigna di Cristo (acquisita con il Suo sangue), nella quale Cristo è l’unica, vera vita e i cui tralci sono tanti quanti sono i fedeli vivificati dalla Sua grazia – Ci ha imposto risolutamente di mondare tutti i tralci fruttiferi e fecondi affinché rechino maggior frutto, e di potare, recidere e sradicare con giusto e meditato rigore quelli che non danno frutto. Pertanto, nell’obbedire agli obblighi del Nostro servizio, e nel rivolgere gli occhi della Nostra mente a tutta intera la vigna del Signore, per quanto largamente si estende, in modo che nessuna distanza possa sottrarre alla Nostra sollecitudine tutte le nazioni che esistono nell’orbe terracqueo, abbiamo saputo, non senza estrema amarezza dell’animo Nostro, che il regime ecclesiastico ormai soggiace ad assai gravi sconvolgimenti (con grande nocumento per le anime) in codesti territori dell’America Occidentale che chiamano Stato di San Salvador e che costituiscono parte della Diocesi Guatemalteca.

2. Risulta infatti che in tempi recenti, da parte dei reggitori di codeste regioni, col pretesto di venire incontro alle esigenze spirituali dello Stato di San Salvador, è stato deciso di erigere una nuova sede episcopale nella stessa città di San Salvador (e il loro decreto lo conferma) e si è giunti al punto di proclamare vescovo in siffatta nuova sede un certo Mattia Delgado, che esercitava la funzione di parroco in codesta regione. E poiché non si poteva passare sotto silenzio e ignorare questo attentato, compiuto con gesto sacrilego, che non solo calpesta i diritti della Sede Apostolica e quasi sovverte la disciplina generale della Chiesa, ma incoraggia anche un turpe scisma con evidente rischio per la salvezza eterna dei fedeli in Cristo, il Nostro Predecessore Papa Leone XII di felice memoria ordinò tosto all’Arcivescovo del Guatemala di annunciare, in nome e con l’autorità della Sede Apostolica, allo stesso parroco Mattia Delgado e, se necessario, alle stesse autorità civili, la totale riprovazione per simili atti nefandi e l’invito all’intruso parroco a risollevarsi dal baratro in cui era precipitato. Ordinò di esortarlo a riparare allo scandalo e ad implorare la misericordia di questa Santa Sede così che essa non fosse costretta, suo malgrado, a rivolgere contro di lui i provvedimenti previsti dalla severità dei sacri canoni e dal magistero del supremo Pastore. In verità il predetto Arcivescovo, per non sottrarsi al dovere pastorale, al compito di tutelare i diritti episcopali e al pericolo incombente sul suo gregge, non aveva omesso tutti gli atti di riprovazione, di rimprovero e di reprimenda usando molta pazienza e dottrina; tuttavia con maggior zelo rinnovò e perfezionò quegli atti, in nome e con l’autorità della Santa Sede, esortando il predetto parroco a ravvedersi una buona volta e a ritornare a più sani propositi; ma costui rifiutò di dare ascolto alla voce del suo Pastore e non cedette né agli ammonimenti, né alle esortazioni, né alle minacce che a lui furono rivolte in nome e con l’autorità del Vicario di Cristo, facendo ricorso a futili e indegni cavilli per confermarsi più caparbiamente nello spirituale ministero di cui si era appropriato.

Pertanto la questione era giunta a tal punto che, per la grande notorietà di questo crimine e per la grande pervicacia dello stesso parroco, non apparve nessuna speranza di correzione e di resipiscenza, per cui s’impose la necessità di reprimere il nefasto scisma nei suoi primordi, affinché non si diffondesse ulteriormente il suo velenoso scandalo e, stabilite le pene contro gli ostinati in base alle sanzioni canoniche, si potesse procedere contro di lui con meritato rigore di legge.

3. Ma il sunnominato Nostro Predecessore Papa Leone XII di felice memoria, considerando anzitutto la grande misericordia di Dio che soccorre i peccatori con molta pazienza, né vuole che essi periscano, aderendo al sistema penitenziale di questa apostolica Sede Romana che è solita usare più la mitezza che non il rigore nel richiamare perfino i figli ostinati, preferì sperimentare più a lungo se fosse possibile, con una nuova dimostrazione di longanimità e di pazienza, ricondurlo alla buona messe. Pertanto, con una lettera spedita nel dicembre 1826, volle deporre nelle sue mani una nuova testimonianza della propria smisurata, paterna carità, e allo stesso parroco espose seriamente e direttamente l’enormità del peccato in cui si era involto e lo esortò severamente a far penitenza e a porre riparo allo scandalo, fissandogli il perentorio termine di cinquanta giorni, a partire da quello in cui gli era stata consegnata la lettera. Trascorso tale termine senza che dallo stesso fosse stata fornita alcuna soddisfazione alla Chiesa, e fosse stata compiuta alcuna penitenza per un delitto così grave, e fosse rimasto immutato il suo comportamento, il Pontefice minacciò che avrebbe emesso contro di lui sentenza di scomunica, lo avrebbe dichiarato escluso dalla comunione con la Chiesa e lo avrebbe considerato pervicace scismatico, e perciò da evitare.

4. Quale persona sana di mente, turbata almeno dalle paterne ammonizioni del Vicario di Gesù Cristo, non avrebbe provato sgomento per una pena così temibile e per una folgore così terribile? Tuttavia colui non si ravvide affatto: una sorta di furia diabolica; la superbia dell’animo e la durezza del cuore sembravano convincerlo a sostenere e a consumare ostinatamente il crimine. Infatti abbiamo appreso da fonte sicura, confermata da documenti irrefutabili, che il predetto parroco Mattia Delgado, per nulla turbato da quella lettera, con ancor maggiore ostinazione si dedicò al ministero spirituale che aveva usurpato, al punto di arrogarsi quei diritti che sono riservati alla suprema autorità pontificia; diritti che, come voi sapete, diletti figli, sono stati da lui temerariamente violati, per cui non occorre indugiare ad enumerarli ed a spiegarli. Siccome egli ogni giorno di più si fa sordo nello scisma nefando, né rinuncia a precipitare nell’abisso né a macchiarsi ogni giorno di nuove scelleratezze; poiché si manifesta nemico della pace ecclesiastica e della unità, poiché, richiamato dalla suprema minacciosa diffida del padre di famiglia o dissuaso dalla pubblica esecrazione dei buoni, non ha abbandonato la via della iniquità, ché anzi con maggior pervicacia insiste e persevera nella stessa via che a suo tempo ha imboccato, non vi può più essere altro spazio per la moderazione, la mansuetudine e la clemenza. Deve quindi essere adempiuto quel precetto evangelico: "Se non avrà dato ascolto alla Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano".

Anche lo stesso apostolo Paolo, sapendo che poco lievito fa fermentare tutto il mucchio, decise che un Corinzio fosse rimosso dalla schiera dei fedeli e fosse consegnato a Satana per la rovina della sua carne, affinché lo spirito potesse ottenere la salvezza nel giorno del Signore Nostro Gesù Cristo. Se l’enormità di questo crimine, che neppure si riscontra fra i pagani, ha meritato a buon diritto tanta severità di giudizio, dovrebbe ricevere una condanna minore colui che ha osato strappare la stessa inconsutile tunica di Cristo? O chi, non entrando per la porta nell’ovile di Cristo, ma penetrando per altro varco al fine di rapire, sgozzare e uccidere le pecore, secondo le parole del divino Maestro non sarebbe da considerare come un ladro e un grassatore, e non sarebbe da espellere e da cacciare lontano dallo stesso ovile? Magari Noi potessimo fare a meno della verga che Ci fu affidata, nella persona del beato Pietro, dal Principe dei pastori per correggere e punire le pecore ostinate nella perdizione, e per fornire agli altri un esempio e un salutare terrore insieme con la tutela di tutto il gregge del Signore! Fosse vero che questa pecora miseramente aberrante, ascoltando la voce del pastore, si mostrasse pronta a ritornare all’ovile di Cristo! Certamente nulla di più lieto e di più gratificante per Noi potrebbe accadere, sull’esempio del divino Pastore, che imporre con gaudio sulle Nostre spalle la pecora che si era smarrita e con essa riconciliarci! Ma, ahinoi! Dopo tanta arroganza e ribadita ostinazione, quale superstite speranza vi può essere che accadano questi fausti eventi? Pertanto incorreremmo in un’accusa di viltà e di ignavia, in quanto immemori di vigilare con zelo sul gregge del Signore, se non allontanassimo dall’ovile di Cristo la pecora infetta di lue; e dovremmo fondatamente temere l’accusa di aver applicato troppo tardi tale sanzione piuttosto che in modo avventato e precipitoso. Dunque la Nostra sollecitudine per l’incolumità della vostra salute spirituale, diletti figli, richiede ed esige giustamente, da parte Nostra, di essere solleciti nel rimuovere il pericolo di una avvelenata frode, di non trascurare alcunché nell’assiduo impegno di pascolare il gregge del Signore e di cacciare lontano e di mettere al bando un uomo perduto, affinché sotto mentite spoglie pastorali non inganni con i suoi intrighi il gregge di Cristo, e separandolo dall’ovile di Cristo lo sgozzi e lo sprofondi in un baratro di perdizione.

5. Perciò seguendo gli esempi e la tradizione dei Nostri Predecessori e delle sacre leggi, con il potere a Noi conferito dal cielo, dichiariamo l’istituzione di una sede episcopale nella città di San Salvador, diocesi di Guatemala, nel territorio dell’America Occidentale, operata contro le regole canoniche, offensiva verso l’autorità della Santa Sede, lesiva dei suoi diritti, ostile, incompatibile, illegittima, ìrrita e di nessun vigore; annulliamo, abroghiamo e annunciamo del tutto vana tale istituzione; condanniamo e annulliamo apertamente l’elezione e la nomina del parroco Mattia Delgado a vescovo di quella sede; definiamo e proclamiamo del tutto vani e di nessun peso e valore tutti gli atti giurisdizionali che per avventura egli abbia compiuto o si sia proposto di compiere in futuro. Inoltre, con l’autorità di Dio onnipotente, dichiariamo che il parroco Mattia Delgado – che con sacrilego gesto osò accettare la nomina a vescovo (da lui stesso accordata a sé) della sede predetta, e osò intromettersi nell’amministrazione e nella giurisdizione di quella parte della diocesi Guatemalteca contro il volere e malgrado l’opposizione del proprio Vescovo, contro le regole dei sacri canoni e contro i diritti di questa Santa Sede – e tutti coloro che ordinarono siffatti nefandi attentati od offrirono ad essi favore, consiglio, adesione e collaborazione, o personalmente o per mezzo di altri, sono incorsi nella maggiore scomunica, nelle censure e nelle pene ecclesiastiche inflitte dai sacri canoni, dalle costituzioni apostoliche e dai decreti dei concili generali, soprattutto di Trento e, se è necessario, di nuovo scomunichiamo e anatemizziamo lo stesso parroco Mattia Delgrado e tutti coloro che prestarono opera, consenso e autorità ad un tale esecrabile delitto; abbiamo stabilito, deciso e proclamiamo che egli sia segregato (o siano segregati) dalla comunione ecclesiale e, per di più, che siano ritenuti scismatico, o scismatici, e che siano da evitare. Parimenti incorreranno nella pena di perdere tutti i privilegi di qualunque natura e le grazie e gli indulti concessi loro a qualunque titolo, e non potranno essere assolti e liberati da siffatte censure da nessuno se non da Noi o dai Nostri Successori (fuorché in articulo mortis e allorché, ricadendo nelle stesse censure, nello stesso modo intenderanno guarire); inoltre saranno inabili e incapaci di conseguire il beneficio dell’assoluzione finché non ritratteranno, revocheranno, rinnegheranno e cancelleranno pubblicamente tutte le colpe di ogni genere, e finché non daranno adeguata soddisfazione alla Santa Chiesa e a questa Sede Apostolica su tutto quanto precede.

6. Poiché siamo costretti a sfoderare la spada della severità ecclesiastica, ricordiamo anche che Noi (sia pure con meriti del tutto inadeguati) facciamo le veci in terra di Colui che non distrugge la freccia agitata dal profeta vaticinante, e che ha dichiarato di volere la misericordia, e non il sacrificio, perché non venne a chiamare i giusti ma i peccatori; pertanto, imitando la sua misericordia, decidemmo di offrire al parroco Mattia Delgado e agli altri di cui si è fatta menzione una nuova testimonianza della Nostra pazienza: perciò sospendiamo l’effetto di questa Nostra sentenza per altri trenta giorni a partire dal giorno in cui essa sarà loro recata o di essa avranno notizia. Conseguentemente a nessuno sia consentito, entro il tempo prescritto, recare alcuna molestia a coloro cui questa lettera è rivolta; tuttavia comandiamo che i destinatari, non appena trascorso quel periodo di tempo, se non si ricrederanno e non daranno piena soddisfazione, essi e ciascuno di essi subiscano l’intero effetto della scomunica. Da quanto è detto, chiunque comprenderà che Noi Ci comportiamo in modo che, pur utilizzando severamente le pene che riserviamo ai figli reprobi ed ostinati, non ad altro miriamo che a conseguire la loro resipiscenza e il loro emendamento, così che possiamo compiacerci che si siano indotti a penitenza; perciò nell’umiltà del Nostro cuore, levando al cielo le Nostre mani, preghiamo con insistenza Dio perché conceda ad essi consapevolezza, e li ammaestri sulla via che percorrono.

7. D’altra parte, diletti figli, le Nostre cure e i Nostri pensieri sono sempre rivolti a voi, con il desiderio di concedervi qualche grazia spirituale per infondervi nuovo vigore. Anzitutto vi ammoniamo e vi esortiamo vivamente perché restiate saldi in quella vocazione a cui foste chiamati, ripudiando la frode di coloro che tentano di attirare a sé gli incauti; a voi infatti con severo ordine facciamo divieto di considerare e riconoscere il predetto parroco Mattia Delgado come vero pastore, di comunicare con lui per nessun motivo e meno che mai su questioni religiose o di ricevere i sacramenti da lui o dagli altri che da lui abbiano ricevuto falso e vano mandato. Certamente nessun annuncio potrà recare più lieto sollievo al Nostro dolore di quando sapremo che voi possedete, nella vostra invitta pietà e religione, un adeguato presidio contro la temerità e le arti subdole di lui; che voi procedete con cautela, non ascoltate la voce degli estranei, seguite il vero e legittimo Pastore; quindi vi esortiamo, anche in nome del Signor Nostro Gesù Cristo, perché ogni giorno di più operiate in modo che i corruttori comprendano che voi appartenete all’ovile di Cristo e al suo Vicario in terra, e siete impegnati nella edificazione della casa sopra salda roccia."Dio infatti (dice sant’Ireneo) giudicherà coloro che provocano scismi, che sono indifferenti, che non amano Dio e considerano più il proprio utile che l’unità della Chiesa; coloro che per lievi motivi di qualsivoglia natura straziano e smembrano il glorioso corpo di Cristo e per quanto sta in loro lo uccidono". Voi pertanto, indossando la corazza della verità cattolica e l’elmo della salvezza, opponete contro di essi lo scudo della fede e della religione, in modo che la forza e l’invitta costanza vostra appaiano più luminose. E perché ciò più felicemente possa avverarsi, a voi diletti figli, con grande affetto impartiamo la Benedizione Apostolica, congiunta a feconda copia di carismi celesti.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, sotto l’anello del Pescatore, il 7 luglio 1829, nel primo anno del Nostro Pontificato.


  Magistero pontificio - Copertina