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Pio VI
Cum nos superiori


1. Noi abbiamo visto, lo scorso anno, di giorno in giorno farsi più minacciosa la potenza dei nostri nemici, e la Chiesa Romana trascinata in tale situazione che Noi siamo costretti a temere tutto ciò che si riferisce al pericolo che si possa estinguere la sua libertà; tuttavia nulla paventiamo con tanta angoscia quanto (resasi vacante la Sede Apostolica dopo la Nostra morte) si possano con la forza o con tumulti impedire le assemblee che si dovranno tenere per eleggere il Nostro successore, o rendere del tutto inattuabile l’impegno di eleggere il nuovo Pontefice, o quanto meno opporre infiniti ostacoli al rapido compimento di un così solenne incarico. Pertanto, per far fronte a questo pericolo con quella efficacia che era nelle Nostre possibilità, con altra Nostra lettera sub plumbo del 30 dicembre dell’anno ventesimo terzo del Nostro Pontificato decretammo che fosse in potere della maggioranza dei Cardinali presenti radunarsi per la elezione del Pontefice nel luogo che ad essi fosse parso più opportuno, e concedemmo loro la facoltà sia di protrarre, sia di abbreviare, in caso di necessità, lo spazio di dieci giorni (prescritto dai Romani Pontefici Nostri predecessori, e soprattutto dal beato Gregorio X) che deve intercorrere dalla morte del Pontefice all’ingresso in conclave; tuttavia non abbiamo abrogato in nessuna parte le altre cerimonie solenni che sono prescritte dalle Costituzioni degli stessi Pontefici circa l’elezione del Romano Pontefice.

2. Noi non saremmo colpiti da vana paura di incombenti sciagure se davvero non avessimo visto prodursi contro la Chiesa Romana e la sua libertà fatti assai più gravi e detestabili di quelli che Noi temevamo. Infatti i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, ai quali esclusivamente spetta l’elezione del Romano Pontefice, o sono stati espulsi da Roma, o gettati in carcere, o deportati in luoghi diversi; il patrimonio del beato Pietro è stato saccheggiato; i beni delle Chiese sono stati svenduti; i monasteri, espulse le comunità dei regolari, sono stati destinati ad usi profani; sovvertita perfino la disciplina della Chiesa, non solo è stata violata l’immunità del sacerdozio ma anche ne è stata ristretta l’autorità e carpita la libertà. Noi stessi, che siamo garanti e custodi del patrimonio di San Pietro e che, sia pure con meriti inadeguati ma per volere del Signore, sovrastiamo alla universale Chiesa di Cristo e governiamo le sue sorti come successori in terra del beato Pietro, e siamo tenuti a difendere e a proteggere i violati diritti del sacerdozio, siamo stati cacciati dalla Sede Romana e costretti ad emigrare in terre straniere; rinchiusi in questo cenobio dei Certosini, non possiamo impedire tanti mali con l’autorità apostolica né protestare contro una sì grave repressione dei diritti sia umani che divini, ed anzi temiamo che da tanta empietà e violenza umana possano derivare mali ancor più gravi per la Chiesa e per tutta la Religione.

3. Tuttavia in tanti pericoli, Dio non venne meno alla sua Chiesa. Oltre che aver infuso nei Venerabili Nostri Fratelli tanta fermezza quanta era necessario accordar loro per sostenere con animo risoluto quelle infinite afflizioni che sono stati costretti a subire, Egli con il suo aiuto divino sostenne e guidò anche questa Nostra debole vecchiaia in modo che non solo sopravvivessimo a tanti mali inflitti alla Chiesa, ma che fossimo anche in grado di affrontare impavidi tanti affanni, forti della grazia celeste, e di provvedere almeno ai pericoli futuri della Chiesa, se non proprio ai presenti. E invero al nuovo corso dei tempi occorre adeguare un nuovo ordine di decisioni. A causa delle nuove sciagure che si abbatterono contro la libertà apostolica in questi nove mesi che si sono susseguiti, Noi vediamo non essere sufficienti quei rimedi che furono allora prescritti con la Nostra ricordata lettera per stornare i pericoli della elezione. Essendo infatti aumentate le difficoltà della Chiesa, i tempi richiedono nuove deroghe in modo che la elezione del Pontefice non sia turbata, proprio quando e ancor più a Noi si deve chiedere che il Romano Pontefice sia eletto con facilità e prontezza, e che sia eletto dopo aver celebrato le solenni cerimonie di rito di cui, soprattutto in questi tempi, non si può forse tenere alcuna considerazione.

4. Motu proprio, con sicura dottrina e nella pienezza del potere apostolico, soltanto in quelle assemblee che si terranno per prime allo scopo di eleggere il Pontefice dopo la Nostra morte e anche in quelle che tosto seguiranno finché (speriamo di no!) per nulla mutate in meglio le circostanze, muoia il Nostro successore senza aver promulgato una nuova legge sulla questione, vogliamo derogare e chiaramente ed espressamente deroghiamo non solo da quelle leggi che riguardano le assemblee da tenere nello stesso luogo dove è morto il Pontefice ma anche da tutte le cerimonie solenni e dalle consuetudini che non riguardano affatto la sostanza della elezione canonica e che nella elezione del Pontefice sono solitamente rispettate per la prescrizione e le norme dei Romani Pontefici e soprattutto per la Costituzione Ubi periculum del beato Gregorio X edita nel Concilio generale di Lione; per la Costituzione Ne Romani di Clemente V edita nel Concilio generale di Vienna; per la Costituzione Licet in constitutione di Clemente VI (anno 1351); Ad Romani Pontificis di Urbano VIII (1626); In eligendis di Pio IV (1562); per le due Costituzioni Aeterni Patris e Decet Romanum Pontificem di Gregorio XV (1621); per la Costituzione Apostolatus officium di Clemente XII (1732), e per la Nostra Christi Ecclesiae dello scorso anno (per tutto ciò che è contrario a quest’ultima); contemporaneamente sciogliamo e dichiariamo sciolti i Cardinali, tutti e singoli, da ogni vincolo di giuramento con cui si impegnarono a rispettare e a conservare tutte quelle norme nella elezione del Pontefice, sia nelle prime che nelle future assemblee, e fino a quando sia necessario soltanto per le assemblee immediatamente seguenti.

5. Inoltre ben comprendiamo che gioverà moltissimo alla celerità della elezione se i Cardinali, prima della Nostra morte, si scambieranno opinioni e decideranno quale sia il modo più rapido di applicare quelle norme che Noi abbiamo stabilito, e come si possa procedere alla elezione del futuro Pontefice consapevolmente e presto. Le Costituzioni apostoliche infliggono gravissime censure a coloro che, vivente il Pontefice e senza consultarlo, osano parlare e deliberare sulla elezione del suo successore, come è previsto nella Costituzione Cum secundum di Paolo II; pertanto Noi, derogando a questa Costituzione e ad altre di tale tenore, concediamo a tutti e ai singoli Cardinali (anche mentre siamo in vita) la facoltà di discorrere, di deliberare, di accordarsi sul metodo più semplice per eseguire e regolare le questioni che Noi abbiamo previsto. Conseguentemente, nello stabilire il giorno delle assemblee, il luogo dove esse dovranno essere convocate, la clausura del conclave (se sia da conservare o da abolire), la scelta di coloro da designare come ministri nel conclave, e infine tutte quelle procedure che parranno necessarie a una meditata elezione del Pontefice, i Cardinali siano liberi di discutere, di deliberare e di ordinare : purché in questa facoltà di decidere e di ordinare permanga sempre la disposizione che a nessuno dei Cardinali è lecito concordare o deliberare circa colui che dovrà essere eletto Pontefice se non dopo la Nostra morte.

6. Peraltro, fatte salve e definite tutte le condizioni che sono necessarie in ogni elezione canonica del Romano Pontefice, tanto quelle che riguardano la sicurezza del luogo ove si dovranno convocare le assemblee, quanto quelle che si riferiscono alla libertà degli elettori e ai due terzi dei suffragi dei presenti che devono confluire sull’eletto; escluso inoltre ogni reato di broglio o di simonia, di cui Noi non possiamo neppure sospettare, avvertiamo e ordiniamo che da quel luogo dove il Signore giusto e misericordioso vorrà condurci alla pace eterna, che Noi speriamo dopo una vita tanto travagliata, chi dei Cardinali sarà presente e, se saranno in molti, il più autorevole di essi, o il Nunzio apostolico, se tutti fossero assenti, oppure, in mancanza di lui, un ordinario o un prelato o chiunque altro investito di dignità ecclesiastica, dia al più presto l’annuncio ai Cardinali della morte del Pontefice, in modo che coloro che tra essi possono accedere alle assemblee, tosto si preparino ad incontrarsi.

7. Vi sono molte ragioni per temere che i Cardinali, divisi con la forza e dispersi in diverse regioni, siano impediti di partire liberamente e di recarsi in un solo luogo, così che la nave di Pietro, oggi squassata da violenti flutti, resti priva del suo nocchiero o che i Cardinali, convenuti da ogni dove, eleggano più di un Pontefice e che la Santa Chiesa di Dio (che Iddio non lo voglia!) sia sconvolta dallo scisma. Pertanto, allo scopo di far fronte, con l’aiuto di Dio, a tante calamità, con un simile motu proprio e con sicura consapevolezza e nella pienezza del potere apostolico decidiamo, decretiamo e ordiniamo che, sopraggiungendo la Nostra morte lontano dalla Curia Romana, il diritto di eleggere il Sommo Pontefice sia esercitato soltanto da quei Cardinali che più numerosi si trovano nel dominio di un principe cattolico, piuttosto che da quelli che vivono in qualche altra regione; e insieme da coloro che da altre regioni raggiungeranno le assemblee da tenere nel suddetto dominio.

8. Per questo motivo vogliamo che, secondo la tradizione, il Cardinale decano del Sacro Collegio, se si trova in quel dominio dove più numerosi sono i Cardinali, o, in sua assenza, colui che riveste tra essi la più alta carica, avuto notizia della Nostra morte, subito indichi il luogo più opportuno ove convocare le assemblee, udito il parere di quegli stessi Cardinali se per caso già da prima non era stato scelto di comune accordo. Con lettera di indizione inviti tutti i Cardinali ovunque si trovino, e a coloro che sono trattenuti altrove invii notizia circa il numero e il nome di quei Cardinali che vivono nei territori dello stesso principe. Perciò, in nome della santa obbedienza disponiamo che, salvo non intervengano gravissimi impedimenti, tutti i Cardinali siano subito tenuti ad ubbidire alla lettera di notificazione che convoca le assemblee: soltanto a quei Cardinali che si saranno riuniti numerosi nello stesso luogo e agli altri che interverranno prima che sia condotta a termine l’elezione concediamo ampio potere non solo di stabilire, attraverso una serie di votazioni, le norme che riguardano la elezione del Pontefice, ma anche di eleggere liberamente e legalmente il Pontefice stesso, una volta trascorsa la consueta decade e senza aspettare l’arrivo degli altri Cardinali: in tal modo, il Pontefice che sarà eletto dai due terzi dei Cardinali congregati, risulterà eletto secondo il rito: egli sia veramente il Romano Pontefice vicario di Cristo, e tale deve essere considerato e riconosciuto dalla Chiesa universale.

Ordiniamo inoltre che questa lettera apostolica sia letta pubblicamente, per Nostra volontà, nel primo giorno in cui i Cardinali si riuniranno per votare, e se in qualche parte sembrerà aver bisogno di qualche interpretazione o spiegazione, sia interpretata e chiarita dagli stessi Cardinali presenti attraverso la pluralità dei pareri, in modo che tutto ciò che con questo metodo verrà ratificato dalla maggioranza dei Cardinali convenuti sia accettato come se da Noi fosse deciso con apostolica autorità.

9. In verità, poiché la questione che stiamo trattando è di tale momento che da essa sembrano dipendere soprattutto la meditata elezione del Pontefice, la conservazione dell’unità dei cattolici e la tranquillità della Chiesa, Noi, facendo uso della Nostra autorità apostolica, in nome della santa obbedienza e sotto minaccia di scomunica avvertiamo che non è lecito a nessuno del Sacro Collegio Cardinalizio (quale che sia il pretesto addotto) contraddire con animo scarsamente disponibile e ubbidiente le prescrizioni da Noi dettate con questa Nostra lettera; ché anzi vogliamo che tutti siano tenuti ad osservarle e ad applicarle. Pertanto, per il sangue della misericordia del Nostro Dio, in nome dell’amore del divino spirito diffusi nel Nostro cuore e per quella fede sacramentale per la quale ciascuno cooptato nel Sacro Collegio dei Cardinali si è impegnato a proteggere e a difendere la Chiesa di Cristo fino all’effusione del sangue, esortiamo ognuno e tutti, nel grave pericolo che corre la Religione Cristiana, a voler posporre gl’interessi privati alla gloria di Dio e alla tranquillità della Chiesa e a dedicarsi, con animi concordi, a questo impegno primario: che la barca di Pietro, agitata da tante tempeste, non sia costretta a ondeggiare troppo a lungo, priva di un nocchiero e di un timoniere; che il gregge cattolico non soffra, per interessi privati, della mancanza di un pastore e custode che lo difenda e salvi da tanti lupi che da ogni dove irrompono a far preda di pecore. Sebbene abbiano sopportato tanti acerbi affanni con pazienza e mansuetudine, nel nome di Cristo, confermando la loro fede a maggior gloria della Chiesa, tuttavia essi si persuadano che non potranno dare più luminosa testimonianza della loro fede se non eleggendo con sentimenti concordi e celermente il Pontefice, dimostrando così realmente di non tener conto affatto dei propri agi, ma di aver preso in considerazione soltanto la tranquillità della Chiesa, la salvezza del gregge cristiano e i pericoli che minacciano la terra.

10. Coloro che avversano la presente lettera e le cose in essa contenute, ed hanno qualche diritto o interesse su quanto premesso, o ritengono di non consentire in qualche modo su alcuni punti, e non siano stati convocati o ascoltati, sappiano tuttavia che la presente lettera dovrà essere sempre considerata ferma, valida ed efficace in perpetuo, e dovrà esplicare ed ottenere appieno tutti i propri effetti, e coloro cui spetta e spetterà, per il tempo in cui saranno responsabili, saranno inviolabilmente e rispettivamente tenuti ad osservarla. Irrito e vano sarà da considerare quanto operato in materia in modo diverso da chicchessia, scientemente o irresponsabilmente.

11. Poiché le norme Nostre e della Cancelleria Apostolica non contrastano con il diritto acquisito (che non va soppresso finché non sia necessario) e con le Costituzioni e le disposizioni finora promulgate da Alessandro III, Gregorio X, Clemente V e Pio IV e dagli altri Romani Pontefici Nostri predecessori a proposito della elezione del Sommo Pontefice, vogliamo che i disposti di quelle lettere siano pienamente e sufficientemente espressi nella presente, come se fossero inseriti parola per parola, e comandiamo a chiunque sia contrario che tutti i loro contenuti rimangano validi in tutta la loro forza.

12. Vogliamo inoltre, e con l’autorità apostolica lo disponiamo, che alle copie della presente lettera, sia pure a stampa, firmate per mano di un notaio pubblico e munite del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti la stessa credibilità, sia in giudizio, sia in altra sede, che si presterebbe alla presente se fosse esibita o mostrata.

13. A nessuno dunque sia assolutamente lecito strappare questa pagina delle Nostre concessioni, agevolazioni, dispense, ordinazioni, decreti, mandati, volontà e deroghe od opporsi ad essa con gesto temerario; se poi qualcuno avrà osato tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei beati Apostoli Pietro e Paolo.

Dato dal cenobio dei Certosini presso Firenze, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1798, il 13 novembre, nell’anno ventesimo quarto del Nostro Pontificato.


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