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Leone XIII
Rem magni
All'Arcivescovo di Colonia.
Tu non ignori i grandi pericoli che presenta la cosiddetta questione sociale: essa è così grave da preoccupare anche coloro che reggono i maggiori Stati d’Europa. Tu sai pure che già da tempo le Nostre cure sono state rivolte a mettere in chiaro le intime ragioni di questi mali e i rimedi più adatti che conviene usare. Anzi, nella lettera inviata poco tempo fa al Serenissimo Imperatore di Germania e Re di Prussia, che con somma gentilezza Ci aveva scritto intorno alla illustre Conferenza tenuta recentemente a Berlino su tale argomento, esprimemmo chiaramente l’impegno che abbiamo di soccorrere i poveri che chiedono di vivere con il loro lavoro, e di prestar loro, secondo le Nostre forze, ogni amorevole aiuto. Né può certamente sfuggire alla tua prudenza che per grandi che siano i mezzi di cui può disporre la potestà civile per alleviare la condizione degli operai, più importante è tuttavia il compito che ha la Chiesa in questa opera salutare. Infatti la forza divina inerente alla religione, che penetra profondamente nelle menti e nei cuori degli uomini, li volge e muove in modo che essi seguano di buon grado la via del giusto e dell’onesto.
Infatti la Chiesa, per diritto naturale, è depositaria fedele della verità rivelata da Dio, e rappresentante di Cristo Signor Nostro, che è la sapienza del Padre. Essa è erede della carità di Lui che, pur essendo ricco, si è fatto povero per noi, affinché ricchi e poveri del pari rendessero l’immagine Sua, innalzati alla dignità di figli di Dio: ed amò tanto i poveri che serbò per essi i segni più distinti della sua benevolenza. Da Lui ci venne data la dottrina santissima del vangelo, dono sopra ogni altro prezioso per l’umanità. Infatti, presentandoci gli immutabili diritti e i doveri di ciascuno, con nobile intreccio di giustizia e di carità, soltanto la Chiesa può appianare le asprezze nate dalla ineguaglianza di condizione che ha la sua radice nella stessa natura degli uomini. Per cui percorrerebbe una più sicura via ed otterrebbe i più felici successi quel popolo che, qualunque cosa desideri e qualsiasi cosa, pubblica o privata, gestisca, si ispiri alla vera dottrina. Certamente così la intendono e sentono con Noi i venerandi Vescovi dell’Impero Germanico, che Ci diedero prova del loro zelo pastorale con molte opere egregie compiute o intraprese da loro per procurare un conveniente sollievo ai disagi della classe operaia e bisognosa. Ma affinché più completa ed efficace riesca l’azione della Chiesa come è richiesto dalle necessità dei tempi, unendo tutti i propositi e le forze, occorre adoperarsi perché le siano affidati sollecitamente tutti i mezzi idonei ad alleviare la gravità del male.
Soprattutto occorre cercare con azione paziente ed assidua che i popoli, corretti i loro costumi, si abituino a conformare gli atti della vita pubblica e privata alla dottrina e agli esempi di Gesù Cristo. Conviene poi adoperarsi affinché nelle questioni che s’agitano tra le varie classi sociali non siano violati i precetti della giustizia e della carità, e affinché le controversie che eventualmente sorgano siano composte col paterno ed autorevole intervento dei Pastori; si deve procurare infine che si rendano più tollerabili ai poveri gl’incomodi della vita presente, e che le ricchezze servano ai facoltosi come mezzo, non per fomentare la cupidigia o compiere soprusi, ma per concedere benèfici sussidi, onde acquistare tesori più preziosi nel cielo.
Perciò stimiamo degno di molta lode quanto sta operando l’industriosa pietà dei Tedeschi, che, mentre appresta ai circoli dei pacifici operai delle sedi ove possano onestamente radunarsi, apre scuole e case di lavoro per le donne, affinché i giovani d’ambo i sessi abbiano buona e conveniente educazione; fonda congregazioni di pietà ed intraprende altre opere similmente meritevoli. Infatti queste mirano non solo a rendere più comoda la vita degli operai, e a sollevarli nelle loro ristrettezze familiari, ma altresì a mantenerli nella pratica della religione e dei buoni costumi. Veramente per Noi sarebbe sommamente gradito se i Vescovi della Germania, con quella fermezza d’animo che li distingue, con la cooperazione del clero e dei fedeli, e con gli stessi fausti auspici della religione con cui fu intrapreso quanto abbiamo rammentato, potessero estendere ancor più queste opere e queste istituzioni così opportune, ed aggiungerne altre di simile genere, specialmente nei centri più fiorenti dell’industria e delle arti, dove gli operai sono più numerosi.
Se la cosa avverrà secondo i Nostri desideri, si avrà ben ragione di rallegrarsi coi Vescovi della Germania per avere provveduto, per quanto era in loro, alla pubblica quiete ed aver difeso la causa della vera umanità che si esprime nella civiltà. Se non che la Chiesa non in questa sola necessità suole prendere la difesa della civiltà; ve ne sono delle altre che richiedono il suo benefico aiuto. Una delle più sante istituzioni è quella di erudire nella dottrina della fede i popoli rozzi e barbari, e incivilirli al tempo stesso con la cultura delle arti e ingentilirne i costumi. Per lo zelo spiegato in questo nobilissimo ministero molti logorarono coi disagi la vita, molti sparsero il loro sangue.
Ora richiede le speciali cure dei pastori della Chiesa la miserevole condizione degli abitanti dell’Africa i quali, fatti schiavi, per lucro indegno sono posti in vendita da mercanti, come merci. Con Nostre lettere dichiarammo già apertamente quanto tale situazione sia oggetto delle Nostre cure.
Avendo pertanto determinato il Governo Imperiale Germanico di dar libero accesso ai missionari cattolici nei paesi sottoposti al suo patronato, non possiamo fare a meno di esortare caldamente te, e gli altri Venerabili Fratelli che reggono le diocesi dell’Impero Germanico, a indagare con diligenza se nel Clero tedesco, che diede insigni prove di costanza, di pazienza e di zelo Apostolico, vi siano alcuni che mostrino di essere chiamati da Dio a portare la luce del Vangelo a quelle infelici genti dell’Africa.
Affinché poi costoro possano più agevolmente corrispondere alla chiamata di Dio, è Nostro vivo desiderio che per opera tua principalmente, e degli altri Vescovi dell’Impero Germanico, col concorso dei fedeli sia fondato un istituto in cui i chierici indigeni siano addestrati come si addice al sacro ministero delle missioni Africane, a somiglianza del collegio eretto nel Regno del Belgio, ove sono accolti coloro che andranno a predicare il Vangelo nella regione del Congo.
In tal modo fra non molto si avrà pronto quasi un nobile vivaio, donde potranno trarsi delle propaggini di quella vera Vite che è Cristo: esse, trapiantate nel suolo Africano, produrranno molti frutti e diffonderanno il buon profumo di Cristo fra quei popoli abbrutiti dalla barbarie e dall’abiezione dei vizi. Ci farai cosa graditissima se comunicherai quanto ti abbiamo espresso in questa lettera agli altri Vescovi dell’Impero Germanico, e se, dopo esservi consigliati insieme, vi adoprerete a forze unite perché si compia felicemente quanto ti abbiamo vivamente raccomandato di fare a favore sia dei vostri concittadini, sia dei miseri Africani.
Poiché tanto meglio riuscirà l’esecuzione dell’impresa, quanto maggiore sarà il vostro accordo, Noi supplichiamo Dio che rafforzando tale intesa vi assista con la sua grazia e coi suoi lumi; e come auspicio del suo divino favore impartiamo con grande affetto l’Apostolica Benedizione a te ed agli altri suddetti Venerabili Fratelli, nonché al Clero ed ai fedeli affidati alle vostre cure.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 aprile 1890, anno decimoterzo del Nostro Pontificato.